martedì 12 febbraio 2013

P. Julio Meinvielle-DAL MITO DEL PROGRESSO ALLA NUOVA CRISTIANITÀ (I)

P. Julio Meinvielle
 
 
Nihil novum sub sole. (Eccles. I, 10).
 
Maritain pone nel suo Les Droits un'opzione di importanza eccezionale: «Si può evidenziare, afferma, che coloro che ammettono e coloro che negano la marcia in avanti dell'Umanità, qualunque sia la loro credenza o mancanza di credenza religiosa, prendono posizione in tal modo su un qualcosa che è praticamente decisivo dal punto di vista della vita delle società umane» [1]. E di fatto, se si stabilisce il Postulato che l'Umanità marcia in avanti, allora ogni avvenimento storico dev'essere interpretato come se fosse necessariamente buono, e come se in nessun modo dovesse essere contrastato, ma piuttosto stimolato, accelerando quella felice conclusione che deve coronare il suo sempre costante perfezionamento. Se al contrario non si accetta tale Postulato, non per questo si dovrà ammettere come Legge Principale che l'Umanità va necessariamente regredendo: anzi il progresso o regresso di una società sarà misurato dalla sua conformità o difformità con la legge oggettiva di valori che, in ultima istanza, non è altro che la volontà antecedente di Dio il quale ha stabilito per ciascuna cosa la perfezione propria del suo essere.
Maritain sceglie il primo termine dell'opzione da lui posta; ma ecco che il fatto stesso di stabilire come Postulato la marcia in avanti dell'Umanità comporta una concezione della vita basata sulla successione della dialettica storica, e siccome la dialettica storica della Modernità è la Rivoluzione, opporsi alla Rivoluzione sarebbe male, lavorare in suo favore sarebbe invece buono.
Tutti i rivoluzionari, dai tempi di Giordano Bruno passando per gli ideologi dei secoli XVIII e XIX con Volney e Condorcet in testa, fino ai vagheggiatori del comunismo più avanzato, hanno voluto allucinarsi ed allucinare gli altri con l'idea di una Umanità ipostatizzata che va muovendosi incontenibilmente all'interno di un processo storico costantemente progressivo quale lo ha descritto Buchez nel suo Esquisse de la Philosophie. Ma a una tale idea corrisponde qualcosa di reale? Maritain, il Maritain di una volta, nel suo Theónas, fa osservare con profondità che «l'idea stessa del progresso necessario ed universale non è un'idea propriamente detta... che possa offrire all'intelligenza un appiglio reale su cui essa possa misurarsi e rettificarsi, bensì al contrario una di quelle formule verbali che sono tanto più perfette nel loro genere quanto più sono indipendenti ed aliene dalle cose e ad esse si impongono più arbitrariamente... idea-mito che, vuota di ogni contenuto intellettuale e solo destinata a provocare determinate risonanze nell'immaginazione e nell'appetito, domina dispoticamente l'intero ambito della rappresentazione, dell'individuo stesso, che fa fremere dal momento in cui è proferita... divinità ideologiche, pseudo-idee divoratrici del reale, il cui insieme costituisce la mitologia moderna e tra le quali brilla, in prima fila, l'idea di Progresso» [2].
In Lamennais e nel Maritain posteriore a Réligion et Culture il morso di questa idea divoratrice del reale è forte, al punto da sconvolger ad entrambi tutto l'essere. Ponendo un parallelo, della cui esattezza giudicherà il lettore, presenteremo il contenuto di questa pseudo-idea che, così come in un Condorcet ed in un Volney assume un rivestimento razionalista-materialista, in un Comte un rivestimento sociologico-positivista, in un Darwin un rivestimento evoluzionista-materialista, ed in Saint-Simon, Buchez ed Enfantin si tinge di un umanitarismo cristiano, in Lammenais e Maritain acquisisce contorni cattolici: con accento romantico in quello, con accento grave, filosofico e tomista in questo.
In Lamennais [3] ci è estremamente facile seguire il corso di tale pseudo-idea perchè essa domina il suo famoso scritto su L'Avvenire della società [4].

