mercoledì 15 gennaio 2014

IL DIRITTO NATURALE nel Magistero Pontificio

Di J.-Y. Calvez – J. Perrin (tratto da "Chiesa e società economica", Centro Studi Sociali Milano, 1965, pp. 71-88)



Nei documenti pontifici - bisogna riconoscerlo - si trovano scarse considerazioni esplicite circa la definizione e il contenuto della nozione di diritto naturale. Il che non facilita il compito d'esegesi che intraprendiamo, essendo molto movimentata la storia del concetto di diritto naturale e assai varie le definizioni che di esso sono state date dai pensatori della tradizione occidentale, quali S. Tommaso, Suarez, Altusio, Kant, Hegel. Alcuni testi essenziali basteranno tuttavia a dimostrare la continuità del Magistero Ordinario Universale dei Pontefici e, quindi, a indicarci il doveroso assenso in coscienza a questa dottrina.

Conoscibilità del diritto naturale.Pio XI, nella sua denuncia della teoria nazista del diritto, è stato indotto a delle precisazioni. Egli parla così del "diritto naturale, che il dito dello stesso Creatore impresse nelle tavole del cuore umano e che la ragione umana sana e non ottenebrata da peccati e passioni può in esse leggere" (Pio XI, Mit brennender Sorge, 14 marzo 1937, in A.A.S., 1937). Il diritto naturale dunque può essere conosciuto dalla ragione, vera fonte di conoscenza di questo diritto.
La nozione equivalente di "legge naturale", di cui i Papi si servono nei documenti più specificamente teologici, permette di spiegare che cosa sia il diritto naturale e come esso comporti il carattere di obbligatorietà proprio della legge morale. Conformemente a tutta la tradizione cattolica, la Chiesa ammette che la ragione umana può non soltanto conoscere l'esistenza della legge naturale, ma anche esprimerne il contenuto con tutta la certezza desiderabile. Pio XII scriveva a questo proposito: "Tutti sanno quanto la Chiesa apprezzi il valore della ragione umana, alla quale spetta il compito [...] di porre correttamente in luce (rite exprimendam) la legge che il Creatore ha impressa nelle anime degli uomini" (PIO XII, Humani Generis, 12 agosto 1950, in A.A.S., 1950).
Questa legge naturale è oggetto di conoscenza, e nel contempo espressione dell'obbligazione morale inerente alla natura stessa dell'uomo. Coi soli lumi della ragione l'uomo può conoscere il dover-essere che gli è proprio e, nel medesimo tempo, il fondamento ultimo di questa legge, cioè Dio, custode dell'ordine morale. Il testo ora citato mette infatti sul medesimo piano ("parique modo") questo duplice potere della ragione umana (Pio XII, Humani Generis, 12 agosto 1950, in A.A.S., 1950).
Così si trova opportunamente precisato, al livello della vita morale, ciò che già affermava il Concilio Vaticano I sul potere della ragione, dichiarandola capace di conoscere da sola l'esistenza di Dio, origine e insieme termine dell'universo creato, in particolare Creatore e fine ultimo dell'uomo, cfr. Concilio Vaticano I, Sess. III, 24 aprile 1870, c. II: "Sancta mater Ecclesia tenet et docet, Deum, rerum omnium principium et finem, naturali humanae rationis lumine e rebus creatis certo cognosci posse" (DENZINGER H., Enchiridion Symbolorum, Herder, Fribourg, n. 1875). Si può notare che gli schemi preparatori di questa III sessione precisavano esplicitamente la possibilità per la ragione umana di conoscere Dio e la legge naturale: "in iis etiam quae de Deo et de lege naturali humanae rationi impervia non sunt" (MANSI, MARTIN e PETIT, Amplissima collectio Conciliorum, Arnhem (Olanda) e Leipzig, 1924, t. 50, col. 62.

Da questa serie di affermazioni si può concludere, come ha sempre fatto la tradizione cattolica, che agli occhi della Chiesa ogni uomo, anche non credente, può e deve pervenire alla conoscenza della legge naturale, o diritto naturale. Le norme universali della convivenza sono "accettabili da tutti", dichiara la Mater et Magistra (Cfr. A.A.S., cit., p. 453 (P.V., n. 232). In altri termini, secondo l'insegnamento costante della Chiesa, l'uomo può scoprire, nell'analisi della propria natura, l'insieme degli obblighi morali essenziali ai quali deve sottostare per agire in conformità a ciò che egli è e deve divenire. Questa "legge della natura umana" è insieme inerente alla natura umana e fondata in Dio, Sommo Bene.

