domenica 30 giugno 2013

Nel 1941 Margherita Hack giurò fedeltà al fascismo.

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Inizieranno a breve i belati liberal-modernisti, demenzial-progressisti, radical-conformisti e invevitabilmente antifascisti in favore della Hack.
Partiamo dall’antifascismo. In occasione dei Littoriali del 1941 – presso  lo stadio di Firenze – la ventunenne Margherita giurò, pur con qualche mal di pancia, fedeltà al Duce.
Dal Corriere della Sera del 20 luglio 2010:
«Avevo finito il liceo e mi ero allenata duramente per quelle gare. Allo stadio c’ era tutta la mia città, era un grande onore per me» premette, per poi arrivare al punto. «A quel tempo i vincitori giuravano lealtà alla patria e al fascismo. Una formula rituale che veniva pronunciata durante la premiazione. Avevo vinto la medaglia d’ oro, dovevo giurare anch’ io: lo feci».
Quanto a noi: la nostra posizione sulla Hack è espressa qui: Morta Margherita Hack
 
Fonte:
 

La perversione della Càbala secondo David Paul Drach, rabbino convertito al Cattolicesimo

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“Verso gli ultimi tempi di Gerusalemme (150-100 a. C.) il culto fu invaso dal Fariseismo. L’attenzione dei dottori si rivolse, pertanto, alla teologia talmudica. La tradizione talmudica allora, snaturata nella sua parte essenziale, ricevette l’impuro miscuglio delle fantasie rabbiniche.” Cit. Padre Julio Meinvielle, Influsso dello gnosticismo ebraico in ambiente cristiano
 
“ [Esiste] una CÀBALA VERA e senza miscugli, che s’insegnava oralmente NELLA SINAGOGA ANTICA, IL CUI CARATTERE È francamente CRISTIANO. Vi è una SECONDA CÀBALA, falsa, PIENA DI SUPERSTIZIONI RIDICOLE e che si occupa anche di magia e di medicina QUALE È DIVENTATA NELLE MANI DELLA SINAGOGA INFEDELE.Una parte notevole della Tradizione il cui deposito era stato confidato alla Sinagoga antica, consisteva nelle spiegazioni mistiche, allegoriche e anagogiche del Testo sacro; in breve tutto ciò che la Tradizione insegnava sul …mondo spirituale (…). Questa dottrina orale, che è la aveva per oggetto le più sublimi verità di Fede, che riconduceva incessantemente al Redentore promesso. (…). Vi è questa differenza tra Talmud e Càbala, benché confinino talmente da rendere difficile assegnare loro limiti precisi; IL TALMUD si limita generalmente a CIÒ CHE CONCERNE LA PRATICA esteriore, L’ESECUZIONE materiale DELLA LEGGE MOSAICA; LA CÀBALA come TEOLOGIA SPECULATIVA, MISTICA, TRATTA DELLA PARTE SPIRITUALE DELLA RELIGIONE. (…).
 
Al ritorno dalla cattività babilonese il profeta Esdra, vedendo che le calamità della nazione potevano condurre all’oblio completo della Tradizione cabalistica, mise per iscritto questa Tradizione – per ordine di Dio – in settanta volumi, ma questi libri non erano resi pubblici (…). Il carattere che distingue essenzialmente la Legge Antica dalla Nuova, è che la prima aveva un insegnamento segreto che veniva nascosto al semplice popolo, ma che doveva poi essere predicato pubblicamente a tutti i fedeli solo coll’Avvento del Messia (….)SOTTO L’ECONOMIA DEL NUOVO TESTAMENTO, L’ULTIMO DEI FEDELI È INIZIATO ALLE PIÙ SUBLIMI VERITÀ DELLA RELIGIONE (…). Questa Tradizione del popolo di Dio, che era prima del cristianesimo il solo depositario della vera Fede, era tutta. Sventuratamente l’antica e buona Càbala si è persa in parte…. Verso gli ultimi tempi dell’esistenza di Gerusalemme, il culto dei giudei volse verso il Fariseismo che invase quasi tutta la Sinagoga. I presuntuosi Farisei soffocarono la pura Legge di Dio [corruppero sia il Talmud che la Càbala] con le loro arguzie e le loro vane sottigliezze donde risultava questa massa d’osservanze minuziose… che ritroviamo nelle pratiche superstiziose della Sinagoga attuale. Il cuore si inaridiva e diventava estraneo al culto che ben presto sarebbe consistito solo nel compimento degli atti esteriori e materiali. (…) In questo stato di cose tutta l’attenzione dei dottori si portava sulla teologia talmudica [morale] che esisteva solo oralmente e non ancora per iscritto. La teologia speculativa o mistica – in ragione della sua forte tendenza cristiana – (…) cadde nel discredito, quando i Farisei cominciarono ad opporsi alla dottrina predicata da Nostro Signore Gesù Cristo. E fin d’allora la Càbala subì la stessa sorte toccata alla Tradizione talmudica, fu corrotta. Essa era diventata ‘aceto di vino’.
 
(…) Dopo la dispersione dei giudei, quando i Rabbini si trovarono a contatto coi filosofi delle altre nazioni, ripresero gusto alla speculazione filosofica e ritornarono alla Càbala. Risuscitando questa scienza, che dovettero ricreare “ex novo” in gran parte, vi introdussero qualcosa delle filosofie greche ed orientali, sistemi opposti tra loro e soprattutto incompatibili colla Rivelazione mosaica.Questa è la CÀBALA MODERNA, nella quale i Rabbini hanno maldestramente introdotto delle formule equivoche prese in prestito sia al materialismo di certa filosofia greca, sia al panteismo indiano ed anche alla Fede nell’unità di un Dio personale, separato dall’universo per essenza. (…) Sembra che l’antica e vera Càbala, che è stata in gran parte persa, fosse assai vasta, e potesse ben fornire la materia dei settanta volumi d’Esdra, poiché i resti che sono stati conservati sono ancora assai numerosi, e forniscono abbondantemente delle prove in favore di tutti i principali articoli della Fede cattolica, di modo che si può con molto vantaggio combattere gli ebrei coi loro propri libri. (…)Ma qui ci si presenta una questione. Come possiamo riconoscere i resti della Càbala antica e verace in mezzo alle aggiunte rabbiniche in cui si sono persi? (…) La regola è questa… OGNI VOLTA CHE UN PASSAGGIO ESPRIME, IN TERMINI CHIARI ED ESPLICITI, UN ARTICOLO DELLA FEDE CATTOLICA, negata dai giudei,  POTETE ESSERE CERTI CHE QUESTO PASSAGGIO NON È STATO FABBRICATO DAI RABBINI. Ed aggiungiamo che SE QUESTO PASSAGGIO È SOLTANTO SUSCETTIBILE DI UNA INTERPRETAZIONE CRISTIANA, LO SI PUÒ ACCETTARE ANCORA COME aUTENTICO; poiché i Rabbini… sapevano perfettamente ciò che li divideva dal cristianesimo, ed avrebbero evitato con cura ogni equivoco (…). Non dobbiamo perciò stupirci se lo studio di questa scienza ha condotto un gran numero di giudei ad abbracciare il cristianesimo. Infatti, a meno di fare violenza al testo dei preziosi pezzi che ci restano della CÀBALA ANTICA, bisogna convenire che IL DOGMA CRISTIANO VI È PROFESSATO COSÌ CHIARAMENTE, COME NEI PADRI DELLA CHIESA. I Rabbini se ne sono accorti bene, ed hanno preso tutte le misure possibili per allontanare i giudei dallo studio della Càbala perché essa avrebbe potuto scuotere la “fede” di coloro che non erano molto fermi (dicevano loro).”
 
(P.C.B., DRACH, Dell’Armonia tra la Chiesa e la Sinagoga, tomo II, pagg. XIII – XXVII, rinvenuto ne L’esoterismo di Don Curzio Nitoglia, CLS)
 
A cura di Federico
 
Fonte:
 

Morta Margherita Hack

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Margherita Hack, dopo aver energicamente combattuto la Verità Cattolica per larga parte della sua vita, è ora di fronte al Giudizio di Dio. Preghiamo per lei affinchè entri in Cielo.

