giovedì 18 luglio 2013

Sul peccato di scandalo, «non versare sangue innocente»

Sul peccato di scandalo, «non versare sangue innocente»


«Guai agli scandalosi. Chi scandalizzerà uno di questi piccolini che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina da asino e fosse immerso nel profondo del mare».
Che ci proibisce il quinto comandamento: Non ammazzare?
Il quinto comandamento, «Non ammazzare», ci proibisce di arrecare danno alla vita, sia naturale che spirituale, del prossimo e nostra; perciò ci proibisce l’omicidio («non versare sangue innocente», e non proprio una proibizione «in ogni caso»), il suicidio, il duello, i ferimenti, le percosse, le ingiurie, le imprecazioni e lo scandalo.
Dopo il rispetto all’autorità umana, Dio comanda il rispetto alla vita del prossimo, ma nessuno è più prossimo a noi di noi stessi; quindi non solo comanda il rispetto alla vita altrui, tanto corporale quanto spirituale ma ancora, in primo luogo, il rispetto alla vita propria.
La parte positiva di questo comandamento è di conservare a noi e ai nostri dipendenti la vita, la quale è il massimo dei beni nell’ordine naturale; la parte negativa è di non far nulla che la possa danneggiare a noi o agli altri. [...]
Che cos’è scandalo?
Scandalo è dare al prossimo, con qualunque atto cattivo, occasione di peccare.
Lo scandalo è un detto o un fatto, non retto, che porge al prossimo occasione di peccare, distogliendolo dal bene o incitandolo al male.
Condizioni. 1° Il fatto esterno, sia cattivo in sé o in apparenza; 2° dia ad altri occasione di peccare anche solo venialmente.
Affinché vi sia scandalo:
1° non è neppur necessario che la parola o l’azione sia di natura sua malvagia, basta che ne abbia l’aspetto. Onde San Paolo: «Se il mangiar carne scandalizza i fratelli, non mangerò carne in eterno. Astenetevi da ogni specie di male» (Ts V,21). E il vecchio Eleazaro preferì morire piuttosto che simulare di mangiare carne proibita dalla legge (2°Mac VI);
2° non è necessario che si abbia intenzione di indurre al peccato, il che sarebbe tentazione; basta che la parola detta, l’azione fatta od omessa dia al prossimo occasione di peccare: chi spara contro un uomo, Io ferisce o anche l’uccide, ancorché non ne abbia l’intenzione;
3° non è necessario neppure che il prossimo pecchi, ma basta che la parola, o l’azione abbia per sé efficacia d’indurlo a peccare. Gesù aveva detto agli Apostoli che voleva andare a Gerusalemme, ove sarebbe stato messo a morte per noi. Pietro, per l’amore che gli portava, cercò di dissuaderlo, ma Gesù gli disse: «Va’ indietro, satana, che mi sei di scandalo» (Mc 8,38). 
Scandaloso non è solo chi insegna la malizia, ma anche chi la risveglia nel prossimo con parole, azioni che destano pensieri e desideri cattivi.
Specie. 1° Attivo e passivo; 2° diretto e indiretto.
1° Attivo è l’atto che può indurre a peccare; passivo, il peccato occasionato dall’atto cattivo, ossia, il primo è lo scandalo dato, l’altro, il ricevuto. E questo è detto: a) farisaico, se proviene dalla malizia di chi si scandalizza; b) dei pusilli o deboli o semplici, se proviene dall’ignoranza o debolezza di chi è scandalizzato.
2° Diretto, quando l’azione cattiva è fatta a bella posta per indurre altri al male, senza intendere la sua rovina spirituale; se invece si avesse di mira di farlo peccare per farlo peccare, ossia per minarlo spiritualmente, si avrebbe lo scandalo diabolico; indiretto, quando non si ha intenzione di indurre altri al male ma si pone cosa atta a incitarlo al male.
Si dà scandalo diretto col comandare, chiedere, istigare, consigliare cose cattive; indiretto si può dare in mille modi.
Lo scandalo è peccato gravissimo, e Dio domanderà conto del male che si fa commettere ad altri con perfidi eccitamenti e con cattivi esempi ; «Guai all’uomo per colpa del quale viene lo scandalo» (Mt XVIII,7).
Lo scandalo toglie, o tende a togliere, la vita soprannaturale, che è il più grande dei beni che l’uomo possa avere; quindi lo scandaloso è:
peggiore del ladro, perché questi ruba l’oro, quello la grazia di Dio, fa perdere il cielo; ruba le anime a Gesù,che morì per salvarle;
peggiore dell’assassino, perché questi ferisce e uccide il corpo; quello l’anima;
opera una vera strage, perché il male si propaga come si propaga la scintilla nel canneto, come si allarga la macchia d’olio, come si allargano i circoli concentrici che si formano, nel lago in cui si sia lasciato cadere un sassolino. Come un seme cattivo ne produce dieci, cento, mille, così uno scandalo; come un epidemico infetta una città, una provincia, così uno scandaloso.
Supponete che quest’anno una persona scandalizzi un’altra, e un altr’anno ognuna ne scandalizzi un’altra; e cosi ogni anno ognuno degli scandalizzati ne scandalizzi un altro. Dopo vent’anni quanto saranno le persone scandalizzate? Un numero enorme. Non è una strage?
Dio domanderà conto del male che si fa commettere. La giustizia umana, a chi avvelenò il pozzo, la fonte, domanda conto delle malattie e morti avvenute. Così la giustizia di Dio.
E sarà un conto terribile, perché gli scandalizzati, forse caduti nell’inferno, gridano vendetta, più che non gridasse il sangue di Abele contro Caino. E Dio dice che punirà: «E mia la vendetta e io la farò; ricercherò dallo scandaloso il sangue dello scandalizzato. Renderà l’anima sua per l’anima di lui» (Ez III,18). Perciò Gesù ha detto: «Guai agli scandalosi. Chi scandalizzerà uno di questi piccolini che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina da asino e fosse immerso nel profondo del mare» (Mt XVIII, 6). Quindi riteniamo rivolta a noi la raccomandazione di S. Paolo ai Romani: «Guardatevi dall’imporre inciampo o scandalo al fratello» (Rm XIV,13).
Si deve denunziare lo scandaloso a chiunque. Non è un far la spia ma è un’opera di carità. Sarebbe far la spia il denunziare chi ha un male contagioso (la peste, il vaiolo, l’ADIS), affinché non infetti gli altri, o il denunziare chi getta il veleno nei cibi, nel pozzo? Così è carità per le pecore gridare al lupo. E’ anche una carità per lo scandaloso che verrà corretto.
Che cosa deve fare chi ha danneggiato il prossimo nella vita del corpo, o in quella dell’anima?
Chi ha danneggiato il prossimo non basta che si confessi, ma deve anche riparare al male che ha fatto col risarcire al prossimo i danni arrecati, col ritrattare gli errori insegnati, e col dar buoni esempi.
Citazioni e approfondimenti dal testo: “Il valore della vita“, Commento dogmatico – morale al Catechismo di San Pio X, F. Maccono.
 
Carlo Di Pietro
 
Fonte: