mercoledì 26 marzo 2014

INTERPRETARE LA SACRA SCRITTURA OGGI. OVVERO COME VIVERE SERENAMENTE L’ERESIA E L’IMMORALITÀ

 
Esperti Concilio Vaticano (II)
 
Questo breve studio è il seguito di «CHE COS’È LA SACRA BIBBIA E COME GIUNGE FINO A NOI?», dove si spiegano rapidamente: Canone; Ispirazione; Inerranza; Senso; Lingua; Ecc… Oggi ho pensato di illustrare come si arriva alla corretta interpretazione della Scrittura, contro le derive del pensiero moderno che, come magma sterminatore, dominano anche all’interno della Chiesa cattolica. San Pio X in Pascendi Dominci gregis, contro il Modernismo, dice: «il pericolo si appiatta quasi nelle vene stesse e nelle viscere di lei [della Chiesa, NdA], con rovina tanto più certa, quanto essi la conoscono più addentro».
La Chiesa comanda di leggere la Scrittura attraverso la sapienza del Magistero[1], questo per evitare derive dottrinali e morali nel biasimevole stile protestante (Sola Scriptura). La Chiesa definisce solennemente che «l’estensione dell’ispirazione si estende a tutti i Libri riconosciuti dalla Chiesa con tutte le loro parti»[2]. Dunque: «il Canone, comprese le Lettere di san Paolo, fu stabilito dalla Chiesa»[3]. Quindi: «Questo Canone deve essere riconosciuto esclusivamente e con tutte le sue parti», come sono contenute nella Vulgata[4].
Senza la Chiesa docente è impossibile riuscire a «decifrare» l’ispirazione e quindi anche a comprendere rettamente la Scrittura, tanto che Sant’Agostino scrive ai Manichei: «Non crederei al Vangelo se non mi ci inducesse l’autorità della Chiesa cattolica»[5]; ai Donatisti ricorda «l’universalità» e «l’antichità» della «Tradizione apostolica»[6]; ai Pelagiani dice chiaramente che «deve ritenersi per vero ciò che la Tradizione ha tramandato»[7], poiché i Padri «hanno insegnato alla Chiesa ciò che hanno imparato nella Chiesa»[8], visto che fuori dalla Chiesa non si imparano le cose sante.
Contro gli oppositori, si può presentare anche l’inoppugnabile verità storica. Difatti, basta guardasi intorno per capire che oggi ogni fedele «[…] modernista sostiene e quasi compendia in sé molteplici personaggi: quelli cioè di filosofo, di credente, di teologo, di storico, di critico, di apologista, di riformatore […]»[9].
Basti pensare che nella prassi pratica di alcuni movimenti pentecostali riconosciuti però dalla Chiesa del Concilio Vaticano (II), oggi molti fedeli credono di scacciare il demonio e di parlare lingue sconosciute. Se gli si oppone il Magistero che li esorta a non burlasi di Dio con queste megalomanie e fantasie, loro oppongono, all’uso protestante, qualche versetto estrapolato dalla Scrittura. Esempio, dicono: «E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove […]» (Mc 16,17). Però si dimenticano di proseguire: « […] prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno […]» (18). Non è forse vero che Satana è più pericoloso di ogni veleno di serpente? E perché in certi ambienti si preferisce (presumere di) scacciare il demonio piuttosto che bere veleno? Semplicemente perché Satana si burla di loro, mentre, se bevessero veleno, questi morirebbero. Si capisce così perché determinati movimenti non fanno altro che rendere ridicola l’Istituzione, difatti la cattolica interpretazione della pericope in oggetto è ben differente.
Come pure non è vero che parlano lingue sconosciute, bensì i loro versi sono probabilmente esternazione di ego smisurato, se non di problemi di altra natura. Difatti, secondo la dottrina della Chiesa, il «dono delle lingue» fu concesso agli Apostoli che dovevano evangelizzare i popoli della terra per due motivi, ed oggi non c’è più bisogno di tutto ciò. Motivo uno: «perché ne avevano bisogno per farsi comprendere»; motivo due: «perché come la confusione delle lingue fu segno dell’allontanamento del mondo da Dio, così il dono delle lingue doveva essere il segno del riavvicinamento del mondo a Dio». Ecco perché, come scrive sant’Agostino, «pur ricevendosi anche oggi lo Spirito Santo, nessuno parla più le lingue di tutte le genti; perché ormai tutte codeste lingue le parla la Chiesa, dalla quale chi è escluso non riceve lo Spirito Santo»[10]. Vi furono rarissime eccezioni. Qui un elenco di altre bravate contemporanee.