Veritas in caritate: un commento alla “Caritas in veritate”

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L’Enciclica di Benedetto XVI, Caritas in Veritate (CV) è un magnifico documento di enorme spessore politologico, un “saggio”che abbraccia completamente gli aspetti più attuali delle tante problematiche che ci attanagliano. Traspare una notevole sapienza sul mistero e sul significato della natura umana. Un testo assolutamente da leggere e diffondere. Tra le molte impressioni che suscita la lettura dell’enciclica “Caritas in veritate” (CV) una è prevalente: non c’è nulla che non potrebbe essere sottoscritto da “laici illuminati” come Giulio Tremonti o Marcello Pera o da qualche neocon americano. L’auspicio generico di una “moralità” che governi i rapporti interpersonali e internazionali sembra comunque destinato a lasciare il tempo che trova, come ogni moral suasion basata sull’appello alla “buona volontà”. La preoccupazione maggiore del teologo e filosofo tedesco, sembra essere stata principalmente quella di offrire un contributo all’agenda del G8 tenutosi a L’Aquila; un buon contributo, ma forse più sociologico che religioso.
Si era sempre creduto, almeno fino al Vaticano II, che la Chiesa, società perfetta, avesse una sua dottrina non riducibile né al capitalismo né al socialismo né al liberalismo: quella via che è l’unica conforme al diritto naturale e divino, al di fuori del quale, ogni società è destinata a crollare. Non occorre risalire molto indietro: basta tornare alla lettera Notre charge apostolique di S. Pio X (1910) per leggere come il compito che viene assegnato ai cattolici sia quello di “instaurare omnia in Christo”, ossia di ricostruire quella società cristiana che è l’unica che abbia mai garantito ai popoli la vera pace, la vera libertà e la vera prosperità intese in senso cattolico. Il guaio è che per questo bisogna non assecondare, ma combattere e possibilmente invertire il corso della cosiddetta civiltà moderna, a partire dai suoi fondamenti che consistono nell’usurocrazia internazionale della banca e della finanza apolidi. Finché questi meccanismi infernali non saranno sconfitti i popoli continueranno a languire sotto il giogo di Mammona. Certo, per questo occorre affrontare il rischio di inimicarsi i “potenti della terra”: ma non è questo che si richiede a un Papa? Il santo Papa Pio X giunse invece a mettere fermamente in guardia (la lettera è scritta contro il movimento catto-democratico francese del Sillon) sui pericoli di una “falsa democrazia”. La rilettura della Notre charge apostolique appare oggi doverosa perchè ancora più attuale che nel 1910. In particolare questi passaggi espliciti della CV – Libreria Editrice Vaticana 2009 - mi hanno lasciato perplesso:
(7) Pag. 10 …. La Città dell’Uomo vista come propedeutica alla Città di Dio o come sinonimo, mentre per S. Agostino tali Città si trovano in antitesi. Tutto ciò indurrebbe a credere che “umanesimo integrale” sia un termine che maschera in realtà un Culto dell’Uomo, antropocentrico e non più teocentrico;
(14) Pag. 19 …. Viene denunciato il pericolo delle visioni utopistiche e ideologiche, senza considerare però che anche l’umanitarismo laicista dell’ONU e il democratismo, sono frutti di tali medesime visioni, frutto dei “Lumi” che avrebbero tolto l’Umanità dal “buio” delle credenze religiose (come abbondantemente dimostrato dai Papi successivi al 1789);
(17) Pag.23 …. I “messianismi carichi di promesse” dovrebbero essere esplicitati chiaramente, perché anche il mondialismo ecumenico e sincretista e il mito del melting pot lo sono: producono illusioni come quella della Pace perpetua (utopìa kantiana) e dell’uomo “buono per natura” di russoviana memoria (la cosiddetta ‘immacolata concezione del genere umano’);
(21) Pag.29 …. Auspicare il “consolidamento dei regimi democratici …libertà e pace”, si pone in contraddizione con la denuncia del “relativismo culturale”. Non è corretto tralasciare l’evidente relativismo culturale tipico e necessario frutto delle società democratiche occidentali, fondate sulla divisione ideologica (punto II) dei partiti politici e sul ‘pluralismo’. Libertà e Pace nell’occidente non sono Libertà e Pace del Vangelo (punto III). San Pio X nella sopra citata Lettera-Enciclica, negava che la Democrazia dovesse avere un privilegio speciale rispetto alle tre note forme di governo compatibili con la Giustizia, condannando la falsa connessione tra cattolicesimo e democrazia;
(25) Pag.36 …. L’invito della “dottrina sociale cattolica a dar vita ad associazioni di lavoratori” è inteso in modo gravemente elusivo, perchè storicamente, è stato sempre affiancato alla condanna del sindacalismo ateo di origine socialcomunista (Pio XI, Divini Redemptoris);
(29) Pag.43 …. Condannare l’indifferentismo religioso, i fondamentalismi e la promozione dell’ateismo, contrasta chiaramente con la concomitante difesa della “libertà religiosa”, in quanto tali fenomeni sono frutti coerenti della libertà religiosa stessa. Nella ‘libertà religiosa conciliare’ (condannata invece da Pio IX e dalla Quas Primas di Pio XI sulla Regalità Sociale di Cristo),  è ricompresa anche la libertà di ateismo e  pertanto è proprio una conseguenza della stessa il relativismo culturale tanto avversato ma nel contempo ‘prodotto’ o favorito. Ogni altra forma di “religione” o presunta tale, considerata assieme a tutte le altre nel contesto sociale della Uguaglianza giuridica, genera necessariamente o la confusione sincretista, o la difesa fondamentalista, o lo scetticismo indifferentista. Infatti Pio IX, nella lettera al Vescovo di Nevers 1871, acutamente intuiva come: “Ciò di cui io temo non è la Comune di Parigi, no, quel che io temo è il Cattolicesimo Liberale … La vera rovina della Francia (e di tutta la Chiesa, ndr) è il Cattolicesimo Liberale, che tenta di unire due princìpi così opposti tra loro come il fuoco e l’acqua, ovvero in Quanta Cura ammoniva:”… non temono di caldeggiare l’opinione sommamente dannosa per la Chiesa cattolica e per la salute delle anime, dal Nostro Predecessore Gregorio XVI di venerata memoria chiamata delirio cioè “la libertà di coscienza e dei culti essere un diritto proprio di ciascun uomo che si deve proclamare e stabilire per legge in ogni ben ordinata società ed i cittadini avere diritto ad una totale libertà che non deve essere ristretta da nessuna autorità ecclesiastica o civile, in forza della quale possano palesemente e pubblicamente manifestare e dichiarare i loro concetti, quali che siano, sia con la parola, sia con la stampa, sia in altra maniera“. ”. La Dignitatis Humanae del Vaticano II ha sancito invece che: “… la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa…..che il diritto alla libertà religiosa si fonda realmente sulla stessa dignità della persona umana quale l’hanno fatta conoscere la parola di Dio rivelata e la stessa ragione. Questo diritto della persona umana alla libertà religiosa deve essere riconosciuto e sancito come diritto civile nell’ordinamento giuridico della società.”;
      (33) Pag.50 … Paolo VI auspicava l’utopìa di una “decolonizzazione autonoma nella libertà e nella pace”. Da un Pontefice occorrerebbe più realismo, perché era chiaro da subito sia il ritorno ai    tribalismi e agli scontri   etnici, che la nuova forma   neocolonialista fatta dalle autorità finanziarie e dalle multinazionali. Fascinazione verso “l’uomo buono per natura” secondo Rousseau, senza considerare quanto abbiano bisogno i popoli poveri di quelli ricchi. Interdipendenza o autonomìa? Le due aspirazioni si annullano vicendevolmente;
(42) Pag.70 …. Viene enunciata la “vocazione solidale e di comunione dell’anima della globalizzazione”. Purtroppo le finalità sono scelte da quelle lobbies che hanno promosso il progetto e che lo hanno spinto al massimo della velocità, non da chi ingenuamente pensa di cavalcare un processo inventato, gestito e sfruttato da altri;
(57, 74) Pag.95 e Pag. 119 …. La suggestione seguente è molto sottile: “La religione ha sempre bisogno di venire purificata dalla ragione per mostrare il suo autentico volto umano”….”La fede senza la ragione, rischia l’estraniamento dalla vita concreta delle persone”. In realtà un tale ‘problema’ non dovrebbe neanche essere posto perchè la Fede (Virtù che illumina l’intelletto), non è concepibile senza la ragione, a meno che non si tratti di una ‘religione fideistica’ (come la intende il modernismo secondo la Pascendi di San Pio X). Si può desumere allora che fede e ragione siano ormai concepite non come le ha sempre concepite la Chiesa. Nel Catechismo di San Pio X la Fede è, infatti, proprio la Virtù teologale che illumina l’intelletto aprendola alla Sapienza. La Fede è quella Virtù che dispone la ragione ad aderire alla Verità rivelata per l’Autorità di Dio rivelatore. Quindi non sarebbe mai possibile scindere fede e ragione nel (vero) cattolicesimo;
(64) Pag.106 …. Scrivere che “…i sindacati dovrebbero volgere lo sguardo verso i lavoratori dei Paesi in Via di Sviluppo”, oltre ad apparire un contrappeso alle soventi aperture liberali, contiene un errore di fondo. In verità, è proprio la concorrenza di questi lavoratori, fondata da un sistema sleale, che toglie il lavoro qui ed abbassa la soglia dei diritti per i lavoratori europei. Chi è il “prossimo” che i sindacati dovrebbero aiutare per primo? Un cedimento alle tentazioni terzomondiste socialisteggianti? Forse un messaggio a quella parte di cattolici “di sinistra” che rimpiangono ancora Giovanni Paolo II;
(79) Pag.126 …. La preghiera “…di non essere messi troppo alla prova… “. Nel Pater del Vangelo di S. Matteo non si chiede a Dio di non essere tentati, ma di non cedere alla tentazione. Così hanno sempre interpretato i Padri e i Dottori della Chiesa.
Il Signore per salvare gli uomini, affidò alla Chiesa nata dal Suo Sacrificio redentore, l’Ordine cristiano per tutta l’umanità. Nei tempi moderni vi è stata la grande ribellione a quest’Ordine, accusato di degradare la dignità umana. Quest’accusa, due secoli dopo la Rivoluzione Francese, ha trovato ricezione nella riforma conciliare, che ricorre ai “principi” ribelli illuministici, per aggiornare l’Ordine cristiano al nuovo mondo. La giustificazione delle idee illuministe in chiave neocristiana ha per riferimento la Populorum progressio (Pp) di Paolo VI, ed infatti Benedetto XVI, che non potrebbe (e non dovrebbe) ignorare la rivoluzionaria rottura conciliare col Magistero cattolico, si rallegra invece di questa continuità della demolizione conciliare, dicendo: “Fino ad allora, una simile commemorazione era stata riservata solo alla Rerum novarum. Passati altri vent’anni, esprimo la mia convinzione che la Populorum progressio merita d’essere considerata come «la Rerum novarum dell’epoca contemporanea », che illumina il cammino dell’umanità in via di unificazione.” Una sorta di condominio globale di nazioni e religioni abbasserebbe le barriere dogmatiche sostituendo alle rivalità secolari una generosa emulazione. I discorsi del Concilio hanno cercato l’adesione del cattolicesimo a tale mutamento dell’apostolato: ormai, «al di là delle divergenze religiose», tutti gli uomini di buona volontà, “cristiani anonimi”, si ritroverebbero uniti al servizio del Mondo nello stesso culto dell’Uomo, che il Padre Georges de Nantes nomina M.A.S.D.U: movimento d’animazione spirituale per la democrazia universale. In pratica l’anti-magistero.
La Chiesa come Agenzìa dell’ONU, oppure ridotta a parodìa dell’INPS… Paolo VI promuoveva così, tanto il suo nuovo concetto di Tradizione, letta alla luce del presente, quanto di Rivoluzione sociale, un programma mondiale di democrazia popolare cristiana, tutto preso dal progressismo francese ed ora ripreso in pieno da Benedetto XVI. Ma come può costui dire che tale programma di dottrina sociale sia edificato sulle basi messe dagli Apostoli e trasmesse ai Padri della Chiesa? Nella città cristiana l’uomo è chiamato a rispondere grato e devoto all’amore del divino Crocefisso, da cui deriva la più alta responsabilità umana. Solo da questa viene il bene sociale. Una nuova gerarchia ha da tempo immensa simpatia per la religione dell’uomo, per un umanesimo laico, aprendo le porte della Chiesa alla sua rivoluzione egualitaria, antigerarchica. I capi conciliari confondono le differenze, che chiamano “discriminazioni”, per aiutare l’edificazione del villaggio globale della religione ecumenista mondiale. Nella Gaudium et Spes del Vaticano II è anticipata, anche a livello d’ideologie e di religioni, la confraternizzazione universale: la missione della Chiesa diviene sostenere e benedire le sue direttive verso il villaggio globale, descritto nella Gaudium et Spes, come una città unificata da un ‘nuovo vangelo’. Si tratta di sostituire l’Idea tradizionale, fondata sulla Trascendenza, adattando la Morale e la Religione alla mentalità contingente di ogni epoca. La lettera Notre charge apostolique di S. Pio X invece ricordava che:”…non vi è vera fraternità al di fuori della carità cristiana…se si vuol arrivare, e noi lo desideriamo con tutta l’anima nostra, alla maggior quantità di benessere possibile per la società e per ciascuno dei suoi membri, per mezzo della fraternità, oppure, come ancora si dice, per mezzo della solidarietà universale, sono necessarie l’unione degli spiriti nella verità, l’unione delle volontà nella morale, l’unione dei cuori nell’amore di Dio e di suo Figlio Gesù Cristo.”
Benedetto XVI si pone come ‘conservatore’, ma sempre nella coerenza a quella “rivoluzione conciliare”, a quella direzione alla quale diede già il suo contributo come teologo negli anni sessanta del XX Secolo.  
 