Il progresso dell'umanità

«Se le leggi — afferma in tale scritto — emanate da una sapienza infinita che presiede al mondo fisico, dirigono e regolano i suoi movimenti e, nonostante il talora apparente disordine dei fenomeni, lo conducono ai suoi fini con forza irresistibile e immutabile regolarità, non si deve pensare che il mondo morale, abbandonato dalla provvidenza, nuoti a caso nello scuro, immenso, burrascoso mare delle epoche e non abbia parimenti leggi che, senza alterare la natura delle persone libere, tuttavia lo conducano seguendo un ordine di sviluppo armonico e regolare a fini particolari ed al fine generale della creazione. Tali leggi, la cui espressione più chiara e precisa è la storia nella misura in cui trascorrono i secoli, si manifestano principalmente nelle grandi epoche in cui termina un periodo della società e ne inizia un altro, perchè allora, spogliandosi del vecchio involucro di un passato estinto per sempre, tutto rinasce, tutto cambia, tutto si trasforma e i popoli, attratti dalle brezze dell'avvenire come dai profumi di una terra nuova, si lanciano impazienti a traversare i mari fino allo sconosciuto compimento dei loro aneliti [5]».
Lamennais, filosofo cattolico innamorato del mito del Progresso, lo cattolicizza, cioè cerca di giustificarlo basandosi sul governo provvidenziale di Dio che dirige ogni cosa ai fini che la sua divina Sapienza si è proposta.
E Maritain non procederà altrimenti; facendo uso di una esposizione meno ottimista, che sembrerebbe riflettere quel turbamento che produce in un filosofo autentico l'essere trascinato da un mito, scrive: «Se cerchiamo di considerarle in se stesse, isolandole da ogni contesto erroneo, diremo che, in virtù dell'oscuro lavorio dell'ispirazione evangelica, la coscienza profana ha compreso che la storia umana non gira in modo circolare, ma si orienta verso un limite e progredisce in una direzione» [6].
«Il progresso non è automatico e necessario, ma è minacciato e contrariato; non è dovuto ad un intervento della ragion pura che confuta tutta l'eredità del passato, ma è questa stessa eredità che s'ingrandisce gemendo sotto il lavorio di tutte le energie umane e divine nell'uomo. Il Progresso non tende a far sì che un domani per mezzo della Rivoluzione si recuperi il paradiso, ma che le strutture della vita umana si trasformino in meglio, e ciò per tutta la storia fino all'avvento del regno di Dio e della terra dei risuscitati, che è più in là della storia. Crediate o no a quest'avvenimento [7] vi dirigete verso di esso se credete nella marcia in avanti dell'umanità. E ciò che è comunque acquisito dalla coscienza profana, se non si volge alla barbarie, è la fede nella marcia in avanti dell'umanità» [8].
In tal modo nel pensiero maritainiano la storia umana progredisce in una direzione, e se il suo progresso non è automatico e necessario perchè può essere momentaneamente contrastato, tuttavia lo è in quanto bisogna credere nella marcia in avanti dell'Umanità, se non ci si vuole volgere alla barbarie. Per cui egli in un altro luogo [9] afferma che la negazione di tale progresso prevale tra coloro che disperano dell'uomo e della libertà, il che costituisce «un principio di suicidio storico», suicidio storico che ha il suo equivalente nei mali incalcolabili che secondo Lamennais apporta il lottare «con vana e funesta ostinazione contro l'invincibile potere che spinge in avanti il genere umano. Perchè nulla produce maggiori e più terribili calamità che resistere a ciò che la natura delle cose e degli esseri, cioè a ciò che Dio medesimo, ha reso necessario: ed il male in sè, il male essenziale, non consiste in altro se non in questa opposizione a Dio» [10].
E il progresso contrastato è posto in rilievo da Lamennais quando bellamente scrive: «Tale progresso non è ovunque uniforme, sebbene ovunque esista», e soggiunge: «Viene dall'alto, parte da Dio, il quale ha voluto che la società perpetuamente avanzasse verso un termine che sulla terra non può raggiungere, ma al quale deve appressarsi sempre; le dottrine erronee che in qualche misura hanno falsato la sua direzione lo hanno più impedito che favorito, e se fosse stato possibile lo avrebbero persino arrestato del tutto» [11].
Lamennais fa derivare la necessità del progresso dall'azione provvidenziale divina, che presiede tanto il mondo fisico che quello morale, e Maritain in Réligion et Culture lega tale necessità di «progresso materiale perseguito nella civilizzazione moderna» ai fini provvidenziali del «Maestro della Storia» secondo «la cui volontà e permissione è scritto questo libro, e sebbene Satana possa in taluni momenti tenere la penna, ed allora sarebbe una codardia non vedere e non chiamare col suo nome il male che sempre è stato fatto; sarebbe tuttavia stupido non comprendere che tra tutte le deformazioni possibili la linea dell'essere continua, il testo divino per gli angeli resta tuttavia leggibile, un certo bene, grande o piccolo che sia, è stato ottenuto (per minimo che sia, che importa, Dio lo ha voluto) [12]». Maritain svilupperà più ampiamente tali concetti  [13] ed in Problemi di una Nuova Cristianità scrive: «immobilizzare in una forma univoca l'ideale di una cultura degna di finalizzare le nostre azioni sarebbe come andare contro Dio stesso e lottare contro il governo supremo della storia» [14].