Tutto nasce dall’astuto equivoco modernista sulla «crescita nell’intelligenza della fede» dove si legge: «Grazie all’assistenza dello Spirito Santo, l’intelligenza tanto delle realtà quanto delle parole del Deposito della fede può progredire nella vita della Chiesa: “Con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro”[11] in particolare “la ricerca teologica […] prosegue nella conoscenza profonda della verità rivelata”[12]»[13]. Ecco che la fede diventa un’esperienza spesso soggettiva, oggi talvolta pseudo “mistica”, alla luce di un presunto ed indeterminato spirito che, invece di creare unità, separa in milioni di false dottrine[14]. La storia ne è testimone!
Fa invece presente Pio XII: «[…] reca dispiacere il fatto che non pochi di essi, quanto più fermamente aderiscono alla parola di Dio, tanto più sminuiscono il valore della ragione umana, e quanto più volentieri innalzano l’autorità di Dio Rivelatore, tanto più aspramente disprezzano il Magistero della Chiesa, istituito da Cristo Signore per custodire e interpretare le verità rivelate da Dio. […] E perciò taluni, più audaci, sostengono che ciò possa, anzi debba farsi, perché i misteri della fede, essi affermano, non possono mai esprimersi con concetti adeguatamente veri, ma solo con concetti approssimativi e sempre mutevoli […]. Quanto viene esposto nelle Encicliche dei Sommi Pontefici circa il carattere e la costituzione della Chiesa, viene da certuni, di proposito e abitualmente, trascurato con lo scopo di far prevalere un concetto vago che essi dicono preso dagli antichi Padri, specialmente greci. I Pontefici infatti - essi vanno dicendo - non intendono dare un giudizio sulle questioni che sono oggetto di disputa tra i teologi; è quindi necessario ritornare alle fonti primitive, e con gli scritti degli antichi si devono spiegare le costituzioni e i decreti del Magistero. Queste affermazioni vengono fatte forse con eleganza di stile; però esse non mancano di falsità. Infatti è vero che generalmente i Pontefici lasciano liberi i teologi in quelle questioni che, in vario senso, sono soggette a discussioni fra i dotti di miglior fama; però la storia insegna che parecchie questioni, che prima erano oggetto di libera disputa, in seguito non potevano più essere discusse»[15]. Difatti la Chiesa deplora ed anatematizza sin dalle origini quelle esperienze soggettive alla luce di indeterminate dottrine, come mirabilmente spiega la Provvidentissimus Deus di Leone XIII[16].
Veniamo al dunque. La maggior parte delle pestilenze dottrinali (con annesse immoralità) contemporanee viene alla luce, come è stato dimostrato, dalle false e fantasiose interpretazioni della Scrittura, soprattutto alla luce di vaghe e presunte «origini cristiane». Ecco perché la Traditi Humiliati[17] di Pio VII condanna le nuove traduzioni della Bibbia diffuse senza l’imprimatur, la Qui Pluribus[18] di Pio IX condanna le società bibliche, la Quanta Cura[19] di Pio IX condanna la libertà di coscienza e di culto e nuovamente le società bibliche, la Nobilissima Gallorum[20] di Leone XIII condanna i sacerdoti che vanno a ruota libera, la Pascendi Dominici gregis[21] di san Pio X condanna «quanto sa di modernismo, di presbiterianismo, di laicismo», ecc… Fino ad arrivare ai monumenti di Magistero che pongono una lapide sul Modernismo, sulle sette laiche, sulle società bibliche e sulla Nouvelle Theologie: la Mystici Corporis Christi[22] e la Humani generis[23] di Pio XII.
La Chiesa fondata da Gesù Cristo comanda che si ricorra alla tradizione dei Padri per tramandare fede e costume e per interpretare la Scrittura. Sto parlando del «principio di convergenza dei Padri». Anatematizza (giudicando e condannando) ogni altra tendenza o soggetto sovversivo diffamatore di Dio, per usare le parole di Gregorio IX.
1) Sisto II, Formula d’unione tra Cirillo d’Alessandria ed i vescovi delle chiese d’Antiochia, anno 433: «Esporremo brevemente ciò che pensiamo e affermiamo della Vergine madre di Dio e dell’incarnazione dell’unigenito Figlio di Dio non per aggiungere qualche cosa ma per confermarvi la dottrina che fin dall’inizio abbiamo appresa dalle Sacre Scritture e dai santi Padri, non aggiungendo assolutamente nulla alla fede esposta dai Padri a Nicea. Come infatti abbiamo premesso, essa è sufficiente alla conoscenza della fede e a respingere ogni eresia»[24].