Pietro Ferrari
 
Fonte:
 

venerdì 28 giugno 2013

Al culmine della crisi religiosa, morale e ideologica del mondo moderno: un momento propizio per l'azione della nobiltà e delle élites tradizionali (Estratto dall'opera di Plinio Corrêa de Oliveira "Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato ed alla Nobiltà romana").

 
 
 

Nonostante la magnifica vitalità dimostrata dai popoli europei dopo lo sconvolgimento dei due conflitti mondiali nel nostro secolo, si deve riconoscere che il riprendersi dalle conseguenze dell'ultima guerra ha richiesto un pesante sforzo e molto tempo.
Durante il periodo in cui Pio XII pronunciava le sue quindici allocuzioni al Patriziato ed alla Nobiltà di Roma (dal 1940 al 1958), la ripresa economica dell'Europa, iniziatasi alla fine del conflitto, si andava realizzando lentamente. A questa situazione critica, il Pontefice, mosso da paterna sollecitudine, fece nei suoi memorabili discorsi molti riferimenti.
Nella decade successiva, tuttavia, il ritmo ascensionale della ripresa europea si accentuò in modo sensibile, realizzando i famosi "miracoli economici", correntemente denominati "miracolo tedesco", "miracolo italiano", etc. Questa successione di "miracoli" avrebbe dovuto prolungarsi in modo tale da poter includere nella serie l'attuale crescita economica della Spagna e del Portogallo, che fino a poco fa costituivano nazioni poco avvantaggiate nel continente europeo.
In seguito a questo slancio di prosperità - di cui Pio XII, deceduto nel 1958, non vide l'apice, ma che fu salutato nella costituzione conciliare Gaudium et Spes, nel 1965, con un inno di esultanza - il quadro generale dell'Europa si modificò sensibilmente.
La storia dirà un giorno, con precisione, qual'è stato il ruolo della nobiltà e delle altre élites tradizionali in questa ripresa, il che, peraltro, permetterà forse di valutare la ripercussione delle notevoli direttive di Pio XII sulla condotta di queste classi in favore della restaurazione economica europea.
Senza spingerci a formulare qui un giudizio preciso, ci sembra che questo ruolo sia stato considerevole, per quanto proporzionato in ogni nazione ai mezzi posseduti dall'aristocrazia e dalle élites rispettive.
È sicuro, tuttavia, che quando la Russia sovietica e le altre nazioni dell'Est europeo iniziarono, nel 1989, a palesare la tragica portata del fallimento a cui le avevano trascinate la dittatura del proletariato e il capitalismo di Stato, le nazioni europee occidentali, gli Stati Uniti ed altri Paesi stanziarono in loro aiuto, con sorprendente prontezza, grosse somme che... difficilmente potranno mai essere restituite, almeno in gran parte. Così le grandi nazioni democratiche, orientate ed arricchite in realtà dalla iniziativa privata, lasciavano implicitamente trasparire all'umanità il contrasto - per loro trionfale - fra Est ed Ovest.
Quanto s'ingannerebbe tuttavia chi pensasse, davanti a questo quadro sommariamente delineato, che per il solo effetto della prosperità riacquista, le crisi ereditate dalle nazioni dell'Ovest nei decenni passati ed aggravate da nuovi fattori, fossero risolte!
Le fatue tesi secondo cui la prosperità sarebbe sempre il principale sostegno dell'ordine e del benessere dei popoli, e la povertà la principale causa delle crisi che attraversano, sono facilmente smentite da quanto è avvenuto in Europa nel secondo dopoguerra.
Mentre infatti era molto avanzato il processo di cicatrizzazione e di rifioritura del vecchio continente, esplose nel 1968 la terribile crisi della Sorbona. Essa rivelava nella gioventù l'influenza torrenziale e dissolvente di certe filosofie, fino ad allora considerate generalmente come manifestazioni di stravaganza di alcuni "salottieri" degli ambienti culturali e mondani.
L'estendersi delle ripercussioni del fenomeno "Sessantotto", nella gioventù "in" dell'Europa e del mondo, provò quanto fosse profonda la spaccatura che veniva ad aprirsi. La decadenza generale dei costumi, già deplorata da Pio XII, trovò proprio in quell'atmosfera di agiatezza e di stravaganza un ambiente così propizio, che la crisi morale e culturale dell'Occidente giunse a determinare nel mondo libero una situazione più grave di quella provocata dalle crisi anteriori, meramente o principalmente economiche. Ciò è tanto vero, che l'estendersi della prosperità ha potuto essere indicata a giusto titolo, da osservatori lucidi e ampiamente documentati, come un importante fattore del tragico aggravarsi della crisi morale. (1)
Questa situazione è stata ulteriormente accentuata dalla crisi, di portata senza precedenti, che sta attraversando la Chiesa Cattolica, colonna e fondamento della moralità e del retto ordine delle società. (2)
A queste prospettive si sono posteriormente aggiunti due importanti avvenimenti: la Guerra del Golfo Persico e la vittoriosa opposizione dei popoli baltici - particolarmente la gloriosa resistenza dell'eroico popolo lituano - in favore della propria indipendenza. Sarebbe un grave errore sottovalutare l'importanza di quest'ultimo avvenimento, poiché ha messo in gioco principi fondamentali della morale e dell'ordine internazionale, causando nei popoli una giusta e forte commozione, come ben dimostra l'entusiasmante raccolta di firme in favore dell'indipendenza della Lituania promossa dalle TFP in 26 paesi, che ha raggiunto l'impressionante totale di 5.212.580 firme. (3)
Mentre questo lavoro giunge alla fine, gravi incognite incombono da ogni parte sull'umanità.
La situazione mondiale descritta da Pio XII si è modificata, principalmente perché i problemi economici dell'Occidente si sono attenuati, in gran parte per effetto dei citati "miracoli".
Ma, allo stesso tempo, da allora in poi, due grandi crisi si sono progressivamente aggravate. Una è la crisi interna di quello che fu un tempo l'impero dentro la "Cortina di ferro", l'altra è la crisi - anch'essa interna - della Chiesa cattolica.
Crisi dolorosa, questa, che si collega con quanto di più importante hanno i problemi qui trattati, ma che ci asteniamo dall'affrontare, dato che la sua gravità e ampiezza esigerebbero un'opera a parte, probabilmente di molti volumi...
Quanto alla prima crisi, le sue grandi linee sono ben note a tutto il mondo. Nel momento in cui scriviamo, le nazioni che un tempo formavano l'URSS si sono disgregate. Le frizioni nate fra loro vanno accentuandosi, notevolmente aggravate dal fatto che alcune di queste nazioni hanno i mezzi per far scoppiare una guerra atomica.
Non è improbabile che, una volta scatenata una situazione bellica all'interno dell'ex-URSS, essa venga a coinvolgere nazioni dell'Occidente tra le più importanti, il che a sua volta potrebbe avere conseguenze di portata apocalittica.
Fra queste conseguenze potrebbe facilmente annoverarsi la migrazione, verso l'Europa centrale e occidentale, di intere popolazioni spinte dal timore dei rischi di guerra e dalla fame attualmente già così pressante. Questa migrazione potrebbe assumere allora una gravità imprevedibilmente critica.
Quali sarebbero le conseguenze di questo esodo dalle nazioni fino a ieri sottomesse al giogo comunista, come quelle del Mar Baltico, ed altre ancora come la Polonia, la Cecoslovacchia, l'Ungheria, la Romania e la Bulgaria, nazioni che sarebbe per altro molto azzardato definire già del tutto sfuggite al giogo comunista?
Per completare questo quadro, sarebbe necessario tenere in conto la possibile reazione del Maghreb di fronte ad un'Europa occidentale messa in crisi da problemi di tale portata, e prendere in considerazione anche le particolari circostanze dell'Africa settentrionale e la profonda influenza esercitata su essa dall'immensa ondata fondamentalista che pervade i popoli dell'Islam, dei quali il Maghreb è parte integrante. Chi può dunque prevedere con sicurezza a quali estremi tutta questa rete di intrecci trascinerà il mondo, e specialmente il mondo cristiano?
