sabato 21 giugno 2014

LA LETTERA DI RISPOSTA DEI SICILIANI AI NAPOLETANI



Comuni furon sempre i nostri palpiti, comuni i nostri voti, e i più ardenti sospiri, né mai ci lascìammo traviare a segno da disconoscere in VOÎ quei nostri fratelli, cui volle natura congiunti, e al cui legame il volgere dei secoli; e il sentimento vivace "della nostra Religione aggiunse un sacro infrangibile nodo: Che se mai tra noi vi fù chi’ volse al nemico benigno lo sguardo, chi sleale gli porse la mano per aggravarci sul collo un ferreo giogo cotanto indegno, fu universale nel fondo del nostro cuore il grido di esecrazione; un ignoto fremito tutti "ci invase;
inorrîdimmo; ed una voce arcana ci risuonava nel petto; che a concordia ci richiamava, ed invitavaci ad agire tutti uniti, tutti compatti, perché quando universale é la sciagura è una colpa, é un delitto verso la società il non cooperare a mutare il vigore dell’avversa fortuna. Noi seguimmo tutte le vostre fasi;
ogni vostro dolore, ogni vostro gemito; ogni vostra stilla di sangue versata, era per noi un‘ acerba ferita, che dal seno strappavaci l‘ anima. Noi giurammo nel silenzio del nostro infortunio, sotto la gravezza; e l'oppressione di tanta tirannîde, il nostro ed il vostro riscatto; e senza parlare, e senza guardarci in viso, il concetto della nostra dignità, il supremo bisogno di rimetterci in calma ci spingeva invincibilmente tutti ad una medesima meta, tutti ad uno stesso fine. La violenza rende più pertinace la volontà, il ferro comprime; ma non iscoglie i vincoli della naturale odiosa dominazione che si regge assiepata dalle bajonette, e strozza nella gola la libera parola, e vieta lo sfogo di un caldo all'atto al nostro Sovrano Francesco Il degno rampollo di tanti Regi illustri che ci governarono sapientemente, nostra delizia; e nostro non Rege ma padre, perde ogni giorno terreno, sempre più vacilla, inevitabile ne è il crollo; e l’armi che ne formavano il baluardo non servono che a farne più rumoreggiante l’ignominiosa caduta. Anche noi deploriamo la cecità dei satelliti di un re che al suono di aspre catene illudevaci col nome di libertà; anche noi compiangiamo quei tristi, che a loro si rannodarono; ma quelli più non sono nostri fratelli, se non quando si saranno disingannati e quando amica ci porgeranno la destra. Noi tutti inalziamo festanti il grido: Viva i nostri Napoletani fratelli, viva i nostri prodi, che
con noi giurarono sul venerando altare della Patria l'indissolubile patto di scacciare da queste nostre contrade il nemico; viva i nostri fratelli ; che con noi proferirono il solenne giuramento di vederci immediatamente sciolti da quel Re subalpino che tiene si a vile i suoi popoli da venderli infamemente come un’armento di pecore imbelli, ne più mai la storia potrà dalla candida croce della Sabaudia
dinastia lavare la macchia di Nizza e Savoia, che addivennero oggetto di baratteria, come se di mercato fosse vilissima merce, e di società ignobile rifiuto. Viva Francesco II° Nostro Padre e Rè viva i fratelli Napoletani.
Palermo 25 Agosto 1861
Il Segretario
Il Comitato filiale della Sicilia.
N G. L. S. G.