2) II Sinodo d’Orange (Felice III), anno 529: «[…] Ci è pervenuta (la notizia), che ci sono alcuni che circa la grazia e il libero arbitrio per semplicità vogliono giudicare con minore cautela e non secondo la regola della fede cattolica. Per cui ci è sembrato giusto e ragionevole, seguendo l’ammonizione e l’autorità della Sede apostolica, di dover proporre, affinché da tutti siano osservati, pochi capitoli trasmessici dall’apostolica Sede, che per opera degli antichi Padri sono stati raccolti dai libri delle sante Scritture, per il motivo soprattutto di ammaestrare coloro che giudicano diversamente di come è doveroso, e di dover sottoscriverli con le nostre mani […] E così secondo le sentenze sopra scritte delle sante Scritture o le definizioni degli antichi Padri, con il favore di Dio dobbiamo predicare e credere […]»[25].
3) Bonifacio II, Per filium nostrum, 532: «[…] E perciò, risultando che su tale questione hanno trattato in maniera amplissima molti Padri, e prima degli altri il vescovo Agostino di beata memoria, ma anche i nostri predecessori, i vescovi della Sede apostolica, così che nessuno in futuro dovesse avere dubbio […] abbiamo ritenuto di dover rinunziare ad un’ampia risposta […]»[26].
4) IV Sinodo di Toledo (Onorio I), 633: «In conformità con le Scritture divine e la dottrina che abbiamo ricevuto dai santi Padri, professiamo [segue il Simbolo trinitario-cristologico, NdA] […] Questa è la fede della Chiesa cattolica, questa professione di fede conserviamo e manteniamo; chi l’avrà custodita con grande fermezza, avrà la salvezza perpetua»[27].
5) Sinodo in Laterano (Martino I), 649: «Se qualcuno non professa secondo i santi Padri […]. Se qualcuno […] empi eretici […] escogita temerariamente innovazioni e diverse esposizioni  della fede (contro i santi Padri della Chiesa cattolica, cioè i cinque santi ed ecumenici Concilii), e, in breve, fa qualcos’altro che gli empi eretici sono soliti, per operare diabolico, compiere tortuosamente e con astuzia contro i pii e ortodossi annunci della Chiesa cattolica, cioè quelli dei suoi Padri e Sinodi, per sconvolgere la pura professione di fede […] e persevera fino alla fine, senza conversione, nel compiere empiamente queste cose, un tale sia condannato per i secoli dei secoli; “e tutto il popolo dirà: Sia, sia!”(Sal 106,48)»[28].
6) Sinodo di Roma (Agatone), 680: «Crediamo […] Professiamo […] Riconosciamo […] giacché ci viene mostrato che la tradizione apostolica ed evangelica e il Magistero dei santi Padri, che la Chiesa santa, apostolica e cattolica e i venerabili sinodi hanno accolto, hanno ciò fissato»[29].
7) XVI Sinodo di Toledo (Sergio I), 693: « La santa Chiesa cattolica [...] ha questa fede […] [e tutti coloro che non la rispettano, NdA] e non avranno creduto senza macchia di dubbio tutte le asserzioni che il Concilio di Nicea [...], l’Adunanza di Costantinopoli [...] e l’autorità del primo Concilio di Efeso decise di accettare e che la volontà unanime dei santi Padri a Calcedonia o degli altri Concilii o anche di tutti i venerandi Padri, che vissero giustamente nella santa fede, prescrivono di osservare, saranno puniti con la condanna alla dannazione eterna e alla fine del tempo verranno bruciati con il diavolo e i suoi soci in roghi vomitanti fiamme»[30].
8) Sinodo di Roma (Niccolò I), 862: «Si deve credere veracemente e professare in ogni modo […] come insegna l’Autorità apostolica e mostra in maniera eminentissima la dottrina dei santi Padri. Coloro poi che affermano […] [il contrario, NdA] siano colpiti dall’anatema»[31].
9) Concilio Lateranense I (Callisto II), 1123: «Seguendo gli esempi dei santi Padri e rinnovando un dovere del nostro Ufficio, proibiamo assolutamente […]»[32].
10) Gregorio IX, Ab Aegyptiis argentea, 1228: «Anche l’intelletto teologico è in grado quasi come uomo di presiedere a qualsivoglia facoltà, e quasi come spirito di esercitare il dominio sulla carne e di dirigerla sulla via delle rettitudine, affinché non se ne allontani. […]. In verità Noi, colpiti da dolore nell’intimo del cuore[33], siamo ricolmi dell’amarezza dell’assenzio[34], perché... alcuni di voi […] spinti dalla profana novità si danno da fare per travalicare “i confini posti dai Padri”[35], e infatti, la comprensione della Celeste Pagina, delimitata per le cure premurose dei santi Padri, coi sicuri confini delle loro interpretazioni, la trasgressione dei quali non solo è cosa temeraria, ma profana, essi piegano alla disciplina filosofica delle realtà naturali, per fare ostentazione di scienza e non per un qualche pregresso degli ascoltatori, e così si rivelano non esperti di Dio o teologi, ma diffamatori di Dio»[36].
