martedì 4 febbraio 2014

Conte Clemente Solaro della Margarita : La religione applicata a beneficio dei popoli (Seconda Parte).

 
Conte Clemente Solare della Margarita.


LEZIONI DI POLITICA
raccolte fra le sue principali opere

CAPITOLO II
RELIGIONE E POLITICA

2) La religione applicata a beneficio dei popoli
(seconda parte)

I. [...] Non è il parlar della Religione che si riprova. E' tema che ognun riconosce importante, purché non si faccia omaggio alla vera; importante quando vi si trovano difetti, importantissimo quando se ne scuotono le basi. Or dunque non è il parlar di Religione che si dileggia e condanna, ma il parlarne con quel sentimento che la sola Cattolica ispira; questo sentimento non suggerisce di sacrificarla per materiali interessi, per estensione di domini, per accrescimento di possanza; suggerisce ad ogni uomo, anzi comanda di perdere la vita prima che la Religione, ed agli Stati di sacrificare qualunque vantaggio anziché perderla; di perdere piuttosto l'indipendenza che la fede. E' questa un'eresia politica, ma ella è verità cattolica [...]
II. [...] Dio chiama al rendiconto le Nazioni come gli uomini secondo i benefici che loro ha largito, secondo i doveri che loro ha imposti, secondo la condizione in cui le ha collocate nel novero delle umane famiglie. Dio non chiese ragione agli Assiri, ai Medi, ai Persiani delle non osservate leggi mosaiche da loro non conosciute; ai grandi loro delitti contro la legge naturale serbava tremendi castighi, né li evitarono, ma alle poco loro virtù diede quel premio che solo sperare potevano, possanza d'impero e molte famose conquiste. Al popolo d'Israele, cui privilegiava colla sua legge e col chiamarlo suo, chiedeva d'essere fedele a lui. D'esserlo più volte questo popolo fece giuramento, ma sempre spergiuro, ne attirò le vendette fino all'isterminio.
Ciò che Dio chiedeva ai figli d'Abramo e di Giacobbe, non lo chiedeva ai Romani, e sebbene adoratori degli Idoli, salirono ad incomparabile possanza, ma Dio ai Romani stessi chiedeva assai più dal dì che fu predicato il Vangelo; i loro Imperatori anche alla vista dei Cornelii, di un Paolo Proconsolo, e di tanti altri ragguardevoli personaggi che si umiliavano alla sapienza della nuova dottrina, orrendamente perseguitarono il nome cristiano; questa è la prima, forse la vera cagione della rovina di quell'Impero. Cadde per quelle eventualità esteriori che sole appaiono come cagioni di sue catastrofi agli occhi dei politici; ma noi sappiamo che vi sono altre eventualità segrete che tutte non menano strepito, e che l'una e l'altra sono cause seconde mosse dalla sapientissima volontà di Dio.[...]
III. L'uomo irreligioso vede contraddizioni nel governo della Provvidenza, e se ne prevale per abbandonarsi ai calcoli dell'umana politica. Colui che tiene fisso la sguardo alla legge superiore che ogni cosa regge e dispone con infinita sapienza, non torce un passo dal retto sentiero, qualunque cosa sia per accadere; il premio temporale lo spera, ma in lui non fonda; sa che può mancargli, e non perciò muta di via; fa ciò che deve, checché ne avvenga. Così ha da esser per le Nazioni, ossia tale ha da essere la massima di chi le governa. Se però si osserva nelle storie l'epoca della decadenza e della rovina di tanti floridi Regni che più non esistono, si vedrà che fu sempre preceduta dall'irreligione in trionfo.
L'esempio della Francia è il più vicino; la corruzione d'ogni principio durante la reggenza di Filippo d'Orleans, l'immoralità d'ogni classe durante il regno di Luigi XV, la pubblica professione dell'indifferentismo, e per fin dell'ateismo fra i ministri della Corona, attirarono le vendette di Dio. Castiga egli i popoli corrotti quando accieca i Sovrani, sicché non discernono più la retta via; punisce i Sovrani che non la seguono, colle ribellioni de' popoli, e gli uni e gli altri con calamità infinite. [...]