Validità universale del diritto naturale.Nei documenti pontifici che ci interessano più direttamente, i Papi insistono particolarmente sui caratteri oggettivi di questo diritto che la ragione può e deve scoprire: essi parlano della stabilità, dell'immutabilità, dell'universalità del suo contenuto. Il diritto naturale è la "norma di moralità universale" che si impone a tutte le istituzioni umane:
"La radice profonda ed ultima dei mali, che deploriamo nella società moderna, è la negazione e il rifiuto di una norma di moralità universale sia della vita individuale sia della vita sociale e delle relazioni internazionali, il misconoscimento cioè, così diffuso ai nostri tempi, e l'oblio della stessa legge naturale, la quale trova il suo fondamento in Dio" (Pio XII, Enc. Summi Pontificatus).
Similmente Giovanni XXIII denuncia l'equivocità dei concetti più fondamentali, particolarmente del concetto di giustizia ("Vero è che il termine "giustizia" e la dizione "esigenze della giustizia" continuano a risuonare sulle labbra di tutti. Però quel termine e quella dizione assumono negli uni e negli altri contenuti diversi, assai spesso anzi contraddittori. Perciò nei loro appelli ripetuti e appassionati alla giustizia e alle esigenze della giustizia, i responsabili politici non solo non si intendono sul senso delle parole, ma spesso trovano in esse occasione di aspri contrasti" (A.A.S., cit., p. 450 - P.V., nn. 217-218), e oppone ad essa "una legge di verità e di onestà, trascendente le circostanze e gli uomini, necessaria, universale, valida per tutti" (Ibidem, p. 449), da porre a fondamento della comprensione fra gli uomini e dell'intera vita sociale.

Diritto naturale fondamento del diritto positivo. In virtù di questa sua obiettività e universalità, il diritto naturale si distingue dalle istituzioni e dal diritto positivi; ne costituisce però il fondamento, perché diritto positivo e istituzioni particolari devono uniformarsi alle sue norme fondamentali ed essere giudicati in rapporto ad esse.
1. "Alla luce delle norme di questo diritto naturale, - diceva Pio XI ­ ogni diritto positivo, qualunque ne sia il legislatore, può essere valutato nel suo contenuto etico e conseguentemente nella legittimità del comando e nella obbligatorietà dell'adempimento. Quelle leggi umane che sono in contrasto insolubile col diritto naturale, sono affette da vizio originale, non sanabile né con le costrizioni né con lo spiegamento di forza esterna" (PIO XI, Mit brennender Sorge).
2. Pio XII ha ripreso la stessa distinzione a proposito del diritto internazionale: "Il cammino verso la comunità dei popoli e la sua costituzione non ha come norma unica ed ultima la volontà degli Stati, ma piuttosto la natura, ossia il Creatore. Il diritto all'esistenza, il diritto al rispetto e al buon nome, il diritto a un carattere e a una cultura propri, il diritto allo sviluppo, il diritto all'osservanza dei trattati internazionali, e diritti equivalenti, sono esigenze del diritto delle genti dettato dalla natura. Il diritto positivo dei popoli, indispensabile anche esso nella Comunità degli Stati, ha l'ufficio di definire più esattamente le esigenze della natura e di adattarle alle circostanze concrete [...]. In questa comunità dei popoli ogni Stato è dunque inserito nell'ordinamento del diritto internazionale, e con ciò nell'ordine del diritto naturale, che sostiene e corona tutto" (1).

Diritto naturale non "formale" ma "contenutista
". Opponendosi al diritto positivo e al contenuto delle istituzioni umane come ciò che è meno determinato a ciò che lo è di più, il diritto naturale di cui parlano i Sommi Pontefici non si riduce, tuttavia, al solo principio formale dell'obbligo giuridico o morale, come invece avviene in certi sistemi giuridici o filosofici nei quali appare immutabile e universale solo il principio imperativo dell'obbligazione, mentre tutte le altre determinazioni sono lasciate all'ordinamento positivo.
Il diritto naturale al quale si riferisce la dottrina sociale della Chiesa comporta, invece, un certo numero di determinazioni. Queste, tuttavia, non sono determinazioni positive, poiché sono immutabili e universali: "criteri universali rispondenti alla natura delle cose", atti a "ricomporre i rapporti della convivenza", come si esprime la Mater et Magistra (A.A.S., cit., p, 453, P.V., n. 232). Un insegnamento sempre attuale rende questi criteri universali "rispondenti alla natura delle cose e agli ambiti diversi della società e ai caratteri dell'epoca contemporanea" (ibidem). Concernono, insomma, delle caratteristiche strutturali della natura umana e della società, quali appaiono in qualunque situazione storica e che si impongono ad ogni istituzione positiva determinata.