11) Concilio di Lione II (Gregorio X), 1274: «Con fedele e devota professione, confessiamo che lo Spirito Santo procede eternamente dal Padre e dal Figlio non come da due princìpi, ma come da uno solo; non per due spirazioni, ma per una sola. Questo ha ritenuto finora, ha predicato e insegnato, questo crede fermamente, predica, confessa e insegna la sacrosanta Chiesa romana, madre e maestra di tutti i fedeli. Questa è l’immutabile e vera dottrina dei Padri e Dottori ortodossi, sia latini che greci. Ma poiché alcuni, ignorando l’irrecusabile verità ora accennata, sono caduti in vari errori, noi, desiderosi di precludere la via a questi errori, con il consenso del santo Concilio, condanniamo e riproviamo tutti quelli che osano negare […]»[37].
12) Concilio di Trento (Paolo III), Decreto sulla Vulgata, 1546: «Inoltre, per frenare certi spiriti indocili, stabilisce che nessuno, fidandosi del proprio giudizio, nelle materie di fede e morale, che fanno parte del corpo della dottrina cristiana, deve osare distorcere la sacra Scrittura secondo il proprio modo di pensare, contrariamente al senso che ha dato e dà la santa madre Chiesa, alla quale compete giudicare del vero senso e dell’interpretazione delle sacre Scritture; né deve andare contro l’unanime consenso dei Padri, anche se questo genere di interpretazioni non dovesse essere mai pubblicato […]»[38].
13) Concilio di Trento (Paolo III), Decreto sul Peccato originale, 1546: «Perché la nostra fede cattolica, senza la quale “è impossibile essere graditi a Dio”[39], rimossi gli errori, resti integra e pura, e perché il popolo cristiano non “sia portato qua e là da qualsiasi vento di dottrina”[40], dal momento che l’antico serpente[41], perpetuo nemico del genere umano, tra i moltissimi mali da cui è sconvolta la Chiesa di Dio in questi nostri tempi, ha suscitato nuovi e vecchi dissidi circa il peccato originale e i suoi rimedi, il sacrosanto Concilio Tridentino, ecumenico [...] generale […] volendo richiamare gli erranti e confermare gli incerti, secondo le testimonianze delle sacre Scritture, dei santi Padri, dei Concilii più venerandi e il giudizio e il consenso della Chiesa stessa, stabilisce, professa e dichiara quanto segue […]»[42].
14) Concilio di Trento (Paolo III), Decreto sulla Giustificazione, 1547:  «Come insegna la Scrittura […] Contro le maligne invenzioni di taluni, i quali “con un parlare solenne e lusinghiero ingannano i cuori dei semplici”[43], bisogna affermare che non solo con l’infedeltà[44], per cui si perde la stessa fede, ma anche con qualsiasi altro peccato mortale, si perde la grazia già ricevuta della giustificazione, anche se non si perde la fede[45]. Con ciò difendiamo l’insegnamento della legge divina, che esclude dal regno di Dio non soltanto gli infedeli, ma anche i fedeli immorali, adulteri, effeminati, sodomiti, concubini, ladri, avari, ubriaconi, malèdici, rapaci[46], e tutti gli altri che commettono peccati mortali, da cui con l’aiuto della grazia potrebbero astenersi e a causa dei quali vengono separati dalla grazia del Cristo […]»[47].
15) Concilio di Trento (Giulio III), Proemio, Dottrina sul sacramento della Penitenza, 1551: «Per completare la salutare dottrina della giustificazione, promulgata nella precedente Sessione col consenso unanime di tutti i Padri, è sembrato logico trattare dei santissimi Sacramenti della Chiesa, mediante i quali ogni vera giustizia ha inizio o viene aumentata, se già iniziata, o è recuperata, se perduta. Infatti il sacrosanto Concilio Tridentino generale ed ecumenico [...] per eliminare gli errori ed estirpare le eresie comparse ai nostri giorni e che sono in parte riesumate contro gli stessi santissimi sacramenti da eresie già condannate a suo tempo dai nostri Padri o in parte inventate per la prima volta, con grande pregiudizio per la purezza della Chiesa cattolica e per la salvezza delle anime; […] attenendosi alla dottrina delle sacre Scritture, alle tradizioni apostoliche e all’unanime pensiero degli altri Concili e dei Padri, ha creduto bene di stabilire e decretare i presenti canoni, ripromettendosi di pubblicare in seguito (con l’aiuto dello Spirito Santo) gli altri che mancano al perfezionamento dell’opera iniziata»[48].