Finora, quest'ultimo non è ancora coinvolto nel triplice dramma delle invasioni dall'Est, che si annunciano pacifiche, delle invasioni da oltre Mediterraneo, probabilmente meno pacifiche, né di un'eventuale conflagrazione mondiale.
Già s'intravede, tuttavia, il funesto sbocco del lungo processo rivoluzionario che abbiamo riassunto, nelle linee generali, nell'ultimo capitolo di questo studio.
Nonostante gli innumerevoli ostacoli, questa sua marcia vittoriosa ha un carattere così inesorabile - a partire dal crocevia storico in cui il Medioevo declina e muore, il Rinascimento sorge in mezzo ai suoi gioiosi trionfi iniziali, la rivoluzione religiosa del Protestantesimo comincia a fomentare e a preparare da lontano la Rivoluzione francese, e da molto lontano quella russa del 1917 - da far sembrare invincibile la forza che lo ha mosso, e definitivi i risultati da esso ottenuti.
Tali risultati possonno sembrare effettivamente "definitivi", se non viene fatta un'analisi attenta del carattere di questo processo. A prima vista, esso sembra essere eminentemente costruttivo, poiché ha innalzato successivamente tre edifici: la pseudo-Riforma protestante, la repubblica liberal-democratica e la repubblica socialista sovietica.
Eppure il vero carattere di questo processo è essenzialmente distruttivo. Esso è la Distruzione. Esso abbatté il periclitante Medioevo, l'evanescente Ancien Régime, l'apoplettico mondo borghese, frenetico ed esitante; sotto la sua pressione è andata in rovina l'ex-URSS, sinistra, misteriosa, imputridita come un frutto da tempo caduto dal ramo.
Hic et nunc, non è forse evidente che le concrete pietre miliari di questo processo sono rovine? Quale conseguenza per il mondo sta derivando dalla più recente crisi rivoluzionaria, se non il ribollire di una confusione generale che minaccia in ogni momento catastrofi imminenti, fra loro contraddittorie, che svaniscono nell'aria nel momento in cui stanno per precipitarsi sui mortali, suscitando in questo modo la prospettiva di nuove catastrofi, ancor più imminenti, ancor più contraddittorie? Queste catastrofi svaniranno a loro volta per generare nuovi incubi, o si trasformeranno in atroci realtà, come la migrazione di grandi orde slave dall'Est verso l'Ovest, o di orde maomettane che avanzano dal Sud verso il Nord?
Chi può saperlo? Chi sa se accadrà questo e solo questo, o se avverrà invece ben più e ben peggio?
Questo quadro potrebbe essere scoraggiante per tutti coloro che non hanno Fede. Al contrario, per coloro che hanno Fede, dal fondo di questo oscuro orizzonte, torvo e confuso, si fa udire una voce capace di suscitare la più incoraggiante fiducia:
"Infine, il mio Cuore Immacolato trionferà". (4)
Quale fiducia riporre in questa voce? La risposta, che essa stessa ci dà, sta in una sola frase:
"Vengo dal Cielo". (5)
Abbiamo quindi ragioni per sperare. Sperare in cosa? Nell'aiuto della Provvidenza per qualsiasi fatica intrapresa con lungimiranza, rigore e metodo, al fine di allontanare dal mondo le minacce che, come altrettante spade di Damocle, sono sospese sugli uomini.
Bisogna dunque pregare, affidarsi alla Provvidenza ed agire.
Per svolgere questa azione, è estremamente conveniente ricordare alla nobiltà ed alle élites analoghe la missione speciale - e primaria - che spetta loro nelle attuali circostanze.
Voglia Nostra Signora di Fatima, eccelsa padrona di questo agitato mondo contemporaneo, aiutare la nobiltà e le élites analoghe a prendere nella dovuta considerazione i saggi insegnamenti lasciati da Pio XII. Questi insegnamenti le indicano loro un compito qualificato espressivamente da Papa Benedetto XV come "sacerdozio" della nobiltà. (6) 
Se esse si dedicheranno interamente a questa straordinaria missione, certamente quelli che oggi ne fanno parte, e in séguito i loro discendenti, resteranno un giorno sorpresi dell'ampiezza di risultati che avranno ottenuti per i loro rispettivi Paesi e per tutto il genere umano, ma soprattutto per la Santa Chiesa Cattolica.  

Note 

1.Nel libro España: anestesiada sin percibirlo, amordazada sin quererlo, extraviada sin saberlo - La obra del PSOE (Editorial Fernando III el Santo, Madrid 1988, pp. 109-113), il fenomeno è descritto nel modo in cui è avvenuto in Spagna. Quest'opera è stata pubblicata da TFP-Covadonga, e ha avuto riassunti pubblicati in diversi idiomi dalle TFP - associazioni autonome e consorelle - esistenti nei cinque continenti.

2. Cfr. Capitolo I, 4.

3. Una delegazione composta da undici membri delle diverse TFP, guidata dal dott. Caio V. Xavier da Silveira, direttore del Bureau- TFP di Parigi, si è recata a Vilnius, capitale della Lituania, per consegnare personalmente al Presidente Vytautas Landsbergis, il 4 dicembre 1990, i microfilm di questa monumentale sottoscrizione. Giunta in seguito a Mosca l'11 dicembre, la delegazione consegnò presso l'ufficio di Mikhail Gorbaciov al Kremlino, una lettera che affermava: "A nome di oltre 5 milioni di firmatari, desideriamo chiederle formalmente di rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono alla Lituania di ottenere la sua totale indipendenza; un atto verso il quale l'opinione pubblica mondiale e la Storia si mostreranno riconoscenti".

4. Parole di Nostra Signora di Fatima, nell'apparizione del 13 luglio 1917 (Cfr. Memórias da Irmã Lúcia, Postulação, Fátima - Portugal, 3a. edizione, 1978, p. 150). 

5. Cfr. idem, p. 146.

6. Cfr. Capitolo VII, 8, d.

Ultim’ora [DIFFONDERE OVUNQUE]: 3 francescani decapitati in Siria dai “ribelli” (terroristi)

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Tre frati francescani del convento di Ghassanieh, in Siria, sono stati decapitati dal Fronte al Nusra, dopo un processo sommario nel quale sono stati accusati di “essere al soldo del regime”. Lo scrive Radio France International, affermando che il gruppo jihadisti ha pubblicato il video dell’esecuzione sul web. (Fonte:Ansa)
 
 

I danni dell’aborto sulle donne che lo praticano

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Le pratiche abortive sono state legalizzate nella stragrande maggioranza dei paesi occidentali adducendo come principale scusante che si tratterebbe di una pratica sicura rispetto a quella dell’aborto clandestino. Viene da chiedersi però se corrisponda a verità asserire che la salute di una donna praticante un’aborto, seppur in una struttura ospedaliera e seguita da personale medico competente, non corra alcun rischio dal punto di vista fisico e psicologico.
 
La risposta è no. La realtà è  ben diversa da quella esposta per fini propagandistici dai sostenitori delle pratiche abortive, tanto è vero che proprio a causa dell’aborto possono sorgere nella donna che lo pratica diverse complicazioni, sia di tipo fisico (prossime o tardive) che psichico:
  • ·         Emorraggia: La RU-486 comportando il rischio di emorraggia, oltre a richiedere una seria sorveglianza medica dopo il suo utilizzo, rende necessaria una trasfusione di sangue.
  • ·         Infezione: frammenti del feto rimasti nell’utero dopo l’aborto oppure una cattiva sterilizzazione degli strumenti chirurgici utilizzati possono provocare una infezione alle tube uterine tale da compromettere la fertilità della donna.
  • ·         Lesione del collo uterino: il collo uterino può venire danneggiato dagli strumenti utilizzati per dilatarlo, aumentando il rischio di aborti spontanei o parti prematuri nelle future gravidanze. L’aborto chimico presenta le stesse complicazioni.
  • ·         Perforazione dell’utero: l’aborto procurato tramite raschiamento può perforare la parte uterina provocando la peritonite, che nella peggiore delle ipotesi rende obbligato un’intervento di asportazione dell’intero utero rendendo la donna irrimediabilmente sterile.
  • ·         Perforazione del colon: una sola manovra errata durante l’aborto per aspirazione o raschiamento può far perforare dallo strumento utilizzato oltre all’utero anche il colon, rendendo necessaria l’operazione chirurgica di resezione per rimuovere la parte danneggiata.
 
