sabato 19 gennaio 2013

Francesco II Colonnello degli Ulani

File:Francesco II di Borbone anziano.jpg


Tempo fa mi è capitato di imbattermi nella vecchia foto sopra riprodotta e, riguardandola attentamente, mi sopraggiunse un groppo alla gola: da ragazzo e non poco tempo fa, amavo collezionare vecchi cimeli fotografici che riponevo accuratamente nella vecchia scatola di latta di biscotti tra le quali la collezione dei più famosi Ufficiali della K.u.K. Armee (Armata Imperi...al Regia di Austria ed Ungheria), ambita eredità lasciatami da mio nonno come premio di essere il suo unico nipote maschio (mio fratello nascerà qualche anno dopo la sua morte), vecchio Ufficiale di Gendarmeria di quest’Armata con cui difese con onore il prestigio del suo Imperatore sui campi di Russia e di Galizia e che poi finì la sua onorata carriera di Gendarme qualche anno dopo la fine della II guerra mondiale col grado di Colonnello dopo che gli era toccato di andare a combattere di nuovo in Russia ma stavolta non per il suo amato Imperatore ma sotto la bandiera di una Germania che intendeva espandersi in tutta Europa, idea che non sarà mai ben digerita da un vero Austriaco (tant’è, gli toccò e ci andò e gli andò pure bene visto che anni dopo potette pure raccontarmelo). Sotto le foto del Principe Eugenio ben piantato sul suo cavallo rampante, di quella dell’Arciduca Carlo che inneggia alla carica brandendo la Bandiera con l’aquila dalle due teste, del Maresciallo Radetzky a mezzobusto, di Francesco Giuseppe con la sua lisa uniforme (ma lui, come diceva sempre mio nonno, l’uniforme non la cambiava mai perché non amava gli sprechi e la sfruttava fieramente finché si poteva eccedendo generosamente in toppe e rammendi) e di decine di altre ancora sotto, dicevo, c’era quella di un vecchio Colonnello degli Ulani dal volto a me familiare. Nella vita niente succede a caso e pochi giorni dopo questa mia periodica ispezione mi contatta Paolo, un amico di Roma, che mi chiede di togliergli una curiosità: mi mostra la stessa foto e vorrebbe sapere di chi si tratta (lo sappiamo benissimo ma ci piace far finta di niente) e quale uniforme indossa con quali decorazioni. E’ presto detto; è uno degli ultimi ritratti di Francesco II ultimo Re delle Due Sicilie anche se primo nei cuori di tutti noi Napoletani ma, stranamente, non è ritratto negli anni giovanili nella sua impeccabile uniforme di Colonnello delle Armate Napoletane con la quale ha eroicamente difeso dagli spalti di Gaeta l’onore suo, della sua Famiglia e dei suoi Popoli ma è qui ritratto a poco tempo dalla sua prematura morte in età approssimativamente avanzata (qui non aveva nemmeno 58 anni) in uniforme da Colonnello degli Ulani e con diverse decorazioni tra cui l’Ordine del Toson d’Oro, quello di Maria Teresa (in Austria è riservato solo agli eroi e nessun’altro come lui ha saputo meritarlo), quello del Regno di Francesco Giuseppe e quello dell’Impero. Ma la domanda resta sempre la stessa: cosa ci faceva il buon Re Francesco in uniforme Austriaca? Beh, la risposta non è semplice (Paolo l’ha avuta subito anche se a sommi capi) e bisogna andare molto indietro nel tempo, tantissimi anni prima che Re Francesco nascesse.
Sono i primi anni dell’800 e Napoli sta subendo la seconda aggressione francese dopo quella famigerata del 1799, anzi ora Napoli è divenuta la capitale (ma lo sarà per poco) di uno stato che orbita nella sfera bonapartista e sul suo Trono regna il figlio di uno stalliere. Per fortuna, Re Ferdinando IV è riuscito a salvare la Sicilia ma non lo è da sua moglie Maria Carolina; cosa fare? Certo i francesi sono tosti, ma Maria Carolina è di granito. Da un esercito straniero, seppur forte, ci si può sempre salvare ma da una moglie così e pure in buona salute è difficile se non impossibile però, pensa e ti ripensa, Ferdinando l’idea se la fa venire e pure buona: ma certo, visto che Maria Carolina pur essendo sua moglie è non solo la Regina di Napoli ma anche di Sicilia è pur sempre una Asburgo, una Arciduchessa di nascita, ma perché non spedirla per un poco di tempo (magari qualche anno) a distrarsi a casa dei suoi? Saranno felicissimi di assecondare la sua voglia di riprendersi dalle fatiche di un doppio trauma francese subìto in pochi anni ed allora, detto fatto, Maria Carolina torna nella sua Vienna.