16) Concilio di Trento (Giulio III), Dottrina sul sacramento della Penitenza, 1551: «I sacerdoti del Signore, secondo quanto suggerirà lo spirito e la prudenza, devono dunque imporre salutari e giuste soddisfazioni, tenuto conto della qualità dei peccati e delle possibilità dei penitenti; qualora infatti chiudessero gli occhi sui peccati e fossero troppo indulgenti coi penitenti, imponendo lievissime penitenze per gravissime colpe, diventerebbero complici dei peccati degli altri[49]. Abbiano poi dinanzi agli occhi che la soddisfazione che impongono sia non soltanto presidio per la nuova vita e medicina per l’infermità, ma anche pena e castigo per i peccati passati; infatti anche gli antichi Padri credono e insegnano che il potere delle chiavi non è stato concesso ai sacerdoti solo per sciogliere, ma anche per legare[50]»[51].
17) Concilio di Trento (Pio IV), Decreto e canoni sulla Messa, 1562: «Ma poiché in questo tempo sono stati diffusi molti errori e molti insegnano e sostengono cose contrarie a questa antica fede, fondata sul santo Evangelo, sulle tradizioni degli Apostoli e sulla dottrina dei santi Padri, il sacrosanto Sinodo, dopo molte, approfondite e serie discussioni su tali questioni, col consenso unanime di tutti i Padri, ha stabilito di condannare ed eliminare dalla Chiesa ciò che è contrario a questa purissima fede e sacra dottrina per mezzo dei canoni che seguono […]»[52].
18) Concilio di Trento (Pio IV), Decreto e canoni sul sacramento dell’Ordine, 1563: «Dalla testimonianza della Scrittura, dalla tradizione apostolica e dal consenso unanime dei Padri appare chiaro che mediante la sacra ordinazione […]»[53].
19) Concilio di Trento (Pio IV), Decreto e canoni sul sacramento del Matrimonio, 1563: «Poiché, quindi, il matrimonio nella legge evangelica è superiore per la grazia di Dio agli antichi matrimoni, giustamente i nostri santi Padri, i Concilii e la tradizione della Chiesa universale hanno sempre insegnato ad annoverarlo tra i sacramenti della nuova legge. Certi uomini empi di questo secolo, presi da furore contro ciò, non solo si sono formati un’opinione falsa di questo venerabile sacramento, ma secondo il proprio costume, prendendo a pretesto il Vangelo, hanno introdotto la libertà della carne, affermando oralmente e per iscritto molte cose contrarie alla Chiesa cattolica e alla tradizione approvata fini dai tempi degli Apostoli, con grande danno dei fedeli cristiani. Perciò il santo e universale Sinodo, volendo opporsi alla loro temerarietà, ha deciso di sterminare le eresie e gli errori più significativi di questi scismatici per evitare che altri subiscano il loro pernicioso contagio, pronunciando contro gli stessi eretici e i loro errori i seguenti anatemi. […, per esempio, NdA] Can. 2. Chi dirà che è lecito ai cristiani avere contemporaneamente più mogli e che ciò non è proibito da alcuna legge divina[54], sia anatema[55]»[56].
20) Concilio di Trento (Pio IV), Decreto sul Purgatorio, 1563: «Poiché la Chiesa cattolica, istruita dalla Spirito Santo, in conformità alle sacre Scritture e all’antica tradizione, nei sacri Concilii […] ha insegnato che il purgatorio esiste[57] e che le anime ivi trattenute possono essere aiutate dai suffragi dei fedeli e soprattutto col santo Sacrificio dell’altare[58], il santo Sinodo prescrive ai vescovi di vigilare con zelo perché la sana dottrina sul Purgatorio, trasmessa dai santi Padri e dai sacri Concilii, sia creduta, conservata, insegnata e predicata ovunque […]»[59].
21) Pio IV, Iniunctum nobis, Professione di fede (ovvero tridentina), 1564: «Accolgo e abbraccio in modo fermissimo le tradizioni apostoliche ed ecclesiastiche e le restanti consuetudini e costituzioni della stessa Chiesa. E così pure accolgo la sacra Scrittura secondo quel senso che ha tenuto e che tiene per fermo la santa madre Chiesa, cui spetta giudicare sul vero senso e sull’interpretazione delle sacre Scritture, né mai la riceverò o la interpreterò, se non secondo l’unanime consenso dei Padri»[60].
