mercoledì 30 ottobre 2013

Sulla Festa di Cristo Re

Christ-the-King

La Festa di Cristo Re fu istituita da Pio XI con la Lettera Enciclica Quas Primas[1], promulgata il giorno 11 dicembre 1925. Va precisato che Papa Ratti non “inventò” la regalità sociale di Cristo, che era un valore fortemente sentito nella Chiesa, sin dai primi cristiani: egli volle piuttosto ribadirla, trovandosi nel pieno dell’offensiva laicista, sovrano per giunta di un regno ancora assediato ed ostaggio dello Stato italiano (i patti lateranensi, patti firmati in stato di "cattività", sarebbero stati siglati  oltre tre anni più tardi, l’11 febbraio del 1929). Per qualunque cattolico di retta ragione, infatti era ed è palmare che le nazioni, i popoli della Terra devono riconoscere già qui, in questo mondo la regalità di Nostro Signore Gesù Cristo.
Già qualcuno obietterà: ma come, Gesù a Pilato non disse “il mio regno non è di questo mondo[2]? Ora, non mette conto approfondire questi profili – molto affascinanti – ma sia sufficiente dire che se il pellegrinaggio sulla Terra è per noi preparazione al Regno che è nei Cieli, allora le leggi che regolano il nostro vivere devono conformarsi a quelle leggi che il Signore ci ha dato e non possono contraddirle. Infatti, norme inique, società inique, comunità inique non guadagnano il Cielo, sia che l’iniquità consista nel negare Dio che nel rifiutarlo espressamente: su questo punto il Magistero della Chiesa è sempre stato unisono e coerente.
Ecco perché Pio XI nella Quas primas scrive “La celebrazione di questa festa, che si rinnova ogni anno, sarà anche d’ammonimento per le nazioni che il dovere di venerare pubblicamente Cristo e di prestargli obbedienza riguarda non solo i privati, ma anche i magistrati e i governanti: li richiamerà al pensiero del giudizio finale, nel quale Cristo, scacciato dalla società o anche solo ignorato e disprezzato, vendicherà acerbamente le tante ingiurie ricevute, richiedendo la sua regale dignità che la società intera si uniformi ai divini comandamenti e ai principî cristiani, sia nello stabilire le leggi, sia nell'amministrare la giustizia, sia finalmente nell'informare l'animo dei giovani alla santa dottrina e alla santità dei costumi”.
Quanto al momento dell’anno in cui la Regalità sociale di Cristo avrebbe dovuto essere celebrata da allora in avanti, nella predetta Enciclica il Sommo Pontefice statuisce: “con la Nostra apostolica autorità istituiamo la festa di nostro Signore Gesù Cristo Re, stabilendo che sia celebrata in tutte le parti della terra l'ultima domenica di ottobre, cioè la domenica precedente la festa di tutti i Santi. Similmente ordiniamo che in questo medesimo giorno, ogni anno, si rinnovi la consacrazione di tutto il genere umano al Cuore santissimo di Gesù, che il Nostro Predecessore di santa memoria Pio X aveva comandato di ripetere annualmente”.
Il senso della collocazione alla fine del mese di ottobre era saldare idealmente e spiritualmente tale solennità con l’approssimarsi della chiusura dell’anno liturgico, con la Festa di Ognissanti e la Commemorazione dei defunti. Scrive Papa Ratti: “Ci sembrò poi più d’ogni altra opportuna a questa celebrazione l’ultima domenica del mese di ottobre, nella quale si chiude quasi l’anno liturgico, così infatti avverrà che i misteri della vita di Gesù Cristo, commemorati nel corso dell’anno, terminino e quasi ricevano coronamento da questa solennità di Cristo Re, e prima che si celebri e si esalti la gloria di Colui che trionfa in tutti i Santi e in tutti gli eletti”.
Bene. Allora perché ora la Festa di Cristo Re è celebrata nell’ultima Domenica di novembre o, meglio, nell’ultima Domenica dell’Anno liturgico?
Tra le varie innovazioni introdotte dalla riforma liturgica figlia del Concilio, che trova il suo fondamento nella Enciclica Sacrosanctum Concilium[3] e nella Costituzione Missale Romanum[4], entrambe del 1969, e che ha cancellato diversi tempi e passaggi dell’Anno[5], troviamo appunto lo spostamento della Festa di Cristo Re, che dal 1969 viene collocata, appunto, nell’ultima Domenica dell’Anno Liturgico.
Questo differimento ha chiaramente una precisa ragione, tesa a mutare di significato la ricorrenza e soprattutto la Regalità di Nostro Signore. Infatti, da un momento dell’anno connesso alla esaltazione della potestà di Cristo su questa Terra, sulla storia e sulle nazioni, la celebrazione viene spostata alla fine dell’Anno liturgico, dando così alla regalità una valenza escatologica, come a dire che il Regno di Cristo è proprio della fine dei tempi, e non del tempo che l’uomo ed i popoli vivono hic et nunc. Ciò è particolarmente evidente se si esamina il Messale proprio del giorno, nel quale la Liturgia delle Ore, le letture ed il Graduale danno alla Festa una dimensione eminentemente spirituale, eliminando ogni accenno – prima presente in forza appunto del disposto della Quas Primas – alla soggezione dei potenti e dei regni della Terra a Nostro Signore Gesù Cristo.
La ricorrenza cambia dunque volto, perché cambiano nell’ottica conciliare la natura e la giustificazione del Regno di Cristo.
Per Pio XI – e per le fonti che egli cita nella Quas primas – è una potestà che promana dai Cieli ma deve essere osservata e rispettata anche in questo mondo, che non può e non deve contraddirla; tale potestà costituisce un grosso “impiccio” per il governante “cattolico” che voglia piegarsi ai compromessi ed alla logica contrattualistica propri dello stato laico (che infatti Pio XI aveva di mira).
Nella Sacrosanctum Concilium e nella riforma del 1969, invece, la regalità di Cristo è considerata una preconizzazione del Suo Regno, una sorta di ispirazione verso la quale si muove l’Uomo nella storia, storia che però resta ben distinta e non può esserne necessariamente interessata. Si tratta, come è chiaro, di un riflesso del timbro che permea tutto il Concilio Vaticano II, e che in subiecta materia si rende particolarmente evidente.
Alla disposizione conciliare sulla nuova collocazione, consegue che esiste una ulteriore data per la Solennità, valida per la Chiesa ambrosiana. Infatti, siccome l’Avvento ambrosiano inizia con un anticipo di due settimane rispetto all'Avvento romano, l’Anno liturgico ambrosiano inizia e termina due settimane prima rispetto a quello romano: ecco dunque che, con la nuova ubicazione postconciliare la Chiesa ambrosiana festeggia Cristo Re nella prima metà del mese di novembre, poiché è in quel periodo che ricade l’ultima Domenica del locale Anno liturgico. Non c’è da meravigliarsi, giacché nella Chiesa latina esiste da sempre una varietà di termini per delimitare la durata dell’anno liturgico[6].
E’ corretto dunque celebrare Cristo Re l’ultima Domenica di ottobre? Sì. Non solo perché ciò è conforme ai voleri di Papa Pio XI (che solo perchè è morto prima del 1969 non è che fosse meno Papa di quelli che sono venuti dopo) ma anche in forza del motu proprio di Benedetto XVI, il Summorum Pontificum del 7.7.2007[7], il quale ripristina il Messale anteriforma (e già modificato nel 1962 da Papa Roncalli). Forse “ripristinare” non è il verbo più adatto, perché in verità esso non fu mai espressamente abrogato: tuttavia, l’effetto della Costituzione Missale Romanum del 1969 emanata da Papa Paolo VI fu di spazzare via il Vetus Ordo, sebbene Papa Montini non abbia mai consentito espressamente ai Vescovi di proibire l’uso del Vetus Ordo in forma straordinaria[8], e per la pratica della liturgia di San Pio V sono stati necessari dapprima l’indulto Quattuor abhinc annos di Giovanni Paolo II[9], del 3.10.1984, ed appunto il motu proprio di Ratzinger.
Con la restituita piena legittimazione della Messa di San Pio V, dunque, viene necessariamente pienamente legittimato il relativo Messale, con tutti i Tempora e le Festività ivi contemplate, nella collocazione che era ed è loro propria. La Festa di Cristo Re può pertanto essere lecitamente celebrata nell’ultima Domenica di ottobre, nel giorno prescelto da Papa Pio XI, che la istituì.


