lunedì 7 gennaio 2013

Sì Sì No No: L'influsso del marranesimo sul modernismo.

Sì Sì No No anno XXXVIII, n.° 18, 31 ottobre 2012.

 

MICKIEWICZ, FOGAZZARO, GALLARATI SCOTTI, RONCALLI, MONTINI & WOYTJLA

L'influsso del marranesimo sul modernismo

«Vogliamo tutti ordinare la nostra azione. Massoneria cattolica? Sì, Massoneria delle catacombe» (A. Fogazzaro, Il Santo, Milano, Baldini & Castoldi, 1905, p. 44).

«Bisogna lavorare a riformare il cattolicesimo romano in senso progressista e teosofico, mediante un Papa che si lasci convincere da queste idee» (Ib., p. 22).

L'influsso diretto del poeta polacco Mickiewicz [1] su Giovanni Paolo II è abbastanza conosciuto, mentre quello indiretto — tramite Gallarati Scotti — su Giovanni XXIII [2] e Paolo VI lo è molto meno.
In quest'articolo riprenderò e riassumerò ciò che già ho scritto riguardo a Mickiewicz e Wojtyla, e poi, mi soffermerò più diffusamente su Gallarati Scotti, sul lato occultistico di Fogazzaro, intimo amico del Gallarati,  e sull'amicizia di quest'ultimo con  Roncalli e Montini. Il tutto per capire quale causalità abbia esercitato l'esoterismo cabalistico e massonico sul modernismo, sul neomodernismo e  soprattutto sul Concilio Vaticano II ed il postconcilio [3].

Mickiewicz «profeta» degli «Ebrei Fratelli  Maggiori dei Cristiani»

Per quanto riguarda Wojtyla e Mickiewicz basti sapere che «Giovanni Paolo II, la sera stessa della sua elezione [16 ottobre 1978], salutava Adam Mickiewicz […] testimone della fede e della libertà» (La Croix, 27 ottobre 1979). Il poeta polacco «fu un uomo molto vicino al Giudaismo […] si dice che avesse origini ebraiche. In ogni caso fu un filo-semita sincero»  scrive Actualité Juive (n. 592, 31 dicembre 1998, p. 25). Anzi egli aveva addirittura «profetizzato» poeticamente che gli Ebrei sarebbero stati riconosciuti in futuro e pubblicamente «Fratelli maggiori dei Cristiani».
Infatti il cavallo di battaglia del pensiero poetico e profetico di  Mickiewicz è il concetto secondo cui «Israele è il Fratello maggiore dell'Europa […], del quale fatto, purtroppo il mondo ha perso la tradizione», che però — nella «profezia» del poeta polacco — è stata ritrovata (cfr. H. De Lubac, La posterité spirituelle de Joachim de Flore, Parigi, Lethielleux, 1981, II vol., p. 84; cfr. anche R. Buttiglione, Il pensiero di Karol Wojtyla, Milano, Jaca Book, 1982, p. 39, nota n. 8).
Come si può constatare, la tristemente famosa frase, che sorprese molti nel 1986, con la quale Giovanni Paolo II, nella sinagoga di Roma, salutò «gli Ebrei Fratelli maggiori» dei Cristiani deriva da Mickiewicz, il quale era vissuto circa cento anni prima († 1855) e più volte aveva definito gli ebrei «fratelli maggiori» (cfr. L. Quercioli Mincer, La contesa sulle origini ebraiche di Mickiewicz, in «La Rassegna  Mensile di Israel», 1999, n. 1°, pp. 29-49; R. Ascarelli — K. Davidovicz, Along the road to Easu. Studies on Jakob Frank and Frankism, Arezzo, Bibliotheca Aretina, 2011).
Questa frase è stata peggiorata, in senso giudaizzante, da Benedetto XVI, il quale ha definito gli «Ebrei Padri dei Cristiani nella Fede» (Benedetto XVI, Luce del mondo, Città del Vaticano, LEV, 2010). Con il Pontificato di papa Ratzinger si è così passati  — in maniera molto soffice quanto al modo, ma molto radicale quanto alla sostanza — da «Ebrei Fratelli» a «Ebrei Padri» dei Cristiani. Il che è inconciliabile con il Vangelo, nel quale Nostro Signore Gesù ha rivelato riguardo agli Ebrei  che non hanno accettato il Cristianesimo: «voi avete per padre il diavolo» (Gv., VIII, 43). Ci sarebbe da osservare che, se con Wojtyla i «figli del diavolo» erano  nostri «Fratelli», e quindi vi sarebbe una parentela solamente laterale con essi, che non avrebbe intaccato direttamente noi Cristiani; per Ratzinger essi sono addirittura i nostri «Padri» e perciò noi Cristiani avremmo una parentela verticalmente e direttamente discendente con loro ed avremmo per «nonno» il diavolo, essendo figli dei «figli del diavolo».
Purtroppo già da cardinale Joseph Ratzinger aveva scritto: «Compito del Popolo eletto è […] donare il loro Dio, il Dio unico e vero a tutti gli altri popoli, e in realtà noi Cristiani siamo eredi della loro Fede nell'unico Dio» (L'Osservatore Romano, 29 dicembre 2000, p. 1, «L'eredità di Abramo dono di Natale»). Ora la Fede dei Cristiani non si limita all'unità di Dio, ma ha due misteri principali rivelati da Dio, che né gli ebrei né i mussulmani (che molto hanno preso dal giudaismo) accettano: 1) la Santissima Trinità: nell'unica Natura divina vi sono Tre Persone uguali e distinte, Padre, Figlio e Spirito Santo; 2) Incarnazione, passione e morte del Figlio, fatto uomo nel seno della Vergine Maria per opera dello Spirito Santo.
La fede dell'Ebraismo incredulo è una fede deviata dalla fede di Abramo o dei cristiani («perfidiam» da «per» = deviata, «Fidem» = Fede). Se fosse vera, il Cristianesimo sarebbe un' idolatria (un uomo di nome Gesù adorato come Dio dai Cristiani) ed un politeismo (Tre Persone non divine in una Natura non divina, adorate come divine nell'Unità della Natura divina).