22) Innocenzo XI, Cum ad aures, 1689: «Anche se l’uso frequente e quotidiano della santissima Eucaristia è sempre stato approvato nella Chiesa dai santi Padri, tuttavia non hanno mai stabilito o di riceverla più spesso, o di astenersi da essa in determinati giorni dei singoli mesi o settimane; e questo non l’ha stabilito nemmeno il Concilio di Trento […] E pertanto, per quanto riguarda coloro che esercitano un mestiere, l’accesso frequente alla ricezione del sacro Alimento, deve essere lasciato al giudizio dei confessori che scrutano i segreti del cuore, e questi, conformemente alla purezza delle coscienze, all’utilità della frequenza, e al progresso nella pietà, ai laici che esercitano un mestiere e agli sposati, debbono prescrivere quello che prevedono che sarà più utile per la loro salvezza»[61].
23) Gregorio XVI, Inter praecipuas machinationes, 1844: «[...] Né ignorate infine quanta diligenza e sapienza occorrano per tradurre fedelmente in altra lingua le parole del Signore: sicché niente è più facile ad avvenire che il moltiplicarsi, nelle versioni procurate dalle società bibliche, o per frode o per ignoranza di tanti interpreti, di gravissimi errori; i quali poi sono lungamente occultati dalla stessa moltitudine e varietà di quelle, con danno di molti. Ma poco importa alle dette società quali errori si bevano i lettori di siffatte versioni, purché a poco a poco si avvezzino a giudicare arditamente del senso delle Scritture, a disprezzare le tradizioni divine custodite diligentemente dalla Chiesa secondo la dottrina dei Padri, e a ripudiare il Magistero della Chiesa medesima. […] Infatti nelle regole scritte dai Padri a ciò deputati dal Concilio di Trento, approvate da Pio IV[62]... e premesse all’Indice dei libri proibiti, si legge, con universale sanzione stabilito, che la lettura delle Bibbie in volgare si permetta solo a quelli cui si giudichi poter tornare in aumento di fede e di pietà. Alla qual regola, vieppiù ristretta poi per le continue frodi degli eretici, fu in ultimo per autorità di Benedetto XIV aggiunta la dichiarazione che sia lecita la lettura di quelle traduzioni volgari le quali siano state approvate dalla Sede apostolica, ovvero illustrate con note desunte dai santi Padri della Chiesa […]»[63].
24) Pio IX, Qui pluribus, 1846: «Ormai conoscete bene, venerabili fratelli, gli altri mostruosi e fraudolenti errori coi quali coloro che si occupano solo di cose mondane tentano accanitamente di assalire la divina autorità della Chiesa e le sue leggi e di calpestare i diritti tanto del potere sacro quanto di quello civile. A questo mirano […] quelle sètte clandestine sorte dalle tenebre per la rovina e la devastazione, sia di ciò che è sacro che di ciò che è pubblico e condannato con ripetute scomuniche dai vescovi di Roma Nostri predecessori nelle loro lettere apostoliche che Noi confermiamo con la pienezza della Nostra apostolica potestà […]. Questo vogliono le astutissime società bibliche che rinnovando l’antica arte degli eretici non tralasciano di distribuire gratuitamente e di imporre in grandissimo numero di copie, con forte spesa, i libri delle sacre Scritture, tradotti in tutte le lingue volgari, contro le più sante regole della Chiesa, e spesso malvagiamente interpretati, a tutti gli uomini, di ogni sorta, anche ai più rozzi, affinché tutti, respinta la divina tradizione, la dottrina dei Padri e l’autorità della Chiesa cattolica, interpretino a loro arbitrio le parole di Dio, ne travisino il senso e scivolino così nei più gravi errori. Gregorio XVI […] disapprovò[64] queste società; e Noi pure vogliamo che esse vengano condannate. A questo mira quel sistema orribile e contrario al lume della ragione, dell’indifferenza di qualsiasi religione [Indifferentismo], sistema col quale essi astutamente, eliminata ogni differenza fra virtù e vizio, verità e errore, onestà e disonestà, vanno inventando che gli uomini possono conseguire la salute eterna con qualsiasi religione […] a questo mira (anche quella) dottrina funesta che è più che mai contraria al diritto naturale, che chiamano comunismo […]»[65].
25) Pio IX, Eximiam tuam, 1857: «I santi Padri (devono essere) trattati con quella riverenza che i canoni dei Concilii prescrivono e che senza dubbio le splendidissime luci della Chiesa (meritano), […] si (agisca) contro le scuole (bibliche eretiche) che Pio VI, Nostro predecessore di venerata memoria, ha solennemente condannato»[66].