Contenuti essenziali: famiglia, proprietà, comunità minori, Stato. Raccogliendo delle indicazioni sparse nell'insegnamento pontificio è possibile, infine, tentare l'enumerazione di alcuni di questi elementi strutturali costituenti altrettante determinazioni del diritto naturale come tale.
1. Tre di essi sono spesso presentati congiuntamente: la famiglia, la proprietà, lo Stato, indicati quali fondamento dell'"ordine naturale".
"Perché - afferma Pio XII - questa solidarietà di quanti si trovano senza tranquillità e nel pericolo non dovrebbe divenire per tutti la via sicura, donde può venire la salvezza? Perché questo spirito di solidarietà non dovrebbe essere come il perno dell'ordine sociale naturale nelle sue tre forme essenziali: famiglia, proprietà, Stato, per ricondurle alla loro organica collaborazione, adattata alle condizioni del presente?" (Pio XII, Messaggio di Natale 1950, In A.A.S., 1951, p. 56).
Pio XII prende posizione altrove contro chiunque misconosca queste determinazioni essenziali e pretenda garantire la sicurezza dell'uomo pur rinunciando a promuovere istituzioni ad esse conformi:
"Nulla vieta che si stabilisca la sicurezza, utilizzando anche i dati della tecnica e dell'industria; occorre però resistere alla tentazione di far sorreggere l'ordine e la sicurezza dal suaccennato metodo puramente quantitativo, che non tiene in alcun conto l'ordine della natura, come vorrebbero coloro che confidano tutto il destino dell'uomo all'immenso potere industriale della presente epoca. Essi credono di fondare ogni sicurezza sulla sempre crescente produttività e sull'ininterrotto corso della sempre maggiore e feconda produzione dell' economia nazionale. [...].
"Per stabilire la sicurezza, essi concludono, non sarà perciò più necessario il ricorso alla proprietà, sia privata che collettiva, sia in natura che in capitali. [...]. In questo troppo artificiale sistema la sicurezza dell'uomo per la sua vita è pericolosamente separata dalle disposizioni e dalle energie per l'ordinamento della comunità, inerenti alla stessa vera natura umana, e le quali soltanto rendono possibile una unione solidale degli uomini. In qualche modo, sebbene col necessario adattamento ai tempi, la famiglia e la proprietà debbono restare tra i fondamenti della libera sistemazione personale. In qualche modo le comunità minori e lo Stato debbono poter intervenire come fattori complementari di sicurezza" (Pio XII, Messaggio di Natale 1955, in A.A.S., 1956, pp. 31 s.).

2. Si noterà che intervengono qui, a fianco della famiglia, della proprietà e dello Stato, "le comunità minori", più vaste della famiglia e meno estese dello Stato. Il diritto d'associazione privata è infatti uno dei punti più frequentemente annoverati dai Sommi Pontefici tra le esigenze del diritto naturale. Lo si trova messo in particolare rilievo nella Rerum Novarum e nella Quadragesimo Anno (Cfr. Leone XIII, Rerum Novarum, cit., p. 664; Pio XI, Quadragesimo Anno, 15 maggio 1931, in A.A.S., 1931, p. 188).

3. In ragione degli attacchi di cui è fatto oggetto e al fine di sfatare le interpretazioni tendenziose che se ne danno, i Sommi Pontefici sono indotti a insistere più spesso sul diritto naturale di proprietà.
Secondo la Rerum Novarum, la proprietà privata e personale è di diritto naturale (Cfr. LEONE XIII, Rerum Novarum, cit., p. 643).
"Non è dalle leggi umane, bensì dalla natura che deriva il diritto di proprietà individuale; l'autorità pubblica non può quindi abolirla; può soltanto temperarne l'uso e armonizzarlo con il bene comune" (Ibidem, p. 663).
Ugualmente Pio XII parla spesso, per spiegarne l'esatto significato, del "diritto naturale di proprietà" (V., ad es., Pio XII, Messaggio del 1° settembre 1944, in A.A.S., 1944, p. 252); e Giovanni XXIII lo riafferma (Giovanni XXIII, Mater et Magistra, cit., p. 427).

