mercoledì 2 luglio 2014

La Polveriera Balcanica dal 1875 al 1914 (Parte 2°): La crisi bosniaca (1908)

Regolate tutte le questioni della Guerra russo-turca con il Congresso di Berlino, la Bosnia-Erzegovina fu ceduta in amministrazione fiduciaria all'Austria-Ungheria.
Formalmente però, la Bosnia-Erzegovina rimaneva parte dell’Impero Ottomano e la Serbia bramava ancora la sua annessione.
Per i serbi, infatti, la Bosnia-Erzegovina rappresentava una provincia nazionale.
Nell'aprile del 1907, il settario giornale panslavista filoserbo "Narod", di Mostar, dichiarava che se non si fosse attuata l’evacuazione delle forze austriache sarebbe scoppiata una rivolta che si sarebbe propagata e avrebbe provocato la rovina dell’Impero Austro-Ungarico.
A Vienna, viceversa, acquistava sempre più peso l'influenza della frangia, la quale annoverava tra i suoi più autorevoli esponenti lo stesso Arciduca Francesco Ferdinando, che propendeva ad una riforma federale dell'Impero ed ad una sua riorganizzazione su base trialistica, con la creazione di un terzo Stato che, affiancato ad Austria e Ungheria, avrebbe riunito i sudditi slavi.

Arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este (1905).


Un incentivo a risolvere la questione con l'annessione ufficiale della provincia fu inaspettatamente fornito all'Austria dalla Russia.
Il 2 luglio 1908, infatti, all’insaputa di Parigi e Londra, il ministro degli Esteri russo Aleksandr Petrovič Izvol'skij invitava, esponendosi per iscritto, Aehrenthal a considerare l’ipotesi di uno scambio.
La Russia avrebbe acconsentito all’annessione austriaca della Bosnia-Erzegovina se l’Austria avesse perorato davanti alle altre potenze la causa dell’apertura degli stretti del Bosforo e dei Dardanelli alle navi russe.

Aleksandr Petrovič Izvol'skij


Il ministro Aehrenthal, sulla base della lettera che gli aveva spedito Izvol'skij, ottenne un incontro con lui nel castello moravo di Buchlau, il 16 settembre 1908.
Ci fu un accordo di massima sulla Bosnia-Erzegovina, del quale, però, le due versioni non concordano. Non fu stilato un verbale unico dell’incontro e la versione di Izvol'skij è del 30 settembre e risente dell’imminenza dell’annessione.
Secondo il ministro austriaco, Izvol'skij dichiarò che la Russia avrebbe assunto un atteggiamento amichevole di fronte all’annessione austriaca della Bosnia-Erzegovina, fermo restando un analogo atteggiamento dell’Austria nel caso la Russia avesse premuto per ottenere il passaggio negli stretti turchi di proprie navi da guerra isolate.
Ad una specifica domanda di Izvol'skij, Aehrenthal dichiarò di aver risposto che era molto probabile che l’annessione venisse proclamata al principio di ottobre.
Il ministro di San Pietroburgo, invece, riferì di aver fatto presente che l’annessione era una questione che interessava le potenze firmatarie del Congresso di Berlino e che doveva essere considerata, se attuata unilateralmente, come una violazione di tale trattato.
A quel punto, secondo Izvol’skij, Aehrenthal avrebbe offerto in cambio il ritiro delle truppe austriache dal Sangiaccato, che il ministro russo avrebbe rifiutato, minacciando invece la trasgressione di clausole del Trattato di Berlino onerose per la Russia.
Sembra certo, comunque, che Izvol'skij a quel tempo non sapesse quando si sarebbe verificata l’annessione.
Dichiarò che Aehrenthal ne avrebbe proposto, forse, il piano di attuazione l’8 ottobre e, dopo Buchlau, andò prima in villeggiatura e poi partì per un giro delle capitali europee allo scopo di ottenere il consenso delle potenze all'apertura degli stretti turchi.