Le complicazioni appena citate sono di tipo immediato, ora esporrò quelle di tipo tardivo:
  • ·         Malattia infiammatoria pelvica (PID): si tratta di una malattia infiammatoria del bacino contratta nel 30% delle donne che hanno abortito. Può causare sterilità, dolori pelvici cronici e portare ad aborti spontanei.
  • ·         Aborto spontaneo: si rileva nelle donne che hanno praticato l’aborto un tasso del 35%  in più di aborti spontanei rispetto a quelle che non l’hanno praticato.
  • ·         Parto difficile: le complicazioni nei futuri parti o gravidanze sono comuni nelle donne che hanno abortito.
  • ·         Nascita prematura: le nascite premature risultano essere da 2 a 3 volte maggiori nelle donne che hanno abortito rispetto a quelle che non hanno mai praticato un aborto.
  • ·         Cancro al seno: stando al Family planning perspectives del marzo – aprile 1983 “Le donne che abortiscono al primo trimestre di gravidanza raddoppiano il rischio di contrarre un cancro al seno, in rapporto alle donne che portano a termine la loro gravidanza”.
  • ·         Gravidanza extra-uterina: in tale gravidanza il feto umano si sviluppa, invece che nell’utero, nella tuba di Falloppio, mettendo la madre in pericolo di morte in caso di scoppio della tuba. Nelle donne che hanno praticato l’aborto si registra un tasso di crescita di tali gravidanze. La pillola RU-486, essendo inefficace su questo tipo di gravidanza, aggrava ulteriorimente il problema in quanto da a colei che ne fa uso l’illusione di non essere più incinta.
 
Tali sono i danni di tipo fisico che l’aborto può causare, non mancano però anche possibili danni di tipo psicologico:
  • ·         Perdita di autostima: il rendersi conto di aver violato la propria missione di madre da parte della donna che ha abortito causa un abbassamento dell’autostima che può arrivare al disprezzo di sé stessi.
  • ·         Senso di colpa: non sono rari i sensi di colpa verso il figlio che avrebbe dovuto nascere da parte di donne che hanno abortito. La negazione o la rimozione del senso di consapevolezza provocano problematiche ancora più gravi dovute al soffocamento della coscienza turbata.
  • ·         Rimpianto, ansia, depressione: questi disturbi psichici sono comuni nelle donne giovani che hanno praticato l’aborto.
  • ·         Sindromi post-abortive: la reazione all’aborto di una donna è simile ai comportamenti causati dallo stress post-traumatico, i cui sintomi iniziano a verificarsi diversi anni dopo essersi sottoposta a tale pratica. Essi sono: riduzione dell’autostima, insonnia, difficoltà nel concentrarsi, intorpidimento della sensibilità. Lo psichiatra Vincent Rue, che si occupa di sindromi post-abortive, ha aggiunto in tale lista anche “depressione, inclinazione al suicidio, rottura delle relazioni sociali, uso di droga, abuso di alcool, problemi sessuali, fobie, gravidanze isteriche, sterilità, anoressia.”
 
Di fronte a ciò, viene da chiedersi come sia stato possibile legalizzare l’aborto con la scusante che una volta divenuto legale esso non comporterebbe rischi per la salute della donna che lo attua rispetto al praticarlo clandestinamente. La risposta a questa domanda la può dare il dr. Bernard Nathanson, medico ex-abortista che giocò un ruolo importante nella legalizzazione dell’aborto negli Stati Uniti: “Cominciammo convincendo i massmedia che quella per la liberalizzazione dell’aborto era una battaglia liberale, progressista ed intellettualmente raffinata. Sapendo che se fosse stato fatto un vero sondaggio ne saremmo usciti sonoramente sconfitti, semplicemente inventammo i risultati di falsi sondaggi. Annunciammo ai media che dai nostri sondaggi risultava che il 60% degli Americani era favorevole alla liberalizzazione dell’aborto. Questa è la tecnica della bugia che si auto-realizza: poche persone, infatti, desiderano stare dalla parte della minoranza. Raccogliemmo ulteriori simpatie verso il nostro programma inventando il numero degli aborti illegali praticati ogni anno negli Stati Uniti. La cifra reale era di circa centomila, ma il numero che più volte ripetemmo attraverso i media era di un milione. Ripetendo continuamente enormi menzogne si finisce per convincere il pubblico.  Il numero delle donne morte per le conseguenze di aborti illegali si aggirava su 200-250 ogni anno. La cifra che costantemente indicammo ai media era 10.000.  Questi falsi numeri penetrarono nelle coscienze degli Americani, convincendo molti che era necessario eliminare la legge che proibiva l’aborto. Un’altra favola che facemmo credere al pubblico attraverso i media era che la legalizzazione avrebbe significato soltanto che quegli aborti, allora eseguiti illegalmente, sarebbero divenuti legali. In realtà, ovviamente, l’aborto è divenuto ora il principale metodo di controllo delle nascite negli Stati Uniti e il loro numero annuale è aumentato del 1500% dalla legalizzazione.”.
 
 
Fonte: “50 domande e risposte sull’aborto”, apparso su Voglio Vivere, anno II n° 8, agosto 2003
A cura di Federico
 

L’oscuro visibile: il cuore di tenebra dell’uomo

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Opera minore del premio Nobel per la letteratura del 1983, William Golding, L’oscuro visibile prosegue nel medesimo tentativo di analisi dell’anima umana già iniziato con Il signore delle mosche, il suo capolavoro indiscusso.
Ancora una volta la sapiente penna dello scrittore inglese indugia nelle pieghe più remote e nascoste dell’uomo, scruta il suo cuore e ne fa emergere il doloroso contrasto tra bene e male, tra l’apparenza e gli innominabili segreti che affardellano il quotidiano. Non un’antropologia negativa, ma il coraggio e l’onestà di presentare l’uomo quale è, senza nessuna velina ipocrita, ma nudo nella sua libertà, nella possibilità di compiere il bene come il male, di raggiungere grandi vette come seppellirsi nei più gretti e odiosi peccati. Ogni sua opera è uno specchio in cui il lettore si affaccia colmo di terrore, scoprendo improvvisamente di quali e quante malattie è ammorbato il suo cuore.
Il libro, il cui titolo è tratto da un verso del Paradiso perduto di Milton, racconta la storia di Matty, un giovane ragazzo senza passato che, miracolosamente, viene salvato da alcuni vigili del fuoco durante un incendio in un quartiere di Londra. Siamo all’inizio della seconda guerra mondiale e i bombardamenti tedeschi non hanno risparmiato il ragazzo che, orrendamente sfigurato, presenta una metà del volto completamente ustionata. Crescendo, il contatto con la scuola, i compagni e una realtà che sembra rifiutarlo lo gettano in uno stato di progressiva tristezza. E’ l’incontro con un mondo ipocrita, lo stesso mondo della beneficenza e delle opere caritatevoli che, in realtà, prova disgusto e odio profondo nei suoi confronti. Un disprezzo inizialmente estetico ma che ben presto si trasforma in qualcosa di ulteriore e quel volto, metà umano e metà mostruoso, ha la forza di turbare le coscienze che, in quale modo, si scoprono simili ad esso.
Lo stesso Matty si trova impegnato poi in un’esistenza confusa, da un lato tutta tesa nella ricerca di un’identità sconosciuta, di un passato che gli è celato, dall’altro lo scontro con se stesso, il tentativo di comprendere se la propria natura sia benevola o maligna. Santo o Anticristo, angelo o demone, le sue azioni disorientano, slanci di crudeltà si alternano senza soluzione di continuità con gesti di grande carità, il tutto impastato in un rapporto di incontro/scontro con il professor Sebastian Pedegree, additato da tutti per l’infame colpa di amare i bambini.
Una vicenda dunque non banale, spesso di difficile decifrazione, i cui i buoni o i malvagi non sono mai veramente tali e in cui è impossibile trovare un punto di vista stabile a cui aggrapparsi. Ne risulta una storia avvincente e inquietante, che colpisce il lettore con la forza di uno schiaffo, ma che, fortunatamente, non omette di offrire una speranza finale. Forse uno scossone un po’ troppo brusco ma, tutto sommato, un libro è impareggiabile proprio quando aiuta a svegliarsi.
Luca Fumagalli 
W. GOLDING, L’oscuro visibile, Milano, Longanesi, 1984.
 
