lunedì 10 dicembre 2012

Ostacoli per la Contro-Rivoluzione (Estratto dal libro "Rivoluzione e Contro-Rivoluzione" di Plinio Corrêa de Oliveira)




1. Scogli che i contro-rivoluzionari devono evitare 

Gli scogli che i contro-rivoluzionari devono evitare consistono, spesso, in certe cattive abitudini di coloro che operano per la Contro-Rivoluzione.
Nelle riunioni o nelle pubblicazioni contro-rivoluzionarie i temi devono essere scelti accuratamente. La Contro-Rivoluzione deve mostrare sempre un carattere ideologico, anche quando affronta problemi molto particolari e contingenti. Può essere utile, per esempio, agitare problemi politici della storia recente o dell'attualità. Ma dare un rilievo eccessivo a piccole questioni personali, fare della lotta contro avversari ideologici locali l'elemento principale dell'azione contro-rivoluzionaria, presentare la Contro-Rivoluzione come fosse una semplice nostalgia (non neghiamo, d'altra parte, è chiaro, la legittimità di questa nostalgia) o un puro dovere di fedeltà personale, per quanto santo e giusto esso sia, significa presentare il particolare come fosse il generale, la parte come fosse il tutto, significa mutilare la causa che si vuole servire.  

2. Gli "slogans" della Rivoluzione 

Altre volte questi ostacoli consistono in slogans rivoluzionari accettati, non raramente, come dogmi anche nei migliori ambienti.
 
A. "La Contro-Rivoluzione è sterile perché è anacronistica" 

Il più insistente e nocivo di questi slogans consiste nell'affermare che nella nostra epoca la Contro- Rivoluzione non può avere successo perché è contraria allo spirito dei tempi. La storia, si dice, non torna indietro.
La religione cattolica, secondo questo strano principio, non dovrebbe esistere. Infatti non si può negare che il Vangelo fosse radicalmente contrario all'ambiente in cui Nostro Signore Gesù Cristo e gli apostoli lo predicavano. E non dovrebbe esistere neppure la Spagna Cattolica, romano- germanica. Infatti niente assomiglia di più a una risurrezione, e quindi, in certo modo, a un ritorno al passato, della piena ricostituzione della grandezza cristiana della Spagna, alla fine degli otto secoli che vanno da Covadonga alla caduta di Granada. Il Rinascimento, così caro ai rivoluzionari, è stato, esso pure, sotto vari aspetti per lo meno, il ritorno a un naturalismo culturale e artistico fossilizzato da più di mille anni.
La storia comporta dunque corsi e ricorsi, sia nelle vie del bene, sia nelle vie del male.
D'altronde, quando si vede che la Rivoluzione considera qualcosa come coerente con lo spirito dei tempi, è necessario essere circospetti. Infatti non di rado si tratta di vecchiume dei tempi pagani, che essa vuole ripristinare.
Che cosa hanno di nuovo, per esempio, il divorzio o il nudismo, la tirannia o la demagogia, così generalizzati nel mondo antico?
Perché sarà moderno il divorzista e anacronistico il difensore della indissolubilità?
Il concetto di "moderno" per la Rivoluzione si sintetizza nel modo seguente: è moderno tutto quanto dà libero corso all'orgoglio e all'ugualitarismo, come pure alla sete dei piaceri e al liberalismo.  

B. "La Contro-Rivoluzione è sterile perché è essenzialmente negativista" 

Secondo slogan : la Contro-Rivoluzione si definisce con il suo stesso nome come qualcosa di negativo, e quindi di sterile. Semplice gioco di parole. Infatti lo spirito umano, partendo dal fatto che dalla negazione della negazione risulta una affermazione, esprime in modo negativo molti dei suoi concetti più positivi: in-fallibilità, in-dipendenza, in-nocenza, ecc. Sarebbe negativismo lottare per qualcuno di questi tre obiettivi, solo a causa della formulazione negativa in cui si presentano? Il Concilio Vaticano I, quando definì l'infallibilità del Papa, fece opera negativista? L'Immacolata Concezione è prerogativa negativista della Madre di Dio?
Se si intende per negativista, secondo il linguaggio corrente, chi insiste nel negare, nell'attaccare, e nel tenere gli occhi costantemente fissi sull'avversario, si deve convenire che la Contro- Rivoluzione, pur non essendo soltanto una negazione, ha nella sua essenza qualcosa di fondamentalmente e sanamente negativista. Essa costituisce, come abbiamo detto, un movimento diretto contro un altro movimento, e non si comprende come, in una lotta, un avversario non debba
tenere gli occhi fissi sull'altro e non debba mantenere verso di lui un atteggiamento di polemica, di attacco e di contrattacco.  