"Strutture naturali" immutabili e "forme istituzionali" mutabili.
La famiglia, la proprietà, le comunità minori e lo Stato sono qui evidentemente considerati elementi dell'ordine naturale solo in quanto strutture costitutive dell'esistenza umana, e non già in quanto forme istituzionali particolari e positive corrispondenti a tali strutture.
Famiglia e proprietà sono dunque strutture sociali immutabili, ma ciò non esclude il "necessario adattamento ai tempi" (PIO XII, Messaggio di Natale 1955, cit., p. 32). Pio XII dichiarava ancora:
"Vi è, cioè, un ordine naturale, anche se le sue forme mutano con gli sviluppi storici e sociali; ma le linee essenziali furono e sono tuttora le medesime: la famiglia e la proprietà, come base di provvedimento personale; poi come fattori complementari di sicurezza, gli enti locali e le unioni professionali, e finalmente lo stato" (Ibidem, p. 30).
Il diritto naturale, di cui parla la dottrina sociale della Chiesa, ha dunque veramente un contenuto, pur non intendendosi con ciò delle determinazioni positive e istituzionali troppo particolari, le quali dipendono dalle trasformazioni storiche e sociali.
Alle istituzioni positive conviene opporre le "strutture" essenziali dell'esistenza umana che fanno loro da substrato. Tali strutture, che possono manifestarsi in forme istituzionali diverse secondo i tempi e i luoghi, sono le sole a costituire il diritto naturale in senso stretto.

Dalle strutture dell'ordine naturale alle norme del diritto naturale. 1. Né si obietti che in virtù d'una tale teoria il diritto naturale è di nuovo votato all'astrazione e al formalismo, come nelle teorie che non gli riconoscono altro contenuto tranne il principio universale dell'obbligazione al di fuori di ogni determinazione. Esso invece si presenta con un contenuto ben determinato, anche se ridotto agli aspetti fondamentali della natura umana - che sottendono di essa natura tutte le manifestazioni storiche e concrete -, colti con una conoscenza globale di carattere filosofico ed essenziale.
Le strutture non si incontrano mai allo stato puro o isolato nel mondo storico, ma come suo substrato. Correlativamente, esse si trasformano in norme per l'azione libera che l'uomo è chiamato a svolgere in questo mondo storico, le cui caratteristiche esistenziali ed empiriche non sono mai di primo tratto adeguate alle strutture essenziali.
2. Questo passaggio dalla descrizione delle strutture dell'ordine naturale alla determinazione delle norme del diritto naturale, si osserva in molti documenti pontifici. Tali norme si configurano ora come esigenza o comando della legge naturale, ora, invece, come proibizione o dichiarazione di inaccettabilità presentata in nome della legge naturale.
La norma negativa è evidentemente meno ricca, ma di forma più assoluta, vincolante, come si dice, "semper et pro semper". Così certe realtà saranno dichiarate - in forma permissiva soltanto o imperativa, secondo i casi, ma più spesso imperativa - "conformi alla natura" o all'ordine naturale; mentre certe altre realtà, situazioni e istituzioni saranno dichiarate contrarie alla natura, "non naturali".

Esempi di norme positive
. 1. Pio XII, ad esempio, afferma in forma positiva che la costituzione di una "comunità di lavoro", ai diversi livelli della vita economica, è "conforme all'ordine naturale". Malgrado l'imprecisione del testo, sembra vi si debba vedere un carattere imperativo piuttosto che semplicemente permissivo.
"Voi, coltivatori, - egli dice - costituite con le vostre famiglie una comunità di lavoro. Voi volete, insomma, formare con tutti i gruppi professionali del popolo una grande comunità di lavoro. Ciò è conforme all'ordine naturale stabilito da Dio; è il vero concetto cattolico di lavoro" (Pio XII, Discorso ai coltivatori diretti, 15 novembre 1946, in A.A.S., 1946, p. 436).
2. Allo stesso modo Leone XIII formulava, in nome del diritto naturale, l'esigenza di un'armonia fra le classi sociali. È conforme alla natura che le classi della società siano unite:
"L'errore fondamentale in questa questione è credere che le due classi siano nemiche l'una dell'altra, come se la natura avesse armato i ricchi e i poveri affinché si combattessero vicendevolmente in un duello ostinato [...] le due classi sono destinate dalla natura a unirsi armoniosamente e a mantenersi in un perfetto equilibrio. L'una ha assolutamente bisogno dell'altra" (Leone XIII, Rerum Novarum, cit., p. 648).
Queste affermazioni sono da accostare alla seguente, tolta dalla medesima enciclica: "I poveri né più né meno dei ricchi, sono di diritto naturale cittadini (sunt nimirum proletarii pari jure cum locupletibus natura cives)" (Ibidem, p. 656).