26) Pio IX, Gravissimas inter, 1862: «Consta infatti dalle divine Scritture e dalla tradizione dei santi Padri […]. I santi Padri nella dottrina che deve essere tramandata alla Chiesa, cercarono continuamente di distinguere la conoscenza delle cose divine che a tutti è comune per la capacità naturale dell’intelligenza, dalla conoscenza di quelle cose che per mezzo dello Spirito Santo si accoglie nella fede, e di conseguenza insegnarono che per mezzo di questa sono rivelati a noi in Cristo quei misteri che trascendono non solo l’umana filosofia, ma anche l’intelligenza naturale angelica, e che se anche per divina rivelazione sono state conosciute e per la fede stessa sono state ricevute, tuttavia anche ora, con il sacro velo della stessa fede, permangono nascoste e avvolte di oscura caligine, per tutto il tempo in cui in questa vita mortale pellegriniamo lontani da Dio. Da tutte queste cose risulta evidente che è del tutto estranea alla dottrina della Chiesa cattolica […] che tutti i dogmi della religione cristiana sono in modo indiscriminato oggetto della conoscenza naturale o filosofia […]»[67].
27) Leone XIII, Provvidentissimus Deus, 1893: «Con questa legge piena di sapienza la Chiesa non intende in alcun modo ritardare o proibire l’investigazione della scienza biblica […] (MA SOLO) nei passi della divina Scrittura, ove si desidera ancora una interpretazione certa e definitiva […]. Nei passi poi già definiti il maestro privato può egualmente dare un contributo […] confutando brillantemente gli avversari. Negli altri casi si deve seguire l’analogia della fede e attenersi, come a norma suprema, alla dottrina cattolica, quale la si riceve dall’autorità della Chiesa […]. Somma è invero l’autorità dei santi Padri, per mezzo dei quali “la Chiesa, dopo gli Apostoli, ebbe incremento, come da piantatori, irrigatori, edificatori, pastori ed educatori”[68], ogni volta che all’unanimità interpretano con uguale senso una qualche testimonianza biblica, riguardante la dottrina della fede o dei costumi. Dal loro unanime consenso, infatti, appare chiaramente che così sia stato tramandato dagli Apostoli secondo la fede cattolica […]»[69].
28) San Pio X, Motu proprio Sacrorum Antistitum, Giuramento antimodernista, 1910: «Quarto: accolgo sinceramente la dottrina della fede trasmessa fino a noi dagli Apostoli per mezzo dei Padri ortodossi, nello stesso senso e sempre nello stesso contenuto; e per questo respingo totalmente l’eretica invenzione dell’evoluzione dei dogmi, cha passano da un significato ad un altro, diverso da quello che prima riteneva la Chiesa; e ugualmente condanno ogni errore con cui, al divino Deposito consegnato da Cristo alla Sposa per essere da lei custodito fedelmente, viene sostituita l’invenzione filosofica o la creazione dell’umana coscienza, lentamente  formatasi con lo sforzo degli uomini e da perfezionarsi per l’avvenire con un progresso indefinito»[70].
Il Giuramento antimodernista fu imposto a tutti i membri del clero con compiti di Ministero, Magistero o di Giurisdizione ecclesiastica e a quanti aspiravano a diventare parte del clero. Lo stesso giuramento era obbligatorio per tutti coloro che ricevevano gradi accademici nelle università pontificie e persino nelle università che rilasciavano titoli di studio riconosciuti dallo stato, come l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Il Giuramento fu abolito dopo la chiusura del Concilio Vaticano [II] - il Concilio furbescamente glissò sui 2 peggiori mali: Modernismo e Comunismo - da Montini (Paolo VI) nel 1966, ma già qualche anno prima l’Università Cattolica aveva sostituito il Giuramento antimodernista con la recita del Credo[71].
Oggi la maggior parte delle Bibbie approvate dalle varie «Conferenze episcopali» sono prossime a quelle delle società bibliche di dannata memoria, come ho documentato in parte qui. Un tempo certi testi venivano regalati per far proseliti eretici, oggi se li fanno anche pagare. Nello stesso studio consiglio i testi della Chiesa cattolica da usare per salvare fede e morale.
