giovedì 7 agosto 2014

L’AUTOAFFONDAMENTO DELLA FLOTTA IMPERIALE TEDESCA DOPO LA FINE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE

 
Bandiera di guerra della Marina Imperiale tedesca 1903-1918 e l’Ammiraglio Ludwig von Reuter (Guben, 1869 -Potsdam, 1943) all’epoca Contrammiraglio.
Si era nel giugno del 1919. La flotta imperiale germanica era ancorata nella rada inglese di Scapa Flow nelle Isole Orcadi, in Scozia, in attesa della propria sorte: 74 navi da guerra in piena efficienza, equipaggi ridotti al minimo (c'erano stati segni di insubordinazione tra la bassa forza). Sul loro destino non sembravano esserci molti dubbi: i sensi dell'armistizio di Compiègne tutte quelle belle navi sarebbero state consegnate alle Marine vincitrici, che se le sarebbero spartite. Il triste compito era toccato al Contrammiraglio Ludwig von Reuter in quanto l'Ammiraglio in capo Franz von Hipper, che aveva avuto il comando durante la battaglia dello Jutland, si era rifiutato. Il von Reuter era un militare di carriera, aveva ordini da eseguire, anche se sgradevoli. Già!!! Gli ordini.... Forse von Reuter non era abbastanza ottuso da essere un perfetto militare di carriera, per cui ... Gli inglesi, che avevano accompagnato la flotta germanica con un numero di navi da guerra triplo, non si fidavano proprio per niente, perciò, oltre alla umiliante intimazione di ammainare la bandiera da guerra rivolta ad una flotta che non era stata piegata
con le armi, imposero agli equipaggi la censura postale e il divieto di comunicare
da una nave all'altra, nonché di scendere a terra. Gli uomini avrebbero dovuto essere demoralizzati dall'attesa, dalla forzata inattività e dall'alimentazione scadente. Gli inglesi forse allentarono un po' i controlli, forse si distrassero: alle 10.30 del mattino, con precisione e simultaneità tutta tedesca, scattò l'operazione accuratamente preparata: dalla nave ammiraglia fu innalzata la bandiera di guerra e le bandierine di segnalazione ordinarono: “Affondare le navi!”.
Sopra, a sinistra: Uniforme di gala di Ammiraglio della Marina Imperiale tedesca (nella foto l’Ammiraglio Guido von Usedom). Sopra, a destra: La nave da battaglia Bayern, della Marina Imperiale tedesca, mentre scivola sott’acqua, in seguito all’autoaffondamento disposto dal Comandante Ludwig von Reuter. Baia di Scapa Flow, nelle Isole Orcadi, in Scozia, 21 giugno 1919.
Il von Reuter1 in alta uniforme guidò l'operazione e gli equipaggi fedelmente
eseguirono. Il segreto era stato gelosamente conservato. Nove marinai tedeschi
1 Persuaso che la flotta tedesca sarebbe stata consegnata alle Potenze vincitrici della guerra e, in particolare, agl’inglesi, per non far cadere le navi in mani nemiche, il Contrammiraglio aveva già diramato in precedenza un ordine di autoaffondamento. A tal fine sarebbe stato utilizzato un inusuale segnale di bandiere, precedentemente convenuto: Paragraph Elf. Bestätigen (Paragrafo
11. Confermare.). All'oscuro dei britannici, tutte le navi si erano da tempo preparate per l'autoaffondamento. In cinque ore, 10 navi da battaglia, cinque incrociatori da guerra, quattro incrociatori leggeri e 32 torpediniere affondarono a Scapa Flow. La nave da battaglia SMS Baden (ovvero la nave Baden di Sua Maestà), quattro incrociatori leggeri e 14 torpediniere furono arenate
furono uccisi dagli inglesi nel tentativo di impedire l'operazione2, ma 52 navi su 74 andarono definitivamente a fondo, una sola rimase a galla, le altre furono incagliate dagli inglesi nei bassi fondali, tutte con danni che ne pregiudicarono l'impiego futuro, per cui finirono in demolizione. L'onore era salvo! Era il 21 giugno 1919, Solstizio d'estate. Altri tempi, altri tedeschi, altri marinai3.
Sotto: Relitti delle navi della Marina Imperiale tedesca, tuttora visibili nella baia di Scapa Flow, in Scozia.
dai britannici che intervennero in tempo, rimorchiandole in secca. Solo quattro torpediniere rimasero a galla.2 Fra i nove marinai tedeschi rimasti uccisi nelle mischie che si accesero sulle navi, cadde anche il Capitano della SMS Markgraf, che fu l'ultima vittima tedesca della Prima Guerra Mondiale. SMS è un acronimo che sta per: Seiner Majestät Schiff, ovvero Nave di Sua Maestà, l’Imperatore. 3 Il Contrammiraglio Reuter fu tratto prigioniero dagl’inglesi per la violazione delle clausole dell'armistizio, insieme ad altri 1.773 marinai ed ufficiali delle navi internate. Ma in Germania l’Ammiraglio fu acclamato come un eroe nazionale, per aver riscattato l'onore della Marina Imperiale tedesca. La maggior parte degli equipaggi fece presto ritorno in Germania, mentre von Reuter fu tra quelli che rimase recluso più a lungo, sicché poté tornare in Patria solo nel gennaio del 1920.
http://www.mareonline.it/?p=18392 -11 aprile 2014

Così la flotta tedesca si suicidò autoaffondandosi a Scapa Flow

Sopra: Relitti di navi militari tedesche a Scapa Flow, dopo l’autoaffondamento.
Baia di Scapa Flow, Isole Orcadi. 21 giugno 1919, mezzogiorno trascorso da pochi minuti. La corazzata tedesca SMS Friedrich der Grosse [Nave di Sua Maestà Federico il Grande], 27mila tonnellate di stazza, si inclina visibilmente a dritta. Nei minuti immediatamente successivi, anche le altre navi da guerra cominciano a colare a picco. L’agonia della flotta germanica prosegue fino alle cinque del pomeriggio, quando infine s’inabissa l’incrociatore da battaglia SMS Hindenburg. Forse il più incredibile episodio nell’intera storia della marineria ha avuto il suo epilogo. L’inizio di questa vicenda risale invece all’11 novembre 1918, giorno in cui – con la firma dell’armistizio di Compiègne – finisce ufficialmente la Prima Guerra Mondiale. Le condizioni poste dall’Intesa sono durissime, ma al Comando germanico non rimane che piegarsi al volere dei vincitori: l’Impero austroungarico si è dissolto, la Germania è in preda alla rivoluzione e il Kaiser è dovuto fuggire in Olanda. Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti hanno già trovato un accordo in merito alla resa senza condizioni della flotta sottomarina tedesca, ma non sono coesi riguardo al destino della flotta di superficie, che conta ancora un cospicuo numero di unità da battaglia pienamente operative.
Testo di Fabio Bourbon, pubblicato sul numero 74 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale. Tutte le fotografie sono tratte da internet e da considerarsi di pubblico dominio.
N.d.r.

Alla fine della Grande Guerra i vincitori decidono le sorti della Hochseeflotte [flotta d’alto mare]

