giovedì 29 agosto 2013

PROCLAMA DEL COMANDANTE IN CAPO CHIAVONE: ALL'ARMI! ALL'ARMI! ALL'ARMI!

Foto: PROCLAMA DEL COMANDANTE IN CAPO
ALL'ARMI! ALL'ARMI! ALL'ARMI!

 Il piemontese nemico del nostro Re, della nostra Monarchia, delle nostre leggi, nemico del patrizio, del borghese, del contadino, nemico di tutti gli ordini militari civili e religiosi; il piemontese che arde città, scanna i fedeli a Dio ed al loro sovrano, fa macello di sacerdoti, svelle dalle loro chiese i vescovi, e per sospetti caccia nelle carceri, negli ergastoli e negli esilii quanti non vede piegar la fronte all'idolo d'ingorda e bugiarda rivoluzione, il piemontese che copre con l'orgoglio la sua nudità, e che si gloria di non sentir pietà nello sgozzar vecchi, vergini, pargoletti, nè ritrosia nel dar di piglio nella roba altrui o pubblica o privata; il piemontese che profana le nostre donne ed i nostri templi, ubriaco di libidine, fabbro di menzogna e d'inganni, schernitore di vittime da lui tradite: il piemontese fugge dinanzi allo scoppio dei nostri moschetti rugginosi; e nelle città dov'egli avea fondate le case di prostituzione ed il servaggio, ormai sventola il vessillo della libertà e della indipendenza del Regno al grido di viva Francesco II. La bandiera del sovrano è già inalberata in Sora. Popoli degli Abruzzi, delle Puglie, delle Calabrie, dei Principati, all'armi! Sopra i gioghi degli Appennini, ciascun macigno è fortezza, ciascun albero è baluardo. Ivi il nemico non potrà ferire alla lontana coi proiettili dei cannoni rigati, né con l'unghie dei cavalli. Combattendo uomo con uomo, egli che non ha fede in Dio e in Gesù Cristo, ne può avere carità de' fratelli, dovrà soccombere al fremito del nostro coraggio, alla forza dei petti devoti alla morte per una causa che merita il sacrificio della vita. All'armi! Le falci, le ronche, i massi valgono nelle nostre mani più che le baionette e le spade. Un milione di anime oppresse si confortano con un grido alla pugna; sessantamila dei nostri stendono le braccia dalle carceri verso di noi; le ombre di diecimila ci dicono vendicateci.. Corriamo dai boschi alle città, dalle province a Napoli. L'arcangelo San Michele ci coprirà col suo scudo, la Vergine Immacolata col suo manto, e faranno vittoriosa la bandiera che appenderemo in voto nel tempio. Il piemontese che ci deride, svilisce, conculca, tiranneggia, spoglia, e uccide con l'ipocrita maschera della libertà, ritorni nei suoi confini tra il Po e le Alpi. Ritorni a noi quel Sovrano che Iddio ci ha dato, e lo fe' generare nelle viscere di una madre santa, e crescere in virtù candido come il giglio, che adorna il borbonico stemma. Francesco II e Sofia, ed i Reali principi c'insegnarono come si debba star saldi ed intrepidi nella battaglia. Vinceremo. I potenti dell'Europa compiranno l'opera nostra rimenando la pace all'Italia; ed il nostro regno all'ombra della religione cattolica e del papato, si riabbellirà di quella gloriosa borbonica dinastica che ci sottrasse ai duri ceppi dei piccoli tiranni, e ci diede ricchezza e franchigia vera, e la indipendenza dallo straniero. All'armi!

Il Comandante in capo CHIAVONE
Luigi Riccardi Ajutante

di Antonio Ciano - "I SAVOIA E IL MASSACRO DEL SUD" - Grandmelò, ROMA, 1996
  Il piemontese nemico del nostro Re, della nostra Monarchia, delle nostre leggi, nemico del patrizio, del borghese, del contadino, nemico di tutti gli ordini militari civili e r...eligiosi; il piemontese che arde città, scanna i fedeli a Dio ed al loro sovrano, fa macello di sacerdoti, svelle dalle loro chiese i vescovi, e per sospetti caccia nelle carceri, negli ergastoli e negli esilii quanti non vede piegar la fronte all'idolo d'ingorda e bugiarda rivoluzione, il piemontese che copre con l'orgoglio la sua nudità, e che si gloria di non sentir pietà nello sgozzar vecchi, vergini, pargoletti, nè ritrosia nel dar di piglio nella roba altrui o pubblica o privata; il piemontese che profana le nostre donne ed i nostri templi, ubriaco di libidine, fabbro di menzogna e d'inganni, schernitore di vittime da lui tradite: il piemontese fugge dinanzi allo scoppio dei nostri moschetti rugginosi; e nelle città dov'egli avea fondate le case di prostituzione ed il servaggio, ormai sventola il vessillo della libertà e della indipendenza del Regno al grido di viva Francesco II. La bandiera del sovrano è già inalberata in Sora. Popoli degli Abruzzi, delle Puglie, delle Calabrie, dei Principati, all'armi! Sopra i gioghi degli Appennini, ciascun macigno è fortezza, ciascun albero è baluardo. Ivi il nemico non potrà ferire alla lontana coi proiettili dei cannoni rigati, né con l'unghie dei cavalli. Combattendo uomo con uomo, egli che non ha fede in Dio e in Gesù Cristo, ne può avere carità de' fratelli, dovrà soccombere al fremito del nostro coraggio, alla forza dei petti devoti alla morte per una causa che merita il sacrificio della vita. All'armi! Le falci, le ronche, i massi valgono nelle nostre mani più che le baionette e le spade. Un milione di anime oppresse si confortano con un grido alla pugna; sessantamila dei nostri stendono le braccia dalle carceri verso di noi; le ombre di diecimila ci dicono vendicateci.. Corriamo dai boschi alle città, dalle province a Napoli. L'arcangelo San Michele ci coprirà col suo scudo, la Vergine Immacolata col suo manto, e faranno vittoriosa la bandiera che appenderemo in voto nel tempio. Il piemontese che ci deride, svilisce, conculca, tiranneggia, spoglia, e uccide con l'ipocrita maschera della libertà, ritorni nei suoi confini tra il Po e le Alpi. Ritorni a noi quel Sovrano che Iddio ci ha dato, e lo fe' generare nelle viscere di una madre santa, e crescere in virtù candido come il giglio, che adorna il borbonico stemma. Francesco II e Sofia, ed i Reali principi c'insegnarono come si debba star saldi ed intrepidi nella battaglia. Vinceremo. I potenti dell'Europa compiranno l'opera nostra rimenando la pace all'Italia; ed il nostro regno all'ombra della religione cattolica e del papato, si riabbellirà di quella gloriosa borbonica dinastica che ci sottrasse ai duri ceppi dei piccoli tiranni, e ci diede ricchezza e franchigia vera, e la indipendenza dallo straniero. All'armi!

Il Comandante in capo Chiavone
Luigi Riccardi Aiutante

di Antonio Ciano - "I SAVOIA E IL MASSACRO DEL SUD" - Grandmelò, ROMA, 1996