venerdì 4 gennaio 2013

Contro la “leggenda nera” di Papa Liberio

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Uno dei «luoghi comuni» ammantati di presunta storicità e diffusi da taluni ambienti cosiddetti «tradizionalisti» (in qualche caso contigui ad una mentalità esoterica) è quella che vuole Papa Liberio (352-366) tra i massimi sostenitori dell’eretica “dottrina” dell’Arianesimo e nemico di S. Atanasio fino a giungere alla scomunica del Vescovo di Alessandria. Il sofisma sotteso a questa narrazione arbitraria ed errata dei fatti quale sarebbe per costoro? Dimostrare che l’infallibilità pontificia (dogma definito dal Concilio Vaticano I) o non esisterebbe affatto o esisterebbe solo a talune condizioni. In ogni caso, la conseguenza (pericolosa perché prossima all’eresia) sarebbe quella di avvalorare la convinzione soggettiva e personale che un Papa possa errare giungendo persino ad insegnare dottrine eretiche e contrarie alla Fede Cattolica.
Ciò premesso, dunque, cerchiamo di sviscerare le vicende che coinvolgono il grande Papa Liberio dimostrando – al contrario – la sua ferma e tenace opposizione agli eretici insegnamenti di Ario alla luce dei fatti storici e non delle ipotetiche conclusioni a cui piegare le fonti a proprio uso e consumo.
Anzitutto quando si diffuse l’arianesimo ed in cosa consiste. Esso prende il nome da Ario, presbitero di Alessandria ed è una dottrina che prese piede ufficialmente a partire dal 321 allorché Alessandro, Vescovo di Alessandria, convocò il sinodo dei Vescovi nel quale Ario venne scomunicato a causa del suo pensiero eretico. A seguito di ciò, Ario pensò bene di fuggire in Palestina trovando accoglienza presso il suo «maestro» Eusebio di Nicomedia che lo ospitò e contribuendo, insieme, all’espansione dell’arianesimo. Eusebio ebbe anche una certa influenza sull’Imperatore Costantino il quale, precedentemente, nel 313 aveva dato piena cittadinanza alla religione cristiana nell’impero anche se, in punto di morte, scelse di ricevere il battesimo proprio dall’ariano Eusebio.
Tuttavia l’Imperatore Costantino, intenzionato a risolvere una volta per tutte le controversie sorte in seno alla comunità cristiana, decise nel 325 di convocare il primo Concilio della storia del Cristianesimo a Nicea. Al Concilio ecumenico di Nicea i Vescovi partecipanti dovettero subire l’arroganza e l’oltraggio di Ario e, soprattutto, di Eusebio i quali rimasero fermi sulle loro eretiche posizioni. La Tradizione vuole che Ario – durante il Concilio, fu sonoramente schiaffeggiato dal Vescovo di Mira Nicola, Santo Patrono della Città di Bari. All’epoca i dialoghi ecumenici con gli eretici si risolvevano in questo saggio modo…
Nel Concilio di Nicea l’arianesimo fu ufficialmente condannato ed i due paladini dell’eresia, Ario ed Eusebio, esiliati.
Ma perché l’arianesimo fu tanto osteggiato? Esso – in ultima analisi – negava la consustanzialità (= stessa sostanza) di Gesù Cristo con Dio Padre. Secondo gli ariani, infatti, Dio Padre era all’origine e ci fu un momento in cui il Figlio non esisteva. Il Figlio era stato creato dal Padre (invece è generato e non creato) e possedeva una natura diversa e, dunque, inferiore a quella del Dio Padre. Gli ariani, dunque, negavano la Divinità del Verbo.
Spiegato succintamente il fulcro dell’arianesimo ed i suoi sviluppi primordiali, veniamo al nostro Papa Liberio ed alle sue presunte accomodanti disposizioni nei confronti dell’arianesimo che, malgrado la condanna inflittagli dal Concilio di Nicea, trovava ancora spazio per una sua larga propagazione.
Appena qualche mese dopo la sua elezione, Papa Liberio ricevette due delegazioni: una inviata dai Vescovi d’Oriente (ariani) ostili a S. Atanasio – strenue difensore della Fede Nicena – e l’altra, mandatari dei Vescovi di Egitto fedeli al Santo. Come si comportò in quella circostanza il Papa? Ascoltò le ragioni degli uni e quelle degli altri, dopodiché chiuse la questione dichiarando l’accusa contro S. Atanasio destituita di ogni ragion d’essere. Papa Liberio, dunque, difese il Vescovo di Alessandria dagli attacchi dei suoi nemici ariani.
