venerdì 6 dicembre 2013

Collegialità, depravazioni e pillole di giudaismo. Imposizioni alla gioventù impreparata

Conciliarismo, depravazioni e pillole di giudaismo imposto alla gioventù impreparata


In teologia[1] l'errore e l'ignoranza non si equivalgono. Errore è infedeltà anzitutto, è rigetto della verità, pertanto l'effetto principale dell'errore è l'errare, cui segue inevitabilmente un castigo (Is 13,14; 53,6; Ez 34,16). Erra gravemente la pecora senza pastore (Is 13,14; 53,6; Ez 34,16), come erra il cieco che pretende di guidare un altro cieco (Lc 6,39) e tutti e due per castigo finiscono nel fossato (Ivi). Chi erra deve essere ricondotto nell'ovile (Lc 15,4-7; 1 Pt 2,25), e l'arduo compito spetta in prims a Pietro, «pasci le mie pecorelle» (Gv 21,16), ma anche «pasci i miei agnelli» (Gv 21,15) riferito ad altri  (uomini ben più importanti di me); per la terza volta Gesù dice a Pietro «pasci le mie pecorelle» (Gv 21,17); Pietro «io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22,32) affinché «non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l'inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell'errore» (Ef 4,14); e finalmente, giunti al termine, possiamo dire con san Paolo: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno» (2Tm 4,7-8).
Ricevuta la potestà, il primato di giurisdizione, Pietro nella sua docenza su questioni di fede e costume, legge e culto che si deve a Dio, non può errare[2]. Pietro governa, insegna e giudica, ha «le chiavi del regno dei cieli», e tutto ciò che «scioglie e lega» qui in terrà, in virtù della potestà stessa che Cristo medesimo gli ha conferito, sarà sciolto o legato nei cieli (cf. Mt 16,13-19). Non può esistere un papa notoriamente eretico, e Liberio non lo fu; non lo furono giammai altri come meglio sostiene il Liguori, la cui dottrina «è immune da qualsiasi censura teologica»[3]; lo stesso dice l'Aquinate, la cui filosofia ha «carattere vincolante»[4].
Così si esprime la Chiesa sull'errore che possiede gli erranti (Os. 9,1 ss.), verosimilmente monito più attuale che mai: «Non darti alla gioia, Israele, non far festa con gli altri popoli, perché hai praticato la prostituzione, abbandonando il tuo Dio, hai amato il prezzo della prostituzione»; cui segue l'amara sentenza (7): «Sono venuti i giorni del castigo, sono giunti i giorni del rendiconto, - Israele lo sappia: un pazzo è il profeta, l'uomo ispirato vaneggia - a causa delle tue molte iniquità, per la gravità del tuo affronto»; fino al castigo, il rigetto totale da parte di Dio (17) poiché non hanno obbedito a Lui, pertanto «andranno raminghi fra le nazioni».
Il 10 agosto 1863 papa Pio IX indirizzava all'Episcopato italiano la Quanto conficiamur, condanna agli errori del tempo moderno, alla diffusione delle idee liberali, quindi alle emancipazioni del Clero peninsulare ed alle Società clerico-liberaliSebbene il documento sia datato, ma in sé vincolate, tutto significativo e potente per il credente, la dichiarazione della Quanto conficiamur più dimenticata attualmente, quasi censurata, è la condanna senza esclusione di colpi alle pestilenziali ideologie che volevano sovvertire il dogma cattolico dietro pretesto di nuove intelligenze ed ispirate scappatoie. Può esserci premio, insegna la Chiesa, anche in coloro che, fuori dalla Chiesa, «osservano con cura la legge naturale ed i suoi precetti, da Dio scolpiti nei cuori», essi possono «con l’aiuto della luce e della grazia divina, conseguire la vita eterna», ma solamente se essi sono «invincibilmente ignoranti circa la nostra santissima religione».
