sabato 27 aprile 2013

Nobiltà: specie del genere "élites tradizionali" (Estratto dall'opera di Plinio Corrêa de Oliveira "Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato ed alla Nobiltà romana")

 

Apparirà frequentemente, in questo libro, l'espressione élites tradizionali. Con essa designiamo una realtà socio-economica che può esser descritta come segue.
Secondo i testi pontifici che commenteremo, sotto tutti i punti di vista la nobiltà costituisce una élite, la più alta di esse, ma, certo, non l'unica. Nel genere élites, essa è una specie.
Vi sono élites che sono tali per il fatto di partecipare delle caratteristiche e delle funzioni della nobiltà; ve ne sono altre che svolgono funzioni diverse nel corpo sociale, ma che non per questo mancano di una dignità particolare.
Vi sono dunque élites che non sono nobiliari né ereditarie ex natura propria.
Così, per esempio la professione di docente universitario incorpora i propri membri, a pieno titolo, a quella che si può chiamare l'élite di una nazione. Lo stesso accade con la professione di militare, di diplomatico, e di altre simili.
Questi vari rami dell'attività umana, come abbiamo già detto, non costituiscono più privilegio della nobiltà. Tuttavia, non sono pochi i nobili che vi si dedicano, e nessuno pensa che, così facendo, questi nobili decadano ipso facto dalla loro condizione. Al contrario, l'esercizio di queste attività permette che il nobile contraddistingua la sua professione con l'eccellenza delle qualità specifiche della nobiltà. 
In questo elenco di élites, non vanno dimenticate quelle che muovono la vita economica di una nazione, nell'industria e nel commercio. Queste funzioni sono non solo lecite e degne, ma anche di evidente utilità. Tuttavia, lo scopo immediato e specifico di queste professioni è l'arricchimento di coloro che l'esercitano, ossia è solo arricchendosi a proprio vantaggio che, ipso facto e per una conseguenza collaterale, arricchiscono la nazione. E questo da solo non basta a conferire alcun carattere di nobiltà a queste professioni. In effetti, è necessaria una speciale consacrazione al bene comune - e soprattutto a ciò che questo ha di più prezioso, ossia la formazione cristiana della civiltà - per conferire un certo splendore nobiliare ad un'élite. Tuttavia, quando le circostanze offrono a industriali o commercianti l'occasione di prestare al bene comune notevoli servizi, con rilevante sacrificio di legittimi interessi personali - e sempre che questi servizi vengano effettivamente prestati - questo splendore rifulge anche in quanti abbiano svolto con adeguata elevatezza d'animo la propria attività commerciale o industriale.
Non solo. Se, per una felice coincidenza di circostanze, in una famiglia non nobile, una stessa stirpe esercita per varie generazioni una di queste attività, ciò può essere senz'altro considerato sufficiente per elevare questa famiglia alla condizione nobiliare.
Qualcosa del genere accadde con la nobiltà veneziana, composta solitamente da commercianti. Dato che questa classe esercitò il governo della Serenissima Repubblica, e curò lo stesso bene comune di quello Stato elevandolo alla condizione di potenza internazionale, non meraviglia che questi commercianti abbiano avuto accesso alla condizione nobiliare. Questo avvenne in modo così effettivo e naturale che assunsero pienamente l'elevato tonus di cultura e di stile della migliore nobiltà militare e feudale.
D'altra parte, vi sono élites tradizionali fondate, fin dai loro primordi, su capacità e virtù che sono palesemente trasmissibili mediante la continuità genetica o dell'ambiente e dell'educazione famigliare.
Quando questa trasmissibilità manifesta i suoi effetti e, di conseguenza, si costituiscono famiglie - a volte anche vasti insiemi di famiglie - che di generazione in generazione si distinguono per i loro rilevanti servigi al bene comune, allora sorge un'élite tradizionale.
Essa unisce così la condizione di élite al prezioso predicato di essere tradizionale. A volte essa non si costituisce come classe formalmente nobiliare, per il mero fatto che in alcuni Paesi la legislazione, influenzata dalle dottrine della Rivoluzione francese, vieta al pubblico potere di conferire titoli nobiliari. E questo il caso di certi Stati non solo europei, ma anche del continente americano.
Nonostante questo, gli insegnamenti pontifici sulla nobiltà sono in larga parte applicabili a queste élites tradizionali, in virtù dell'analogia delle situazioni. Ne deriva l'importanza e l'attualità di questi insegnamenti pontifici anche per coloro che, alfieri di autentiche ed elevate tradizioni famigliari, pur non essendo decorati da titoli nobiliari, hanno il dovere di compiere, nei rispettivi Paesi, una nobile missione in favore del bene comune e della Civiltà cristiana.
Mutatis mutandis, lo stesso si può dire delle élites non tradizionali, nella misura in cui vanno diventando tradizionali.