C. "L'argomentazione contro-rivoluzionaria è polemica e nociva" 

Il terzo slogan consiste nel criticare le opere intellettuali dei contro-rivoluzionari, a causa del loro carattere negativista e polemico, che le porterebbe a insistere troppo nella confutazione dell'errore, invece di fare l'esposizione limpida e serena della verità. Esse sarebbero, così, controproducenti, perché irriterebbero e allontanerebbero l'avversario. Fatta eccezione per possibili eccessi, questo carattere apparentemente negativista ha una profonda ragione d'essere. Secondo quello che è stato detto in questo studio, la dottrina della Rivoluzione era contenuta nelle negazioni di Lutero e dei primi rivoluzionari, ma si andò esplicitando solo molto lentamente nel corso dei secoli. In questo modo gli autori contro-rivoluzionari sentivano, fin dall'inizio, e a ragione, in tutte le formulazioni rivoluzionarie, qualcosa che eccedeva la loro stessa formulazione. In ogni tappa del processo rivoluzionario è necessario considerare con attenzione molto maggiore la mentalità della Rivoluzione, che non la semplice ideologia enunciata nella stessa tappa. Per fare un'opera profonda, efficace, e interamente oggettiva, è quindi necessario seguire a passo a passo lo svolgersi della marcia della Rivoluzione, in un faticoso sforzo per rendere esplicite le cose che sono implicite nel processo rivoluzionario. Soltanto così è possibile attaccare la Rivoluzione come in realtà deve essere attaccata. Tutto ciò ha obbligato i contro-rivoluzionari ad avere costantemente gli occhi fissi sulla Rivoluzione, pensando e affermando le loro tesi in funzione degli errori di essa. In questo duro lavoro intellettuale, le dottrine di verità e di ordine esistenti nel deposito sacro del Magistero della Chiesa sono, per il contro-rivoluzionario, il tesoro da cui continua a trarre cose nuove e cose antiche (5) per confutare la Rivoluzione, a misura che va vedendo sempre più a fondo nei suoi abissi tenebrosi.
Perciò, dunque, in diversi dei suoi aspetti più importanti, il lavoro contro-rivoluzionario è sanamente negativista e polemico. D'altra parte, per ragioni non molto diverse, il Magistero ecclesiastico viene definendo le verità, il più delle volte, in funzione delle diverse eresie che sorgono nel corso della storia. E le formula come condanna dell'errore che è loro opposto. Così agendo, la Chiesa non ha mai temuto di fare del male alle anime.


3. Atteggiamenti errati di fronte agli "slogans" della Rivoluzione 


A. Fare astrazione dagli slogans rivoluzionari 

Lo sforzo contro-rivoluzionario non deve essere libresco, non può, cioè, accontentarsi di una dialettica con la Rivoluzione sul piano puramente scientifico e universitario. Pur riconoscendo a questo piano tutta la sua grande e perfino grandissima importanza, il bersaglio costante della Contro-Rivoluzione deve essere la Rivoluzione così come essa è pensata, sentita e vissuta dall'opinione pubblica nel suo insieme. E in questo senso i contro-rivoluzionari devono attribuire una importanza tutta particolare alla confutazione degli slogans rivoluzionari.  

B. Eliminare gli aspetti polemici dell'azione contro-rivoluzionaria 

L'idea di presentare la Contro-Rivoluzione sotto una luce più "simpatica" e "positiva", facendo in modo che non attacchi la Rivoluzione, è quanto vi può essere di più tristemente efficace per impoverire il suo contenuto e il suo dinamismo (vedi parte II, cap. VIII, 3, B).
Chi agisse secondo questa deplorevole tattica, mostrerebbe la stessa mancanza di buon senso di un capo di Stato che, di fronte alle truppe nemiche che varcano la frontiera, facesse cessare ogni resistenza armata, con l'intenzione di accattivarsi la simpatia dell'invasore e in questo modo paralizzarlo. In realtà, egli annullerebbe l'impeto della reazione, senza arrestare il nemico. In una parola, gli cederebbe la patria...
Questo non vuol dire che il linguaggio del contro-rivoluzionario non debba essere sfumato secondo le circostanze.
Il divino Maestro, predicando in Giudea, che era sotto l'azione prossima dei perfidi farisei, usò un linguaggio di fuoco. In Galilea, invece, dove predominava il popolo semplice e l'influenza dei farisei era minore, il suo linguaggio aveva un tono più di insegnamento e meno di polemica.


Di Redazione A.L.T.A.