domenica 13 ottobre 2013

(Papa Felice III): «L’errore cui non si resiste, viene approvato. La verità che non viene difesa, viene oppressa».

 
Nota: Una vecchia pubblicazione, purtroppo sempre più attuale...
 
 
 
 
 
 «... Dio vi ha eletti per colonne della Chiesa, acciocché siate strumento ad estirpare l’eresia, confondere le bugie, esaltare la Verità, dissolvere le tenebre e manifestare la luce». (Santa Caterina da Siena)
Questo che affermava la grande Santa Caterina oggi non si fà più anzi si può ben dire che si opera esattamente l'incontrario... 
 
Interessante analisi, presa dal benemerito sito Unavox, sulle recenti nomine fatte da Benedetto XVI, che molti dicono sono state fatte per accellerare l'accordo della San Pio X con gli assassini della fede. Non ci stupiamo di queste nomine difatti Ratzinger è un modernista quindi scelglie quelli della sua combriccola. Molti obietteranno: "state insultando il Papa e anche le persone da Lui nominate, siete dei sedevacantisti". Noi risponderemo tranquillamente loro che i fatti pubblici confermano le nostre affermazioni, per esempio: "cari benpensanti papolatri, che nè pensate di queste rivelazioni dell'eretico Kongar sul modernista Ratzinger?:
"Al primo raduno della commissione a Nemi, dall’11 al 25 gennaio del ‘65, Ratzinger non fu presente di persona, ma nel dossier istruttorio a disposizione dei membri della commissione spiccava un suo testo – appena sfornato -  sul fondamento teologico della missione della Chiesa («Considerationes quoad fundamentum theologicum missionis Ecclesiae»). Il documento, redatto in latino – e recentemente riproposto in uno studio dell’archivista Piero Doria, pubblicato sulla rivista del Centro studi sul Vaticano II della Pontificia Università Lateranense – ispirò alcuni passaggi del primo capitolo del decreto conciliare Ad Gentes, dedicato ai principi dottrinali della missione della Chiesa. Anche oggi, in vista del Sinodo sulla nuova evangelizzazione e dell’Anno della fede, quel contributo ratzingeriano di teologia missionaria offre spunti quantomai attuali. Già nel 1965 il 38enne Ratzinger scriveva con autorevolezza che la missione «non è una battaglia per catturare gli altri e prenderli nel proprio gruppo». Per lui, la Chiesa non si muove alla missione per forza propria. È Cristo stesso che, operando attraverso la Chiesa, attira a sé e al Padre i cuori degli uomini.  Ma proprio questo rende necessaria la missione della Chiesa per la salvezza di tutti gli uomini: infatti «nessuno sforzo umano e nessuna religione in sé può salvarli, perché ogni salvezza viene da Cristo".
" I due, Ratzinger e Kongar, condividevano la stessa insofferenza per un’idea angusta di missione, che considerava vera attività missionaria solo quella intesa in senso classico, come annuncio del vangelo tra i pagani. Un’impostazione che a loro giudizio finiva per ridurre tutto a questioni tecniche e giurisdizionali legate alla fondazione di nuove diocesi nei territori considerati “di missione”. Per Ratzinger, come per Congar, occorreva invece partire da una percezione unitaria della missione e della sua sorgente teologica,  per poi prendere in considerazione i diversi contesti e le diverse circostanze nelle quali essa si realizza".
 Disse quell'eretico patentato di Congar su Lutero, leggibile nel file di don Luigi Villa su di lui:
«Lutero è uno dei più grandi geni religiosi di tutta la storia. A questo riguardo io lo metto sul medesimo piano di S. Agostino, S. Tommaso d’Aquino o Pascal… In un certo senso, egli è anche più grande. Egli ha ripensato tutto il Cristianesimo. Lutero fu un uomo di Chiesa»!
 Ci arrivate? Avete capito? Oppure fate finta di non capire e difendete l'indiffendibile? Le vostre risposte poco ci interessano rimane il fatto che Ratzinger è un modernista e le Sue nomine confermano questa affermazione da noi sempre affermata pubblicamente...
 
Infine, per confermare che Congar era un eretico blasfemo riportiamo ciò che ha scritto Colafemmina nel suo Blog: " Caro Ratzinger, le confesso che orinare sul muro del Sant'Uffizio è stato un atto, per così dire, liberatorio!" Ebbene si Kongar pisciava sul muro del Sant'Uffizio e se ne rallegrava col suo amicone Ratzinger...
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Finalmente un po’ di chiarezza!
Ovvero

La buona volontà e la benevola disposizione

di Benedetto XVI nei confronti della Tradizione

Le  dichiarazioni di Mons. Di Noia e di Mons. Müller


di Giacomo Fedele

È sentire comune dei cattolici affidarsi alla Provvidenza nei momenti difficili. La cosa appare ingenua, se vista dall’esterno, ma il cattolico che ha sperimentato l’intervento della mano di Dio, sa per certo che il Signore non abbandona chi lo invoca, specialmente quelli dei suoi fedeli che si rivolgono a Lui per intercessione della Sua Santissima Vergine Madre.
Così “accade” che nei giorni in cui si svolge il Capitolo generale della Fraternità San Pio X, nel corso del quale si dovrà decidere dell’epilogo di 40 anni di lotte contro il modernismo della Chiesa conciliare, ecco spuntare segni significativi che potranno aiutare i capitolanti a maturare una decisione conforme alla reale situazione della Chiesa in questi tempi, che si annunciano sempre più tristi e bui, Dio permettendo.