Fonte:
 

J. Ratzinger, l’Eucaristia e il “racconto dell’istituzione”

Il card. J. Ratzinger
 
 
Come abbiamo appreso dal precedente studio [1], J. Ratzinger, da cardinale teologo prima e da Papa poi, ritiene che la “Chiesa non deve preoccuparsi per la conversione dei Giudei”, che “i Giudei sono una predica vivente”, che sono “nostri padri nella fede”, che “Israele conserva la propria missione”, che Israele “al tempo giusto sarà salvata interamente”, che “non è necessario conoscere o riconoscere Gesù come Figlio di Dio per essere salvati, se non ci sono ostacoli insormontabili, di cui egli non è colpevole” (Non si cita affatto l’ignoranza invincibile o la pazzia e lo capiamo dal contesto poiché riguardava i ben informati Giudei, i quali conoscono Cristo e i Vangeli). E’ palesemente ovvio che la fede di J. Ratzinger, in questo preciso contesto, non corrisponde alla Fede Cattolica, difatti lo studio [1] lo ha ampiamente dimostrato ed è stato improntato proprio alla comparazione fra i Vangeli, il Magistero universale e le numerose dichiarazioni orali e scritte di J. Ratzinger, con eventuali opposizioni presentate e relative risposte chiarificatrici.
Purtroppo la teologia di J. Ratzinger non si limita “solo” alle questioni su elencate, ma va ben oltre e , come promesso, ad ogni questione sarà dedicato uno studio specifico. Mi scuso sin d’ora, come sempre, per eventuali piccole imprecisioni.
La “chiesa nestoriana” [2], nota anche come “Chiesa assira dell’Oriente” riconosce come validi solamente i primi 2 Concili ecumenici e venera come santo Nestorio. Va detto che la “Chiesa assira dell’Oriente” è scismatica per numerosi motivi e si è sempre ritenuta non ortodossa, almeno fino alla Dichiarazione comune cristologica del 1994 [3], proprio perché la sua cristologia è tipicamente nestoriana e perché esclude che forma, materia ed intenzione concorrano alla validità dell’atto sacramentale.
La principale liturgia eucaristica della “Chiesa assira dell’Oriente” è la anafora di Addai e Mari. Questo rito non contiene in modo coerente e ad litteram le parole dell’Istituzione dell’Eucaristia da parte di Gesù Cristo, per questa ragione la Chiesa non la ha mai ritenuta valida. Il Nuovo Testamento narra l’istituzione dell’Eucaristia in Matteo XXVI,26-28; Marco XIV,22-24; Luca XXII,19-20; 1Corinzi XI,23-25.
Probabilmente sempre in virtù di un falso ecumenismo [4], pancristiano o irenista che sia, nel 2001 il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani ha approvato un documento che è a dir poco sconcertante, e ne capiremo i motivi, il cui titolo è ORIENTAMENTI PER L’AMMISSIONE ALL’EUCARISTIA FRA LA CHIESA CALDEA E LA CHIESA ASSIRA DELL’ORIENTE [5].
In esso si legge al n° 3 “la Chiesa cattolica riconosce la Chiesa assira dell’Oriente come autentica Chiesa particolare, fondata sulla fede ortodossa e sulla successione apostolica. La Chiesa assira dell’Oriente ha anche preservato la piena fede eucaristica nella presenza di nostro Signore sotto le specie del pane e del vino e nel carattere sacrificale dell’Eucaristia. Pertanto, nella Chiesa assira dell’Oriente, sebbene essa non sia in piena comunione con la Chiesa cattolica, si trovano «veri sacramenti, soprattutto, in forza della successione apostolica, il sacerdozio e l’Eucaristia»”. Si cita, a seguire ed a conferma (???), il n° 15 della Unitatis redintegratio del 21 novembre 1964. In questi ed in analoghi casi, casualmente, non si cita mai a conferma il Magistero universale (antecedente 1958), poiché probabilmente non è possibile farlo, visto che presenterebbe evidenti confutazioni.
Nel documento del 2001 si legge anche una tipica espressione post conciliare, ovvero confusa, forse ambigua, con differenti processi di aggiramento, e ne capiremo i motivi studiando il presente: “le parole dell’Istituzione Eucaristica sono di fatto presenti nell’Anafora di Addai e Mari, non in modo narrativo coerente e ad litteram, ma in modo eucologico e disseminato, vale a dire che esse sono integrate in preghiere successive di rendimento di grazie, lode e intercessione”.
Il documento del 2001 fu approvato dal card. J. Ratzinger. Il problema evidentissimo con questo testo, a parte il fatto che la “Chiesa assira dell’Oriente” è non Cattolica ma in parte nestoriana ed in parte monofisita, è che la liturgia scismatica non ha le “parole della consacrazione”, non ha il “racconto dell’Istituzione”, e già per questo sarebbe stato impossibile per un “uomo che ha Fede Cattolica”, che “ne deve difendere l’integrità” e che “ha a cuore il gregge” approvare tale documento.
Vediamo cosa ne dice J. Ratzinger già quasi 20 anni prima
Principles of Catholic Theology: Building Stones for a Fundamental Theology
Principles of Catholic Theology: Building Stones for a Fundamental Theology
 
 
Dal testo: Principles of Catholic Theology: Building Stones for a Fundamental Theology. San Francisco: Ignatius Press. 1987 (1982). ISBN 978-0-89870-215-6 [6].
Joseph Ratzinger, Principles of Catholic Theology (1982), p. 377: “… we are witnesses today of a new integralism [read: traditionalism] that may seem to support what is strictly Catholic but in reality corrupts it to the core. It produces a passion of suspicions, the animosity of which is far from the spirit of the gospel. There is an obsession with the letter that regards the liturgy of the Church as invalid and thus puts itself outside the Church. It is forgotten here that the validity of the liturgy depends primarily, not on specific words, but on the community of the Church; under the pretext of Catholicism, the very principle of Catholicism is denied, and, to a large extent, custom is substituted for truth.”
Joseph Ratzinger, Principles of Catholic Theology (1982), p. 377: “… oggi siamo testimoni di un nuovo integralismo che sembrerebbe di supporto a ciò che è strettamente Cattolico, ma in realtà lo corrompe dal di dentro. Produce sospetto e animosità lontani dallo Spirito del Vangelo. C’è una ossessione per la “lettera”, che stima la liturgia della Chiesa come invalida, ponendo se stessa fuori della Chiesa. Si è dimenticato che la validità della liturgia dipende primariamente, non da specifiche parole, ma dalla comunità della Chiesa …”.
Qui si dice chiaramente che le parole non sono necessarie per la validità della liturgia tutta, del Sacramento!
Praticamente il contrario di quanto insegna il Concilio di Firenze: “Tutti questi sacramenti constano di tre elementi: cose come materia, parole come forma, la persona del ministro che conferisce il sacramento, con l’intenzione di fare quello che fa la Chiesa. Se manca uno di questi elementi, il sacramento non si compie”.
Anche in questo caso, come abbiamo visto nel precedente studio [1], J. Ratzinger dimostra di credere in qualcosa di non cattolico, ha la sua fede personale, che va sicuramente contro il Magistero universale della Chiesa Cattolica e quindi contro la Fede Cattolica stessa. Questa idea (anno 1982), chiaramente non cattolica o forse eretica (cf. Catechismo Maggiore, San Pio X, 226), esclude dalla comunione dei santi (cf. Catechismo Maggiore, San Pio X, 224). La pertinacia che porta all’eresia si manifesta evidentemente con l’approvazione (anno 2001) da parte dello stesso del documento “ORIENTAMENTI PER L’AMMISSIONE ALL’EUCARISTIA FRA LA CHIESA CALDEA E LA CHIESA ASSIRA DELL’ORIENTE”. Ciò dimostra che J. Ratzinger per ben 20 anni quasi, ha ritenuto e tutt’oggi ritiene (non ci sono smentite) che “la validità della liturgia dipende primariamente, non da specifiche parole, ma dalla comunità della Chiesa”.
 
Papa Eugenio IV
Papa Eugenio IV
 
In contro abbiamo la Fede Cattolica di Papa Eugenio IV che solennemente e universalmente insegna (comanda): “Tutti questi sacramenti constano di tre elementi: cose come materia, parole come forma, la persona del ministro che conferisce il sacramento, con l’intenzione di fare quello che fa la Chiesa. Se manca uno di questi elementi, il sacramento non si compie” (Bolla sull’unione con gli Armeni Exultate Deo, 2 novembre 1439, Denzinger 1312).
Sempre nel documento Bolla sull’unione con gli Armeni Exultate Deo, Concilio di Firenze, si legge: “Forma di questo sacramento sono le parole con cui il Salvatore lo ha consacrato. Il sacerdote infatti consacra parlando in persona Cristo. E in virtù delle stesse parole la sostanza del pane si trasforma in corpo di Cristo, e la sostanza del vino in sangue. Ciò avviene però in modo tale che tutto il Cristo è contenuto sotto la specie del pane e tutto sotto la specie del vino”.
 