Tra gli alleati serpeggiano i primi contrasti e la proposta avanzata dagli americani, ossia di internare in un porto neutrale le navi tedesche, in attesa di una decisione concorde, non viene accolta; l’Ammiragliato britannico, forte anche della propria supremazia numerica, decide allora di condurre la Hochseeflotte nella rada di Scapa Flow, sede della maggiore base navale britannica.
Sopra: Il sommergibile tedesco UC-1 (U-Boot) della Prima Guerra Mondiale.
Il 12 novembre il Comando tedesco riceve l’ordine di prepararsi a far salpare la flotta entro pochi giorni: gli U-boat – ben 176 unità – si devono arrendere al Contrammiraglio Reginald Tyrwhitt e saranno quindi internati nel porto di Harwich, lungo le coste dell’Essex; mentre le navi dovranno raggiungere la baia scozzese del Firth of Forth e consegnarsi all’Ammiraglio David Beatty, Comandante in capo della Grand Fleet. Da qui, la flotta di superficie – disarmata e con a bordo equipaggi ridotti
– verrà scortata fino a Scapa Flow. Per i tedeschi il momento è drammatico: durante la guerra, infatti, la flotta imperiale si è ben comportata, soprattutto nell’epica battaglia dello Jutland, dove ha affondato ben 22 unità inglesi. Gli ufficiali sono furiosi, perché l’internamento in acque britanniche e non neutrali, equivale a una resa ignominiosa: una delle più potenti flotte al mondo, imbattuta, viene gettata nel disonore per il tradimento della propria classe politica. Anche nell’ottica dei marinai, che addossano all’esercito e ai Generali la responsabilità della sconfitta della Germania, i termini della resa costituiscono un’onta e il malumore è a un passo dal trasformarsi in sedizione. Inoltre, i fermenti sociali in atto nella società tedesca coinvolgono anche la Marina Militare; il 29 ottobre l’ammutinamento di due navi ancorate nel porto di Wilhelmshaven, i cui equipaggi si erano rifiutati di obbedire agli ordini insensati provenienti da Berlino, era degenerato in una ribellione popolare d’impronta socialista, estesasi come un incendio a gran parte del Paese. In queste condizioni, l’Ammiraglio in capo della flotta tedesca d’alto mare, Franz von Hipper, eroe della battaglia dello Jutland, si rifiuta di guidare le sue navi verso l’internamento e affida l’ingrato compito al Contrammiraglio Ludwig von Reuter. Il 21 novembre i vascelli da guerra germanici cominciano a radunarsi nel Mare del Nord e, scortati da ben 370 unità alleate, si dirigono verso la Scozia. Giunte nel Firth of Forth, per le navi tedesche arriva il momento dell’umiliazione: l’Ammiraglio Beatty, infatti, dà l’ordine di far ammainare la bandiera e di non issarla più. Come avrebbe scritto von Reuter anni dopo: «Fummo disarmati e disonorati». Nei giorni successivi la Hochseeflotte è infine trasferita nella rada di Scapa Flow, dove vengono ormeggiate le 74 navi.

I marinai tedeschi sono prigionieri sulle loro navi ancorate a Scapa Flow

A questo punto, per i marinai tedeschi in cattività inizia un periodo desolante: lontani dalle proprie famiglie e dalla Patria, prigionieri su un arcipelago remoto e sferzato da venti gelidi, gli uomini si sentono demoralizzati, abbandonati a sé stessi e senza alcuna prospettiva. Il clima è infame, il cibo (che arriva dalla Germania un paio di volte al mese) è di scarsa qualità; la lentezza del servizio postale – unico legame con casa propria – è esasperante; oltre a ciò, tra gli equipaggi si creano spaccature interne dovute alle rivalità tra le varie fazioni politiche e la disciplina va peggiorando di giorno in giorno.
Sopra, a sinistra: La corazzata o incrociatore corazzato Friedrich der Grosse della Marina Imperiale tedesca, in una fotografia dell’epoca. E (a destra) in una moderna ricostruzione.
Gl’inglesi posti a guardia dei marinai tedeschi notano il divampare di frequenti risse e il Comando britannico decide di stemperare la tensione con generose elargizioni di brandy, sigarette e tabacco, ma si tratta di un palliativo. I marinai, infatti, sono obbligati a restare a bordo delle proprie navi, non possono scendere a terra, né visitare gli altri equipaggi; solo gli ufficiali superiori hanno a disposizione un battellino inglese per portare gli ordini scritti da un’unità all’altra.
Il tempo a bordo non sembra trascorrere mai: l’unico passatempo è la pesca, utile a rimpinguare le scorte in cambusa. Anche gli ufficiali hanno i loro guai: diversi marinai di fede socialista o comunista si sono consociati in gruppi di disturbo – tra cui la cosiddetta Guardia Rossa – che boicottano gli ordini e cercano di rendere loro la vita impossibile. Verso la fine di marzo, lo stesso Contrammiraglio von Reuter deve trasferirsi dalla corazzata Friedrich der Grosse all’incrociatore leggero Emden, perché durante la notte alcuni marinai prendono a martellate le paratie al fine d’impedirgli il sonno. Nel frattempo, gli inglesi iniziano a rimpatriare a scaglioni i marinai, che dai 20mila effettivi di novembre passano ai poco meno di 5.000 del mese di giugno.