Il 26 giugno il Papa ha nominato il newyorkese Mons. Joseph Augustine Di Noia, sessantanovenne teologo domenicano di origine italiana, Vicepresidente della Commissione Ecclesia Dei.
Certuni hanno pensato che con questa nomina venisse di fatto esautorato il Segretario della Commissione, Mons. Guido Pozzo. In realtà il Papa ha voluto riequilibrare, pensiamo, l’organigramma della Commissione, il cui Presidente finora era lo stesso Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, alla quale la Commissione è stata aggregata nel 2009. In tal modo la Commissione, nonostante lo si chiami vice, ha adesso un suo  proprio presidente, come peraltro era stato fin dalla sua nascita nel 1988. Per di più, nella prospettiva della sostituzione, per limiti d’età, del Prefetto Card. Levada, era logico che si alleggerisse il carico di lavoro del nuovo Prefetto, rendendo più snello il lavoro della Commissione.
La nomina del nuovo Vicepresidente, che è stato elevato alla dignità di Arcivescovo, ha fatto pensare ad una più oculata gestione della pendente situazione della Fraternità San Pio X. Situazione che, si dice, starebbe molto a cuore a Benedetto XVI, anche in considerazione del fatto che fu proprio il Card. Ratzinger che non riuscì a portare a buon fine nel 1988 la ricomposizione fra la Santa Sede e Mons. Lefebvre.
L’arrivo di Mons. Di Noia dovrebbe costituire, quindi, un’accelerazione nel processo di regolarizzazione della Fraternità San Pio X. Accelerazione che qualcuno associa ad una migliore disposizione della Commissione nei confronti della Fraternità: che verrebbe agevolata da questa nomina, si dice, nell’ottica delle decantate buona volontà e benevola disposizione di Benedetto XVI nei confronti della Tradizione.

Per cercare di trovare una qualche conferma a questo ottimismo, siamo andati a leggere l’intervista che il neo designato Mons. Di Noia ha rilasciato a Edward Pentin del National Catholic Register, il 1 luglio scorso.
Siamo rimasti esterefatti!
 Monsignor "Ma che noia sempre le stesse cose dette dai modernisti"

Si tratta di un’intervista dove saltano all’occhio due cose che delineano, in modo chiaro e inequivocabile, lo stato miserando in cui si trova oggi la gerarchia cattolica generata dal Concilio Vaticano II: la triste povertà delle argomentazioni e l’accumulo dei noti luoghi comuni sul Concilio e sulla Fraternità, nonostante il vantato studio sulle due materie.
Abbiamo riportato a parte l’intervista, per intero, sia a titolo di documentazione, sia perché i lettori si possano rendere conto se noi esageriamo o se, addirittura, non minimizziamo.
Quando commentammo l’intervista di Mons. Pozzo del 2 luglio del 2010, ci impegnammo ad esaminarla con circospezione, perché si prestava ad essere presa seriamente in considerazione, data l’articolata argomentazione dell'allora nuovo Segretario dell’Ecclesia Dei. Nel leggere questa intervista di Mons. Di Noia ci è venuto da pensare che in questa Pontificia Commissione, più si sale e più si trova di peggio: che succederà quando andremo a tastare il polso all’anch’egli nuovo nominato Presidente dell’Ecclesia Dei e Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Mons. Gehrad Ludwig Müller?

Lo vedremo di seguito. Per intanto guardiamo alcune perle  di Mons. Di Noia.


…la Fraternità pensa, certo, che tutto l’insegnamento sulla libertà religiosa si sia allontanato dalla Tradizione. Ma certe persone molto intelligenti hanno provato a sottolineare che si tratta di uno sviluppo consistente. Quello che cerco di sostenere è che loro devono dire che nel Concilio non v’è niente che sia contrario alla Tradizione e che ogni testo, o ogni parte di esso che viene contestata, dovrebbe essere letto nel contesto del Concilio, e letto alla luce della Tradizione. Mi sembra che nonostante le loro difficoltà dovrebbero essere in grado di farlo.
Che dire? A parte la gratuita battuta sulla poca intelligenza della Fraternità, Mons. Di Noia sfonda una porta aperta… peccato che si tratti di una porta che non porta da nessuna parte, tranne che al Concilio Vaticano II… che sarebbe semplicemente intoccabile. Mons.
Di Noia arriva tardi, i modernisti è da cinquant’anni che lo ripetono, e con le stesse argomentazioni.