Il marranesimo di Frank

«Mickiewicz testimonia chiaramente la sua discendenza frankista [da parte materna, nda] […]. Le origini frankiste di Mickiewicz erano ben note alla comunità ebraica di Varsavia […] anche i genitori della moglie del poeta provenivano entrambi da famiglie frankiste» scrive l'Encyclopedia Judaica (voce Frank Jacob, Jerusalem, 1971). Ma cos'è il Frankismo?
Jacob Frank († 1791) era un marrano, cioè un ebreo apparentemente fattosi cattolico. Può essere considerato un precursore del modernismo, in quanto come i modernisti non volle uscire pubblicamente dalla Chiesa, ma restare apparentemente in essa, pur non condividendone interiormente il Credo, e ciò per cambiarla dall'interno. Lo storico Arthur Mandel cita la seguente frase di Frank: «noi dobbiamo accettare esteriormente la religione cristiana per sembrare, in pubblico, cristiani […] tuttavia non dobbiamo mischiarci con i veri cristiani» (A. Mandel, Il Messia militante, Milano, Arché, 1984, p. 84). A sua volta Frank si ricollegava al falso messia Shabbataj Zevi [4] († 1676), fondatore del Sabbatianesimo e del quale Frank asseriva di essere la reincarnazione.
Il Frankismo, che ha influenzato direttamente Mickiewicz e Giovanni Paolo II, non è morto nel XVIII secolo con Jacob Frank († 1791), ma dura ancora ai giorni nostri. Infatti lo studioso polacco Jan Doktòr nel 2008 ha scritto: «qualche anno fa ho incontrato a Varsavia Jan Kaplinski […], un discendente del genero di Jacob Frank. Egli mi ha detto di aver incontrato qui dei discendenti di altre famiglie frankiste» (J. Doktòr, Il Frankismo e le sue metamorfosi, in «Un ebreo resta sempre un ebreo». Vicende dell'Ebraismo e del Messianesimo nella cultura polacca, a cura di L. Qercioli Mincer, Arezzo, Bibliotheca Aretina, 2008).
«La strategia di Frank consisteva nel tentativo di convincere i «sabbatiani» [ i seguaci di Shabbataj Zevi, nda] dell'Europa orientale a convertirsi [apparentemente, nda] al Cristianesimo. […]. Frank si mise a capo di un vasto gruppo di «sabbatiani», riuscendo a convincere, nel 1759, un consistente numero di ebrei a convertirsi [apparentemente e non realmente, nda] al Cristianesimo» (Pawel Maciejko, Falsi messia e veri ciarlatani, in Along the road to Esau …, cit., Arezzo, 2011, pp. 88-89).
La storia ci mostra come il tentativo di giudaizzare il Cristianesimo è stato iniziato sin dai primi tempi (v. Concilio di Gerusalemme, 50 d. C.), è proseguito nel corso dei secoli — tramite le prime grandi eresie Trinitarie e Cristologiche — è scoppiato con la vicenda dei Marrani in Spagna espulsi nel 1492, ha ripreso vigore con Shabbataj Zevi e Frank (XVII—XVIII sec.) e, tramite Mickiewicz (Ottocento) ed il modernismo classico del primo Novecento (Gallarati Scotti e Fogazzaro), è penetrato — con il neomodernismo della seconda metà del Novecento — in ambiente ecclesiale (Roncalli, Montini, Wojtyla e Ratzinger) e sembra aver trionfato nella battaglia attuale, anche se non può vincere la guerra definitiva, data la promessa di Gesù: «Le porte dell'Inferno non prevarranno!».