Di conseguenza tanto in Maritain quanto in Lamennais il ragionamento tende a concludere dal governo provvidenziale di Dio il progresso terreno dell'Umanità. Ma tale conclusione non consegue: dal fatto che Dio permetta il male e dal fatto che, col Suo permesso, se ne debba ricavare un vantaggio non consegue che questo bene che si debba attuare sia terrestre nè che debba attuarsi sulla terra; nel migliore dei casi occorrerebbe dire che Maritain tale conclusione non la dimostra. Ma per di più tale conclusione è terribilmente falsa e funesta, perchè pretende di giustificare il male della storia; e così scrive Maritain: «Denunciare uno sviamento spirituale fondamentale in un periodo culturale non significa condannare tale periodo storico. Non si condanna la storia. Sarebbe altrettanto poco sensato da parte di un cristiano condannare i tempi moderni come lo sarebbe da parte dei razionalisti (che da ciò non si astengono) condannare il medioevo.» [15] Che cosa si vuol significare quando si afferma «non si condanna la storia»: che non si può sopprimere il fatto? D'accordo. Che bisogna ammettere tale cammino storico introdotto dalla malizia dell'uomo e che bisogna provare a seguirlo, giungere a non si sa quali fini salutari provvidenziali? Falso, falsissimo e pernicioso. Perchè con un tale ricorso ai fini provvidenziali si dovrebbe ammettere, ad esempio, la giustificazione della Riforma, mentre invece la Chiesa le oppose la Controriforma; bisognerebbe ammettere il liberalismo nato dalla Rivoluzione francese, al quale invece la Chiesa oppose un tenace e costante rifiuto, come vedremo al momento opportuno; bisognerebbe ammettere oggi il comunismo ed invece la Chiesa (non i cattolici progressisti) gli si è opposta con una condanna fondamentale e decisiva; domani si dovrebbe ammettere l'Anticristo, ed invece solo gli eletti che gli resisteranno saranno salvi. Il cristiano non può cancellare il male che si produce nella storia indipendentemente dalla sua volontà; ma deve far sì con tutte le sue forze che la sua volontà non cooperi a questo male, non deve voler entrare nella via di questo male allucinato dall'illusione che, così facendo, conquisterà chissà quale bene ivi riservato negli imperscrutabili disegni di Dio; deve misurare la propria azione e deve formulare il proprio giudizio di valore nei confronti degli avvenimenti storici in accordo con ciò che deve essere — con la volontà antecedente di Dio — e non in accordo con ciò che accade, cioè in accordo col bene che Dio potrebbe trarre dal male che permette — ciò che i teologi chiamano la volontà conseguente di Dio —. È assurdo e chimerico erigere a norma di azione e in giudizio di valore le cose che accadono perchè Dio le ha volute almeno in modo permissivo nei suoi imperscrutabili disegni! Con questo criterio bisognerebbe mettersi insieme ai sacerdoti giudei ed ai soldati romani a crocifiggere il Signore, perchè la Crocifissione del Signore ha comportato beni così grandi al mondo che la Chiesa canta O felix culpa! Come avvertono i teologi, il fine che deve regolare efficacemente le azioni dei cristiani è l'ideale cristiano di vita, che è invariabile, univoco, — i Diritti di Dio e della Chiesa, fissati definitivamente all'interno della Rivelazione —; i mezzi che hic et nunc sono più opportuni alla consecuzione di tale fine possono variare, in accordo all'una o all'altra circostanza storica, ma non sono i mezzi bensì è il fine invariabile ed univoco a finalizzare l'azione [16].
Da un tale assurdo eretto a norma di condotta conseguiranno le grandi e funeste deviazioni di Lamennais e di Maritain: se la Rivoluzione è voluta da Dio, e in qualche modo è voluta, perchè altrimenti non sarebbe accaduta, allora bisogna andare nella direzione della Rivoluzione; ecco il grande compito che Maritain si è proposto nell'intento di «riconciliare la visione di un Joseph de Maistre e di un Lamennais in quell'unità superiore di quella grande sapienza, il cui araldo è Tommaso d'Aquino» [17].  
Nel pensiero maritainiano-mennaisiano si deve accettare, sotto pena di «suicidio storico», la marcia in avanti dell'Umanità; e siccome la civilizzazione moderna cammina nella direzione della Rivoluzione, bisogna accettare la via della Rivoluzione, che è la via del Progresso. E quale legge indica tale Progresso? «Questo movimento progressivo — scrive Lamennais — possiede il proprio principio indistruttibile nella legge prima e fondamentale, in virtù della quale l'umanità tende ad affrancarsi progressivamente dai vincoli dell'infanzia nella misura in cui crescendo e sviluppandosi l'intelligenza emancipata dal cristianesimo, i popoli raggiungono, per così dire, l'età dell'uomo [adulto, n.d.T.]: perchè ciò che è vero dell'uomo lo è anche della società, che com'esso deve percorrere le fasi successive della vita...» [18] Maritain non insiste in questa immagine dell'uomo individuo tanto gradita a Lamennais; con un tono apparentemente più profondo colloca il progresso nell'ascesa della coscienza insieme ad un'ascesa dell'organizzazione. «Questo movimento — scrive ne Les Droits [19] — dipende da una gran legge che potrebbe esser detta la duplice legge della degradazione e della sopraelevazione dell'energia della storia, o della massa dell'attività umana dalla quale dipende il movimento della storia. In tanto che la usura del tempo e la passività della materia dissipano e degradano naturalmente le cose di questo mondo e l'energia della storia, le forze creatrici proprie dello spirito e della libertà, che normalmente hanno il loro punto di applicazione nello sforzo di alcuni — consacrati per ciò al sacrificio —, elevano sempre più la qualità di questa energia. La vita delle società umane avanza e progredisce così al prezzo di molte perdite; avanza e progredisce grazie a questa sopraelevazione dell'energia della storia dovuta allo spirito ed alla libertà e grazie ai perfezionamenti tecnici che sono talora in anticipo rispetto allo spirito (motivo per cui si verificano le catastrofi) ma che per la loro natura esigono di essere strumenti dello spirito. Tale è, a mio parere, l'idea di progresso che deve sostituire sia la nozione illusoria del progresso necessario concepito alla maniera di Condorcet, sia la negazione del progresso o l'avversione ad esso che prevale oggi tra coloro che disperano dell'uomo e della libertà, che è di per sè un principio di suicidio storico».
Col ripudiare «la nozione illusoria del progresso necessario concepito alla maniera di Condorcet» Maritain si sente «giustificato» come se la sua concezione non preconizzasse la necessità del Progresso e come se non fosse altrettanto illusoria quanto quella di Condorcet, sebbene non alla sua maniera; nemmeno quella di un Comte o quella di un Proudhon somigliano a quella di Condorcet, e però il Progresso è altrettanto necessario sia all'una che all'altra, altrettanto illusoria quanto quella di un Condorcet.
In Maritain il Progresso è necessario perchè se non lo si accetta ci si volge alla barbarie e ci si consegna al suicidio storico [20]; ma ciò è illusorio perchè in forza di questi principî un domani quando si realizzi l'apostasia universale, tale apostasia dovrebbe essere salutata come il culmine di tutte le età e come la sommità della marcia in avanti dell'Umanità.
Il progresso, secondo Maritain, si produce dunque per mezzo delle forze creatrici dello spirito e della libertà; ma siccome nell'uomo individuo la crescita corrisponde proprio con l'ascesa dello spirito e della libertà, la tesi maritainiana coincide in questo punto con quella mennaisiana. Parrebbe che Maritain preferisca chiamare ascesa della coscienza, prise de conscience, montée de la conscience ciò che Lamennais chiama sia affranchissement de la pensée et de la consciencie sia developpement de l'intelligence, o de l'esprit, et, par conséquent de la liberté [21].     
«Ho avuto il piacere — scrive Maritain [22] — di trovare esposti concetti simili, dal punto di vista scientifico proprio del loro autore, in una conferenza recente a Pechino del celebre paleontologo Teilhard de Chardin; in essa egli afferma che "l'Umanità, per vecchia che la preistoria sembri renderla ai nostri occhi, è ancora molto giovane"; e mostra che l'evoluzione dell'Umanità deve essere considerata come la continuazione dell'evoluzione della vita integra, ove progresso significa ascesa della coscienza ed ove l'ascesa della coscienza è legata ad un grado superiore di organizzazione. "Se è vero che il progresso deve continuare, tuttavia non si realizzerà da sè; l'Evoluzione, per il meccanismo della sua sintesi, si carica sempre più di libertà".
«Se ci collochiamo nelle prospettive storiche della storia intera della vita e dell'umanità, per la quale è necessario impiegare una scala di durata incomparabilmente più grande di quella a cui siamo abituati nella nostra esperienza ordinaria, riprenderemo fiducia nella marcia in avanti della nostra specie, e comprenderemo che la legge della vita, che conduce a maggior unità mediante una maggior organizzazione, passa normalmente dalla sfera del progresso biologico a quella del progresso sociale ed alla evoluzione della comunità civilizzata».
Ecco la famosa prise de conscience de soi [23] che pare consistere in una presa di coscienza umana del proprio valore e della propria dignità che caratterizza l'età riflessa moderna la quale «con tutte le diminuzioni e perdite connotate da tale parola, comportava d'altra parte un arricchimento innegabile, e che deve esser ritenuto un vantaggio acquisito nella conoscenza  della creatura e delle cose umane, anche quando questa conoscenza dovesse sboccare nell'inferno interiore dell'uomo vittima di se medesimo.».
Non ci sarebbe difficoltà ad ammettere una tale prise de conscience in quanto realtà psicologica e, se si vuole, come un progresso della coscienza psichica che caratterizza l'uomo ed i popoli moderni; ma Lamennais-Maritain la interpretano come un progresso morale che assegna o esplicita diritti nuovi che la persona umana acquisisce, tanto nell'ambito politico quanto in quello economico ed intellettuale. Questi diritti, che sono analizzati espressamente [24] da Maritain, esigono, come vedremo, in forza di un diritto e non di un semplice fatto, che lo Stato rinunci alla propria missione ministeriale che favorisce i fini della Chiesa, che tutte le confessioni religiose siano di diritto riconosciute nella nuova cristianità, che il suffragio universale ed in conseguenza la democrazia politica sia un diritto naturale irrinunciabile, che gli operai ed i contadini assumano la direzione della città fraterna maritainiana.
È interessante osservare che l'impiego di questi termini, coscienza, spirito, intelligenza, pensiero, libertà, e quelli con i quali sono accoppiati ovvero progresso, liberazione, sviluppo, emancipazione, ascensione, evoluzione, in quanto di per sè rimangono in certo qual modo indeterminati, si prestano ad essere egualmente accettati da coloro che professano le ideologie più opposte: su di essi, nel loro impiego indeterminato, un cattolico, uno spiritista, un agnostico, un comunista si sentono d'accordo. Ecco dove è radicata la famosa base comune della città fraterna di Maritain, in cui «gli uomini dai punti di vista religiosi o metafisici più disparati e perfino opposti — materialisti, idealisti, agnostici, cristiani e giudei, musulmani e buddisti — possono essere d'accordo non in virtù di un'identica dottrina ma per la somiglianza analogica dei principî pratici...» [25].
Questa è la gran tattica dell'illuminismo massonico a partire dagli inizi del secolo XVIII, tattica che permette di operare l'unione di tutti gli uomini al di là di ogni credo religioso e filosofico. Chiaramente Maritain non rinuncia a «la sua concezione cattolica della vita», al punto che il suo libro Du Régime Temporel et de la liberté è dedicato a riempire tali termini astratti ed indeterminati con una concezione cattolica della libertà tramite laboriose analisi che, con l'ausilio di San Tommaso, egli porta a termine più o meno felicemente. In tal modo la prospettiva di Maritain e le sue esigenze cattoliche restano al riparo; tuttavia non c'è dubbio che le tesi ivi sostenute — complesse come tutto ciò che è sviluppato al culmine del terzo grado di astrazione — rimarranno chiuse in archivio per i lettori, mentre invece la prise de conscience, la dignità della persona umana, la libertà, il progresso e le forze creatrici dello spirito e della libertà avranno lungo corso, facendo strage ovunque grazie alla loro stessa astratta vacuità che permette loro di riempirsi di quei carichi ideologici vitali che i vocaboli comportano nell'uso corrente.
Ma intanto, che ne è di quella dottrina — l'unica vera e cattolica — che Maritain aveva esposto nel suo Théonas affermando che «il dogma del progresso necessario della specie umana procede da un dato molto semplice del senso comune sul movimento, interpretato e falsamente generalizzato per ignavia metafisica seguendo la legge del minor sforzo intellettuale»? [26] Nella specie umana non vi è altro progresso veramente umano se non quello della perfezione dell'essere umano in quanto tale; e la perfezione dell'essere umano si ottiene colla sottomissione dell'uomo al bene divino, alla luce della eterna Sapienza. San Tommaso ha fissato la scala dei valori che misura il perfezionamento dell'uomo in un brano della Somma contro i gentili [27] che lo stesso Maritain ricorda [28] quando scrive: «Se si colloca la contemplazione dei santi al culmine della vita umana, non si dovrebbe forse dire che tutte le operazioni degli uomini, e la civilizzazione stessa siano ad essa ordinate come al proprio fine? Pare che sia così, dice San Tommaso d'Aquino (forse non senza una certa ironia). Infatti per qual motivo il lavoro ed il commercio, se non perchè il corpo, essendo provvisto delle cose necessarie alla vita, si trovi nello stato richiesto dalla contemplazione? Perchè le virtù morali e la prudenza, se non per procurare la calma delle passioni e la pace interiore necessarie alla contemplazione? Perchè tutto il governo della vita civile, se non per assicurare la pace esteriore necessaria alla contemplazione? Di modo che, come è opportuno, tutte le funzioni della vita umana paiono al servizio di coloro che contemplano la verità».
In questa dottrina, tanto limpidamente esposta dal Dottore Angelico, il progresso dell'uomo consiste in un innalzamento di tutte le proprie attività all'occupazione più elevata di cui è capace, la contemplazione della Verità Prima. A questa divina occupazione l'uomo è chiamato per mezzo delle fatiche e degli appetiti della sua natura spirituale, altrimenti non può saziare il suo desiderio di pienezza e Verità.
Dio costituisce il principio del perfezionamento essenziale dell'uomo; l'uomo non si perfeziona, non ottiene un accrescimento del proprio essere, anche a livello umano, se non quando progredisce sulla via del possesso di Dio. Egli potrà sì acquisire perfezioni accidentali qualora si separi da Dio; e parimenti potrà, fuor di Lui, progredire nella tecnica e nelle scienze umane, ma allora a livello puramente umano non vi sarà alcun progresso... anzi al contrario potrà accadere che tali perfezionamenti accidentali, non ordinati alla perfezione essenziale dell'uomo, lo dispongano ad accelerare un processo di separazione da Dio e per ciò stesso di regressione: ed accadrà che, infatuato del suo progresso parziale ed accessorio, egli andrà a cadere sempre più profondamente nell'abisso dell'abiezione. Quelle perfezioni tecniche ad esempio, legittime in sè e che, ordinate come dispositivi atti ad un miglioramento del benessere materiale dell'uomo, potrebbero procurare un miglioramento morale della collettività umana ed un'ascesa perciò più rapida e facile di un maggior numero di persone alla conoscenza di Dio, se invece sono considerate come aventi valore in sè e per sè, come fine ultimo, non potranno se non stravolgere tutta la vita dell'uomo facendola marciare in senso inverso a quello della vera perfezione.
Quindi il progresso di una civilizzazione si deve ottenere coll'avvicinarsi a quel nobilissimo fine che è la divina contemplazione, mentre il discostarsene ne provoca il regresso; qualunque altro progresso, sebbene a livello di considerazione parziale possa comportare «un vantaggio» e pertanto sia integrabile nell'autentico progresso umano, laddove però faccia parte di un insieme spirituale regressivo e non sia integrato in una tale sintesi, comporta semplicemente una regressione, ed ogni tentativo di attribuire a tale regressione un carattere di progresso andrebbe a scapito dell'unità dell'uomo.
Maritain pretenderà di giustificare questo progresso rivoluzionario per mezzo della sua famosa tesi dell'«ambivalenza della storia»; a noi basti notare che non esiste un duplice progresso, non c'è una duplice scala dei valori umani, come questa tesi esige; non è possibile progredire al di sotto, nell'ambito temporale, quando si retrocede al di sopra: sarebbe come chiamare progresso un tumore per il fatto che comporta un accrescimento di determinati tessuti, o riconoscere un valore di perfezionamento alla città di Enoc, alla Torre di Babele o alla città dell'Anticristo. Presentiamo a questo punto la tesi maritainiana dell'ambivalenza della storia quale è esposta in Problemi spirituali e temporali di una cristianità nuova: «La prima idea è quella dell'ambivalenza della storia umana, nella quale matura un duplice frutto, la cui separazione non riuscirà ad essere effettuata se non al fine della storia.