…Voglio dire che si enfatizza eccessivamente l’infallibilità. È per questo che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno deciso di non definire infallibilmente alcunché, perché si vede quello che succede. La gente dice: “Devo credere solo a ciò che è stato definito infallibilmente”. … Quindi, no, il Concilio contiene insegnamenti vincolanti. I Padri hanno scritto come vescovi della Chiesa in unione col Papa e per questo il Concilio è così importante. …Io dico spesso che quello che conta non è ciò che hanno inteso i Padri del Concilio, ma come lo si applica oggi. Si tratta infatti di un documento vivente.
Come si possano conciliare queste due affermazioni è davvero uno dei misteri della neo-Chiesa conciliare. Mistero che dura da cinquant’anni e che secondo il Papa attuale si spiegherebbe con l’ermeneutica della riforma nella continuità. Ora, se ciò che conta è l’applicazione odierna del Concilio, è evidente che è tale applicazione ad essere vincolante… ecco spiegato perché gli ultimi papi non vogliono definire alcunché in modo infallibile… perché non v’è nulla di infallibile in questa neo-Chiesa conciliare, tutto è mutevole e legato all’interpretazione e all’applicazione che via via si ritiene di dover praticare. È la logica implicita dei documenti viventi o, se si vuole, della tradizione vivente, che inevitabilmente solo gli uomini possono “vivere”, soprattutto gli uomini di Chiesa che hanno trasformato il cattolicesimo in protestantesimo.

Se saranno accettati dalla Chiesa e riammessi alla piena comunione, saranno una sorta di testimonianza vivente della continuità… una testimonianza vivente che la continuità tra il prima e il dopo Concilio è reale.
Preghiamo i lettori di essere indulgenti con noi, ma non possiamo frenarci dall’esclamare: ecco serviti i tradizionalisti che credono che la regolarizzazione canonica della Fraternità serva a “tradizionalizzare” la Chiesa conciliare!
Il loro nuovo Vicepresidente assicura che saranno testimoni viventi della bontà cattolica del disastro di questi ultimi cinquant’anni!

Essi devono dire: “Sì, credo che lo Spirito Santo preservi la Chiesa dall’errore”. E allora io potrò dire: “Bene, allora sei un cattolico”. La Fraternità è stata alimentata da persone che usano la parola “errore”. Errore è un termine vago nella Tradizione cattolica. Vi sono diversi livelli di errore. A volte significa che sei caduto nell’eresia, altre che sei sconsiderato.
Insomma, Mons. Di Noia sostiene, in teologichese, che chi non dice che il Vaticano II è totalmente privo di errore, non è cattolico!
Sulla base della sua spiegazione dell’errore, ci chiediamo: il nuovo Vicepresidente della Commissione Ecclesia Dei è un eretico o uno sconsiderato?

Il Concilio ha detto che ci sono elementi della grazia nelle altre religioni e io non penso che questo dovrebbe essere ritrattato. Io li ho visti, li ho conosciuti, ho incontrato luterani ed anglicani che sono santi.
Forse Mons. Di Noia non sa che il mondo è pieno di santi… santi buddisti, musulmani, indù, woodoo, ecc. … Vuoi vedere che Nostro Signore si è sbagliato quando ha comandato di convertirli perché non vadano all’Inferno? … Mah!

Se credono che Nostra Aetate sia stata interpretata malamente, allora devono entrare nell’agone per interpretarla meglio. Piuttosto che passeggiare fuori dal campo, essi devono giuocare la partita.
Ah! Questi panchinari di “lefebvriani”, che criticano tutto standosene fuori dal campo… vengano loro a giuocare la partita! E poi vedremo cosa saranno capaci di fare!
Speriamo davvero che la Fraternità non decida di scendere in campo per giuocare con avversari così fallosi la partita del destino della Religione cattolica: ne uscirebbe sconfitta e con le ossa rotte.
Per il bene delle anime, speriamo accoratamente che si limiti a continuare a preservare la fede dei nostri padri.

Ma veniamo al nuovo Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e nuovo Presidente dell’Ecclesia Dei, (e noi aggiungiamo un autentico eretico modernista).
 