Gallarati Scotti: la «consolazione» del Vaticano II

Per quanto riguarda Gallarati Scotti, che ha influito su papa Roncalli e papa Montini, si sa che anch'egli stimava e conosceva il pensiero frankista di Mickiewicz ed era ammaestrato nell'occultismo da Fogazzaro. Infatti Nicola Raponi (dell'Università Cattolica di Milano) nel Dizionario Storico del Movimento Cattolico in Italia 1860-1980 diretto da F. Traniello — G. Campanini (voce Gallarati Scotti, Torino, Marietti, vol. II, I Protagonisti, 1982, pp. 215-222) scrive che Tommaso Fulco Gallarati Scotti († 1966) fu «l'esponente di primo piano del pensiero cattolico liberale, ch'egli accentuò in senso fortemente democratico» (Ibidem, p. 215). Il Gallarati è famoso soprattutto per essere stato il maître à pénser del giovane Giovanni Battista Montini, divenuto nel 1963 papa Paolo VI († 1978), ed amico intimo del di lui padre.
Gallarati Scotti non solo era un cattolico liberale, appartenente a quella categoria filosofica condannata costantemente da Gregorio XVI († 1846) sino a Pio XII († 1958), ma per di più era un estremista del cattolicesimo liberale, corretto con un pizzico di modernismo. Infatti, oltre ad aver «corretto il cattolicesimo liberale in senso fortemente democratico» (Ivi), ossia con il modernismo sociale, egli conobbe «filosofi e studiosi come Blondel, Laberthonnière, Loisy [5], Tyrrel, Duchesne, Sabatier […] e sin dal 1898 s'era incontrato con il Fogazzaro e tra i due si stabilì presto un rapporto che […] fu da amico ad amico. […]. Il pensiero di Gallarati Scotti deriva da un profondo inserimento nella tradizione risorgimentale […] per il contributo di uomini come Rosmini [6] e Gioberti […]. Durante gli anni dell'università Gallarati Scotti era entrato in relazione con non pochi giovani intellettuali che partecipavano al moto di rinnovamento culturale religioso e politico [il modernismo, nda] del mondo cattolico: G. Salvadori, G. Genocchi, R. Murri, S. Minocchi, E. Buonaiuti. […]. Gli anni successivi alla laurea furono un periodo di grande attività […]; studia gli scrittori del Risorgimento: Gioberti e Mazzini, segue le lezioni di filosofia rosminiana. […]. Il suo itinerario spirituale ed intellettuale non andò esente da difficoltà e da momenti di crisi, acuiti dal contrasto con taluni maestri di gioventù come Achille Ratti [il futuro Pio XI] e dalle critiche della Civiltà Cattolica. […]. Il suo contributo più originale è nella sintesi che egli riesce ad operare tra il patrimonio della tradizione cattolico-liberale e le istanze dei giovani democratico-cristiani da una parte, e del riformismo religioso  dei modernisti dall'altra. Nell'estate del 1905 si colloca anche l'incontro del Gallarati Scotti con Marc Sangnier e gli ambienti del Sillon a Parigi [….]» (Ib., pp. 216-217). Questo movimento sarà condannato nel 1910 da S. Pio X.
Per quanto riguarda Mickiewicz, all'inizio del 1907 Gallarati Scotti diede vita alla rivista Il Rinnovamento, «una delle voci più autorevoli ed elevate del movimento modernista» (Ib., p. 218). Su tale rivista egli pubblicò alcuni articoli tra i quali colpisce «Una pagina di Mickiewicz». Nicola Raponi commenta: «nel saggio su Mickiewicz egli sottolineava i motivi religiosi ed il carattere profetico del poeta e patriota polacco» (Ib., p. 218). Ora la «profezia» di Mickiewicz sugli Ebrei, come già visto, riguardava la loro primogenitura rispetto ai Cristiani, che sarebbe stata riconosciuta anche da quest'ultimi.

Verso la fine della sua vita — scrive il Raponi — Gallarati Scotti «ebbe la soddisfazione di godere della benevolenza e dell'amicizia di papa Giovanni e del cardinal Montini» (Ib., p. 221). Veramente l'amicizia con Montini era di vecchia data: il futuro Paolo VI, da giovane Sacerdote, era l'unico ecclesiastico che frequentava il salotto modernista di Gallarati Scotti. Quanto alla «soddisfazione» di quest'ultimo, L'Osservatore Romano del 7 luglio 1976, a dieci anni dalla sua morte, scriveva: «Negli ultimi anni, una grande consolazione gli venne dal Concilio Vaticano II perché sentì che le amarezze provate da giovane [modernista] non erano state sofferte invano: la Chiesa si avviava per un cammino aspro e difficile, in cui però tante cose, allora auspicate, divenivano realtà viva». Come dubitarne? È L'Osservatore Romano, sotto Paolo VI, a confessarlo: il Vaticano II, ha aperto non tanto al mondo quanto al modernismo.

Gallarati Scotti e Fogazzaro

I nomi dei modernisti, dei cattoliberali, dei democristiani — quasi tutti condannati e persino scomunicati — amici di Gallarati fatti da Nicola Raponi sono significativi. Tuttavia mi vorrei soffermare un po' più a lungo, come sopra scritto, sulla figura di Adam Mickiewicz († 1855), che unisce il Gallarati († 1966) ed Antonio Fogazzaro († 1911) — di cui Gallarati fu il miglior amico e biografo, avendo scritto La vita di Antonio Fogazzaro nel 1920 (Milano, Baldini & Castoldi), ristampata da Mondadori di Milano nel 1963 — a Giovanni XXIII († 1963), a Paolo VI († 1978), dei quali il Gallarati fu amico, e a Giovanni Paolo II († 2005), la cui ammirazione per Mickiewicz è abbastanza conosciuta, mentre l'influenza di Mickiewicz su Roncalli e Montini, tramite Gallarati Scotti, lo è molto meno.
Per quanto riguarda Fogazzaro, il padre gesuita Gioacchino Ambrosini ha scritto un libro molto interessante intitolato Occultismo e Modernismo (Bologna, Tipografia Arcivescovile, 1907) in cui dimostra come le «origini occulte del Modernismo» siano da ricercare in «certe occulte attinenze all'odierno movimento quale viene espresso nel Santo di Fogazzaro» (Ibidem, p. 1).
Gesù ha rivelato: «Hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie» (Gv. III, 19) e la Chiesa, conseguentemente, ha condannato ogni forma di occultismo o Società segreta. Perciò — ed anche per le sue idee modernistiche — il romanzo Il Santo (1905) fu messo all'Indice dei libri proibiti nel 1906 appena un anno dopo la sua pubblicazione. Il Fogazzaro si sottomise subito e apparentemente, ma appena cinque anni dopo, nel suo romanzo successivo, al quale aveva cominciato a lavorare subito dopo il 1906, Leila del 1911, anno stesso della morte dell'autore, «riprese posizioni moderniste analoghe, ed anche questo [romanzo] fu posto all'Indice» («Enciclopedia Cattolica», voce Fogazzaro Antonio, Città del Vaticano, 1950, vol. V, col. 1459). Questa volta Fogazzaro non fece in tempo a sottomettersi perché morì.
Da vero modernista egli aveva sempre fatto finta di sottomettersi, ma in realtà non aveva mai cambiato opinione. È la stessa tattica del marranesimo, del giansenismo e particolarmente, per quel che ci riguarda qui, di Shabbataj Zevi († 1676), Jacob Frank († 1791), Adam Mickiewicz († 1855) e Gallarati Scotti, che, da perfetto modernista, rimproverava Romolo Murri († 1944) ed Ernesto Buonaiuti († 1946), scomunicati perché non sottomessisi, di non aver avuto maggior prudenza e simulazione per poter restare dentro la Chiesa e lavorare alla sua trasformazione dall'interno e segretamente (cfr. N. Raponi, Cit.).
«La sottomissione dello Scotti, [... ] ricorda quella del Fogazzaro, da lui ammirato, [... ], ma va ricordato che lo Scotti stesso dichiarava di voler restare "cristianamente libero nella vita religiosa e ghibellino in politica"» (lettera a mons. Bonomelli, del dicembre 1908» (E. Passarin D'Entrèves, «I cattolici liberali», in «Dizionario Storico del Movimento Cattolico in Italia», diretto da F. Traniello — G. Campanini Torino, Marietti, 1981, vol. I, tomo 2, p. 7).
Recentemente padre Giovanni Sale su La Civiltà Cattolica (2 aprile 2011) ha messo in luce il rapporto di Fogazzaro e Rosmini con il Modernismo. L'articolo — in riferimento a Fogazzaro — è intitolato «Un cattolico liberale e modernista», e il solo titolo dice già quasi tutto. Padre Sale mette bene in luce il rapporto di paternità intellettuale e spirituale di Antonio Rosmini su Fogazzaro. Inoltre, concorda p. Sale, il primo e il più esaustivo biografo di Fogazzaro è stato Gallarati Scotti, che «mise in evidenza l'ascendenza cattolico-liberale dello scrittore vicentino [Fogazzaro, nda] e la sua formazione culturale decisamente rosminiana» (Ib., p. 10).
Ma non è tutto. Infatti, Fogazzaro «fu tra i primi in Europa ad interessarsi della psiche umana, aprendo la strada a Bergson, a Freud e alla cosiddetta letteratura dell'interiorità [o psicoanalisi, nda]» (Ib., p. 9) [7]. Inoltre p. Sale mette bene in luce come la pubblicazione e l'ampia diffusione de Il Santo «confermò in molti uomini di Chiesa la convinzione che si stava preparando da parte di un gruppo di novatori radicali un attacco frontale contro la dottrina tradizionale cattolica [...]. Essi erano considerati alla stregua di una "Massoneria cattolica" [...] volta a trasformare dall'interno l'apparato ecclesiastico» (Ib., p. 13). Infatti Fogazzaro in persona aveva scritto nel suo romanzo Il Santo: «Vogliamo tutti ordinare la nostra azione. Massoneria cattolica? Sì, Massoneria delle catacombe» (Milano, Baldini& Castoldi, 1905, p. 44). Non a caso San Pio X definì il Modernismo «clandestinum foedus» (Motu proprio, Sacrorum Antistitum, 1° settembre 1910), ossia «una setta segreta», proprio come la Massoneria.

