Amerigo Minnicelli è il “maestro” che ha denunciato l’eccessiva e rischiosa dilatazione della base massonica in Calabria. Un allargamento rischioso che viene rilanciato dalle inchieste condotte dalle Procure calabresi. Tre filoni ricchi di spunti investigativi (il Corriere della Calabria ve lo ha raccontato qui), uno dei quali trae origine proprio dallo scontro legale tra Minnicelli e il gran maestro del Goi Gustavo Raffi. Minnicelli, avvocato rossanese, scrive per ricordare come si è conclusa la sua vicenda. Che a un certo punto si è biforcata. Una direttrice è finita davanti alla magistratura civile, l’altra è approdata alla Commissione parlamentare antimafia. Il gran maestro, infatti, ha inviato una lunga lettera alla presidente Rosy Bindi. Lettera rimasta senza risposta, nonostante le visite della Commissione in regione e le tante audizioni disposte in Calabria.
MINNICELLI STORY La storia di Minnicelli con la Massoneria ha un finale amaro. Il maestro venerabile ritiene di essere stato allontanato dall’associazione «solo per averla messa in guardia da infiltrazioni malavitose comprovate dai numerosi arresti di iscritti implicati in gravissimi fatti». E, come se non bastasse, ha subìto una condanna «solo per essersi interrogato sul fatto che, mai, per quei fatti delittuosi imputati a iscritti sia stata comminata un’espulsione in base ai severissimi Principi sanciti negli Antichi Doveri e dalle Costituzioni della Massoneria». Condanna che è arrivata anche davanti alla giurisdizione civile in primo grado. È bastata una sola udienza: il legale rossanese è stato condannato al pagamento di 15mila euro.
IL FIL ROUGE CLAN-MASSONERIA L’altra storia, quella che arriva fino a palazzo San Macuto, è contenuta nella lunga lettera che Minnicelli ha inviato anche al successore di Gustavo Raffi, il nuovo gran maestro del Grande Oriente d’Italia Stefano Bisi. Il maestro rossanese ricorda che «tra il 2011 e il 2013, d’accordo con un certo numero di maestri venerabili calabresi (capi di logge) e in condivisione con altri fratelli sparsi per l’Italia, si è ritenuto giusto e opportuno lanciare l’avvertenza verso i vertici  del Goi, regionali e nazionali, circa  il pericolo riscontrabile in Calabria – e ben oltre i suoi confini – di ipotizzate infiltrazioni ’ndranghetiste  tra  gli  iscritti al  Goi e lo si fece per iscritto». Un avvertimento rilanciato da «dibattito sereno e moderato» sul sito goiseven.it. Minnicelli (e non soltanto lui) volevano che dell’argomento si parlasse in maniera aperta e non «clandestinamente sul web». Primo risultato: il 14 dicembre 2012, «nella trasmissione di Lucia Annunziata (Rai 3) che ospitava proprio  il gran maestro Raffi e l’onorevole calabrese Francesco Nucara, massone in sonno, non si smentiva l’esistenza del problema delle infiltrazioni e proprio il gran maestro affermava che, sul punto, non avrebbe guardato in faccia a nessuno, fosse solo per sospette parentele o altro, a costo di mettere da parte ogni principio garantista, pur caro a tutta la Massoneria». Molti credettero che, «una volta scoperto le fil rouge (già “toccato” da me e da altri), sarebbero seguite coerenti azioni. Tuttavia a quelle parole non seguiva alcun provvedimento contro iscritti in presunto odore di ‘ndrangheta, ovvero di poi coinvolti in inchieste e accusati di fatti moralmente gravi e infamanti. Solo qualche decretazione di sospensione cautelare in presenza di arresti o rinvii a giudizio, il tutto come in passato».
IL NEGAZIONISMO Nessuna svolta, dunque. O, almeno, non la svolta auspicata da Minnicelli. Tutt’altro. Perché, «come lampo a ciel sereno, (attratto, forse, dall’approssimarsi delle elezioni per la nuova Gran Maestranza) nei confronti del sottoscritto s’imbastiva “a tutela del Goi” un processo domestico e un’espulsione, entrambi rapidissimi». Ma perché Minnicelli è stato espulso? A suo dire perché avrebbe indicato «personaggio esitati da inchieste giudiziarie da articoli di stampa non smentiti e da atti ufficiali del Goi, tra i quali, al 20 settembre 2013, la sospensione di un’intera loggia: la R. Verduci 1350 all’Or, di Gerace-Locri, da parte della giunta del Goi, per “possibile inquinamento, addirittura di carattere malavitoso, riconducibile all’ambiente circostante”». Tutto pubblico, insomma, e ben documentato: «Cosa si voleva di più per agire con modi più decisi e per ringraziare chi aveva smosso le acque?». Minnicelli scrive a Bisi e gli si rivolge con schiettezza, ricordando che, «durante la tournée elettorale, si sa che ti sei espresso in termini di “negazionismo” del fenomeno delle ipotizzate infiltrazioni e collusioni scagliandoti (al cospetto anche dell’impassibile  gran maestro  Raffi)  contro “i denigratori del Grande Oriente  d’Italia” con riferimento all’articolo apparso sull’Espresso  (numero 10 marzo   2014)  e  ciò  (forse?) per captatio benevolentiae di qualcuno (non si può credere per convinzione), proprio in Calabria?».
SILENZIO ASSORDANTE – Domanda che è anche una denuncia, girata direttamente alla Commissione Antimafia. Era stata proprio Rosy Bindi, in una puntata della trasmissione televisiva Coffee Break de La 7 a chiedere alla massoneria di non tacere «sui sospetti affari tra la massoneria calabrese e la ‘ndrangheta». Ed è ancora Minnicelli a domandare a Bisi: «Ora che è cambiato  tutto ai vertici del Goi (e non ci sono elezioni imminenti), ci sarà finalmente qualcuno (il Grande Oratore?), che assuma l’iniziativa di tutelare gli alti valori della Massoneria e dei suoi componenti e chieda l’adozione di coerenti provvedimenti contro collusi e disonesti che vi si sono, nel tempo, annidati e ciò indipendentemente dagli esiti giudiziari, che sono ben altra cosa? Oppure si confermerà la posizione “negazionista”, quindi contro coloro che hanno sollevato pubblicamente il problema e sono stati accusati di “denigrare il Goi”?». La risposta è un silenzio assordante.