Bisogna trovare un modo per lavare l’onta della deportazione della flotta

Gli alleati, intanto, non riescono a trovare un accordo sul destino della Hochseeflotte. Alla Conferenza di pace di Parigi, Francia e Italia reclamano ciascuna un quarto della flotta, gli Stati Uniti sono indecisi e la Gran Bretagna si pronuncia a favore della completa distruzione, col recondito fine di non veder accresciuto il potere sui mari dei tre alleati. Quello che nessuno immagina, però, è che, fin da gennaio, molti ufficiali tedeschi hanno iniziato a pianificare un clamoroso gesto che restituisca almeno in parte l’onore alla flotta germanica; presagendo quali saranno gli umilianti termini del Trattato di pace di Versailles, la cui ratifica è prevista a giugno inoltrato. Anche von Reuter sta meditando sull’opportunità di autoaffondare la flotta e inizia a preparare la complessa operazione di sabotaggio.
Sopra: L’incrociatore da battaglia Hindenburg, della Marina Imperiale tedesca, ancorato come preda bellica nella baia di Scapa Flow, in Scozia, nel 1919.
La cosa non è semplice: occorre coordinare i movimenti di tutti gli equipaggi, eludere la sorveglianza degl’inglesi – che intanto hanno cominciato a sospettare qualcosa – ed evitare possibili insubordinazioni. La fortuna, tuttavia, è dalla parte dei congiurati: sebbene si siano preparati a occupare le navi tedesche per evitare un colpo di mano, inspiegabilmente la mattina del 21 giugno gl’inglesi al comando dell’Ammiraglio Sydney Fremantle decidono di prendere il largo per un’esercitazione in alto mare. La giornata è radiosa, nessuno tra le fila britanniche potrebbe immaginare l’imminente catastrofe: alle 10 e 30 von Reuter, che ha indossato l’alta uniforme, ordina alle varie unità, tramite bandiere di segnalazione, di tenersi pronti all’azione. Il momento fatale scocca alle 11 e 20: «A tutti gli ufficiali Comandanti e ai Capitani delle torpediniere. Paragrafo 11 della data odierna. Confermato. Il Comandante in capo dello Squadrone internato».
Sopra: L’incrociatore da battaglia Hindenburg, della Marina Imperiale tedesca, dopo l’autoaffondamento nella baia di Scapa Flow, in due drammatiche sequenze.

