mercoledì 20 maggio 2015

LA SOLA VERITA' PIENA E INTERA PUO' SALVARCI (Estratto dall'opera di mons. Delassus "Il Problema dell'ora presente" Tomo II°)

Pierre Guillaume Frédéric le Play


Le considerazioni precedenti mostrano quanto bene Le Play era fondato per scrivere nel 1868:
"Bisogna assolutamente attaccar di fronte la teoria democratica".(1)
Egli la vedeva suscitare tutte le cupidigie, allentar la briglia a tutte le passioni, rovesciare tutte le
gerarchie, rimettere il potere nelle mani del volgo, e finalmente abolire la proprietà e la famiglia,
per far pesare su tutti la schiavitù più umiliante e più crudele.
Quello ch'ei prevedeva, lo vediamo avvicinarsi. Infiniti mali ci minacciano. Nessun uomo di senno
può persuadersi che li eviteremo se il movimento democratico non viene arrestato, e se non si
rientra nella verità economica, sociale e religiosa d'onde ci ha fatto uscire l'errore sulla bontà nativa
dell'uomo. Il cambiamento che ancora può preservarci dalla catastrofe deve farsi nelle intelligenze.
Aspettarlo da un colpo di Stato o dalle elezioni prima che gli uomini sieno istruiti, è un farsi la più
ingenua delle illusioni. L'opinione ha perduto il mondo; ma prima che un'opinione contraria all'idea
rivoluzionaria non sia stata diffusa ed accettata, è impossibile ogni salvezza..
Il tempo incalza. Non abbiamo più che a scegliere fra la risurrezione mercé il ritorno ai veri
principii sui quali sono fondate le nazioni, o la rovina definitiva.
L'uomo non è sovrano. Egli ha un padrone: Dio creatore.
L'uomo non è indipendente; egli ha una legge, legge morale, perché è intelligente, come gli esseri
materiali hanno una legge fisica. Osservandola, egli raggiunge la sua perfezione, - società come
individuo; - disprezzandola, violandola, cade nella morte.
L'uomo non è interamente libero. La sua ragione, per causa della caduta originale, pende verso
l'errore, la sua volontà verso il male, ed è perciò che vi sono dei preti e dei re. È un tradire l'umanità
voler rapirle questi sostegni, questi aiuti, come lo vogliono i democratici sociali. È egualmente un
tradirla volere che il duello fra il bene ed il male si svolga sopra un libero terreno, ad armi eguali,
come lo richiedono i cattolici liberali, o i democratici cristiani. Essi abbandonano così la verità
all'errore, il bene al male, la giustizia alle passioni: poiché il bene è ancor da farsi, ed il male è già
fatto, ed un'esperienza di seimila anni dimostra che, nella società come nell'uomo, il male non è
vinto, il bene non è promosso che dall'azione preservatrice, che stimola e soccorre la triplice
autorità: paterna, civile e religiosa; doni di Dio fatti all'uomo per aiutarlo a rialzarsi dalla caduta,
uscire dalla decadenza e far progredire la civiltà.
Gli uomini non sono socievolmente eguali, perché in ogni istante della vita non se ne può trovare
due che abbiano egualmente usato della libertà, e che del pari abbiano ereditato e usato della
situazione economica, morale e sociale creata dalle virtù o dai vizi dei loro antenati. Ed è per questo
che vi sono dei poveri e dei ricchi, vi sono, vi furono e vi saranno sempre famiglie nobili, famiglie
borghesi, famiglie plebee, le une che ascendono, le altre che discendono.
La tesi democratica è la negazione di questi fatti e l'affermazione dei loro contrari.
La democrazia è figlia della framassoneria. Nel 1819 il dott. Riccardo Pescher diceva nella Loggia
di Lipsia: "Che cosa è la democrazia? non altro che un avvenimento a cui la nostra avvedutezza
doveva necessariamente condurre e che la nostra astuzia spingerà più lungi ancora. Sì, la
democrazia è nostra figlia, nostra figlia degna di noi, nostra figlia piena di speranza".(2)
Il Fr ... Carlo Limousin, in un articolo pubblicato nella France del 19 dicembre 1882, diceva
parimenti: "Le dottrine democratiche e le dottrine massoniche sono identiche; quello che è vero si è
che le riforme le quali hanno per oggetto di produrre la sostituzione dell'interesse del popolo
all'interesse d'una classe, nella legislazione e nel governo, furono, sono e saranno discusse nelle
logge. Quello che è vero del pari si è che gli uomini eminenti della democrazia francese hanno
avuto, in maggioranza, la loro educazione politica nelle medesime logge".
La democrazia sociale, come la framassoneria, nega Dio, nega il fine ultimo e la legge morale che
vi conduce, nega la caduta originale, afferma la sovranità dell'uomo, la sua perfetta libertà,
l'uguaglianza dei diritti di tutti alle stesse condizioni.
La democrazia cristiana riconosce Dio e confessa la caduta; ma dimanda anch'essa uno stato sociale
basato sulla libertà, sull'eguaglianza e sulla sovranità, se non dottrinale, almeno effettiva, del
popolo. L'esperienza mostra ch'essa non può trattenere a suo piacimento coloro ch'essa ha posto su
questa via, pensando di sottrarli al socialismo, ma in realtà abbandonandoli ad esso.
Noi non neghiamo la potenza del movimento democratico; non neghiamo la sua presenza in seno a
tutte le nazioni; non neghiamo che penetri anche negli spiriti che dovrebbero essere ad esso i più
chiusi. E per questo si dovrà dire che bisogna spingere le cose ancor più, e che i cristiani, i cattolici,
i preti medesimi devono aggiogarsi al carro democratico, nella speranza che, guidato da loro,
condurrà l'umanità al paradiso terrestre?(3)
Le Peuple ci diceva, poc'anzi, ciò che sarà realmente il paradiso democratico.
M. le Play scriveva nel 1865: "Io non conosco nulla di più pericoloso che le persone le quali
propagano idee false sotto pretesto che la nazione non vorrà mai rinunziarvi. Se non vi rinunzia,
essa perirà; ma questo non è un motivo per accelerare la decadenza adottando l'errore. Non vi ha
altra regola di riforma che quella di cercare il vero e di confessarlo, checché ne avvenga".
"Questo - dice M. de Ribbes - non lo diceva, non lo scriveva ad uno solo de' suoi amici, ma a tutti
sotto forme diverse e secondo le circostanze".
In questo stesso anno egli diceva ancora: "In una società che si sgretola da tutte le parti, mi è
sembrato si dovesse innanzi tutto raddrizzare le idee. Quello che urge si è di cambiare il morale e
l'intelligenza delle classi illuminate; si è di migliorare il fondamento delle cose alla luce dei
principii".(4)
M. Blanc de Saint-Bonnet diceva nello stesso tempo: "Conviene che tutti gli uomini di buona
volontà si accordino sui principii superiori, dai quali deriva la luce". Ed ancora: "Bisogna ritrarre il
popolo dalle false idee economiche che pongono il paradiso quaggiù". "La Rivoluzione durerà
fintanto che non si ripigli la verità superiore".
La verità superiore, i principii superiori d'onde emana la luce sulle idee, per mostrarne il vero od il
falso, e sulle istituzioni, per mostrarne il carattere nocivo o benefico, ci sono stati dati in questa
sentenza del santo Vangelo, che il Rinascimento ha sconosciuto: "Cercate dapprima il regno di Dio
e la sua giustizia, il resto vi sarà dato per soprappiù". È su di essa che è mestieri raddrizzar prima le
classi superiori e per loro mezzo le altre classi.
"Errori inauditi - diceva M. Le Play - hanno prodotto in alto come in basso un male che corrode e
dissolve il corpo sociale. Questo male che ci ha gettati nello stato in cui ci troviamo, richiede un
pronto rimedio. Perché esso sia dalla nazione accettato, bisogna sopratutto che gli uomini eminenti,
mossi dalla virtù e dal patriottismo, scuotano il giogo delle idee dominanti, ritornino alla nozione
del vero, e si dedichino a propagarlo".
Ai politici che gli dicevano: "Voi predicate e noi intanto ci perdiamo; voi ci proponete un lento
rimedio per una malattia fulminante, voi ci stimolate ad un lungo cammino, e ci sta dinanzi
l'abisso", egli rispondeva: "Rigetto l'obbiezione, e servendomi dell'immagine favorita degli
scoraggiati di ogni colore, vi rispondo: Voi rassomigliate a quei viaggiatori che cogli occhi aperti
camminano verso l'abisso, deplorando il fatale loro destino, invece di cambiar semplicemente la
direzione dei loro passi".(5)
Questi saggi consigli erano dati all'indomani dell'invasione della Comune; essi non furono intesi;