Redazione A.L.T.A.
[1] http://www.vatican.va/holy_father/pius_xi/encyclicals/documents/hf_p-xi_enc_11121925_quas-primas_it.html
[2] Gv, 18, 36
[3] http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19631204_sacrosanctum-concilium_it.html
[4] http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/apost_constitutions/documents/hf_p-vi_apc_19690403_missale-romanum_it.html
[5] E’ stato ad esempio soppresso il Tempo di Settuagesima, tempo di penitenza che dal tardo Vi Secolo preparava i cristiani alla più severa astinenza imposta dalla Quaresima. Durava diciotto giorni e terminava con il Carnevale.
[6] Per una efficace sintesi, cfr http://it.wikipedia.org/wiki/Anno_liturgico_nella_Chiesa_latina.
[7]http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/motu_proprio/documents/hf_ben-xvi_motu-proprio_20070707_summorum-pontificum_it.html
[8] Per un interessante contributo sul punto, http://www.unavox.it/Documenti/doc0115.htm#1; ma anche http://www.amiciziacristiana.it/storiaindulto.htm e www.fides.org/ita/documents/dossier_motu_proprio_010807.doc
[9] http://www.amiciziacristiana.it/quattuor.htm peraltro, sul sito ufficiale www.vatican.va non si è riusciti a trovare il testo dell’indulto, reperito,appunto, su altre pagine web.