In pochi minuti i tedeschi affondano le proprie navi. La dignità è salva

Mesi di umiliazione e vergogna vengono redenti in pochi minuti. Gli uomini agiscono con efficienza teutonica: le prese a mare e le valvole di inondazione vengono spalancate, le condutture interne distrutte. Alcuni uomini aprono e bloccano i portelloni interni, altri allentano gli oblò; su qualche nave, nei giorni precedenti, sono stati perfino praticati dei fori tra i vari compartimenti per accelerare l’ingresso dell’acqua. Per circa tre quarti d’ora non pare accadere nulla, poi la Friedrich der Grosse inizia a sbandare a dritta. Mentre cominciano ad affondare, tutte le unità innalzano il vessillo germanico sugli alberi maestri. Per il momento, gli unici e attoniti testimoni del suicidio di un’intera flotta da guerra sono alcuni giovani studenti britannici a bordo di un guscio di noce, che sono stati portati nella baia per poter vedere “gli Unni sconfitti”.
Sopra, a sinistra: L’Ammiraglio britannico Sydney Robert Fremantle, nel 1917, a bordo di un ricognitore della Northern Patrol o Pattuglia del Nord, col grado, allora, di Contrammiraglio. Sopra, a destra: La fine della SMS Seydlitz, superbo incrociatore da battaglia della Marina Imperiale germanica, autoaffondato dall’equipaggio tedesco a Scapa Flow.
Le forze inglesi, in quel momento, dispongono soltanto di due cacciatorpediniere, sette pescherecci armati e poche altre piccole imbarcazioni: la confusione è enorme e l’Ammiraglio Fremantle viene avvisato di quanto sta accadendo solo a mezzogiorno e mezzo, allorché dà ordine alla squadra navale di rientrare a Scapa Flow. Intanto, gl’inglesi abbordano alcune unità e tentano di farle arenare, impedendo così il completo affondamento di 21 cacciatorpediniere. Quando Fremantle rientra nella rada, soltanto le unità di maggiore stazza sono ancora a galla, ma ormai c’è ben poco da fare; su sedici tra corazzate e incrociatori da battaglia, solo la SMS Baden si salva.
Alle cinque del pomeriggio cola a picco anche l’Hindenburg: ben 54 unità sono affondate e l’onore della Marina Imperiale tedesca è salvo. Per gl’inglesi si tratta di un affronto, un vero schiaffo morale; poiché hanno infranto i termini dell’armistizio, Fremantle dà ordine di considerare i marinai tedeschi come prigionieri di guerra e li fa deportare in un campo di prigionia in Scozia. Durante l’incontro con il Contrammiraglio Ludwig von Reuter, Freemantle è assai duro e lo accusa di aver violato le regole della marineria e dell’onore; tuttavia, più tardi ammetterà di aver provato simpatia e rispetto per quell’antagonista che, trovatosi in una posizione terribile, aveva saputo conservare la sua dignità e quella della Marina germanica. Le navi affondate inizialmente vennero lasciate sul posto, dato che l’abbondanza di materiali ferrosi alla fine del conflitto ne rendeva antieconomico il recupero; le autorità di Scapa Flow, tuttavia, lamentavano il fatto che i relitti costituissero un pericolo per la navigazione e nel 1923 cominciarono le operazioni di smantellamento.
Sopra: La SMS Kaiser, nave da battaglia della Marina Imperiale germanica, autoaffondata dagli equipaggi a Scapa Flow alle 13.24 del 21 giugno 1919. Sotto: Le torrette di poppa con le formidabili cannoniere della SMS Kaiser.
Nello stesso periodo s’interessò al problema il noto imprenditore Alan Cox, che acquistò i relitti dall’Ammiragliato e quindi ne intraprese il recupero, applicando tecniche innovative e utilizzando, per ironia della sorte, un vecchio bacino di carenaggio tedesco, preda bellica. L’ultima nave a essere smantellata, nel 1939, fu l’incrociatore da battaglia SMS Derfflinger: un’era si era chiusa definitivamente, ma all’orizzonte si prospettava il divampare di un nuovo, più terribile conflitto. Alcune unità (3 corazzate e 4 incrociatori), adagiatesi su fondali troppo profondi, non furono mai recuperate e oggi vengono visitate regolarmente da sub esperti, che hanno dato un nome, tanto evocativo quanto tragico, ai surreali resti della flotta affondata: il Valhalla sommerso.
Sopra: Un rimorchiatore si accosta a un cacciatorpediniere tedesco autoaffondatosi a Scapa Flow. Sotto: Mappa della posizione dei relitti delle navi affondate a Scapa Flow. La SMS Kaiser è contrassegnata con il numero 18.

La base navale britannica di Scapa Flow fra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale

Dotata di fondali abbastanza profondi e idonei all’ancoraggio di grandi navi, Scapa Flow fu scelta nel 1905 dalla Royal Navy e attrezzata nel primo decennio del XX secolo, divenendo la base navale britannica più importante durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Allo scoppio della Grande Guerra le batterie difensive costiere non erano ancora state apprestate. Tuttavia la baia di Scapa Flow era considerata inviolabile dai vertici della Marina britannica: già nei primi mesi di guerra furono però avvistati al largo i primi sommergibili tedeschi. Gli U-Boot erano temuti a tal punto che, a settembre del 1914, gli artiglieri britannici, convinti di aver visto entrare un sommergibile tedesco nella baia, aprirono il fuoco contro quelle che in realtà erano foche o uccelli marini. Il 23 novembre 1914, l'U-18 entrò effettivamente nello stretto di Hoxa, fermato però dagli ostacoli antisommergibile. Gl’inglesi, per motivi di sicurezza, affondarono allora quindici vecchi mercantili che avevano acquistati in precedenza, più altri cinque andati a bloccare i fondali marini. In aggiunta vennero installate anche reti anti-siluro
Rielaborazione da: http://it.wikipedia.org/wiki/Scapa_Flow Iconografia redazionale.
in acciaio. In conseguenza di questi provvedimenti, le entrate di Scapa Flow furono ridotte da otto a tre: gli stretti di Hoy, Hoxa e Switha furono tutti protetti da cavi antinave, reti antisommergibile, campi minati, fari da vedetta e artiglieria.
Sopra: L’incrociatore da battaglia Derfflinger, della Marina Imperiale tedesca, mentre fa fuoco con otto dei suoi 32 cannoni. Varato nel 1913 contava 26mila tonnellate di stazza, 210 metri di lunghezza, 28 nodi (circa 50 chilometri orari) di velocità, autonomia per oltre 10mila chilometri a velocità di crociera, un equipaggio composto di 44 ufficiali e 1.068 marinai. L’incrociatore era armato con 32 cannoni di differente calibro, 4 tubi lanciasiluri e disponeva di una corazzatura fino a 300 millimetri. Fu autoaffondato dalla ciurma stessa nella baia di Scapa Flow, il 21 giugno 1919.
Vi era inoltre il grave pericolo delle mine navali tedesche (70mila, disseminate fra le Isole Orcadi e la Norvegia meridionale) a causa delle quali il 5 giugno 1916 era colato a picco l’HMS Hampshire. Il 24 ottobre 1918 l'U-116 della Marina Imperiale germanica penetrò a Scapa Flow alle ore 20:00: gl’idrofoni britannici rilevarono il sommergibile e allertarono le difese, che alle 23:30 individuarono il periscopio dell'U-116 a sud di Roan Head, nei pressi di un campo minato controllato a distanza. Quando il galvanometro del campo minato rilevò il passaggio del sommergibile, i britannici fecero detonare le cariche, che lo affondarono. Fu l’ultimo U-Boot della guerra a colare a picco. Oltre alle difese antinave, a Scapa Flow vennero impiantate anche difese antiaeree. Durante la Prima Guerra Mondiale le Isole Orcadi videro infatti uno dei primi esperimenti di sviluppo di un'aviazione navale, ed ospitarono una forza aerea che crebbe sempre più nel corso degli anni di guerra. Nel settembre 1914 giunsero a Scapa Flow i primi due idrovolanti e poi due aerei convenzionali. Allo scoppio della seconda Guerra Mondiale nuovi natanti furono affondati nella baia, per impedire l’accesso di sommergibili tedeschi; tuttavia il 14 ottobre 1939 l'U
47, del Comandante Günther Prien, eroe della guerra sottomarina tedesca con 30 navi nemiche affondate, riuscì a penetrare all’interno della base e a silurare la nave da battaglia HMS (His Majesty Ship, Nave di Sua Maestà, il Re) Royal Oak e altre unità.
Sopra, a sinistra: Il Kapitänleutnant (Tenente di Vascello) Günther Prien, asso della sommergibilistica tedesca del III Reich, che in un solo anno e mezzo di guerra, colò a picco 30 navi per oltre 200mila tonnellate complessive. Perì in Atlantico il 7 marzo 1941, al largo delle coste islandesi, in seguito all’attacco di cacciatorpediniere inglesi che lanciarono bombe di profondità. Sopra, a destra: L’U-47 del Kapitänleutnant Günther Prien in avvicinamento alla corazzata inglese Royal Oak, che sarà colata a picco nella munitissima base navale di Scapa Flow (notte fra il 13 e il 14 ottobre 1939).