Mons. Gehrad Ludwig Müller, finora vescovo di Ratisbona, è stato nominato il 2 luglio, e, come dice lui, è un teologo sia come scrittore (circa 400 pubblicazioni), sia come esperto di diversi organismi ecclesiali tedeschi, tanto che per 16 anni è stato professore ordinario di Dogmatica presso l’Università Ludwig-Maximilian di Monaco di Baviera.
La prima cosa che salta all’occhio è che perfino i vaticanisti che da anni sono portavoce interessati delle stanze vaticane, hanno fatto notare che a Benedetto XVI era stata sconsigliata tale nomina, a causa delle diverse affermazioni eterodosse che il Müller teologo ha avuto modo di pronunciare e di mettere per iscritto. Pare evidente quindi che se il Papa ha deciso di nominarlo “custode della fede”, queste affermazioni non siano poi così eterodosse o, se possono sembrare tali a qualcuno, appartengono a quella libertà di speculazione propria dei teologi moderni. D’altronde, lo stesso accade per il Card. Ratzinger, i cui testi sono cosparsi di affermazioni che entrano ed escono tranquillamente tra ortodossia ed eterodossia, come ha dimostrato Mons. Tissier de Mallerais nei suoi studi. Così che a questo punto l’unica cosa che si possa fare è condividere il parere di Mons. Nicola Bux, il quale sull’argomento sostiene: «Un vero cattolico deve fidarsi dell’autorità del Papa, sempre. In particolare, credo che Benedetto XVI sappia quel che fa». Anche perché, dice sempre Mons. Bux: «le cose scritte da monsignor Müller appartengono alla sua stagione di teologo e un teologo non produce dottrina, almeno immediatamente. Da vescovo deve invece difendere e diffondere la dottrina non sua, ma della Chiesa e credo che l’abbia fatto. Da Prefetto continuerà a farlo, sotto la guida del Papa» (Intervista rilasciata al vaticanista Andrea Tornielli il 5 luglio 2012).

Insomma, per farla breve, il fatto che il Card. Ratzinger abbia detto e scritto cose contrarie alla dottrina cattolica e il fatto che lo stesso si possa dire di Mons. Müller, non inficia minimamente la funzione del primo, di confermare i cattolici nella fede, né quella del secondo, di custodire e preservare la dottrina.

Vista l’importanza di questa questione dell’eterodossia, rimandiamo il lettore alla pagina che abbiamo dedicato alle concezioni eterodosse di Mons. Müller, mentre qui ci limitiamo a riprendere alcune affermazioni da lui pronunciate, non appena nominato, in un’intervista all’agenzia della Conferenza Episcopale tedesca KNA e pubblicata su Kath.net, intervista che, anch'essa, abbiamo riportato a parte a titolo di documentazione.

…il Santo Padre conosce me e il mio lavoro teologico, non solo come autore, ma anche come esperto del Sinodo dei Vescovi a Roma e dei comitati per l’ecumenismo e la fede della Conferenza Episcopale tedesca.
Quindi nessun dubbio sulla consapevolezza della scelta da parte di Benedetto XVI. Nessuno può impedirci di osservare che in questa scelta abbia influito non poco il fatto che Mons. Müller è un tedesco, allievo di Ratzinger e in sintonia con lui anche adesso che è Benedetto XVI. Sintonia che fa pensare che il Papa si fidi ciecamente di lui, come sostenitore e custode del suo pensiero teologico.


La Congregazione è responsabile della promozione della dottrina della fede e non solo della sua protezione. La riorganizzazione del 1965 ha posto quest’aspetto positivo al centro. Si tratta di promuovere la teologia e il suo fondamento nella Rivelazione, per garantirne la qualità, nonché di considerare gli importanti sviluppi intellettuali su scala mondiale. Non possiamo semplicemente e meccanicamente ripetere la dottrina della fede. Essa dev’essere associata agli sviluppi intellettuali del tempo, ai cambiamenti sociologici, al pensiero della gente.
C’è poco da analizzare in questa affermazione. Qui si dice, papale papale, che il compito del “custode” della dottrina della fede non è quello di custodire, ma di innovare, associando l’insegnamento di Cristo e degli Apostoli, e quindi l’insegnamento bimillerario della Chiesa, “agli sviluppi intellettuali del tempo, ai cambiamenti sociologici, al pensiero della gente”.
Complimenti per la chiarezza.
Mai questa grande e illuminata verità del Concilio Vaticano II, “assistito dallo Spirito Santo”, era stata detta in modo così stringato e lapidario.
Lo si tenga a mente: non si può ripetere la dottrina della fede, ma la si deve associare, giorno per giorno, anno per anno, papa per papa, al pensiero della gente. Così che se la gente, nella sua profonda saggezza, vox populi, vox Dei, giunge a capire che la Chiesa è in errore, la Congregazione per la Dottrina della Fede, con in testa il suo Prefetto assistito dai suggerimenti e dal placet del Papa, si industrierà per associare San Tommaso a Pinco Pallino… sempre e solo Ad Maiorem Dei Gloriam.

E non esageriamo affatto, poiché Mons. Müller incalza:

Si tratta della giusta comprensione della natura e della missione della Chiesa, di trovare il giusto equilibrio tra il separarsi dal mondo e l’adattarsi ad esso, così che possiamo servire realmente il mondo in nome di Gesù Cristo.
Come dire che Nostro Signore si sarebbe incarnato, avrebbe subito la Passione, sarebbe stato Crocifisso, sarebbe Risorto, sarebbe asceso al Cielo e siederebbe alla destra del Padre… per servire il mondo!
Così che la Sua Chiesa debba oggi, dopo il Vaticano II, adattarsi al mondo!
C’è ancora bisogno di andare a spulciare i testi di questo vescovo tedesco allievo di Ratzinger, per cercare di capire se è ortodosso o eterodosso?

…il Concilio Vaticano II è stato un evento meraviglioso, sebbene di un tipo po’ diverso rispetto ai concili precedenti. La sua legittima intenzione era, non solo di rispondere a certi errori per correggerli, ma di fornire una visione globale della fede cattolica. Non mirava a singoli elementi, ma al quadro generale, alla grande architettura della Chiesa attuale composta da ampie sale dove ci si può sentire a casa e vivere gioiosamente.
Che Mons. Müller si sia lasciato prendere dalla foga dell’intervista, è comprensibile, ma, di grazia, dove ha visto che il Vaticano II ha risposto a certi errori per correggerli?
Per un vescovo è davvero grave che si abbandoni alla fantasia.
In una cosa ha ragione, Mons. Müller, e la dice con una brillante metafora: il Concilio Vaticano II ha ridotto la Chiesa in un grand’albergo, con camere di ogni specie, dove chiunque arrivi viene accolto con tutti gli onori, perché possa fare i comodi suoi, sentirsi a casa e vivere gioiosamente.
Venghino, signori, venghino!… Quanta più gente entra… tante più bestie si vedono!
E voilà! Il giuoco è fatto!
Chissà cosa ne penserà di questa generosa profferta la Fraternità San Pio X?!

Ma ecco che subito Mons. Müller precisa:


Occorre piuttosto essere aperti all’insieme della fede cristiana, all’intera professione di fede, a tutta la storia della Chiesa e allo sviluppo del suo insegnamento. Si dev’essere aperti alla tradizione vivente, che non finisce da qualche parte – diciamo nel 1950 -, ma va avanti.
Concetto che Mons. Müller ha ribadito in una intervista a Radio Vaticana del 4 luglio: L'obiettivo è sempre l'unità della Chiesa e dei fedeli con la Chiesa. Si può essere cattolici, solo se si riconosce pienamente la fede della Chiesa. Ciò include il magistero e nel magistero ha un ruolo particolarmente importante anche il Concilio Vaticano II.
Esattamente il contrario di ciò che sostiene da quarant’anni la Fraternità, e con essa tutti i fedeli cattolici che in questi anni hanno portato avanti con essa l’impari lotta contro la deriva protestante innescata dal Vaticano II.

***
Per quanto possano sembrare scandalose queste affermazioni, occorre porre mente al fatto che qui ci troviamo al cospetto di una teologia che si è sviluppata, e non a caso, nella stessa area di lingua tedesca che ha visto nascere il protestantesimo di Lutero e compagni. La stessa area che oggi annovera la nascita di “movimenti” ecclesiali che vogliono una Chiesa diversa, democratica – Noi siamo chiesa -, con le donne prete e con i preti sposati (magari con le donne prete!) - Chiamata alla disobbedienza. La stessa area che agendo ieri al Vaticano II, faceva dire, con il titolo di un famoso libro-denuncia, che “Il Reno si getta nel Tevere”. La stessa area in cui è radicata quella sorta di “complesso di colpa” da cui scaturisce l’idea che siccome Hitler ha massacrato gli Ebrei, tutta la Chiesa, buttando alle ortiche i Padri della Chiesa, deve riconoscere che essi sono sempre i prediletti da Dio, i fratelli maggiori, che non sono responsabili della Crocifissione, che il Giudaismo è una via di salvezza. Senso di colpa che, al pari del Reno che si getta nel Tevere, ha introdotto nella Chiesa il vezzo che chiunque parli teologicamente della dottrina della sostituzione venga bollato come “antisemita” (che poi è un termine che non c’entra niente, perché gli Ebrei non sono i soli figli di Sem, ma, tra tutti gli altri semiti, sono i figli di Eber… ma anche questo termine è di fattura tedesca), e chiunque si permetta il lusso di fare delle puntualizzazioni sul vergognoso sfruttamento della cosiddetta Shoa, venga bollato come “anticattolico”, proprio da quegli stessi cattolici che dovrebbero essere i primi a reagire di fronte alla campagna anticattolica che da quasi settant’anni si porta avanti in nome dei “poveri Ebrei”. Quegli stessi “poveri Ebrei” a cui, sempre per lo stesso senso di colpa, si perdona tutto, perfino la violazione della Terra Santa, perfino l’uccisione dei cattolici palestinesi, perfino lo sradicamento della religione di Cristo dalla terra che ha dato i natali al Cristianesimo. E tutto questo financo con l’avallo di certi cattolici tradizionali, che influenzati da questo stesso senso di colpa tedesco, non esitano a dare l’ostracismo a chi dei loro sodali si permette di dissentire dal luogo comune dei “poveri Ebrei”.
Ci chiediamo: a quando la nomina di un tedesco modernista alla Segreteria di Stato, perché si completi il Deutsch-Organigramm della neo-Chiesa conciliare?