Sulla «via del ghetto»

Padre Ambrosini, dal canto suo, ha scorto alla fonte degli errori modernistici di Fogazzaro la dottrina segreta ed occultistica della Teosofia fondata da Elena Blavatsky nel 1875 a New York. La Teosofia, spiega p. Ambrosini, «attinge alle fonti massoniche e specialmente all'insegnamento del noto cabalista Eliphas Levi» (Ib., p. 8). La Blavatsky, mediante la dottrina teosofica, cabalistica e massonica, «si proponeva di fondere assieme tutte le religioni e costruire una grande fratellanza umana su tutta la terra» (Ib., p. 13). Per giungere a tale scopo, secondo Fogazzaro messosi alla scuola della Cabala e della Teosofia, «bisogna lavorare a riformare il cattolicesimo romano in senso progressista e teosofico, mediante un Papa che si lasci convincere da queste idee» (Ib., p. 22). Inoltre la Teosofia «addita ai Cristiani e specialmente ai Cattolici, come unica via per avviarsi ed attingere al più alto Cristianesimo la via del Ghetto» (Ib., p. 233). Semper idem! Il proverbio «tutte le strade portano a Roma», si può parafrasare così: «tutte le vie del Ghetto partono contro Roma».
Come si evince da quanto scritto la dottrina sugli «Ebrei Fratelli maggiori» (Giovanni Paolo II, 1986) o «Padri dei Cristiani» (Benedetto XVI, 2010) era già contenuta non solo in Mickiewicz, ma anche in Fogazzaro. Da costoro l'hanno poi ripresa — tramite Gallarati Scotti — Roncalli, Montini, Wojtyla e Ratzinger. Il tutto getta una luce inquietante sulla nuova dottrina del Concilio Vaticano II circa l'Ebraismo (Giovanni XXIII e Paolo VI: Nostra aetate) e del postconcilio (Giovanni Paolo II: Magonza, 1980; Roma, 1986; Benedetto XVI: Città del Vaticano, 2010), dottrina in rottura totale ed aperta con la Tradizione apostolica.
È un fatto evidente che il piano di Mickiewicz, della Blatavsky e di Eliphas Levi si è realizzato con Giovanni XXIII e Paolo VI, amici e «figli intellettuali» di Gallarati Scotti, intimo confidente di Fogazzaro, con Giovanni Paolo II, discepolo di Mickiewicz, con Benedetto XVI, studioso di Buber e Lévinas. Ora «contro il fatto non vale l'argomento». Purtroppo l'insano legame, indiretto e remoto, tra Mickiewicz e Gallarati Scotti e diretto e prossimo tra quest'ultimo e Fogazzaro e tra lo Scotti e Roncalli/Montini ha dato i frutti sperati dalla Teosofia: il Concilio Vaticano II e il postconcilio, Ratzinger compreso, alla scuola dello Chassidismo o cabalismo di massa di Lévinas e Buber ovvero sulla «via del Ghetto».