Dall'U-Boot partirono i siluri che colarono a picco la corazzata, insieme a 833 membri dell'equipaggio, dopodiché l'U-47 riuscì a svincolarsi e a far ritorno in Germania, dove fu trionfalmente accolto e insignito della Croce di Cavaliere della Croce di Ferro con foglie di quercia dal Fűhrer in persona, Adolf Hitler. Un duro colpo per l’onore della Grand Fleet, ormeggiata nelle Isola Orcadi.
Sopra: Il sottomarino tedesco U-47 in mare aperto.
Sotto: Il ritorno dell’U-47 del Comandante Prien, dopo la strepitosa impresa di Scapa Flow nel porto di Wilhelmshaven, in Germania, il 17 ottobre 1939. L’unità sommergibilistica riceve gli onori militari, al suo passaggio, da parte dell’incrociatore Emden.
Intanto a Scapa Flow lo stretto di Kirk veniva definitivamente bloccato una settimana dopo. Contemporaneamente fu varato un piano che ampliava il numero di batterie costiere, difese antisommergibile, stazioni radar, campi minati e ostacoli anti-sbarco. La baia di Scapa Flow divenne così il porto più difeso d'Europa, tanto più che il controspionaggio inglese credeva possibile in primavera un attacco della Marina tedesca. La Luftwaffe attaccò per la prima volta la base navale il 17 ottobre 1939, danneggiando la Iron Duke, sede del Quartier Generale della flotta, che venne arenata per evitarne l'affondamento e rimase in questo stato per tutta la guerra. I bombardieri tedeschi tornarono sulle Orcadi il 16 marzo 1940 con quindici velivoli, provocando la morte di nove marinai a bordo dell'incrociatore Norfolk, che rimase danneggiato. E, ancora, l'8 aprile con ventiquattro bombardieri. Il giorno successivo i tedeschi invadevano la Danimarca e la Norvegia. Il possesso della Norvegia dava infatti alla Marina e all'Aviazione tedesca ottime basi da cui colpire Scapa Flow. Ma, più che un'invasione anfibia in larga scala, il Comandante delle Orcadi e delle Shetland riteneva probabili delle incursioni di truppe scelte per sabotare le difese dell'isola oppure un'invasione dal cielo con lancio di paracadutisti aviotrasportati. Invece i tedeschi, dopo un altro infruttuoso attacco il 24 aprile 1940, si limitarono per tutta la guerra esclusivamente a voli di ricognizione e alla posa di mine navali. Altri attacchi, infatti, avrebbero significato affrontare ottantotto cannoni contraerei pesanti e altrettanti fari da ricerca aerea, dodicimila uomini, quattordici batterie costiere,
stazioni radar e un complesso e coordinato sistema di difese antinave e antisommergibile. Terminata la guerra, nelle Isole Orcadi fu allestito un campo di concentramento per i soldati italiani fatti prigionieri, che a Lamb Holm costruirono una piccola cappella, nota come Italian Chapel, restaurata nel dopoguerra dagli stessi ex prigionieri e ancor oggi in funzione come cappella cattolica.
Sopra: L’esterno e l’interno della cappella di Lamb Holm, nelle Isole Orcadi, eretta dai prigionieri di guerra italiani, catturati in Africa.
Il 29 marzo 1959 l’intera base navale fu chiusa. Giacciono tuttora sul fondo del mare di Scapa Flow, oltre alle britanniche Vanguard e Royal Oak, le corazzate König, Kronprinz Wilhelm, Markgraf e gl’incrociatori Brummer, Karlsruhe, Köln e Dresden, tutti della Marina Imperiale germanica, autoaffondati dai rispettivi equipaggi il 21 giugno 1919.
Sotto, di seguito: Le corazzate Markgraf, König e Kronprinz Wilhelm, della Marina Imperiale germanica, varate nel 1914, armate di 34 cannoni e 5 lanciasiluri, con 300 millimetri di corazzatura e 1.110 uomini di equipaggio ciascuna, tra ufficiali e marinai, tutte autoaffondate e giacenti in fondo al mare di Scapa Flow.
Ai links sottostanti, alcune immagini d’epoca della Hochseeflotte, la Marina Imperiale germanica d’altura, che fu la seconda flotta militare al mondo, dopo quella inglese:

https://www.youtube.com/watch?v=kv-0yclqOnc

https://www.youtube.com/watch?v=NyQ2RyPjGAE