Missale Romanum
Missale Romanum
 
Questo è ovvio, lo insegna il Canone e la Chiesa così ha sempre comandato, difatti in Missale Romanum: “Il Sacerdote che sta per celebrare adoperi tutta la diligenza affinché non manchi nulla ai requisiti per realizzare il Sacramento dell’Eucaristia. Invero un difetto può capitare sia per parte della materia che si consacra, sia per parte della forma che si utilizza, sia per parte del ministro agente. Qualunque cosa infatti manchi di queste, cioè la materia debita, la forma con l’intenzione, e l’Ordine Sacerdotale in chi opera, il Sacramento non è valido. Esistendo questi difetti, poiché viene meno qualunque altra cosa, manca la realtà del Sacramento. In verità ci sono altri difetti che, occorrendo nella celebrazione della Messa, anche se non impediscono la validità del Sacramento, nondimeno possono avvenire o con peccato o con scandalo”.
Si potrebbe erroneamente pensare che trattandosi di liturgia non vi sia infallibilità nel Magistero, ma non è affatto così poiché questa è “materia di Fede”, è una di quelle famose “definitionum ed declarationum de rebus fidei”.
Secondo Ratzinger, quindi, il Concilio di Firenze, il Concilio di Trento, il Messale, i catechismi, tutti i Papi fino al 1958, i santi, ecc…, sono vittime di un “nuovo integralismo”? Questo è quanto dichiara Ratzinger. Aggiunge che il Concilio di Firenze, il Concilio di Trento, il Messale, i catechismi, tutti i Papi, i santi osservando quello che “sembra di supporto a ciò che è cattolico ma che in realtà corrompe il cattolicesimo dal di dentro e produce sospetti e animi lontani dallo spirito del Vangelo”, … questi sono “ossessionati dalla lettera”. Questo secondo Ratzinger, ma non secondo la Fede Cattolica.
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Pilgrim Fellowship of Faith
Pilgrim Fellowship of Faith
OBIEZIONE: Evidentemente Ratzinger non sa che nella liturgia scismatica siriana non c’è il racconto dell’Istituzione.
RISPOSTA: Non è così. Infatti nel 2002, egli dice: (Joseph Ratzinger, Pilgrim Fellowship of Faith, 2002, p. 232): “… L’anafora di Addai e Mari, la più usata dai Siriani, non include il racconto dell’Istituzione … [ma] queste difficoltà si possono superare”. Quindi ne è ben cosciente e nonostante ciò va contro la Fede Cattolica. L’unico modo reale per superare il problema è inserire il racconto dell’Istituzione, così come si è sempre fatto per quasi 2.000 anni.
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Concilio di Trento, SESSIONE VII (3 marzo 1547) – CANONI SUI SACRAMENTI, IN GENERE:
1. “Se qualcuno afferma che i sacramenti della nuova legge non sono stati istituiti tutti da Gesù Cristo, nostro signore, o che sono più o meno di sette, e cioè: il battesimo, la confermazione, l’eucaristia, la penitenza, l’estrema unzione, l’ordine e il matrimonio, o anche che qualcuno di questi sette non è veramente e propriamente un sacramento: sia anatema”.
13. Se qualcuno afferma che i riti tramandati e approvati dalla Chiesa cattolica, soliti ad essere usati nell’amministrazione solenne dei sacramenti, possano essere disprezzati o tralasciati a discrezione senza peccato da chi amministra il sacramento, o cambiati da qualsivoglia pastore di chiese con altri nuovi riti: sia anatema.
Come abbiamo quindi appreso, le dichiarazioni di J. Ratzinger anche in questo caso sembrano essere “in anatema”, ma egli non è nuovo a criticare anche cose dette dal Concilio di Trento, come nel caso di Feast of Faith (prima edizione Germania, 1981). Infatti legge con spregio …
Feast of Faith
Feast of Faith
Joseph Ratzinger, Feast of Faith, 1981, p. 130: “Il Concilio di Trento conclude le sue affermazioni sul Corpo di Cristo con qualcosa che offende le nostre orecchie ecumeniche ed ha senza dubbio contribuito non poco verso lo screditare questo banchetto nell’opinione dei nostri fratelli protestanti. Ma se noi purifichiamo la sua formulazione dal tono appassionato del 16° secolo, saremmo sorpresi da qualcosa di grande e positivo …”. [in riferimento alla dichiarazione del Concilio di Trento, Sess. XIII, N° 5, circa la Santissima Eucaristia ed il Corpus Domini].
Joseph Ratzinger, Feast of Faith, 1981, p. 130: “The Council of Trent concludes its remarks on Corpus Christi with something which offends our ecumenical ears and has doubtless contributed not a little toward discrediting this feast in the opinion of our Protestant brethren. But if we purge its formulation of the passionate tone of the sixteenth century, we shall be surprised by something great and positive.”
Fa meraviglia che oggi i “modernisti tradizionali” esaltino così tanto Benedetto XVI a discapito del “povero” Francesco, e spesso lo facciano per via della liturgia tradizionale (detta “Tridentina”) così apparentemente stimata e favorita da Ratzinger. A fronte di certe dichiarazioni io ci andrei molto cauto a discriminare un “Vescovo di Roma” in favore di un “Papa emerito”.
Va inoltre detto che J. Ratzinger ha comunque il presunto merito (vedremo in futuro che non è un merito) di aver emanato il Summorum Pontificum che “autorizza” la celebrazione secondo il Messale del 1962 (attenzione non secondo l’Ordo di San Pio V promulgato con la Quo primum). Ebbene, nonostante questo apparente merito, comunque alcuni Cattolici, per “colpa” di Ratzinger, continuano a frequentare eventualmente la “Chiesa assira dell’Oriente” convinti di ricevere Corpo e Sangue di Cristo che, come abbiamo visto, non c’è!
Leggeremo prossimamente altri studi sulla teologia di Ratzinger: il suo pensiero sul giudaismo, sull’Eucaristia, sul Primato di Pietro, su Lutero, sulla Penitenza (oggi riconciliazione), sul Battesimo, sul Concilio di Trento, sul preservativo, sull’inferno, sull’ecumenismo, sulla Chiesa (che sussiste in), ecc …
Carlo Di Pietro
note:
[1] http://radiospada.org/2013/06/23/il-papa-emerito-il-vescovo-di-roma-e-il-giudaismo/
[2] I Nestoriani sono la “Chiesa Caldea” propriamente detta, mentre l’espressione “Chiesa assira dell’Oriente” può comprendere tutte le Comunità di origine assira, quindi sia i Nestoriani/Caldei, sia i siro-ortodossi veri e propri.
[3] http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/speeches/1994/november/documents/hf_jp-ii_spe_19941111_dichiarazione-cristologica_it.html
[4] http://radiospada.org/2013/06/18/il-falso-ecumenismo/
[5] http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/chrstuni/documents/rc_pc_chrstuni_doc_20011025_chiesa-caldea-assira_it.html
 
Fonte:
 

giovedì 27 giugno 2013

LE INIZIAZIONI (Estratto dell'opera di mons. Delasuss "Il Probblema dell'ora presente", Tomo I°) .

Iniziazione massonica.

Quando la massoneria ha tirato alcuno nel suo seno, se gli svelasse subito le sue dottrine e gli mostrasse distintamente il fine ultimo cui tende, il più delle volte gli cagionerebbe uno stupore e spavento tale che se ne fuggirebbe. Essa procede con maggior prudenza, Anzi tutto, l'iniziando delle loggie si trova là al primo entrarvi, in un'atmosfera che non può respirare a lungo senza che l'anima sua ne resti avvelenata. "Le loggie - dice Piccolo Tigre - parlano del continuo dei pericoli del fanatismo, del bene della eguaglianza sociale e dei grandi principii della libertà religiosa. Fra un banchetto e l'altro fulminano i loro anatemi contro l'intolleranza e la persecuzione. Vi è più che non ci occorra per fare degli adepti. Un uomo imbevuto di queste belle cose è già con un piede nella nostra soglia; non resta che inscriverlo al reggimento ... Si indovinano le sue tendenze, le sue affezioni, le sue passioni; quando è maturo per noi, lo si dirige alla società segreta di cui la framassoneria è l'anticamera".
In questa guisa si ammaestrano quelli che si sono lasciati spingere nell'anticamera. Si osservano, si studiano le loro inclinazioni; e quelli che sono giudicati degni di andar più oltre, vengono reggimentati nelle retro-loggie. Per questo dal 1820 al 1848, sopra la framassoneria eravi il Carbonarismo; sopra le Loggie, le Vendite; e nel Carbonarismo stesso, vi erano, sopra le Vendite particolari, le Vendite centrali, e sopra le Vendite centrali, l'Alta Vendita. Oggidì questa organizzazione, già sì sapiente, deve essere ancor più perfezionata.
 Ben più dei discorsi che gli aspiranti ascoltano nelle loggie, sono le iniziazioni che loro infondono lo spirito della massoneria. Di più, esse permettono ai capi di scegliere quelli che son degni di penetrare più addentro nel segreto della setta.
Fin dai primi passi che essi fanno nell'associazione, si dice loro che essa ha un segreto per render felice l'umanità e procurare il sommo bene dei suoi membri e che essi non possono giungere alla cognizione di questo segreto se non per mezzo di successive iniziazioni. Queste iniziazioni si fanno per mezzo di scene simboliche sapientemente graduate. In una comunicazione confidenziale indirizzata, il 1° marzo 1902, dal Grande Collegio dei Riti, supremo consiglio del Grand'Oriente di Francia, ai Consigli Filosofici e ai Capitoli della Federazione, è detto:
"I nostri simboli rappresentano a prima vista dei metodi di educazione filosofica, e in pari tempo dei segni di riunione. Sotto forme materiali, simboleggiano un certo numero di verità morali accettate da tutti i nostri adepti, e che è bene di ricordar loro continuamente, rivolgendosi insieme al loro buon senso e alla loro ragione ...
"Le officine superiori devono essere, in qualche modo come le scuole normali dell'Ordine: scuole che devono consacrarsi innanzi tutto allo studio della scienza massonica. I loro membri andranno in seguito a portare nelle loggie quello che là avranno imparato. Essi lo faranno con discernimento e prudenza".(1)
In ogni iniziazione i candidati sono attentamente osservati. Vi ha di quelli che si arrestano alle apparenze esteriori, che non cercano di rendersi conto del loro significato e di penetrarne il mistero; costoro sono lasciati nella loro semplicità e formano la prima classe della società, alla quale non cessano di rendere tuttavia importanti servigi.
Quelli che hanno intelligenza di penetrar oltre il velo dei simboli, e fanno conoscere che il loro spirito si apre alle idee massoniche, sono invitati a salire a gradi maggiori.
"Le cerimonie sono simboliche - diceva il F... Régnier in una seduta comune delle loggie tenuta a Lione il 3 maggio 1882 - praticate da massoni intelligenti; il loro significato porta i suoi frutti". E nel discorso di chiusura all'assemblea del 1883 del Grand'Oriente di Francia, il F... Blaton aggiungeva: "La framassoneria, nel suo simbolismo perfezionato da una lunga tradizione, e che può a suo piacere ammodernarsi ancora senza offendere il suo Ordine, possiede l'antidoto salutare e il contravveleno del simbolismo religioso".