Alois Lexa von Aehrenthal 


Intanto la Bulgaria, nominalmente ottomana secondo il trattato del 1878, era un principato autonomo governato dal Principe tedesco Ferdinando di Sassonia-Coburgo Gotha (Ferdinando I di Bulgaria).
Il 5 agosto 1908, Aehrenthal scrisse a Ferdinando istigandolo a proclamare l’indipendenza del suo Paese con l'appoggio austriaco, che fu puntualmente annunciata a Veliko Tărnovo esattamente due mesi dopo, il 5 ottobre.


Ferdinando I di Bulgaria


Il giorno successivo, il 6 ottobre, l’Imperatore Francesco Giuseppe scrisse ai popoli della Bosnia-Erzegovina un proclama in cui, allo scopo di elevare quelle province ad un più alto livello amministrativo, rendeva nota l'intenzione di dar loro istituzioni costituzionali, formalizzando quindi l'annessione diretta e l'inserimento della Bosnia nell'organizzazione territoriale dell'Impero.


Francesco Giuseppe I d'Austria (1910).


Le ripercussioni più gravi si ebbero in Serbia, che si vedeva ovviamente lesa nei propri fantomatici diritti, e si giunse alla mobilitazione.
Il settario principe ereditario serbo, il ventunenne Giorgio Karađorđević ,  figlio di un altro settario golpista , Pietro I di Serbia,  , si pose alla testa dei dimostranti e si proclamò , inebriato da una follia nazionalista, pronto a morire, con tutto il suo popolo, per l'ideale egemonico panslavista della "Grande Serbia".
Nella capitale Belgrado, la folla di sgherri cercò di sfondare le finestre della legazione austriaca.
Anche l'Impero Ottomano, che aveva ceduto molto malvolentieri l'amministrazione della Bosnia-Erzegovina nel 1878, si sentì offeso.
A Costantinopoli, fra eccessi che si verificarono contro sudditi austriaci, furono boicottate tutte le merci provenienti da Vienna, mentre la stampa panslavista russa ne approfittò per sostenere che i serbi avrebbero dovuto esigere grandi compensi dall’Austria-Ungheria.


Principe Giorgio Karađorđević (1909). 


Allo scopo di perorare la causa serba, il ministro degli Esteri di Belgrado, Milovan Milovanovič, partì il 17 ottobre 1908 per le capitali europee, seguito il 26 ottobre dal principe Giorgio che, accompagnato dal capo del partito radicale Nikola Pašić, si recò a San Pietroburgo.
Anche in Montenegro l’annessione sollevò proteste. Il Principe Nicola reclamò dalla Bosnia austriaca sia Spizza, che dominava l’unico porto del Montenegro, Antivari, sia la soppressione dell’articolo 29 del Trattato di Berlino, che limitava la sovranità montenegrina sulla costa adriatica.



Principe Nicola del Montenegro (1909).


Izvol'skij era, comprensibilmente, la personalità più agitata, visto che era colui che aveva concesso all’Austria l'annessione della Bosnia-Erzegovina senza una reale contropartita.
Invece di tornare in patria e affrontare lo Zar, il ministro degli Esteri russo cercò di ottenere una qualche assicurazione dalle potenze occidentali sull’apertura degli stretti del Mar Nero.
Dopo Vienna, era comparso prima a Londra, poi a Parigi, senza avere una qualche fortuna.
L’insuccesso di Izvol'skij a Londra fu dovuto soprattutto alla volontà del ministro degli Esteri britannico Edward Grey di far rispettare ai russi l’Accordo anglo-russo del 1907, disatteso, secondo gli inglesi, in Persia.


