martedì 20 gennaio 2015

La fine del ratzingerismo e l'era Bergoglio


statler_waldorf
di Piergiorgio Seveso - http://radiospada.org/
Prima di qualunque ulteriore approfondimento, voglio ringraziare l’amico Daniele Gandi, direttore di questa piccola e battagliera rivista fiorentina, che mi consente di firmare anche quest’anno l’editoriale de “Il Guelfo Nero”. Condivido con lui, inesausto compagno di pene e di lotte, ormai un decennio di piccole e grandi battaglie virtuali e reali in difesa del cattolicesimo romano e confido che potremo continuare, a Dio piacendo, ancora a lungo a scrivere e ad agire “opportune et importune” in questi miserabili anni di apostasia ed infamia che stiamo vivendo.
“Il Guelfo Nero” è una piccola pubblicazione senza pretese, antimodernista, antimassonica, antirivoluzionaria, CLERICALE e papalina (e quindi naturaliter sedevacantista), è redatta esclusivamente da giovani laici, quindi per sua natura ha un respiro più battagliero e pugnace, meno incline ai giri di parole e a quelle garbate ciance che spesso caratterizzano altre pubblicazioni nate in questi ultimi anni. Siamo una rivista quindi “pane e salame” che, anche se parla di teologia e affronta temi delicati come quelli della vacanza della sede apostolica, lo fa con irruenza e passione, non prive di una certa confidente baldanza.
I suoi redattori non possono, su queste misere pagine, sviscerare con tutta quella ponderazione e quella soda dottrina le capitalissime questioni teologiche e morali che invece i nostri ottimi sacerdoti affrontano su ”Sodalitium” o su “Opportune importune”. Di questi il nostro NATURALE CLERICALISMO: sono giustamente i nostri preti che hanno la prima e l’ultima parola, loro che tracciano le linee della resistenza e le strategie della battaglia, loro che ci insegnano quanto e come combattere, loro che, con il consiglio e l’esempio, fanno sì che questa rivista sia sorta e continui a vivere. Se questa pubblicazione ha del buono, questo è riconducibile a loro, se ha dei difetti (e ne ha sicuramente molti), quelli sono invece ascrivibili esclusivamente a noi. Noi siamo solo un pugno di laici, ben lontani dalla tutta umana“bonomia” roncalliana (a proposito, auguri per la prossima “canonizzazione”), e qui cerchiamo, semplicemente, non quello che ci unisce ma quello che ci divide, perché solo in questo MARCARE LA DIFFERENZA ci può essere quella chiarezza dottrinale ed ecclesiologica, unico e sicuro pegno di una vera Restaurazione della Chiesa. Ci sforziamo di essere quello che DOVREBBE essere una rivista giovanile cattolica, se la Chiesa cattolica avesse oggi un Papa e fosse quindi in ordine e non “in stato di privazione”, come invece drammaticamente si trova ad essere da un cinquantennio.
“Il Guelfo nero”, nato negli anni del ratzingerismo “trionfante”, esce per la prima volta durante l’era Bergoglio e già ci sembrano lontani anni luce i temi di cui discutevamo gli anni scorsi: le insidie del “Motu proprio”, la fallace e ingannevole “ermeneutica della continuità”, la falsa restaurazione bavarese, le trattative tra “Roma” e la Fraternità San Pio X. Tutto questo ci sembra remotissimo, addirittura ci sembra che tutto questo non sia mai esistito. In realtà, e giova ribadirlo oggi più che mai, questa discontinuità tra Ratzinger e Bergoglio è più morganatica che reale perché, pur nella diversità di coloriture e di accenti, comune è la matrice vaticanosecondista, comuni gli errori (e le eresie) che stanno a monte, comune l’appartenenza e l’orizzonte ecclesiologico dei due.
Indubitabilmente l’impatto devastante (motus in fine velocior) di questi primi mesi di“pontificato” bergogliesco sfuggono ancora ad una visione d’insieme che solo i mesi a venire ci potranno dare: la spogliazione radicale dei simboli della regalità papale, la “catechesi” quotidiana attraverso “prediche”, interviste e telefonate, il blandire e l’assecondare molti degli appetiti della mentalità mondana hanno fatto sbriciolare il tremolante edificio ratzingeriano in un batter d’occhi. Accanto alle lacrime degli ingannati in buona fede che rispettiamo profondamente, accanto alla rapidità con cui i voltagabbana professionali hanno cambiato marsina da bavarese in argentina cui riserviamo il nostro disprezzo, ci permetterete una domanda, alla fine di questi anni duri e amari, in cui abbiamo subito attacchi di ogni tipo da un certo mondo “cattolico conservatore”.
La domanda è questa. Dove siete ora restauratori da operetta ? Dove siete ratzingeriani feroci, torquemada in trentaduesimo, caporali di giornata dell’ “ermeneutica della continuità” che abbiamo visto parlottare tronfi  in questi dolorosi otto anni? I vostri castelli di sabbia sono crollati, le vostre chimere restaurazionistiche si sono rivelate dei sogni, i vostri anatemi da sagrestia “motu proprio” si sono mostrate come ciance raglianti. La nostra Chiesa è “occupata” da un manipolo di pirati, di ciurmadori, di predoni e tagliagole, al cui confronto le debolezze dei secoli antichi sono luminosi meriti ma noi siamo ancora qui.