Beh, il buon Ferdinando però aveva fatto male i calcoli: è vero che Maria Carolina era un’Arciduchessa Austriaca, ma la verità è che a Vienna la conoscono bene e già da molto tempo prima che diventasse Regina di Napoli e proprio non ne vogliono sapere di ritrovarsela di nuovo tra i piedi e figuriamoci, con l’età sarà pure peggiorata. Comunque, come in tutte le storie, le donne ne sanno sempre una più del diavolo e Maria Carolina, poi, è famosa proprio per questo. Appena varcata la soglia di Schönbrunn i suoi parenti non solo le fanno sapere di non volerla ricevere ma, anche se con molta cortesia, le fanno intendere che proprio sarebbe il caso che tornasse di nuovo e subito da dove è venuta. Una persona normale si sarebbe scoraggiata e sarebbe tornata immediatamente sui suoi passi ma non Maria Carolina e proprio per i motivi citati prima; cosa ti inventa dunque la nostra protagonista? Ebbene, nessuno se lo sarebbe mai immaginato che lei, Maria Karola, mettesse in mezzo all’improvviso questa storia che è l’ultima figlia dell’Imperatrice Maria Teresa e che nessuno può osare cacciarla via. Apriti cielo, è stato toccato un nervo scoperto, come fare adesso per ovviare a questa clamorosa gaffe? Beh, se una cosa si deve riconoscere al Casato degli Asburgo è quella di saper sempre e comunque mostrare una buona dose di buon senso ed allora, dopo questa incontrovertibile verità, non esiste più motivo di poter fare a meno della Augusta figlia di cotanto grande Imperatrice e quindi, non prima di un consistente e collettivo “pizzico sulla pancia”, ora tutta la Famiglia è pronta ad accoglierla a braccia aperte. Tra le tante iniziative intraprese per calmare i bollenti spiriti della Regina di Napoli, una sarà destinata a rimanere nella storia per lungo tempo: vecchia usanza delle Imperial Regie Armate di Sua Maestà Cesarea è istituire Reggimenti “privati”, cioè intestare a personalità prestigiose (gratuitamente) oppure persone benestanti che hanno la possibilità di spendere (in parole povere tutte le spese di manutenzione andavano a carico del destinatario) dei Reggimenti cui va intestato il nome del Casato (e gli eredi maschi di queste Famiglie, automaticamente ereditavano pure il grado da Ufficiale nel corrispettivo Reggimento) e nelle Armate dell’imperatore manca un reggimento di Ulani (cavalleria leggera) ed ecco nato il 12° Reggimento Ulani di Sua Maestà, per l’occasione e per la presenza di Sua Maestà la Regina di Napoli e di Sicilia subito ribattezzato “Beide Sizilien” cioè proprio “Due Sicilie” e Madrina d’eccezione fu proprio Maria Carolina.
L’arcano è quindi di già ben spiegato; Francesco II, in qualità di Duca delle Calabrie, cioè primo in successione Dinastica al Trono delle Due Sicilie, acquisisce sin dalla nascita ed a pieno titolo il brevetto da Colonnello del 12° Reggimento Ulani e quindi, quando poi il destino lo condurrà all’esilio nei feudi del cognato Francesco Giuseppe, potrà vestire l’uniforme con cui poi sarà ritratto nella foto sopra.
La storia non finisce qui perché una volta istituito il Reggimento questo sarà pure usato in battaglia e si ricoprirà di gloria in imprese purtroppo oggi ancora poco note. La prima di queste fu in un episodio della sanguinosa battaglia di Solferino e San Martino, episodio avvenuto nel 1859 a Medole, precisamente in località Rassica, dove uno squadrone di cavalleria francese dell’11 cacciatori a cavallo fu intercettato da uno squadrone del nostro 12° Ulani in ricognizione; ne seguì uno scontro all'arma bianca dove perirono i comandanti delle due unità nemiche e gli Ulani dovettero poi ritirarsi per il sopraggiungere di numerosa fanteria francese, ma ebbero però modo di rallentare di molto l’avanzata del nemico che dovette ammettere il coraggio dei suoi avversari e le impronte degli zoccoli degli Ulani rimarranno ben impresse e per tantissimo tempo sulle terga e nella mente dei francesi.
Altro episodio, che farà entrare nella leggenda questo Reggimento, si verificò nella battaglia di Custoza del 24 giugno 1866.
Alla battaglia partecipò una brigata di Ulani comandata dal Colonnello Pulz nella quale era inserito il 12° Ulani “Beide Sizilien” comandato dal Maggiore Skrbensky con due Squadroni (il 1° guidato dal Capitano von Kellner ed il 2° dal Capitano Conte Wallis von Wachter) ed al quale fu affiancato il neo costituito 13° Reggimento Ulani intitolato a “Luigi Conte di Trani” (si, proprio lui, il fratello di Francesco II; questo reggimento parteciperà con ben 4 Squadroni comandati dal Colonnello von Rodakowski, dal Tenente Colonnello Wislocki e dal Maggiore von Schönberger: il 1° col Capitano von Möckeln, il 1° Tenente Kukuljewicz ed il Tenente Rauscher, il 2° dal Capitano Kasperlik, il 1° Tenente Helff ed il Tenente Kornberger, il 3° dal capitano von Medvey e dal Tenente Barone von Lüde ed il 6° dai Capitani von Mühlen e Kowalski e dai Tenenti Blaschke e Gruber). Ebbene la Brigata di Pulz, seguendo l’esempio incosciente di Rodakowski che si gettò quasi subito come un forsennato sulle fila nemiche enormemente superiori di numero e ben appostate dietro sicuri ripari con la protezione di potenti batterie di artiglieria, annientò letteralmente queste schiacciandole sotto gli zoccoli dei cavalli e gettando le artiglierie nei fossati retrostanti le posizioni nemiche (bersaglieri ed artiglieri con bandiera sabauda); l’azione, assurda da un punto di vista tattico, proprio per questo ebbe successo poiché gli italiani mai si sarebbero aspettati una carica frontale di cavalleria in quel momento della battaglia, portò alla totale distruzione di quell’ala dell’esercito italiano ed alla sua rotta e diventerà materia d’insegnamento in tutte le scuole militari.