XII. Dissi a sufficienza dell'interesse che abbiamo, onde la politica della Corte di Sardegna per il ben nostro particolare, per quello di tutta Italia resti esclusivamente Cattolica, dirò ora come abbia ad essere tale. Prima condizione è che il Sovrano non solo la voglia osservata dai sudditi, ma loro ne porga osservandola luminosi esempi: "ad Regis exemplar totus componitur orbis" , è detto antico, ma sempre vero. Nel paese nostro la Real Famiglia ha talmente riconosciuto questo dovere verso Dio nel lungo corso di tante generazioni di Principi, che insistere su questo punto, quantunque adoperassi le più riverenti parole, parrebbe quasi una dimenticanza inescusabile di quanto sia sempre stata la pietà de' Sovrani ed il loro zelo per la causa di Dio; sarebbe dimenticare che vi furono dei Principi e delle Principesse innalzati agli onori degli altari, ma neppur uno cui possa farsi il rimprovero d'esser stato seguace di un'empia filosofia, d'aver disprezzato i dogmi della Religione e le leggi della Chiesa.
Nelle tradizioni dell'Augusta sua Casa trova il Re quanto basti per conoscere ciò che Dio chiede ai Sovrani della terra; il mio discorso sarebbe superfluo; dirò inoltre, che questa condizione non è compiuta se i Ministri depositari del potere sovrano non osservino o non curino si osservi la Religione da quanti hanno pubblici uffici, da quanti dalla loro autorità dipendono, dall’intero popolo dello Stato. Non si tratta d'imporre colla forza l'osservanza della Religione, e di penetrare nell'interno delle famiglie turbandone la pace con indiscreta sorveglianza. Queste vessazioni non si sono vedute mai in alcuno Stato, e non può venirmi in capo di suggerirle. Ma trattasi di rispettare e di far rispettare le leggi della Chiesa tutelando il sacro ministero e l'autorità spirituale del ceto ecclesiastico, siano Vescovi, Parroci o semplici sacerdoti; trattasi di esigere l'osservanza delle feste [...];trattasi di proteggere la purità della fede, non tollerando che iniquamente s'insulti o si seminino errori [...].
XIII. La seconda condizione di una politica esclusivamente cattolica è il rispetto all'autorità della Chiesa, che ovunque esercita il suo impero, i popoli s'indirizzano a virtù, a quiete, a devozione verso il potere temporale. Il rispetto all'autorità della Chiesa non è compiuto se non è garantita e protetta la sua libertà in ogni cosa che da lei dipende. E' un grave attentato incepparla sotto pretesto di tutelare i diritti regali; nell'ordine spirituale la Chiesa è padrona assoluta; contraddirne l'azione, impedirla, tanto vale, quanto contraddire la volontà, il potere del celeste suo Fondatore. La libertà della Chiesa, nella sfera in cui s'aggira la sua giurisdizione, deve essere libera senza alcuna limitazione; l'insegnamento religioso non può uscire dalle sue mani senza manifesta usurpazione del potere laico; arbitra esser deve nella scelta delle dottrine; buone quelle sole che approva, cattive quante ne condanna; buoni i maestri che ricevono da lei il mandato, cattivi o assai sospetti quanti da lei non lo ricevono. Lasciando la libertà alla Chiesa, basta essa solo ad impedire che un popolo si corrompa a segno di perdere la fede.
Non riuscirà con i suoi insegnamenti, colle sue predicazioni, coi tanti mezzi che l'origine sua divina le fornisce ad estirpare dal cuore dell'uomo il mal germe di corruzione ereditato dal primo padre, vi saranno sempre passioni e funesti effetti sulle medesime; queste passioni per mercé l'efficacissimo e segreto magistero della Chiesa, si restringeranno agli individui, e non porteranno lo scompiglio nella Nazione.
Par fuor di proposito fare un precetto di politica della libertà della Chiesa in un tempo che tanti predicano come massima di Governo la libertà religiosa. Comincio per osservare che sono i banditori della libertà religiosa, per cui tutt'altro intendono che la vera libertà, coloro che più si mostrano avversi a quella della Chiesa Cattolica, né mal s'appongono, secondo l'ispirazione satanica onde s'informano, poiché questa è la maggior nemica di quella. Se si vuol provvedere alla quiete, alla felicità di un popolo, si dia libertà alla Chiesa; se si vuole corrompere, si dia libertà religiosa, si apra il campo al libero esame, si conceda ad ogni errore ciò che alla verità si nega. [...]

XIV. Terza condizione di una politica esclusivamente cattolica è di non favorire la propagazione dell'eresia. Non condannerò in modo assoluto la tolleranza religiosa, dacché nello Statuto fu nel nostro paese dichiarata; [...] Se Lutero con i suoi principi ha gettato il seme della rivolta contro ogni autorità, e falsificata la idea di ogni diritto, da quei principi derivano comunismo e socialismo; e chi può, se non è nemico della patria farne a lei funesto dono? Il socialismo altro non è che l'estrema conseguenza della rivoluzione, e questa essendo una conseguenza inevitabile della pretesa riforma religiosa, conchiudo, che non si può favorire l'eterodossia senza favorire la rivoluzione, quindi il socialismo.
Non si creda alle parole, si guardino i fatti, e tali e tanti sono, e così generalmente noti, che farei torto ai miei lettori supponendo necessario di richiamarli alla loro memoria. si dirà: le rivoluzioni si videro, ma non ancora il trionfo del socialismo. E' vero, non si è visto questo trionfo; ma si è trepidato assai sentendolo urlare ne' suoi covi, e si trepida tuttavia per timore che ne esca furente. Dio può scatenarlo, sempre che il voglia, a castigo di una politica antireligiosa, anticattolica. [...]
(Questioni di Stato, Questione seconda, pagg.50-102)

V. [...] L'amore alla Monarchia, al suo splendore vogliono adunque che non si perda tempo a spiegare qual esser debba la vera politica nostra fra tanti errori che ogni concetto travolgono sulle relazioni internazionali, dacché ciascuno si arroga, senza conoscerne gli elementi, dettare consigli e le più strane massime del mondo.
Vi è però una causa che a tutte sovrasta, e questa è quella della Cattolica Religione; ad essa pur si riferisce la politica; non solo il ben essere interno, ma le relazioni della Stato con altri Stati dipendono dal modo con cui s'intende qual esser debba tale politica. M'incombe dunque parlarne, mentre altri per cecità d'intelletto, o per fini tenebrosi vorrebbe che la Religione cessasse di essere argomento d'ogni pensiero per gli uomini di Stato, anzi atea vorrebbe la politica.
Trecent'anni guazzarono nel sangue gli Imperatori Romani per vendicare i pretesi oltraggi fatti dai seguaci di Cristo a Venere impudica, a Giove superbo. Fu politica atroce, ma non atea; ed atea si vorrebbe quella de' popoli cristiani informati ad una legge di verità, e di amore? A quali miseri destini, con tale insensata politica, sarebbe condotta l’intera umana famiglia! [...]

(Questioni di Stato, Prologo, pp.1-49)