Il Concilio Vaticano I, nella pubblica Sessione solennemente celebrata nella Basilica Vaticana nel 1870, il 24 aprile, nell'anno ventiquattresimo del papato di Pio IX, che la Provvidenza volle il più lungo dopo quello di san Pietro, ci faceva dono della Dei Filius, nella quale si ritorna sul dogma per ancor meglio tutelare efficacemente l'etica evangelica, nella sua dottrina immutabile: «la Santa Madre Chiesa professa ed insegna che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza al lume naturale della ragione umana attraverso le cose create; infatti, le cose invisibili di Lui vengono conosciute dall'intelligenza della creatura umana attraverso le cose che furono fatte (Rm 1,20)».
Quanto detto, insegnato dalla Rivelazione e celebrato dalla Dei Filius, per «porre conveniente freno alle menti presuntuose»[5] così ostili al Santo Concilio di Trento, da sempre odiato da eretici, apostati, novatori, modernisti ed altri indegni, coloro che «hanno disprezzato la conoscenza di Dio, e Dio li ha abbandonati in balìa d'una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno» (Rm 1,28).
Nella Quanto conficiamur il longevo Pontefice di Senigallia, terziario francescano e Sovrano dello Stato Pontificio, con dolore denunciava della «guerra crudele e sacrilega mossa in tutto il mondo», e da poco anche in Italia, dalle «consorterie» coalizzatesi contro la Chiesa cattolica, guerra che «di giorno in giorno infuria sempre di più»; alla luce del documento Dignitatis Humanae, di vari altri documenti ritenuti di magistero universale e promulgati dal Concilio Vaticano II, delle recenti altre proposizioni esposte nella Evangelii Gaudium, ecc… , pare che il grido di dolore di Pio IX, citando il predecessore Leone, sia attuale più che mai, indirizzabile probabilmente a ben altri destinatari, tuttavia preghiamo Dio di rimanere saldi: «Quantunque condivida con tutto il mio cuore le afflizioni che avete sopportato per la difesa della fede cattolica e consideri ciò che avete sofferto non altrimenti che se io stesso avessi patito, tuttavia sento che vi è più motivo di gaudio che di lamento nel fatto che Voi, confortandovi in Nostro Signore Gesù Cristo, siate rimasti invincibili nella dottrina evangelica ed apostolica e che, cacciati dalle vostre Chiese ad opera dei nemici della fede cristiana, abbiate preferito soffrire i dolori dell’esilio piuttosto che insudiciarvi al contatto con la loro empietà».
Torneremo forse nelle catacombe?
Per esigenze pratiche non posso andare oltre nelle citazioni e nell'elencazione dei documenti di magistero del pontefice e sovrano Pio IX, anche se ne ho un gran desiderio; in questo contesto mi limito a ricordare, in ultimo, il suo «urlo papale», Quanta Cura dell'8 dicembre 1864 cui è annesso il Sillabo degli errori dell'epoca, oggi ancor più divampati e camuffati in ogni modo nel camaleontico modernismo: «i suddetti Nostri Predecessori con apostolica forza continuamente resistettero alle nefande macchinazioni di uomini iniqui che, schizzando come i flutti di procelloso mare la spuma delle loro fallacie e promettendo libertà mentre sono schiavi della corruzione, con le loro opinioni ingannevoli e con i loro scritti perniciosissimi si sono sforzati di demolire le fondamenta della Religione cattolica e della società civile, di levare di mezzo ogni virtù e giustizia, di depravare gli animi e le menti di tutti, di sviare dalla retta disciplina dei costumi gl’incauti, e principalmente la gioventù impreparata, e di corromperla miseramente, di imprigionarla nei lacci degli errori e infine di strapparla dal seno della Chiesa cattolica».