«Intanto bisogna emettere un duplice giudizio sui diversi momenti della storia del mondo e della civilizzazione. Sebbene la dottrina del "progresso necessario", nel senso di Volney e di Condorcet, sembri assurda da questo punto di vista, bisogna ammettere d'altronde l'esistenza di un progresso nella storia (e come potrebbe essere altrimenti dato che l'uomo è spirito e carne e pertanto un animale progressivo?), ma di un progresso duplice: l'uno dal lato del polo animale dell'essere umano e di quella che potrebbe esser detta la fecondità della materia corruttibile, l'altro per ciò che attiene al polo spirituale dell'essere umano ed alla fecondità che trascende la materia. E tale duplice progresso si verifica simultaneamente. [29]»
Brano estratto da: De Lamennais a Maritain, Buenos Aires 1945, traduzione: C.S.A.B.
 
 
 
[CONTINUA]

«§ VII. Volontà di Dio.
Quantunque la volontà di Dio sia unica e semplicissima, a parte rei, essa è tuttavia virtualiter multiplex. Si divide, 1.° in volontà di beneplacito, beneplaciti, ed in volontà di segno, signi; 2.° in volontà antecedente e conseguente; 3.° in volontà assoluta e condizionale; 4.° in volontà efficace ed inefficace.
La volontà di beneplacito è un atto interno pel quale Dio vuole sinceramente e propriamente una cosa. Tali sono i decreti di Dio. La volontà di segno è una indicazione esterna della volontà di Dio, che dicesi volontà, perchè la denota: contansi cinque di queste sorta di segni; cioè, il precetto, la proibizione, il permesso, il consiglio, l'azione, od il concorso all'azione; lo che racchiudesi in questo verso:
Praecipit, ac prohibet, permittit, consulit, implet.
La volontà di segno non è in Dio intrinsecamente propriamente, ma esteriormente e metaforicamente. Essa non è sempre una indicazione che Dio vuole sinceramente e ch'egli approvi una cosa. Per esempio, Dio comandò ad Abramo di uccidere i proprio figlio e tuttavia non voleva che venisse ucciso realmente. Dio permette, vale dire; egli tollera, egli soffre il peccato, senza amarlo, nè approvarlo.
La volontà antecedente è quella per la quale Iddio vuole una cosa considerata precisamente in sè stessa, e senza relazione a certe circostanze nelle quali egli non la vuole più. Per esempio, Dio vuole la salute di tutti gli uomini considerata in sè stessa, e pertanto egli non vuole la salute dei peccatori che non si    pentono.
La volontà conseguente è quella per la quale Dio vuole una cosa considerata relativamente a tutte le sue circostanze. Ed è per tal modo ch'ei vuole la salute de' predestinati.
Per la volontà assoluta, Dio vuole una cosa semplicemente e senza condizione. Per la volontà condizionale, ei la vuole sotto certe condizioni che mancano sovente. La volontà efficace ha sempre il suo effetto; la inefficace non ha il suo.» Biblioteca Sacra ovvero Dizionario universale delle Scienze ecclesiastiche, opera compilata dai Padri Richard e Giraud, trad. it., tomo VII, Milano 1833 pag. 250.


Gen. IV, 17: «Cognovit autem Cain uxorem suam, quae concepit, & peperit Henoch: & aedificavit civitatem, vocavitque nomen ejus ex nomine filii sui Henoch. — E Caino conobbe la sua moglie, la quale concepì, e partorì Henoch; ed egli fabbricò una città, a cui diede il nome di Henoch dal nome del suo figliuolo.»
Mons. A. Martini commenta in nota: «Vers. 17. Fabbricò una città ec. Questa senza dubbio è la città più antica, che fosse al mondo, Forse Caino prese il partito di edificarla per provvedere alla sua sicurezza nel timore, che avea continuamente, di essere ucciso. Ma qui non posso far a meno di riportare la bella riflessione di s. Agostino de civ. lib. XV. 8. Da que' due progenitori dell'umana stirpe, Caino, che apparteneva alla città degli uomini, fu il primo a nascere; Abele, che apparteneva alla città di Dio, venne dipoi. Così in tutto il genere umano prima nasce il cittadino di questo secolo, e di poi quello, che è pellegrino nel secolo, e alla città di Dio appartiene, essendo predestinato per grazia, per grazia eletto, per la grazia pellegrino quaggiù, per la grazia cittadino lassù... Sta scritto adunque di Caino, che egli edificò una città: Abele poi, come pellegrino, non ne edificò, perchè la città de' Santi è colassù, benchè quì ella si faccia de' cittadini. Vedi quello, che di Abramo scrive l'Apostolo, Hebr. XI. 8. 9. 10.» Vecchio Testamento secondo la Volgata ecc., tradotto ed annotato da Mons. Antonio Martini, tomo I, Roma 1784 pag. 44.