Ma, insomma, cosa c’entra tutto questo con l’eterodossia di Mons. Müller?

C’entra, c’entra… nei termini in cui le cose non accadono mai a caso.
Si è mai fatto il conto di quanti fossero i teologi modernisti che hanno impresso la deriva al Vaticano II?
E si è mai andati a vedere da quale area culturale provenissero?
Si è mai fatto caso al fatto che gli schemi per il Vaticano II approntati dal Card. Ottaviani vennero rigettati per iniziativa del Card. Josef Frings, Arcivescovo di Colonia, assistito dal suo perito Don Joseph Ratzinger, che svolse il compito di esaminare, prima della presentazione, tutti i nuovi schemi del Concilio, dai quali sono scaturiti i documenti finali?

C’entra, eccome! Basta leggere le dichiarazioni allucinanti dello stesso Mons. Gerhard Ludwig Müller, effettuate nel corso di una intervista rilasciata al noto settimanale liberale tedesco Die Zeit, nella sua versione on-line.
Si tratta di un’intervista del 3 febbraio 2009, ma questo non toglie nulla alla sostanza delle dichiarazioni rilasciate dall’allora vescovo di Ratisbona, oggi Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, anzi, è più logico e più serio pensare che Benedetto XVI lo abbia chiamato a svolgere il compito di “custode della dottrina” proprio in forza del suo pensiero, che lui conosce benissimo.
Con buona pace di tutti quegli amici cattolici tradizionali che continuano a pensare che a Benedetto XVI stia a cuore la Tradizione. L’unica tradizione che sta a cuore a Papa Ratzinger è la sua!

Anche qui, riportiamo solo alcune perle, senza commento, ché non serve, e rimandiamo alla lettura dell’intera intervista.

I vescovi e i sacerdoti non sono riabilitati. Il Papa non ha fatto altro che rispondere al loro desiderio di vedere revocata la scomunica. Adesso bisognerà valutare se essi soddisfano ai requisiti che la Chiesa cattolica richiede per i suoi sacerdoti.

In seguito alla scomunica, il vescovo Williamson è sotto l’autorità del Papa e non di quella dei suoi Superiori. Il Santo Padre deciderà la sorte del vescovo. Io raccomando alla Fraternità di abbandonare queste persone.


La Fraternità San Pio X deve ritornare interamente sul terreno della Chiesa cattolica e riconoscere l’autorità del Papa, le decisioni del Concilio Vaticano II e l’attuale legge della Chiesa. Se lo fa, accetta anche che il seminario di Zaitzkofen ricada sotto la supervisione della diocesi di Ratisbona. Il seminario dovrebbe essere chiuso e gli studenti – se sono idonei - dovrebbero andare in un seminario del loro paese d’origine.


Io ho scritto una lettera in Vaticano e ho chiesto di verificare lo stato giuridico del seminario di Zaitzkofen. Anche la costituzione della Fraternità dovrebbe essere riesaminata dai canonisti.


La consacrazione illegale non può portare ad un ricevimento ufficiale. L’episcopato è un ministero di unità. I quattro vescovi consacrati dall’Arcivescovo Lefebvre non hanno la qualificazione per questo ufficio.


I quattro vescovi della Fraternità San Pio X dovrebbero dimettersi e non dovrebbero parlare in pubblico di questioni politiche ed ecclesiastiche. È necessario che conducano una vita esemplare come semplici sacerdoti o cappellani, per riparare ai danni che ha causato lo scisma.


Ecco chi è il nuovo Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, uomo di fiducia di Benedetto XVI.

Siamo arcistufi di questi pseudo prelati che si fanno chiamare teologi e vengono riconosciuti come tali in alto loco, mentre invece dimostrano di essere degli scadenti epigoni delle vecchie comuni sessantottine, dove il concetto più profondo che si coltivava era: ammazzare un fascista non è reato!

E queste reminiscenze “storico-politiche” ci inducono a pensare che non può essere un caso che Benedetto XVI abbia scelto l'amico Müller per questo posto così delicato nella Gerarchia della Chiesa.
Se la Fraternità San Pio X accetterà le proposte vaticane dovrà fare i conti col nuovo custode della Dottrina, accettandolo come rappresentante ufficiale dell'insegnamento cattolico.
Se la Fraternità San Pio X non accetterà le proposte vaticane dovrà fare i conti col nuovo custode della Dottrina, che probabilmente premerà per una nuova scomunica.

Così, come dicevamo all'inizio, si è fatta finalmente chiarezza e si è dimostrato in che cosa consistano realmente la buona volontà e la benevola disposizione di Benedetto XVI nei confronti della Tradizione.