Il carattere satanico del modernismo

Mons. Antonino Romeo spiega che la Massoneria, ispirata dal Giudaismo talmudico, è la «contro-chiesa universale», la quale da oltre duecento anni pianifica gli avvenimenti politici, economici e militari, dai quali dipendono le sorti dei popoli. Infatti nella storia umana si constata «una direttiva di marcia costante, che tende al «progresso» incontrollabile, alla religione della natura, esclusa ogni religione o morale positiva. La lotta è condotta soprattutto contro il Cattolicesimo, caduto il quale, il Cristianesimo non sarà più che un simbolo o un ricordo» (voce «Satanismo», in «Enciclopedia Cattolica», Città del Vaticano, 1953, vol. X , col. 1959). I Padri della Chiesa parlano di una sorta di «Corpo mistico di Satana», che scimmiotta il «Corpo mistico di Cristo». San Gregorio Magno scrive: «certamente il diavolo è capo di tutti gli iniqui; e tutti gli iniqui sono membra di questo capo» (Moralia, IV, 14). Non c'è quindi da stupirsi se all'origine del modernismo, della massoneria, della cabala e dell'occultismo vi è la direzione oscura, tenebrosa e segreta di Satana e della sua «Sinagoga» (Apoc., II, 9).
Pio XII ha insegnato che «il satanismo più profondo è l'apoteosi dell'uomo» (Radiomessaggio natalizio, 24 dicembre 1952, nn. 12-30). Anche San Pio X nella sua prima Enciclica aveva insegnato che il carattere distintivo dell'Anticristo finale è «il culto dell'uomo» (E supremi apostolatus cathedra, 1904).
Ora, la natura del modernismo è intimamente connessa con l'errore filosofico dell'Idealismo, il quale è l'esaltazione del Soggetto pensante o dell'Idea assoluta hegeliana, che identifica l'umano con il divino e viceversa. Ora l'Idealismo, in quanto «apoteosi del Soggetto umano pensante», ha notevoli e stretti punti di contatto con il Satanismo ed il Luciferismo anticristico. Quindi il Modernismo, che aggrava l'errore filosofico idealistico, rendendolo teologico e preternaturalmente immanentistico, ha punti di contatto ancora più forti, intimi e stretti con il Satanismo anticristico e luciferiano.
Michele Federico Sciacca ha scritto: «Il modernismo è un'eresia nata da quella negazione in toto del Cristianesimo, che è l'Idealismo moderno» (L'Idealismo moderno, in Eresie del secolo, Assisi, Pro civitate, III ed., 1954, p. 49). Ora per il Cristianesimo l'alternativa radicale è «o Dio o l'Io» (S. Agostino), mentre per la modernità filosofica (Idealismo) e teologica (Modernismo) l'Io precede Dio, anzi «dio» è un prodotto dell'Io assoluto, e questa «apoteosi dell'uomo», come insegna Pio XII (24 dicembre 1952), è «il vertice del Satanismo» (cfr. Egon Von Petersdorff, Demonologia. Le forze occulte ieri e oggi, Milano, Leonardo Mondadori, 1995). Perciò non facciamoci illusioni: l'errore neomodernistico della nouvelle théologie del Concilio Vaticano II e del postconcilio è molto. profondo, tenebroso, segreto, occulto, addirittura satanico.
Se prendiamo, ad esempio, in esame la Riforma della Messa derivata dalla nuova teologia del Concilio Vaticano II, il Novus Ordo Missae del 1970, ebbene essa è la definizione del peccato calata nella liturgia: «Peccatum est aversio a Deo et conversio ad creaturas». Ora con la nuova Messa di Paolo VI si volgono le spalle al Signore («aversio a Deo») e ci si rivolge ad populum («conversio ad creaturas»), mentre con la Messa di Tradizione apostolica si è rivolti ad Dominum come Fine ultimo di ogni uomo. Non è un caso se l'orientamento della celebrazione della nuova Messa deve necessariamente essere ad populum: questa nuova e ribaltata maniera di celebrare è frutto di una nuova e ribaltata teologia, che pone l'Uomo al posto di Dio, cercando di far coincidere antropocentrismo e teocentrismo.

RIASSUMENDO

Qual è la lezione pratica da trarre da tutto ciò?
1°) Innanzi tutto non scoraggiarsi: «le porte dell'Inferno non prevarranno!»; ce lo ha promesso formalmente Gesù, vero Dio e vero uomo; 2°) inoltre occorre studiare la tattica che ha impiegato il nemico per «infiltrare il fumo di Satana sin dentro la Chiesa» (Paolo VI) e non cadere nel trabocchetto che oggi viene teso agli ultimi resistenti e cattolici integrali: «Historia magistra vitae», «mala praevisa minus feriunt» e «conoscere per combattere»; 3°) Mickiewicz (discepolo di Zevi e Frank) ha lanciato, con un piano ben congegnato perdurante cento anni di penetrazione, l'ultimo grande assalto del marranesimo contro la Chiesa di Cristo, servendosi dello slogan «Ebrei fratelli maggiori dei Cristiani» come «cavallo di Troia» nella Città di Dio; 4°) Mickiewicz ha influito direttamente su Giovanni Paolo II, che, essendo polacco, conosceva il suo pensiero e se ne era impregnato; infatti non appena eletto (16 ottobre 1978) nel suo primo discorso alla folla radunata in Piazza San Pietro citò genericamente il profetismo patriottico-religioso di Mickiewicz, poi nel 1980 a Magonza parlò di «Antica Alleanza mai revocata» [8], infine nel 1986 a Roma riecheggiando Mickiewicz affermò che gli «Ebrei sono fratelli maggiori dei Cristiani nella Fede di Abramo»; 5°) Mickiewicz ha influito indirettamente su Roncalli e Montini, tramite il loro «maestro» Gallarati Scotti, che nei primi anni del Novecento aveva dedicato un lungo articolo a Mickiewicz e nel 1920 aveva scritto la biografia di Fogazzaro. Tale influsso ha prodotto la Dichiarazione Nostra aetate del Concilio Vaticano II e la nuova preghiera del Venerdì Santo «pro judaeis» riformata da Paolo VI nel 1970 sull'Ebraismo incredulo con il quale Dio sarebbe, secondo papa Montini, ancora in Alleanza; 6°) Fogazzaro, intimo amico di Tommaso Gallarati Scotti, si era formato alla Teosofia di Elena Blatavsky, alla Cabala di Eliphas Levi e all'occultismo frammassonico, lanciando l'idea della «Massoneria cattolica» (come ha scritto nel suo romanzo Il Santo del 1905) per cambiare la Chiesa dal di dentro, senza mai uscirne, e, se condannati, fingere di sottomettersi esteriormente per continuare segretamente e modernisticamente il lavoro d'infiltrazione dell'ambiente cattolico dall'interno e giungere — come voleva la Carboneria — ad avere «un Papa secondo i nostri desideri».