Tutti i Pontefici hanno sempre operato nella dottrina- nella docenza- in tal senso, e mai hanno «aperto» al male, non è previsto dalla nostra fede, poiché «ai successori di Pietro non fu promesso lo Spirito Santo perché, per sua rivelazione, manifestassero una nuova dottrina, ma perché, per la sua assistenza, custodissero inviolabilmente ed esponessero con fedeltà la rivelazione trasmessa dagli apostoli, ossia il deposito della Fede»[6]; pertanto, aggiunge Pio XII[7], «dal consenso universale di un magistero ordinario della chiesa si trae un argomento certo e sicuro»; e Leone XIII[8]: «Per questo i padri del concilio Vaticano (Primo) nulla hanno decretato di nuovo, ma solo ebbero in vista l’istituzione divina, l’antica e costante dottrina della Chiesa e la stessa natura della Fede, quando decretarono: “Per Fede divina e cattolica si deve credere tutto ciò che si contiene nella parola di Dio scritta o tramandata, e viene proposto dalla Chiesa o con solenne definizione o con ordinario e universale magistero come verità da Dio rivelata”»; in aggiunta cito il fondamentale dogma sull'interpretazione della Scrittura secondo il tradizionale principio di «convergenza dei Padri»[9], come sintetizzato, quale giuramento, anche nella Professio Fidei Tridentina: «Ammetto pure la sacra Scrittura secondo l'interpretazione che ne ha dato e ne dà la santa madre Chiesa, alla quale compete giudicare del senso genuino e dell'interpretazione delle sacre Scritture, né mai l'intenderò e l'interpreterò se non secondo l'unanime consenso dei padri»; e quello sui dogmi rivelati, come insegna la Chiesa dalla sua fondazione e come la Dei Filius commemora: «Quindi deve essere approvato in perpetuo quel significato dei sacri dogmi che la Santa Madre Chiesa ha dichiarato, né mai si deve recedere da quel significato con il pretesto o con le apparenze di una più completa intelligenza. Crescano dunque e gagliardamente progrediscano, lungo il corso delle età e dei secoli, l'intelligenza e la sapienza, sia dei secoli, sia degli uomini, come di tutta la Chiesa, ma nel proprio settore soltanto, cioè nel medesimo dogma, nel medesimo significato, nella medesima affermazione».
Come ipotizzato già in precedenza, e quindi non mi dilungherò nell'esposizione, pare che invece- oggigiorno- il popolano che pretende il rispetto dei dogmi, a guisa della retta ragione ed anche perché contribuisce ai comodi agi di chi questi dogmi deve ossequiarli e farli rispettare, sembra etichettato con spregio: «neopelagiano autoreferenziale»[10], perché «irremovibilmente fedele ad un certo stile cattolico proprio del passato».
È vero, talvolta una «presunta sicurezza dottrinale o disciplinare» può produrre un «elitarismo narcisista e autoritario», ed io comunque non conosco le intenzioni del soggetto che si è espresso così, però non posso far altro che guardare al «foro esterno» e ben comprendo che questi non sta etichettando i talmudisti, i protestanti, gli ortodossi[11] scismatici eretici, ecc …, ma pare proprio che si offenda il mite cattolico, genericamente anche quello timorato di Dio; se dal giudizio espresso si elimina il termine «presunta» e se si guarda invece alla sola «sicurezza dottrinale o disciplinare» della Chiesa, nella carità che si compiace della verità (cf. 1Cor 13,6), credo piuttosto si debba parlare non di «neopelagiani autoreferenziali» bensì di uomini che bramano la «testimonianza vera», la correzione, affinché tutti rimangano nella sana dottrina (cf. Tt 1,13).
Chi ha ragione e chi ha torto? San Paolo ci dice: «se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema» (Gal 1,8); beh, alcuni venuti dalla Giudea insegnavano: «Se non vi fate circoncidere secondo l'uso di Mosè, non potete esser salvi» (At 15,1), ma san Paolo e Barnaba si «opponevano risolutamente e discutevano animatamente contro costoro» (ss.); il dogma[12] ci insegna che Abramo è padre di tutti i non circoncisi che credono, poiché «egli ricevette il segno della circoncisione quale sigillo della giustizia derivante dalla fede che aveva già ottenuta quando non era ancora circonciso» (cf. Rm 4,9 ss.).  