Henri François Joseph de Régnier

Questi simboli sono ad un tempo luce e tenebre; sono concepiti in tal modo che illuminano gli uni ed accecano gli altri. Gerbet, che fu poi vescovo di Perpignano, pubblicò nel 1832, nel Mémorial catholique, i documenti di un capo di società segrete, sequestrati dopo la sua morte, egli dice, "da un alto personaggio". Dopo aver spiegato che cosa significhi libertà ed uguaglianza nel senso massonico, egli scrive: "È questa tutta la forza della nostra dottrina. Ma persuadiamoci bene che non possiamo mai esporla ad un tratto in piena luce né in termini così formali ad ogni aspirante. Uno spirito indipendente potrebbe trarne delle conseguenze troppo funeste agli intenti che essa copre. Quindi, appena gli abbiamo fatto intendere queste due parole sacre: Libertà, Eguaglianza, dobbiamo subito saper prevenire od almeno sospendere il corso de' suoi pensieri; ne saranno salvaguardia e rimedio sicuro i nostri emblemi e i nostri geroglifici, adoperati a tempo per distrarre altrove l'attenzione dell'aspirante colla varietà dei soggetti che gli si presentano; espediente ammirabile e frutto della raffinata politica del nostro celebre autore (fondatore), la cui conoscenza del cuore umano è dimostrata dall'averci preparato con ogni astuzia immaginabile la coppa incantatrice e misteriosa che noi dobbiamo presentare e far passare incessantemente nell'anima di ogni fratello, avvolta sempre nel mistero e sotto una forma innocente che ne asconda il senso vero".
L'autore distingue poi gli spiriti penetranti, gli spiriti inquieti e gl'imbecilli. " Noi dobbiamo - egli dice - mettere ciascuna di queste classi alla portata della stessa dottrina, ma non comunicarla ad ognuno nel momento stesso e nella stessa maniera. I primi non tardano molto a conoscere il senso vero: i secondi non devono esser condotti a quest'alta conoscenza che a gradi e per mezzo di emblemi che loro si propongono a decifrare. Dai terzi non si esige altro che tengano dietro ad occhi chiusi e senza riserva, pur tenendoli vincolati colla paura, se mai violassero il sacro giuramento".
Queste regole di condotta sono religiosamente osservate. Dopo ciascuna iniziazione, si accorda all'iniziato una dilazione di quindici giorni per preparar la spiegazione che egli deve dare del grado ricevuto, per scoprire il senso della cerimonia di cui fu l'eroe. Comunque egli risponda, è trattato sempre con garbo e gli si fanno elogi, senza fargli conoscere ciò che si pensi della sua spiegazione. Se nulla ha compreso, lo si lascia dove è, a meno che non sia di quelli che danno fondate speranze. In tal caso lo si sottomette a nuove prove sotto il pretesto che gli si voglia conferire nuovi gradi, che gli renderanno un po' per volta più trasparente il velo che copre il mistero.
Queste prove variarono col tempo, secondo le obbedienze e i fini più immediati che si proponevano i capi. Ce lo fa sapere il F... Blaton.
Ed ecco, oggidì, in che consiste, fra molte altre, la prova fondamentale:
Si conduce il massone iniziando dinanzi ad una bara; non basta, ve lo si adagia dentro. Qui gli si fa capire che è morto, morto davvero, anzi già putrefatto, al punto che le carni si staccano dalle ossa. E, perché non lo dimentichi più, gli si dà come parola d'ordine, che dovrà ripetere tutta la sua vita ogni volta che entrerà in una loggia, la voce ebraica Macbénac, che significa: La carne si stacca dalle ossa. In un altro rito gli si dà la parola Mahabone o Moabon: figlio della putrefazione.
All'entrare nella loggia, egli farà ogni volta alcuni passi in forma bizzarra, come se dovesse scavalcare un feretro. È questa l'iniziazione del grado di maestro, l'unica che crei il vero massone.
Quando i testimoni hanno dichiarato che il nuovo maestro è morto davvero, che è in putrefazione, che la sua carne lascia le ossa nel feretro simbolico, il Presidente della loggia ne lo fa uscire. È dichiarato allora risorto, l'apparato funebre della loggia è sostituito da una luce gioconda, e si dice al nuovo maestro che è, in persona, il maestro Hiram risuscitato. Questo Hiram rappresenta presso i framassoni l'architetto del tempio di Salomone. Questo tempio simbolico - nel suo ultimo significato, quello che non si rivela mai pubblicamente - è la ricostituzione del popolo ebreo in nazione, ma in nazione divenuta signora dell'universo.
Ora questo tempio di Salomone non sarà costruito, la Chiesa non cederà ad esso il posto, il Dio dei cristiani non sarà vinto che ad una condizione, ed è che il mondo tutto, e tutto intiero, discenda esso pure nella bara simbolica d'Hiram per ricevervi una nuova vita, dopo la morte assoluta, la dissoluzione definitiva di tutto ciò che vediamo oggi esistente e vivo.
Il senso sociale dell'iniziazione è dunque il seppellimento del mondo cristiano e la risurrezione del mondo ebreo. E come mezzo per raggiungere questo fine, unico mezzo, rivelatoci dall'iniziazione stessa come suo più immediato e più trasparente insegnamento: la distruzione di tutto l'ordine di cose basato sui principii del cristianesimo.
Il senso personale è che l'iniziato posto nella bara è morto davvero come cristiano, come cittadino di quel mondo in cui il Cristo è conosciuto e adorato. Nessun atomo di carne che si leghi ancora alla vita secondo l'ordine di Dio, del Dio dei cristiani, resta più in lui. Noi sappiamo di Dio che egli è la via, la verità e la vita. In questo senso si dice che l'iniziato ha perduto la vita, così realmente come la
vita animale ha abbandonato un cadavere la cui carne si va dissolvendo. Il nome ebreo che gli si dà nel rialzarlo e nel festeggiare la sua risurrezione rivela il mondo nuovo di cui è divenuto cittadino, e la civiltà nuova al cui trionfo deve dedicarsi.
Chi comprende queste cose è destinato alle retro-loggie di cui il numero, la costituzione e la missione assegnata a ciascuno variano secondo le circostanze, la marcia della Rivoluzione, il progresso raggiunto nella costruzione del Tempio.
Così composte le retro-loggie, speciali emissari portano loro, a tempo opportuno, le direzioni e gli ordini di un Comitato centrale e superiore, nel mentre che mettano in stabili rapporti tutti i Grandi Orienti. Questi emissari sono quasi tutti ebrei. E la ragione si è che il popolo ebreo si presta meglio d'ogni altro, per la sua organizzazione nazionale, a compiere facilmente quest'ufficio. Esso conta infatti dovunque dei fattori, come li chiama il Kabal, agenti del governo occulto degli Israeliti, che da un polo all'altro del mondo intervengono nelle vendite e negli acquisti, nei processi dei loro correligionari, perorano gl'interessi della razza presso le pubbliche amministrazioni, assecondano o paralizzano i progetti governativi, ecc. Essi riescono a meraviglia i migliori commessi-viaggiatori della Framassoneria e della Rivoluzione. I documenti dell'Alta Vendita ci fanno vedere Piccolo Tigre a Parigi, a Londra, a Vienna, a Berlino; qui sotto la veste di gentiluomo, là di banchiere, altrove di negoziante, di agente di cambio e perfino di piccolo mercante girovago, dovunque come commesso-viaggiatore ed ispiratore di odio contro Colui che i suoi antenati crocifissero.
Bakounine fa questo ritratto del massone veramente iniziato ed ammesso nelle società più segrete: "Il rivoluzionario è un uomo consacrato. Egli non ha interessi personali, non sentimenti ed affari propri, non ha preferenze, né beni e nemmeno un nome. Tutto l'assorbe un unico ed esclusivo interesse, un pensiero unico, una sola passione: la Rivoluzione. Non solamente i suoi discorsi, i suoi atti, ma il fondo stesso del suo essere non ha più nulla che fare coll'ordine pubblico, né con tutto il mondo civile. Freddo con se stesso, deve esserlo altresì cogli altri. Tutti i sentimenti d'amicizia, d'amore, di gratitudine devono essere in lui soffocati dalla passione unica e calma dell'opera rivoluzionaria. Notte e giorno egli deve esser preoccupato da un pensiero unico, da un unico scopo: la distruzione implacabile. E per compiere quest'opera freddamente, senza tregua, egli deve esser pronto a perire ed a sgozzare di sua propria mano chiunque si opponga a' suoi disegni".
 

Note :

(1) Questa circolare è stata pubblicata, per intero, dal Bidegain nel suo libro, pp. 142-152.