Dopo un anno dalla sua intronizzazione al Soglio Pontificio, nel 353 gli ariani tennero un conciliabolo ad Arles e nel 355 un altro a Milano nel quale condannarono S. Atanasio. Ancora una volta Papa Liberio fece udire la sua voce contro questa illegittima decisione di una riunione priva di qualsiasi autorità. L’imperatore ariano Costanzo II, figlio di Costantino, infastidito dal coraggio e dall’intransigenza del Papa Liberio, nottetempo fece arrestare il Pontefice che fu condotto al suo cospetto. L’Imperatore gli intimò di condannare S. Atanasio e ratificare così le decisioni del conciliabolo di Milano. Al netto e categorico rifiuto del Papa, l’Imperatore costrinse il Papa all’esilio in Tracia insediando a Roma un antipapa ariano chiamato Felice II letteralmente detestato dai Romani fedeli – invece – al loro Papa Liberio.
Il Papa poté fare ritorno a Roma nel 358. Secondo i nemici di Papa Liberio, questo ritorno – consentito dall’Imperatore Costanzo – sarebbe la prova più evidente del suo cedimento a favore degli ariani e delle loro eretiche dottrine. A supporto di questa tesi (erronea) esisterebbero anche alcune epistole (quattro) firmate dal Pontefice con cui quest’ultimo avrebbe acconsentito alla scomunica di S. Atanasio ed aderito pubblicamente alle formule di fede ariana di Sirmio. Lo stesso S. Atanasio dimostrerebbe la caduta di Papa Liberio in alcune sue opere come l’«Apologia contro gli Ariani».
Ma è proprio tutto vero?
Lo scritto di S. Atanasio è del 350. Dunque due anni prima dell’elezione di Papa Liberio. Ne consegue, quindi, che l’aggiunta contro il Papa nello scritto di S. Atanasio è postuma ed è opera degli ariani intenzionati ad infangare la figura ed il Pontificato di Liberio.
C’è da meravigliarsi? Affatto. Ed anche sull’autenticità delle epistole sottoscritte dal Pontefice, pegno che sarebbe stato pagato dal Papa per ottenere il rientro a Roma, esistono numerosissimi dubbi. D’altronde basta il racconto di questo avvenimento per comprendere come la caduta dottrinale del Papa sia una menzogna artatamente costruita e sagacemente diffusa fino ai giorni nostri.
Nel 359, appena un anno dopo il rientro del Papa dal suo esilio, lo stesso Imperatore Costanzo convocò a Rimini un ennesimo conciliabolo ariano. Se Papa Liberio si fosse davvero convertito all’arianesimo ed il suo ritorno in Roma fosse stato il frutto di questo suo cedimento, sarebbe stato annoverato tra i partecipanti al conciliabolo. Invece, l’imperatore non solo si guardò bene dall’invitarlo ma lo stesso Papa condannò il conciliabolo di Rimini.
Ma pur ammettendo l’ipotesi (non veritiera) che il rientro di Papa Liberio a Roma dopo la prigionia in Tracia fu dovuta alla sottoscrizione delle epistole, non è possibile accusare il Pontefice di aver deviato coscientemente e deliberatamente dalla Fede. Infatti, questa eventuale sottoscrizione, fu ottenuta sotto la minaccia e la costrizione la quale toglie, oggettivamente, ogni valore all’atto Pontificio procurato, quindi, con l’intimidazione.
In più, sempre dando per buona la veridicità della sottoscrizione delle formule di Sirmio da parte di Papa Liberio, giova ricordare che la seconda era manifestamente eretica e contraria all’ortodossia della Fede e venne perciò rifiutata dal Pontefice mentre la prima e la terza, più generiche, vennero accettate dal Papa in quanto potevano essere interpretate in senso corretto.
Tuttavia, a corredo ed a completezza di questo scritto, non appare superfluo ricordare come nel 1684 Monsignor Bossuet fu incaricato – da parte di Luigi XIV – di procedere alla redazione di un manuale per la difesa dell’eresia gallicana e per tentare di dimostrare infondato il dogma dell’infallibilità pontificia. Arrivò così a redigere il capitolo proprio su Papa Liberio ed il suo segretario, l’abbé Benjamin Marcellin Constant, racconta in un suo scritto che egli fu costretto a ritornare sui suoi passi perché non riuscì nel suo intento.
Papa Liberio, dunque, non deviò mai dalla Fede, non insegnò mai l’arianesimo ed esercitò infallibilmente il suo magistero per tutto il suo pontificato. Fu quindi vero e legittimo Pontefice, successore di Pietro, sia formalmente che materialmente .
 
Gianvito Armenise
 
 
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