Nelle sue «Riflessioni sulla Passione di Gesù», il Dottore utilissimo: «Soggiunge l'Apostolo: Et ideo novi testamenti mediator est (Hebr. IX, 15). Mosè fu mediatore dell'antico Testamento, cioè dell'antica alleanza, la quale non avea virtù di ottenere agli uomini la riconciliazione con Dio e la salute: poiché, come spiega S. Paolo in altro luogo, la vecchia legge nihil... ad perfectum adduxit (Hebr. VII, 19): ma Gesù Cristo, nella nuova alleanza, pienamente soddisfacendo la divina giustizia per li peccati degli uomini, ottenne loro per li suoi meriti il perdono e la divina grazia ... ciò avvenne [lo squarcio del velo, N.d.R.] per significare che Dio non volea più questo santuario chiuso, ordinato dalla legge: ma ch'egli stesso d'allora innanzi voleva essere il santuario aperto a tutti per mezzo di Gesù Cristo. Scrive S. Leone (Serm. X, de Pass. cap. 5) che il Signore con tale squarciamento dimostrò chiaramente che finiva l'antico sacerdozio e cominciava il sacerdozio eterno di Gesù Cristo: e che restavano. aboliti i sagrifici antichi e costituita una nuova legge, secondo quel che scrisse l'Apostolo: Translato enim sacerdotio, necesse est ut et legis translatio fiat (Hebr. VII, 12). E con ciò noi siamo stati fatti certi che Gesù Cristo è il fondatore cosi della prima, che della seconda legge; e che la legge antica, il tabernacolo, il sacerdozio e gli antichi sagrifici, non miravano che il sagrificio della croce che dovea operare la Redenzione umana. E cosi tutto quel che prima nella legge, ne' sagrifici, nelle feste e nelle promesse, era oscuro e misterioso, divenne chiaro nella morte del Salvatore. In somma dice Eutimio che il velo diviso dinotò esser già tolto il muro che frapponeasi tra il cielo e la terra, sicché restava aperta agli uomini la via per andare al cielo senza impedimento: Scissum velum significavit divisum iam esse parietem inter caelum et terram, qui inter Deum erat et homines, et factum esse hominibus caelum pervium».
Papa Benedetto XV ebbe a dire: «Vogliamo pure che i nostri si guardino da quegli appellativi, di cui si è cominciato a fare uso recentemente per distinguere cattolici da cattolici … Il cattolicesimo, in ciò che gli è essenziale, non può ammettere né il più né il meno: "Questa è la fede cattolica; chi non la crede fedelmente e fermamente non potrà essere salvo"; o si professa intero, o non si professa assolutamente. Non vi è dunque necessità di aggiungere epiteti alla professione del cattolicesimo; a ciascuno basti dire così: "Cristiano è il mio nome, e cattolico il mio cognome"; soltanto, si studi di essere veramente tale, quale si denomina. Del resto, dai nostri che si sono dedicati al comune vantaggio della causa cattolica, ben altro richiede oggidì la Chiesa che il persistere troppo a lungo in questioni da cui non si trae nessun utile: richiede invece che si sforzino a tutto potere di conservare integra la Fede ed incolume da ogni alito d'errore, seguendo specialmente le orme di colui che Cristo costituì custode ed interprete della verità»[13].
Talvolta certe esternazioni offensive, anche criminali, sono probabilmente un rigurgito mosso da gelosia male illuminata (cf. Rm 10,2 ss.)? O piuttosto potrebbero essere una devota osservanza ad un aborto di consorteria (cf. 1Gv 4,3), iniquo, violento … mentre all'incontrario Cristo esalta l’obbedienza santa e salva quell’amore totale verso il Regno di Dio che «soffre violenza» (Mt 11,12). Così san Paolo: «Ora, il termine della legge è Cristo, perché sia data la giustizia a chiunque crede» (Rm 10,4), non più quell'«effimero» che «era glorioso e non lo è più a confronto della gloria della Nuova Alleanza» (2Cor 3,10 ;cf. Mt 26,28; Mc 14,24; Eb 7,22; Eb 8).