NOTE:

[1] Les Droits de l'homme et la loi naturelle, pag. 48, Éditions de la Maison Française, New York 1943, ed. cast. pag. 58 Editorial Dédalo. Bs. As 1961.
[2]  Theónas, deux. édit., Nouvelle Librairie Nationale, 1925, pag. 120.
[3]  Félicité Robert, detto de La Mennais e che, a partire dal 1827, firmava semplicemente Lamennais, nacque a Saint-Malo il 19 giugno 1782. Orfano dall'età di 5 anni, si formò da sè. A 10 anni aveva letto Rousseau. Su pressione del fratello Giovanni entrò in seminario e fu ordinato il 9 marzo 1816. Nella sua vita bisogna distinguere un periodo cattolico (1816-1834) ed un periodo non cattolico (1834-1854). Dapprima scrisse la sua famosa opera Saggio sull'indifferenza in materia di religione che secondo Lacordaire gli portò "in un sol giorno il potere di Bossuet". In quest'opera, sebbene infetta dall'errore del tradizionalismo, il cui rappresentante principale era Bonald, Lamennais difende la tesi cattolica della subordinazione dello Stato alla Chiesa; tale opera è considerata tipicamente ultramontana. Nel 1829 scrive I progressi della Rivoluzione e la guerra contro la Chiesa, in cui si evidenzia già la posizione liberale di Lamennais, la quale si affermerà nettamente nel giornale l’Avenir (16 ott. 1830 – 15 nov. 1831) in cui tra gli altri ebbe come collaboratori Lacordaire e Montalembert. Condannato da Gregorio XVI con la Mirari Vos, si sottomise in apparenza, ma a motivo della pubblicazione Parole di un credente, opuscolo demagogico ed empio, fu condannato espressamente da Singulari nos del 7 luglio 1834. Da allora si dedicò al socialismo e fu eletto deputato nel 1848. Morì il 1° marzo 1854, esteriormente impenitente e, secondo la propria volontà, il suo cadavere fu gettato nella fossa comune del Père-Lachaise.
[4]  De l’Avenir de la société, 28 giugno 1831, in Oeuvres complètes, Société belge de librairie, Bruxelles, 1839, tomo II, pag. 459.
[5]  Ibid., II, pag. 459.
[6] Christianisme et Démocratie, Editions de la Maison Française, New York, 1943, pag. 53; edición castellana, Biblioteca Nueva. Buenos Aires, 1955, pag. 58.
[7]  Quel che è evidenziato nelle citazioni è nostro se non altrimenti specificato.
[8]  Christ. et Dém., pag. 53; ed. cast., pag. 59.
[9] Les Droits, pag. 46; ed. cast., pag. 56.
[10] Ibid., II, pag. 460.
[11]  Ibid.
[12] Réligion et Culture, Desclée de Brouwer & Cie., Paris, 1930, pag. 33.
[13] Du Régime temporel et de la Liberté, Desclée de Brouwer, Paris, 1933, pagg. 32-34, 98-113, 139-159.
[14] Problemas espirituales y temporales de una Nueva Cristiandad, Ediciones Fides, Buenos Aires, 1936, pag. 114.
[15] Du Régime Temporel, pag. 98.
[16] Garrigou-Lagrange, O.P., De Revelatione, 2ª ed., pag. 629.
[17] Du Régime Temporel, pag. 147.
[18] Ibid., II, pag. 460.
[19] Les Droits, pag. 45; ed. cast. pag. 55.
[20] Christ. et Dém., pag. 53 e Les Droits, pag. 46.
[21] Ibid. II, pagg. 460-461.
[22] Les Droits, pag. 46; ed. cast. pag. 56.
[23] Réligion et Culture, pag. 30 ed anche passim in  tutte le sue opere.
[24] Les Droits, pag. 93-138; ed. cast. pagg. 139-167.
[25] El Pueblo, de Buenos Aires, 13/V/1945.
[26] Théonas, pag. 123.
[27]  III, cap. 37.
[28]  Réligion et Culture, pag. 39.
[29] Problemas espirituales y temporales de una Nueva Cristiandad, pag. 6.