Meditate… gente! Meditate!
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Dopo aver letto questo interessante intervento, intendo rispondere a tutti coloro che ci accusano di sedevacantismo, che noi seguiamo la linea dottrinaria  della vera Chiesa Cattolica sulla confutazione degli eretici oggi imperanti nella Chiesa:

San Francesco di Sales sul trattamento degli eretici distruttori della fede autenticamente cattolica: "Poichè un cattolico gli aveva chiesto se poteva dir male di un eretico che diffondeva le proprie dottrine velenose, gli rispose: «Sì, potete, purchè non diciate di lui niente di contrario alla verità, e solo parliate di ciò che sapete del suo cattivo modo di vita, presentando ciò che è dubbio come dubbio e a seconda del grado maggiore o minore di dubbio che avete su di ciò.» Lo affermò più chiaramente nella sua Filotea, libro tanto prezioso quanto popolare, dicendo: "I nemici dichiarati di Dio e della Chiesa debbono essere screditati più che si può. La carità obbliga ciascuno a gridare "al lupo!" quando il lupo si è infilato nel gregge, ed anche in qualunque luogo lo si incontri."

Don Félix Sardà y Salvany

Da "El liberalismo es pecado" (Il liberalismo è peccato, 3a ed., Barcellona 1885) cap. XXI-XXIV, pag 93-112

La parte dottrinale di cotesto libro, la quale riguarda il liberalismo, è eccellente, conforme ai documenti di Pio IX e di Leone XIII, e giudicata dalla Sacra Congregazione dell'Indice dottrina sana.» La Civiltà Cattolica, anno XXXIX, vol. IX della serie XIII, Roma 1888, pag. 346.]


...Cominciò il Battista chiamando i farisei «razza di vipere;» Gesù Cristo Nostro Signore non si astenne dall'apostrofarli con gli epiteti di «ipocriti, sepolcri imbiancati, generazione perversa ed adultera,» senza per ciò ritenere di mancare alla santità della propria mansuetissima predicazione. San Paolo diceva degli scismatici di Creta che erano «menzogneri, male bestie, ventri pigri e lo stesso Apostolo chiamava Elimas il mago «uomo pieno di ogni frode e menzogna, figlio del diavolo, nemico di ogni verità e giustizia» .
Se apriamo la collezione delle opere dei Padri, incontriamo ovunque brani dello stesso tipo, che essi non esitarono ad impiegare in ogni occasione nella loro eterna polemica con gli eretici; ci limiteremo a citarne solo qualcuno dei principali. San Gerolamo, nella sua disputa con l'eretico Vigilanzio, gli rinfacciava la sua ex professione di oste dicendo: «Hai imparato altre cose (e non la teologia) dalla tua più tenera età, ti sei dedicato ad altri studi. Il verificare il valore della moneta e quello dei testi della Scrittura, l'assaggiare il vino e il comprendere i Profeti e gli Apostoli non sono certo cose che possano essere tutte ben fatte dalla stessa persona.» E si noti che il santo polemista prediligeva questa modalità di discreditare l'avversario, poichè in altra occasione, attaccando il medesimo Vigilanzio che negava l'eccellenza della verginità e del digiuno, gli chiese burlescamente «se parlava così per non perdere i clienti della sua taverna.» Oh, quante cose avrebbe detto un critico liberale, se mai uno dei nostri polemisti avesse scritto ciò contro un eretico di oggi!

E che diremo di san Giovanni Crisostomo nella sua famosa invettiva contro Eutropio la quale, per il suo carattere personale ed aggressivo, non è comparabile se non a quelle assai acerbe di Cicerone contro Catilina o contro Verre? San Bernardo, famoso per la sua dolcezza, non era certamente melato quando si trattava di nemici della fede; egli chiamava Arnaldo da Brescia (grande agitatore liberale del suo secolo) a tutte lettere «seduttore, vaso d'ingiurie, scorpione, lupo crudele.»

Il mite san Tommaso d'Aquino dimenticava la calma dei suoi pacati sillogismi per apostrofare con veemenza il suo avversario Guglielmo di Saint-Amour ed i suoi discepoli chiamandoli senza ambagi: «nemici di Dio, ministri del demonio, membra dell'anticristo, ignoranti, perversi, reprobi;» Luis Veuillot non è mai giunto a tanto. Il dolcissimo san Bonaventura riprendeva Gerardo [da Borgo San Donnino, N.d.T.] con gli epiteti di «imprudente, calunniatore, spirito malefico, empio, impudico, ignorante, bugiardo, malfattore, perfido ed insensato.» Nei tempi moderni ci si presenta quell'affascinante modello che è san Francesco di Sales, il quale per la sua squisita delicatezza e mansuetudine ha meritato di esser definito viva immagine del Salvatore; credete che avesse dei riguardi per gli eretici del suo tempo e del suo paese? Suvvia! Perdonava loro le offese, li colmava di benefici, riuscì persino a salvare la vita a chi aveva attentato contro la sua; giunse a dire ad un suo rivale: «Se mi strappaste un occhio non cesserei di guardarvi con l'altro come un fratello.» Ebbene: con i nemici della fede non aveva nessun tipo di attenuante o considerazione. Poichè un cattolico gli aveva chiesto se poteva dir male di un eretico che diffondeva le proprie dottrine velenose, gli rispose: «Sì, potete, purchè non diciate di lui niente di contrario alla verità, e solo parliate di ciò che sapete del suo cattivo modo di vita, presentando ciò che è dubbio come dubbio e a seconda del grado maggiore o minore di dubbio che avete su di ciò.» Lo affermò più chiaramente nella sua Filotea, libro tanto prezioso quanto popolare, dicendo: «I nemici dichiarati di Dio e della Chiesa debbono essere screditati più che si può. La carità obbliga ciascuno a gridare "al lupo!" quando il lupo si è infilato nel gregge, ed anche in qualunque luogo lo si incontri.»