La Chiesa insegna che alcune persone hanno probabilmente un «velo sul cuore», le loro menti sono «accecate; infatti fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, alla lettura dell'Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato» (2Cor 3,14) … «ma quando ci sarà la conversione al Signore, quel velo sarà tolto» (15). Eppure ogni uomo intelligente, per il sol fatto di esserlo, può riuscire a capire[14] che ciò che possiede non l'avrebbe altrimenti ottenuto se Dio non lo avesse concesso (cf. Sap 8,21), e Dio è Uno e Trino; un unico Dio ma in tre Persone: il Padre è Dio[15]; Il Figlio è Dio[16]; Lo Spirito Santo è Dio[17]. E le tre Persone sono un unico Dio.
Finora ho quindi accennato all'insulto gratuito probabilmente presente al n° 94 della «Evangelii Gaudium», come anche alla strana dottrina conciliare sull'Antica Alleanza presente nel medesimo documento (n° 247 e 249) ed in varie altre dichiarazioni conciliari antecedenti, tuttavia vorrei guardare anche ad altro, sebbene brevemente ma sempre attentamente.
Forte della scristianizzazione provocata evidentemente dalla «nuova Pentecoste», ovvero dal Concilio Vaticano II, la «Evangelii Gaudium» al n° 33 sembra fare la voce grossa; «La pastorale in chiave missionaria- si legge- esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”» … «Una individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia».
Effettivamente anche io la penso come la «Evangelii Gaudium» al n° 33  e la storia inequivocabilmente credo mi dia ragione: la pastorale che «si è fatta sempre così» negli ultimi 50 anni, ovvero da Roncalli fino a Bergoglio, è «mera fantasia» ed i risultati si vedono abbondantemente (cf. Mt 17,17). Quando oggettivamente si va contro la parola di Dio c'è poco da esser sereni (1Gv 2,18) e mentre tutti noi crediamo nel dogma, abbiamo fede, sembrano esserci alcuni uomini determinanti che in contro bramano altro. Che fare? Il ritorno alla fede, condannando le eresie moderne: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato» (Mc 16,15-16); Colossesi 2,8: «Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo»; e con la Chiesa docente gridiamo tutti uniti anche noi comuni popolani: «Per questo dichiaro solennemente oggi davanti a voi che io sono senza colpa riguardo a coloro che si perdessero, perché non mi sono sottratto al compito di annunziarvi tutta la volontà di Dio» (At 20).
Ci sarebbe tanto da scrivere ma, come sempre, ad un tratto devo tagliare altrimenti divento prolisso e se già lo sono stato me ne scuso col lettore; chiudo non prima di aver appuntato altre due o tre idee. Ad un primo sguardo, la «Evangelii Gaudium» risulta esporre concetti che si prestano a varie interpretazioni, metodo biasimevole già condannato dalla Auctorem Fidei di papa Pio VI, al n° 94 si avvicina pericolosamente a varie proposizioni condannate dal Lamentabili Sane Exitu (n° 58,62,63,64) e dalla Pascendi Dominici Gregis di papa s. Pio X, ai n° 246 e n° 254 sembra incentivare il pancristianesimo, se non addirittura l'irenismo (forse il new age) condannati dalla Mortalium Animos di papa Pio XI; sembra frattanto che alcune interpretazioni date alla Scrittura siano in parziale irruzione al dogma cattolico definito dalla Provvidentissimus Deus di papa Leone XIII, contro le promesse del  Giuramento Antimodernista di papa s. Pio X, contro la Professio Fidei Tridentina e contro la stessa Costituzione dogmatica Dei Filius di papa Pio IX.
Terrificante la paventata e desiderata maggiore autonomia alle conferenze episcopali nazionali, ovvero presumibilmente il sesto prodromo all'eresia della collegialità (ereditata dagli ortodossi, che la Chiesa considera per evidenti ragioni scismatici ed eretici) e la morte definitiva della monarchia.