Edward Grey 


Bülow, desideroso di vendicare lo smacco della Conferenza di Algeciras e di spezzare il debole fronte anglo-franco-russo, decise di fare di tutto per evitare una nuova conferenza internazionale,proposta da Izvol'skij, e puntò le sue carte sulla momentanea debolezza economica di San Pietroburgo, in grave crisi finanziaria e quindi verosimilmente impossibilitata a muovere guerra.
A tale riguardo, per sostenere meglio l’Austria, che con l’Italia  sabauda era legata alla Germania dalla Triplice alleanza, il 30 ottobre 1908, Bülow scrisse ad Aehrenthal: «Qualunque decisione voi prendiate, la considererò come l’unica appropriata».
Nel gennaio 1909, il Capo di stato maggiore dell'esercito tedesco Helmuth von Moltke scriveva con l’approvazione di Bülow al suo omologo austriaco Conrad: «Nel preciso momento in cui la Russia mobiliterà, mobiliterà anche la Germania e si tratterà indubbiamente di una mobilitazione generale».


Helmuth von Moltke



L’ostilità tedesca verso la Russia implicò un tentativo da parte di Bülow di riconciliazione con la Gran Bretagna e la Francia.
Con la prima, però, il margine di manovra si rivelò assai ristretto date la gaffe commessa dall’Imperatore Guglielmo II ad un’intervista al Daily Telegraph.
Con Parigi, invece, alleata della Russia, Bülow ebbe maggior successo, riuscendo a stipulare il 9 febbraio 1909 un’intesa per la quale la Germania riconosceva la supremazia politica della Francia sul Marocco mentre i francesi si impegnavano a non intralciare nella stessa zona gli interessi economici della Germania.
Accontentata la Francia sul Marocco, la posizione della Russia risultò più debole.
In queste circostanze così favorevoli, Vienna consolidò la sua posizione dopo il 26 febbraio quando raggiunse, mediante il pagamento di due milioni e mezzo di Lire turche, l’accordo con Costantinopoli per il riconoscimento del passaggio della Bosnia-Erzegovina all’Austria-Ungheria.
Ma la Serbia, spalleggiata ancora dalla Russia, non aveva intenzione di cedere e non volle riconoscere l’annessione austriaca, quanto meno non senza esservi costretta da una conferenza internazionale.
Il 14 marzo 1909, perdurando lo stato di agitazione in Serbia, Bülow comunicò all’ambasciatore russo che sarebbe stato un delitto far precipitare l’Europa in una guerra sanguinosa, ma che se Izvol'skij non avesse agito per tenere a freno i serbi, alla Germania non restava che lasciare carta bianca all’Austria per procedere contro la Serbia nel modo che le sembrasse più opportuno.



Bernhard von Bülow 

Il 21 marzo, Bülow telegrafò all’ambasciatore a San Pietroburgo:
«Vostra eccellenza vorrà ancora dire a Izvol'skij in un modo fermo che noi attendiamo una risposta precisa: sì o no. Saremo obbligati a considerare ogni risposta evasiva [...] come un rifiuto. In tal caso noi ci ritireremo e lasceremo che le cose seguano il loro corso. La responsabilità di tutti gli avvenimenti ulteriori ricadrà allora su Izvol'skij».
Tre giorni dopo questo telegramma, pervenne a Berlino ed a Vienna il consenso della Russia, senza restrizioni, all’annessione della Bosnia-Erzegovina.
L'anno dopo, nel 1910, come conseguenza della crisi bosniaca, Izvol'skij dovette cedere la poltrona di ministro degli Esteri a Sergej Dmitrievič Sazonov.
Ritiratosi l'appoggio russo, il 27 marzo 1909 l’Austria decise la mobilitazione contro la Serbia.
Alle 23,30 dello stesso giorno, il ministro degli Esteri britannico Edward Grey, disgustato dalla capitolazione di Izvol'skij, autorizzò l’ambasciatore a Vienna a comunicare al governo austriaco che Londra avvallava l'annessione.