Esempio di norma negativa. Prendiamo ora un esempio di norma negativa, assoluta, desunta dal diritto naturale. Esso concerne una "situazione sociale", in altri termini un regime, in cui una parte della popolazione è votata ad un'esistenza economica perennemente precaria. Pio XII scriveva nel 1944:
"Il valore e la dignità della natura umana, redenta ed elevata all'ordine superiore dal sangue di Gesù e dalla grazia divina che destina al cielo, stanno permanentemente innanzi agli occhi della Chiesa e dei cattolici, che sono sempre gli alleati e i propugnatori di ciò che è secondo natura; e perciò hanno ritenuto ognora come fatto innaturale che una parte del popolo - chiamato con duro nome, che ricorda distinzioni romane antiche, "proletariato" - debba rimanere in una continua ed ereditaria precarietà di vita" (Pio XII, Discorso ai predicatori della Quaresima, 22 febbraio 1944, in A.A.S., 1944, p. 85).
Queste espressioni hanno il carattere assoluto delle leggi negative. Il loro senso è chiaro: le situazioni sodali così denunciate sono intollerabili e devono assolutamente essere modificate.

Conclusione.l. Bisognava qui insistere sul contenuto tanto normativo che descrittivo del "diritto naturale" secondo l'insegnamento sociale della Chiesa. Si trattava di distinguerlo nettamente dal diritto naturale quale viene inteso in tutte quelle concezioni secondo le quali esso avrebbe solo una consistenza formale, in quanto principio dell'obbligazione, mentre tutte le determinazioni sarebbero di ordine positivo.
Senza attribuire al diritto naturale un contenuto che sarebbe in realtà positivo - perché troppo determinato e corrispondente a modalità particolari -, la Chiesa riconosce che esso fissa un certo numero di determinazioni essenziali, corrispondenti alle strutture costitutive della natura dell'uomo e della società. Così inteso, il diritto naturale comporta dei comandi imperativi o permissivi così come delle leggi negative assolute.
2. In virtù sia di questi divieti sia di questi comandi esso si distingue dal diritto positivo e ha funzione di misurarlo e giudicarlo. Non si deve per altro supporre che esso sia riducibile ai diritti soggettivi degli individui opposti allo Stato e al suo diritto, poiché lo Stato stesso è considerato struttura fondamentale dell'ordine naturale. In pratica tuttavia, dato che lo Stato è, nelle nostre società attuali, il legislatore positivo per eccellenza, accadrà che il diritto naturale si configuri come il complesso dei diritti innati della singola persona anteriori allo Stato.

3. Occorre notare che mentre frequenti sono i riferimenti al contenuto del diritto naturale, scarse invece sono le considerazioni sul diritto naturale come fonte formale, cioè sul modo in cui il suo contenuto viene conosciuto e appreso. Viene affermato tuttavia ch'esso è "inscritto sulle tavole del cuore umano" e "può essere conosciuto dalla sana ragione". Osservazioni, queste, di capitale portata, sufficienti a fornire una definizione della fonte di conoscenza del diritto naturale.



NOTE

(1) PIO XII, Discorso all'Unione dei giuristi cattolici italiani, 6 dicembre 1953, in A.A.S., 1953, pp. 795 s. (GIORDANI, o. c., n. 3, p. 995). Poiché il diritto positivo è il più sovente quello promulgato dallo Stato, principale fonte delle leggi e delle norme di diritto nelle nostre società moderne, l'opposizione tra diritto naturale e diritto positivo prenderà frequentemente l'aspetto di una opposizione tra diritti inerenti alla persona, o diritti Innati dell'uomo, e diritti od obbligazioni formulati dallo Stato. Così, tra i punti di cui il Papa, parlando a dei giuristi, raccomandava l'importanza, si legge il seguente: "riconoscimento e realizzazione diretta e indiretta dei diritti innati dell'uomo che, in quanto inerenti alla natura umana, sono sempre conformi all'interesse comune; anzi, sono essi che devono essere presi come elementi essenziali di questo bene comune; ne consegue che è dovere dello stato proteggerli e promuoverli, e che in nessun caso possono essere sacrificati a una pretesa ragione di Stato" (Pio XII, Allocuzione al Congresso internazionale di diritto privato, 15 luglio 1950, in Pio XII, Discorsi..., cit., vol. 12, p. 155). Queste osservazioni non sono evidentemente In contraddizione con le affermazioni solenni con cui i Sommi Pontefici presentano lo Stato come una delle forme essenziali dell'"ordine naturale", Indicando così che la sua esistenza e la sua funzione sono ugualmente di diritto naturale imprescrittibile.