XXIII. Se è conveniente, combattendo l'errore,  

combattere e discreditare la persona che lo sostiene e propaga.

Ma qualcuno potrà dire: «Ciò passi per la dottrina in astratto; ma è conveniente, combattendo l'errore per quanto evidente, attaccare la persona che lo sostiene ed accanirsi su di essa?»
A questo risponderemo che sì, moltissime volte è conveniente, e non solo conveniente ma addirittura indispensabile e meritorio di fronte a Dio ed alla società; e sebbene si possa dedurre quest'affermazione da quanto già esposto, vogliamo tuttavia a questo punto trattarne ex professo a causa della grandissima importanza che riveste.
In effetti non è poco frequente l'accusa che si fa all'apologista cattolico di sconfinare sempre nell'ambito personale e, quando i liberali e coloro che sono contagiati dal liberalismo rinfacciano ad uno dei nostri di ricadere nel personale, sembra loro che egli manchi di argomenti per condannarli.

Ma ciò nonostante non hanno ragione; no, non ce l'hanno. Le idee cattive devono essere combattute, si deve renderle odiose, spregevoli ed esecrande alla moltitudine che costoro tentano di turlupinare e sedurre; e si dà il caso che le idee non si sostengono da se stesse nell'aria, ne da sè si diffondono e si propagano, nè da sè sole vanno a danneggiare la società, ma sono come frecce e proiettili che non ferirebbero nessuno se non vi fosse chi li lanciasse con l'arco e col fucile.

Dunque è all'arciere ed al fuciliere che devono essere diretti in prima istanza i colpi di colui che desidera distruggere il loro tiro mortale, ed un modo diverso di fare la guerra sarebbe liberale quanto si voglia, ma mancherebbe di senso comune. Quegli autori che propagandano dottrine eretiche sono come soldati dotati di armi a proiettili avvelenati: le loro armi sono il libro, il giornale, il pubblico discorso, l'influenza personale; non basta allora scansarsi per evitare il tiro, no: la cosa principale e più efficace è disabilitare il tiratore. Così conviene sottrarre ogni autorità ed ogni credito al libro, al giornale o al discorso, e non solo a questo, ma anche in alcuni casi alla persona; sì, la persona dell'autore, poichè è lui l'elemento principale del combattimento, così come l'artigliere è l'elemento principale dell'artiglieria, non la bomba, nè la polvere da sparo, nè il cannone; in certi casi si possono rendere pubbliche le sue infamie, ridicolizzare i suoi costumi, coprire d'ignominia il suo nome e cognome. Sissignore; e ciò si può fare in prosa, in versi, seriamente, scherzosamente ed in modo faceto, e con  tutta l'arte e con tutti i procedimenti che in futuro si potranno inventare, solo bisogna tenere presente di non porre la menzogna a servizio della giustizia, questo no; in ciò non si esca in nulla dalla verità, ma nei limiti di questa si ricordi il detto di Crétineau-Joly: La verità è l'unica carità consentita alla storia, e si potrebbe aggiungere: Alla difesa della Religione e della società.

Gli stessi santi Padri che abbiamo citato comprovano questa tesi; perfino i titoli delle loro opere esprimono chiaramente che essi, combattendo le eresie, si preoccupavano di dirigere il primo tiro contro gli eresiarchi. Quasi tutti i titoli delle opere di sant'Agostino fanno riferimento al nome dell'autore dell'eresia: Contra Fortunatum manichaeum; Adversus Adamanctum; contra Felicem; Contra Secundinum; Quis fuerit Petilianus; De gestis Pelagii; Quis fuerit Julianus, ecc. Di modo che quasi tutta la polemica del grande Agostino fu altrettanto personale, aggressiva, per così dire biografica, quanto dottrinale; un corpo a corpo sia con l'eretico che con l'eresia. E potremmo dire lo stesso di tutti i santi Padri.

Da dove ha attinto poi il Liberalismo quella novità per la quale, combattendo l'errore, bisogna prescindere dalle persone e perfino coccolarle e carezzarle? Ci si attenga a ciò che la tradizione cristiana insegna su questo argomento, e lasciamo che gli ultramontani difendano la fede come la si è sempre difesa nella Chiesa di Dio; ferisca la spada del polemista cattolico, ferisca e vada diretta al cuore, poichè questa è l'unica maniera reale ed efficace di combattere!...   
 
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