Sergej Dmitrievič Sazonov


Il 31 marzo, la Serbia, minacciata unanimemente da tutte le grandi potenze, presentò a Vienna la nota con la quale rinunciava non solo all’atteggiamento di protesta contro l’annessione della Bosnia-Erzegovina, ma si impegnava a mutare il corso della sua politica verso l’Austria per convivere da buona vicina.
Con lo stesso documento la Serbia assicurava anche di ricondurre l’esercito allo stato precedente la crisi.
Aehrenthal si dichiarò soddisfatto della nota serba e si giunse alla conclusione che la conferenza non era più necessaria.
Raggiunto il 7 aprile anche l’accordo col Montenegro, che grazie alla mediazione di Italia e Gran Bretagna ottenne alcuni vantaggi di sovranità sulla costa, Aehrenthal chiese alle potenze di riconoscere formalmente la soppressione dell’articolo 25 del Trattato di Berlino, che appunto stabiliva la sola e semplice amministrazione austriaca della Bosnia-Erzegovina.
Riconoscimento che ottenne fra il 7 ed il 19 aprile.
In una lettera a Bülow del 22 giugno 1909, l’ambasciatore tedesco a Belgrado scrisse tuttavia riferendosi al popolo serbo:
«Il piccolo gruppo delle persone veramente colte o semicolte [...] non vuole rassegnarsi, per la sua boria nazionale offesa, ad accettare il fatto dell’annessione. Starà, perciò, come il cacciatore alla posta, per cogliere l’istante giusto per sparare un colpo a segno».
Nell’estate del 1908, il ministro Aehrenthal trovò necessario sondare il pensiero del governo sabaudo incontrandosi con il suo omologo, il conservatore Tommaso Tittoni. Il colloquio avvenne il 24 agosto 1908 a Salisburgo
I ministri delle due nazioni alleate parlarono della questione Bosnia-Erzegovina e dal rapporto di Aehrenthal così riporta:
«[...] Tittoni non ha esitato a dichiararmi in maniera precisa che, naturalmente, la Bosnia-Erzegovina ci apparteneva e che noi avevamo la firma dell’Italia per il nostro diritto su queste province.
[...] Il trattato della Triplice è stato stipulato quattro anni dopo l’occupazione e stabilisce esplicitamente che a compensi territoriali si dovrebbe addivenire solo quando l’uno o l’altro dei contraenti procedesse all’occupazione temporanea o definitiva di un paese turco».


 Tommaso Tittoni


Il ministro degli Esteri austriaco si riferiva all’articolo 7 del trattato della Triplice alleanza, il quale stabiliva che, fra Austria ed Italia, in caso di “occupazione temporanea o permanente” di territori nei Balcani, la potenza occupante avrebbe riconosciuto compensi all’altra.
Aehrenthal escludeva a buon diritto quindi che, secondo gli accordi, l’annessione della Bosnia-Erzegovina fosse stata una “occupazione”, dato che la provincia era già legittimamente affidata all'amministrazione austriaca da accordi internazionali,per cui l’Italia sabauda non aveva diritto ad alcun compenso in caso di annessione di una provincia già riconosciuta dalle potenze come sotto governo austriaco.
Dopo l’incontro di Buchlau del 16 settembre, Aehrenthal scrisse a Tittoni annunciandogli che l’annessione era imminente ed il ministro sabaudo, benché sorpreso, rispose assecondando l'omologo austriaco. Tittoni tuttavia, per il suo prestigio e per quello del decadente governo sabaudo , pensò ad un accordo a tre fra il suo paese, l'Austria e la Russia, che garantisse prestigiosi compensi territoriali a Roma.
Il 6 ottobre 1908, giorno dell’annessione, Tittoni, in un discorso pubblico, si spinse a dire che l’Italia poteva attendere serenamente gli avvenimenti e che il governo chiedeva all’opinione pubblica fiducia, poiché «potrà dimostrare di averla pienamente meritata».
Questo discorso, nel quale si faceva sperare a grandi compensi, fu un errore che il ministro, successivamente, riconobbe.