Conclusione

Umanamente parlando, la situazione è disperata, le forze del male sono entrate nell'ambiente cattolico, hanno conquistato i posti chiave ed hanno ottenuto «un Papa secondo i loro desideri e pensieri», a partire da Giovanni XXIII sino a Benedetto XVI. Ma la fede insegna e la storia della Chiesa sta a confermarlo che proprio quando tutto sembra crollare, Dio sorge e risolleva la sua Chiesa. L'unica Speranza soprannaturale è l'azione onnipotente, giusta e misericordiosa di Dio. Tuttavia non dimentichiamoci che noi uomini siamo chiamati a cooperare, pur secondariamente, con la Grazia divina. Per far ciò occorre studiare e conoscere il nemico, che oggi ha toccato il vertice del suo influsso nefasto sulla Chiesa di Dio. Poi occorre combatterlo, innanzi tutto vivendo in Grazia di Dio e poi agendo diametralmente contro i suoi trabocchetti, che sotto apparenza di bene ci porterebbero all'apostasia e alla diserzione. Questi trabocchetti sono principalmente deviazioni dottrinali (esoterismo, marranesimo, massonismo, cabalismo, modernismo e soprattutto il nemico fin dagli inizi di Cristo e della sua Chiesa: il giudaismo postbiblico). Che la Madonna vincitrice di tutte le eresie possa aiutarci a schiacciare il capo del serpente infernale, che è il diavolo e satana, e dei suoi suppositi principali che sono l'Ebraismo e la Massoneria. «Ipsa conteret caput tuum!».
«Questa è l'ora del potere delle tenebre», ma è anche e soprattutto l'ora di Maria: se siamo veri devoti della Madonna potremo riportar vittoria sulla «Sinagoga di Satana» (Apoc., II, 9), essendo noi il calcagno con cui Maria schiaccia il capo a satana, e così contribuire alla restaurazione della Chiesa di Dio. «Gaude, Virgo Maria, quia cunctas haereses contrivisti in universo mundo!».
 
Placidus
 
 
 
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Matth. VII, 15-16: «Attendite a falsis prophetis; qui veniunt ad vos in vestimentis ovium: intrinsecus autem sunt lupi rapaces. A fructibus eorum cognoscetis eos. Numquid colligunt de spinis uvas, aut de tribulis ficus? - Guardatevi da' falsi profeti, che vengono da voi vestiti da pecore: ma al di dentro sono lupi rapaci. Li riconoscerete da' loro frutti. Si coglie forse uva dalle spine, o fichi da' triboli?»
Mons. Martini commenta: «Vers. 15. 16. Guardatevi da' falsi profeti, ec. Non vi fidate leggermente di tutti coloro, i quali si offerissero a voi per guide nella via stretta della salute. Havvene di quelli, i quali sotto mentita semplicità e sotto le esteriori dimostrazioni di pietà nascondono il genio crudele di divorare le pecorelle del Signore. Li distinguerete da' veri pastori a' loro frutti. Per questi falsi maestri s'intendono principalmente gli eretici.» Nuovo Testamento del S.N.G.C. secondo la Volgata ecc., tradotto ed annotato da Mons. Antonio Martini, tomo I, Firenze 1788, pag. 77-78.


Sopra: brano che documenta il luciferismo della Blavatsky. Sotto: simbolo della teosofia tratto dal frontespizio dell'edizione del 1938 di "The secret doctrine".
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NOTE:

[1] A. Mickiewicz, Scritti politici, a cura di M. Bersano Begey, Torino, Utet, 2ª ed. 1965.
[2] Giovanni XXIII assieme al card. Augustin Bea e al membro del Bené Berith (la Massoneria ebraica) Jules Marx Isaac ha iniziato la revisione dell'insegnamento cattolico tradizionale sull'Ebraismo talmudico nel 1960; la revisione è sfociata nella Dichiarazione conciliare Nostra aetate del 28 ottobre 1965, promulgata da Paolo VI (cfr. C. Nitoglia, Gnosi e Gnosticismo, Paganesimo e Giudaismo, Brescia, Cavinato, 2006, pp. 59-124).
Si legga, inoltre, la preghiera del Venerdì Santo «Oremus pro Judaeis» del Messale Romano riformato da Paolo VI nel 1970: «Preghiamo per gli Ebrei: il Signore Dio nostro, che li scelse primi tra tutti gli uomini ad accogliere la sua parola, li aiuti a progredire sempre nell'amore del suo nome e nella fedeltà alla sua Alleanza. Dio onnipotente ed eterno, che hai fatto le tue promesse ad Abramo e alla sua discendenza, ascolta la preghiera della tua Chiesa, perché il popolo primogenito della tua Alleanza possa giungere alla pienezza della Redenzione».
Non una sola parola sulla sostituzione della Nuova ed Eterna Alleanza all'Antica Alleanza, anzi si lascia intendere che l'Antica Alleanza sia ancora in vigore e che gli ebrei, che non hanno creduto in Gesù Cristo persevirino nell' «amore» a Dio che li prescelse e nella «fedeltà alla Sua alleanza». Questa preghiera di Paolo VI è stata poi ripresa ed esplicitata da Giovanni Paolo II nel 1980 a Magonza nel suo discorso su «il popolo dell'Antica Alleanza mai revocata». Il discorso di Giovanni Paolo II era già contenuto nella Preghiera di Paolo VI e questa in Nostra aetate.
[3] Per quanto riguarda il Novus Ordo Missae promulgato da Paolo VI nel 1970, il mensile «30 Giorni» vicino a «Comunione e Liberazione» (n. 6 del 1992) non esitava di titolare apertamente: «La Massoneria e l'applicazione della Riforma liturgica». Inoltre il mensile conteneva all'interno un «dossier liturgia» di 16 pagine a cura di Andrea Tornielli, in cui l'Autore citava la famosa lettera che il 14 luglio del 1964 il Gran Maestro della Massoneria del Grand'Oriente d'Italia inviò a mons. Annibale Bugnini (chiamato in codice «Buan»), che fu l'estensore materiale della Messa riformata formalmente da Paolo VI. La lettera invitava Bugnini a «diffondere la scristianizzazione  mediante la confusione dei riti e delle lingue» (Ib., p. 43). A questa lettera, sempre secondo l'articolista Tornielli, il Bugnini avrebbe risposto il 2 luglio del 1967.
Come si vede, la deriva massonica della nuova Messa di Paolo VI è cosa ammessa comunemente anche in ambiente «conciliare». Infatti è nota a tutti la filiazione di «CL» da Hans Urs von Balthasar, De Lubac e Joseph Ratzinger, che nel 1971 dettero via alla rivista «Communio» (diretta in Italia da mons. Rino Fisichella e dal card. Angelo Scola) il cui modernismo mitigato rivaleggiava con il modernismo radicale della rivista «Concilium» fondata e diretta da Karl Rahner durante il Concilio Vaticano II.
[4] Cfr. C. Nitoglia, L'Esoterismo, Verrua Savoia (TO), CLS, 2002, p. 116; sul marranesimo ebraico cfr. anche C. Roth, Storia dei Marrani, Milano, Serra e Riva, 1991; L. Poliakov, Storia dell'antisemitismo, Firenze, La Nuova Italia, 1974, vol. II; sul «marranesimo» dei Protestanti cfr. C. Ginzburg, Il nicomedismo. Simulazione e dissimulazione religiosa nell'Europa del '500, Torino, Einaudi, 1970; D. Cantimori, Eretici italiani del Cinquecento, Firenze, 1939; sul «marranesimo» dei Modernisti cfr. A. Besnard, Les Religions. Les dictionnaires du savoir moderne, voce Modernisme, a cura di J. Chevalier, Parigi, 1972.
[5] Per Alfred Loisy «Gesù ebreo è la formula magica e non dogmatica per capire il vero Cristianesimo» (R. Fontana, Aimé Pallière. Un «cristiano» a servizio d'Israele, Milano, Ancora, 2001, p. 107). Anche qui «nihil sub sole novi!»
[6] La Civiltà Cattolica (1920, n. 3, pp. 64 ss.) rimproverò a Gallarati Scotti «il rosminianesimo e il liberalismo cavouriano» (N. Raponi, cit., p. 220).
[7] La questione se Fogazzaro sia stato un catto-liberale, un demo-cristiano o un modernista è stata ampiamente dibattuta, ed abbiamo visto che anche Nicola Raponi se ne è occupato. In realtà vi sono diverse opinioni, per esempio F. Bandini — F. Finotti, Antonio Fogazzaro. Le opere e i tempi (Vicenza, Accademia Olimpica, 1994), sostengono che «Fogazzaro non è un modernista, ma un coerente cattolico-liberale, discepolo di Rosmini» (p. 11). Invece P. Scoppola, Crisi modernista e rinnovamento cattolico in Italia (Bologna, Il Mulino, 1961) ritiene che «Fogazzaro è l'elemento di unione e di passaggio tra cattolicesimo liberale declinante ed il nuovo riformismo cattolico [il Modernismo, nda]«» (p. 11). Infine P. Maragon, Il modernismo di Antonio Fogazzaro (Bologna, Il Mulino, 1998), asserisce che se ne debba affermare «la piena appartenenza al movimento modernista» (p. 11). La tesi di Piero Scoppola sembra la più verosimile.
[8] Invece la Chiesa nell'Inno dei Vespri del Sacro Cuore, canta così: «O Cuore di Gesù, arca che contiene non più la Legge di servitù dell'Antica Alleanza [...]: Cuore, santuario inviolato della Nuova Alleanza, più santo del Vecchio Tempio di Gerusalemme e più utile del velo del «sancta sanctorum» scisso oramai in due parti».