perciò, nel 1873, egli aveva il dolore di scrivere: "Non si è mai perduta più bella partita, voglio dire
una più bella occasione di osservare la legge di Dio". Egli non si abbandonava per questo allo
scoraggiamento: "Più che mai bisogna dire la verità, senza artifizio né ambiguità. Col miele non si
salverà la Francia contro gli attentati dell'errore. I prudenti mi dicevano nel 1855, a proposito degli
operai europei, ch'io metterei sossopra la Francia e passerei per pazzo".
L'opinione del mondo non lo commoveva; quand'anche lo si prendesse per un pazzo, egli non
s'inquietava. Parlava, scriveva, si sforzava d'ispirare a' suoi amici lo stesso disinteressamento. "A
mano a mano che la vostra reputazione andrà aumentando - scriveva a de Ribbes - penetratevi dello
spirito di abnegazione cristiana ... Quanto a me, se io mi corrompessi, se non cessassi di rifiutare
certi alti posti in cui non potessi lavorare utilmente per la riforma, se la piccola rinomanza che mi
circonda mi perdesse o mi rendesse orgoglioso, non mancate di farmene avvisato".
Un uomo che così pensa e parla, e del quale tutta la vita rende luminosissimo omaggio alla sincerità
di sì nobili sentimenti; un uomo che ha consacrato tutti i giorni della sua lunga esistenza a scrutare i
nostri mali, a studiarne le cause, a cercarne i rimedi, merita senza dubbio l'attenzione quando egli
dice come conclusione de' suoi ammirabili lavori: "Non vi ha altra regola di riforma che cercare il
vero e confessarlo senza riserva, qualunque cosa ne avvenga". "Bisogna parlar alto e franco;
bisogna mostrare l'abisso aperto e gridare: "Guardatevi!" Bisogna assolutamente attaccar di fronte la
teoria democratica".
L'abbiamo fatto parlare a preferenza di altri che hanno avuto le stesse mire, che hanno compreso le
stesse necessità, che hanno segnalati i medesimi pericoli, perché non è mai stato sospetto di
"fanatismo".
Deduciamo dalle sue parole quest'insegnamento: Che le verità diminuite non sono più la Verità; che
la sola Verità porta in sé la vita; che essa sola ci può procurare la risurrezione dallo stato in cui ci
troviamo.
Deduciamo da' suoi esempi quest'altro insegnamento: Dire la verità intera, mostrarla senza veli, è il
primo dovere d'ogni onesto uomo, sia che tenga una penna, o che usi la parola, ed è questo il più
grande servigio che si possa rendere alla società.
Sicuramente, noi non abbiamo la speranza di indurre la Francia, denunziando l'illusione
democratica, a rigettare in un sol giorno le istituzioni sotto la pressione delle quali essa agonizza.
Ma crediamo tuttavia che lavorando, secondo le deboli nostre forze, a raddrizzare la sua mentalità,
noi adempiamo la sola cosa che sia onorevole e che abbia pure il vantaggio d'essere efficace.
"Vi sono certi momenti di triste presagio - diceva Luigi Veuillot - in cui ogni successo sembra
assicurato all'errore. Esso può presentarsi sotto qualunque forma, parlare qualsiasi lingua, mettere
innanzi qualunque follia; esso può insultare al buon diritto, al buon senso, all'evidenza, mentire e
pubblicare che mentisce; esso ha il sopravvento e quelli che gli muovono incontro non hanno che
due espedienti: o mettersi da una parte o farsi schiacciare.
"Ciò nonostante non è il partito più onesto e più sicuro quello di tacere e fuggire. Val meglio
affrontare lo schiacciamento. Se la verità potesse esser vinta, niente, in primo luogo, sarebbe più
desiderabile che d'esser vinti con essa. Ma la verità, abitualmente oltraggiata, non è mai vinta, e
nemmeno si ecclissa se non in tanto in quanto lo vogliono quelli ai quali si è rivelata.
"Dio le ha dato per forza quaggiù l'omaggio e la confessione dei cuori fedeli. È poco agli occhi del
mondo: ma nondimeno con ciò essa ha vinto il mondo".

Note:

(1) Le Play, dalla sua Corrispondenza, p. 394
(2) Citato dal Deschamps, t. I, p. 256.
(3) Paolo Lapeyre nel suo libro Le Catholicisme social, fa brillare agli occhi de' suoi lettori la
prospettiva del "Ritorno al paradiso terrestre".
(4) Le Play, dalla sua Corrispondenza, p. 358, 359.
(5) Ibid. p. 358, 359.