Quando l'opinione pubblica seppe, invece, che non c’erano concessioni (l’Austria rinunciò infatti solo ai suoi diritti sul Sangiaccato di Novi Pazar), si diffuse nel governo sabaudo un senso di delusione  che diede luogo a proteste e minacciò di travolgere la posizione di Tittoni.
La campagna di stampa contro il ministro degli Esteri italiano fu durissima e, per riparare al danno, Tittoni avanzò proposte all'Austria di compensi all'Italia di vario tipo.
Poi sostenne la necessità di una conferenza internazionale ed infine minacciò le sue dimissioni e l'uscita dell'Italia dalla Triplice alleanza. Aehrenthal fu, tuttavia, irremovibile, forte dell'appoggio dalle altre potenze, così il ministro sabaudo dovette presentarsi in parlamento senza avere ottenuto alcunché dall'Austria.
In un dibattito alla Camera, che durò dal 1º al 4 dicembre 1908, si susseguirono interventi favorevoli e contrari alla condotta del governo. Il discorso più importante fu tenuto da Alessandro Fortis. Egli si disse disposto ad approvare la politica del governo, ma non quella dell’Austria, che con l’annessione violava, secondo loro, il Trattato di Berlino. Fortis riconosceva che all’Italia non era dato di seguire altra politica, perché non poteva isolarsi dalle altre potenze senza mettersi in pericolo, e chiudeva il suo discorso così:
«O cessa questa anormalissima condizione di cose per cui l’Italia non ha ormai da temere la guerra che da una potenza alleata... ed io spero ed auguro con tutto il cuore che questa condizione intollerabile possa cessare; oppure non può cessare, ed allora riprendiamo serenamente la nostra libertà di azione»
Uno scroscio di applausi di convenienza salutava queste parole, dopo le quali anche il presidente del Consiglio Giolitti si recava a stringere la mano all’oratore, avvalorando l’impressione che volesse abbandonare Tittoni.


Alessandro Fortis


Il ministro degli Esteri, presa la parola, fece un’abile e pomposa difesa della sua politica, dimostrando come l’Austria già esercitasse da anni in Bosnia-Erzegovina una sovranità piena e come, in quel momento, non c’era altra condotta da seguire.
Triplice alleanza integrata dalle amicizie con Francia e Gran Bretagna, e da accordi con la Russia.
Parlò infine Giolitti, il quale dichiarò che nella crisi bosniaca non erano in causa né l’onore né gli interessi vitali della nazione, il cui bisogno supremo era la pace.
Il 4 dicembre 1908 la Camera approvò la politica estera del governo con 297 voti contro 140. Questo nella storiografia unitarista è dipinto come un successo personale soprattutto di Giolitti.

Fine Parte 2°...

Fonte:

  • Bernhard von Bülow, Denkwürdigkeiten, 1930-31 (Ediz.Ital. Memorie, Mondadori, Milano 1930-31, 4 volumi).
  • Luigi Albertini, Le origini della guerra del 1914, Fratelli Bocca, Milano, 1942-1943, 3 volumi.
  • Alan John Percival Taylor, The Struggle for Mastery in Europe 1848-1918, Oxford, Clarendon Press, 1954 (Ediz.Ital.L’Europa delle grandi potenze. Da Metternich a Lenin, Laterza, Bari, 1961).
  • Arthur J. May, The Habsburg Monarchy 1867-1914. Cambridge, Mass., 1968 (Ediz.Ital. La monarchia asburgica 1867-1914. il Mulino, Bologna, 1991 ISBN 88-15-03313-0).
  • Ernst Nolte, Storia dell'Europa 1848-1918, Christian Marinotti Edizioni, Milano 2003 ISBN 88-8273-022-0 (l'edizione italiana ha preceduto quella tedesca)

Scritto :

Presidente e fondatore A.L.T.A Amedeo Bellizzi.