Sembra essere il solito trionfo dell'indifferentismo e del latitudinarismo, un'esplosione di proposizioni vaghe già condannate con anatema a più riprese dalla Chiesa ed invece difese- con denaro, canonizzazioni record e scandali inimmaginabili- dall'ambiente conciliare. Cito per brevità solo alcune di queste proposizioni, apertamente carcerate dal Syllabus[18], poiché finalizzate a «levare di mezzo ogni virtù e giustizia, depravare gli animi e le menti di tutti, sviare dalla retta disciplina dei costumi gl’incauti, e principalmente la gioventù impreparata, e corromperla miseramente, imprigionarla nei lacci degli errori e infine di strapparla dal seno della Chiesa cattolica». Da biasimare con tutte le forze espressioni eretiche del tipo:
  • XV. È libero ciascun uomo di abbracciare e professare quella religione che, sulla scorta del lume della ragione, avrà reputato essere vera;
  • XVI. Gli uomini nell'esercizio di qualsivoglia religione possono trovare la via della eterna salvezza, e conseguire l'eterna salvezza;
  • XVII. Almeno si deve bene sperare della eterna salvezza di tutti coloro che non sono nella vera Chiesa di Cristo;
  • XVIII. Il protestantesimo non è altro che una forma diversa della medesima vera religione cristiana, nella quale egualmente che nella Chiesa cattolica si può piacere a Dio.
Purtroppo per noi cattolici non è affatto facile vivere con alle spalle il macino della «Dignitatis Humanae»; bando ai sentimenti e adesso ragioni il credente pensante: modernismo non è Chiesa[19] di Cristo. Il prossimo studio affronterà la calamità mostruosa del modernismo: «sintesi di tutte le eresie» (cf. Pascendi Dominici gregis, san Pio X, Lettera Enciclica, 8 settembre 1907).
Prego Dio; non credo di essere io, in questo piccolo contesto di nicchia e data l'evidenza dei fatti, lo scandalizzatore (cf. Rm. 14,13).
Pubblicazione a cura di Carlo Di Pietro (clicca qui per leggere altri studi pubblicati)


[1] cf. Vocabulaire De Theologie Biblique, Les Editions du Cerf, 1976, p. 337 ss
[2] cf. Pastor Aeternus; Satis Cognitum
[3] Denzinger, EDB, pp. 974; cfr. Benedetto XIV, De Servorum Dei beatificatione, II, 28, § 2; Decreto della Sacra Congregazione dei Riti del 18 maggio 1803 circa l’esame delle sue opere; Risposta della Santa Penitenzieria all’arcivescovo di Besançon, 5 luglio 1831; Risposta al “confessore dubbioso”, confermata dal Papa il 22 Luglio 1831; Bolla di canonizzazione Sanctitas et doctrina del 26 maggio 1839 (Gregorio XVI, Acta, a cura di A.M. Bernasconi 2, 305a-309b); Decreto Inter eos qui del 23 marzo 1871, che gli conferisce il titolo di «dottore della chiesa» (Pio IX, Acta, 1/V, 296-298); ecc ...
[4] Con la Doctoris Angelici, 29 giugno del 1914, san Pio X imponeva come testo scolastico la Summa Theologiae di san Tommaso d’Aquino alle facoltà teologiche, sotto pena d’invalidarne i gradi accademici; cf. Studiorum Ducem, Officiorum omnium di Pio XI; Aeterni Patris di Leone XIII. La vicenda della simonia e di Alessandro VI l'ho già spiegata in un altro studio.
[5] CONC. TRID., Sess. IV, Decr. De Can. Script.
[6] CONC. VAT. I, Const. dogm. Pastor aeternus de Ecclesia Christi, c. 4
[7] Munificentissimus Deus, sulla glorificazione di Maria con l'assunzione al Cielo, Const. Ap. Del 1 novembre 1950
[8] Satis cognitum, Lettera Enciclica, 29 giugno 1896
[9] Denzinger, EDB,  n° 271, 370, 396, 399, 485, 501//520, 575, 635, 710, 824, 850, 1510, 1542, 1600, 1692, 1750, 1766, 1800, 1820s, 2090, 2830, 2855s, 3284, 3541; particolarmente come regola per l'interpretazione della Sacra Scrittura n° 1507, 1863, 2771, 2784
[10] cf. Bergoglio, Evangelii Gaudium, nel paragrafo intitolato No alla mondanità spirituale, n. 94
[11] Gli ortodossi non hanno conservato con estrema cura il patrimonio dei Padri della Chiesa: - Essi negano il dogma del Primato di giurisdizione del Papa; - Essi negano il dogma della processione dello Spirito Santo anche dal Figlio (“Filioque”); - Essi negano il dogma dell’Immacolata Concezione; - in alcuni casi non riconoscono una vera differenza tra Sacramenti e sacramentali; - non credono nel Purgatorio, anche se invitano a pregare per i defunti; - ecc ... (cf. papa Pio XI, Lettera enciclica Mortalium Animos del 16 gennaio 1928).