Grazie a quest’eroica impresa, la “carica di Rodakowski” sarà immortalata in un famosissimo quadro dove si vede l’intrepido Colonnello guidare gli Ulani del 12° e 13° Regg. Alla vittoriosa carica e, sotto il cavallo del Colonnello, si nota il corpo maciullato di un bersagliere trombettiere che non ha fatto in tempo a scappare come i suoi commilitoni (quest’opera di impressionante veridicità è esposta oggi al museo delle armi di Vienna).
Passano gli anni ed il 12° Reggimento parteciperà alla Grande Guerra, in un’epoca dove la Cavalleria risulterà anacronistica, un’arma sorpassata dai tempi e dalle raffiche di mitragliatrici appostate nelle protettissime trincee. Nonostante numerosi atti di eroismo, oramai la Cavalleria ha perso del tutto la sua efficacia, ha fatto il suo tempo ed il 12° Reggimento Ussari viene spedito in tutta fretta in Galizia ed in Russia a tamponare le numerose falle che l’avanzata Russa ha praticato nelle fila delle Armate Imperiali. Tra il 1916 ed il 1917 il Reggimento si disperde in Russia e poco o nulla si saprà di esso se non dopo la fine della Grande Guerra.
Una Nazione che nel solo primo anno di guerra ha visto morire tutta la generazione che va tra i 20 ed i 60 anni non può obiettivamente soffermarsi sulla sorte di un singolo Reggimento, però di questo ci rimangono alcuni atti di eroismo riconosciuti dal nemico ed al fatto che alcune unità saranno trasformate in fanteria. Finita la guerra, tra i reduci tornati a casa, il Reggimento sarà inglobato in altre unità ed a tutto il 1925 si sa per certo che i sopravvissuti alla guerra saranno solo sette, cioè sette uomini su di un intero Reggimento.
Cosa ci rimane oggi del 12° Ulani?
Prima di tutto il magnifico romanzo del grande scrittore Austriaco contemporaneo alla Grande Guerra Alexander von Lernet-Holenia che, con un ricamo descrittivo delicato ci racconta della fine del Reggimento accostandola a quella dell’Impero e della Monarchia Asburgica, fine epocale che traumatizzerà non poco la società Viennese; poi il dipinto di quella disperata ma eroica carica che rende perfettamente l’idea di cosa sia capace la determinazione umana quando questa sfiora l’incoscienza (quando si dice che il volere è potere) e, per finire, il ritratto di questo Colonnello d’altri tempi che esprime con quel volto sereno ma fiero la dignità di un uomo che ha saputo e voluto, al momento opportuno, mostrare al mondo come un Re sa e deve affrontare il pericolo perché sia degno di guidare i suoi Popoli.

Capitano Umberto Schioppa
Comandante 3° Reggimento di Linea Principe
Real Esercito del Regno delle Due Sicilie


Fonte:

Real Circolo Francesco II di Borbone/Royal Club Francis II of Bourbon