Poi c’è anche qualcuno che, prossimo a credere pure ai folletti, va dicendo che potrebbe esistere un vero Papa veramente eretico e che questi potrebbe usare la Cattedra di san Pietro per insegnare false dottrine e falsa morale, già condannate dalla Chiesa, alterando finanche il senso della Scrittura. Ah già - essi dicono - ma si tratta solo di pastorale, non fa niente per le anime (anche le Lettere pastorali di san Paolo sarebbero eretiche ???). Bah! Ma per favore, si smetta di insegnare codeste scemenze! La pastorale, invece e come san Paolo dimostra, è la disciplina teologica che studia i criteri d’intervento correttivo, veracemente e senza alterare la fede ed il costume. Anche Lutero aveva la sua pastorale, purtroppo dai contenuti eretici, difatti fu anatematizzato!
 
Pubblicazione a cura di Carlo Di Pietro (clicca qui per leggere altri studi pubblicati)- http://radiospada.org/


[1] Cf. Denzinger, 325, 3792s, 3826, 3828, 3888s, ecc...
[2] Op. cit., 1504, 3006, 3029
[3] Op. cit., 179s, 186, 213, 1335, 1520s
[4] Op. cit., 202, 213, 354, 1504, 1863, 2538, 3006, 3029
[5] Cf. Contra ep. man. 5, 6; cf. Contra Faustum 28, 2
[6] Cf. De bapt. 4, 24, 31
[7] Cf. Contra Iul. 6, 5, 11
[8] Cf. Opus imp. c. Iul. 1, 117; cf. Contra Iul. 2, 10, 34
[9] Cf. Pascendi Dominici gregis, San Pio X
[10] Cf. San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 176, a. 1 ad 3
[11] Conc. Ecum. Vat. (II), Dei Verbum, 8
[12] Conc. Ecum. Vat. (II), Gaudium et spes, 62; cf 44; Id., Dei Verbum, 23; 24; Id., Unitatis redintegratio, 4
[13] Cf. Catechismo K. Wojtyla (Giovanni Paolo II), Libreria Editrice Vaticana, par. I, sez. I, cap. 2, art. 2, III L’interpretazione del deposito della fede, n° 94
[14] Cf. Efesini 4,14
[15] Cf. Humani generis,circa alcune false opinioni che minacciano di sovvertire i fondamenti della dottrina cattolica
[16] http://www.vatican.va/holy_father/leo_xiii/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_18111893_providentissimus-deus_it.html
[17] 24 maggio 1829
[18] 6 novembre 1846
[19] 8 dicembre 1864
[20] 10 febbraio 1884
[21] http://www.vatican.va/holy_father/pius_x/encyclicals/documents/hf_p-x_enc_19070908_pascendi-dominici-gregis_it.html
[22] http://www.vatican.va/holy_father/pius_xii/encyclicals/documents/hf_p-xii_enc_29061943_mystici-corporis-christi_it.html
[23] http://www.vatican.va/holy_father/pius_xii/encyclicals/documents/hf_p-xii_enc_12081950_humani-generis_it.html
[24] Cf. Denzinger, 271
[25] Op. cit., 370 e 396
[26] Op. cit., 399
[27] Op. cit., 485
[28] Op. cit., 501-522
[29] Op. cit., 546-548
[30] Op. cit., 575
[31] Op. cit., 635-636
[32] Op. cit., 710
[33] Cf Gn 6,6
[34] Cf Lam 3,15
[35] Cf. Pro 22,28
[36] Cf. Denzinger, 824
[37] Op. cit. 850
[38] Op. cit. 1507
[39] Eb 11,6
[40] Ef 4,14
[41] Cf. Ap 12,9, 20,2
[42] Op. cit., 1510
[43] Rm 16,18
[44] Can. 27
[45] Can. 28
[46] Cf. 1Cor 6,9s
[47] Cf. Denzinger, 1544
[48] Op. cit., 1600
[49] Cf. 1 Tm 5,22
[50] Cf. Mt 16,19; 18,18; Gv 20,23; Can. 15
[51] Cf. Denzinger, 1692
[52] Op. cit., 1750
[53] Op. cit., 1766 ss.
[54] Cf. Mt 70.9
[55] Cf. *1798
[56] Op. cit., 1800 ss., 1802 ss.
[57] Cf. *1580
[58] Cf. *1743 e 1753
[59] Op. cit., 1820
[60] Op. cit., 1863
[61] Op. cit., 2090 ss.
[62] *1854
[63] Op. cit., 2771 e 2772
[64] Cf. Inter praecipuas, 8 maggio 1844; Ivi.
[65] Cf. Denzinger, 2782 ss.
[66] Op. cit. 2830
[67] Op. cit., 2855 ss.
[68] Cf. sant’Agostino, Contra Iulianum Pelagianum, II, 10, n° 37; P.L. 44, 700
[69] Denzinger, 3280 ss
[70] Op. cit., 3537-3550