[12] L'antica Alleanza è «prossima a sparire» (cf. Mt 26,28; Mc 14,24; 2Cor 3,10; Eb 7,22; Eb 8), non solo, essa restò in vigore sino a poco dopo la morte di Cristo, fino alla prima divulgazione presso i giudei dell'epoca dei Vangeli. Abramo- ci ricorda- difatti era «cristiano in voto», credeva nel Cristo e da ciò deriva la «stirpe», dalla fede in Cristo (cf. Gv 8,56) e non da altro. Quanto dico, riferisce, è confermato da san Paolo: «Gesù Cristo è mediatore della nuova Alleanza affinché, avvenuta la sua morte per riscattare le trasgressioni commesse sotto la prima Alleanza, i chiamati ricevano l'eterna eredità, loro promessa» (Eb 9,15). Abramo è venerato ugualmente da ebrei, cristiani e mussulmani come «padre nella fede», tuttavia Gesù, in Giov. 8,33 e ss., ai Giudei che vantano la loro discendenza da Abramo oppone che non va intesa la «stirpe carnale» bensì quella spirituale nell’imitazione di Abramo, il proseguirne le opere nella sua fede; in Mat. 3,9 e Lc. 3,8 si legge di un Giovanni Battista che predica così ai Giudei: «Non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre»; in Gal. 3,28 ss. l’Apostolo Paolo dice «Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. E se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa». In Rm. 4,9 ss. si legge che la beatitudine non è concessa ai circoncisi in quanto tali, per presunta «stirpe» poiché «noi diciamo infatti che la fede fu accreditata ad Abramo come giustizia. Come dunque gli fu accreditata? Quando era circonciso o quando non lo era? Non certo dopo la circoncisione, ma prima. Infatti egli ricevette il segno della circoncisione quale sigillo della giustizia derivante dalla fede che aveva già ottenuta quando non era ancora circonciso; questo perché fosse padre di tutti i non circoncisi che credono e perché anche a loro venisse accreditata la giustizia e fosse padre anche dei circoncisi, di quelli che non solo hanno la circoncisione, ma camminano anche sulle orme della fede del nostro padre Abramo prima della sua circoncisione». Nella lettera di Giacomo 2,20 ss. si legge «Ma vuoi sapere, o insensato, come la fede senza le opere è senza valore? Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere, quando offrì Isacco, suo figlio, sull'altare? Vedi che la fede cooperava con le opere di lui, e che per le opere quella fede divenne perfetta e si compì la Scrittura che dice: E Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato a giustizia, e fu chiamato amico di Dio».
[13] Ad beatissimi apostolorum principis, Lettera Enciclica, 1 novembre 1914
[14] cf. Dei Filuis, «Dio può essere conosciuto con certezza al lume naturale della ragione umana attraverso le cose create»
[15] cf. Gv6,27; Rm 1,7; 1Pt 1,2
[16] cf. Giovanni 1,1-14; Rm 9,5; Col 2,9; Ebr 1,8; 1Gv 5,20
[17] cf. At 5,3-4; 1Cor 3,16. Viene a dimorare lo Spirito Santo: Rm 8,9; Gv 14,16-17; At 2,1-4
[18] cf. Quanta cura, Syllabus, Lettera Enciclica, 8 dicembre 1864
[19] Questo breve studio non vuol essere assolutamente una critica al papato
 
Fonte: http://radiospada.org/