venerdì 30 novembre 2012

Monte Pertica, l’ultima battaglia dei “Diavoli bruni”

di ROBERTO GIURASTANTE*

Monte Pertica, baluardo difensivo della linea del Grappa, 27 ottobre 1918. La montagna di 1.549 metri è stata una delle cime più contese tra italiani ed austriaci da quando, dopo lo sfondamento di Caporetto, il fronte si è stabilizzato sul Piave. Conquistato e riperduto più volte nel corso di un anno dagli austriaci, ora il Monte è in mano italiana.
La guerra sta volgendo al termine. L’Impero austroungarico si sta disgregando sotto la spinta dei nazionalismi. Un Impero glorioso che ha scritto la storia d’Europa creando il primo Stato sovrannazionale frutto della tolleranza sta implodendo travolto dalle ideologie totalitariste emerse dall’inferno dell’immane strage della guerra. E quel che rimane del suo esercito vittorioso, che sul campo ha sconfitto il nemico, si trova ora in fase di rapida dissoluzione. La situazione sul fronte italiano sta precipitando. Le divisioni ormai sbandate cominciano a ritirarsi. Cechi, slovacchi, ungheresi, sloveni, polacchi, ucraini, ruteni, serbi, croati, bosniaci, romeni, vogliono tornare a casa, nelle nuove Nazioni che si stanno costituendo dalla caduta dell’Impero. Pochi reparti rimangono fermi a tenere il fronte senza cedere, fino all’ultimo. Tra questi il glorioso 7° reggimento Khevenhüller. L’invitto reggimento, tra i più decorati dell’esercito austroungarico, si trova ora ad affrontare da solo l’ultima battaglia: l’attacco al Monte Pertica.
“Diavoli bruni” li chiamano gli italiani. Sono gli indomiti montanari carinziani vittoriosi sul S. Michele, sulle Alpi Giulie, nello sfondamento di Caporetto e nelle battaglie sul Grappa. Ma il reggimento è ormai l’ombra di quel fiero reparto che nel luglio del 1914 partiva da Klagenfurt tra i festeggiamenti della popolazione diretto al fronte russo. A pochi giorni dal termine della guerra è ridotto a 1/3 dei suoi effettivi originari. Poco più di mille uomini. I pochi reduci delle tante battaglie uniti ai riservisti della territoriale e ai ragazzi. Giovani di 17 – 18 anni e maturi quarantenni formano ora il nerbo di quella che era una delle unità d’elite dell’esercito imperial regio.
L’attacco è inutile perché nessun altro reparto lo potrà sostenere. Una volta conquistata la cima del monte i Khevenhüller non la potranno tenere. Ma gli ordini non si discutono: si deve conquistare il Pertica! Bisogna dimostrare ancora una volta, l’ultima, il valore dei soldati austriaci. E allora all’assalto! Dopo una marcia notturna di avvicinamento durata due ore, alle 5 il reggimento è nelle posizioni previste per l’attacco. Tre battaglioni si lanciano contemporaneamente all’assalto con la copertura dell’artiglieria austriaca. I battaglioni sono preceduti dalle pattuglie di assaltatori che devono eliminare i nidi di mitragliatrici. Il fuoco dell’artiglieria austriaca copre passo a passo l’avanzata. Anche troppo. I tiri corti mietono le prime vittime tra gli attaccanti. Gli italiani presi di sorpresa cercano di organizzare la difesa. Le mitragliatrici crepitano nel buio della notte, il fuoco di fucilieria si intensifica. Ma la marea umana dei Khevenhüller è inarrestabile. Una dopo l’altra le postazioni italiane di mitragliatrici vengono messe a tacere. Alle 6.15 i tre battaglioni del 7° reggimento fanno breccia nelle trincee italiane e dopo furiosi corpo a corpo prendono la vetta del Pertica.
Ma ora la cima così duramente conquistata deve essere difesa dagli immediati contrattacchi italiani. I primi vengono respinti dal fuoco delle mitragliatrici pesanti che i Khevenhüller sono riusciti a portare sulla vetta. Ma senza rinforzi e sempre più a corto di munizioni gli uomini del 7° devono cominciare ad arretrare. Alle 10.30 gli alpini italiani riconquistano le vecchie posizioni. Il 27 ottobre 1918 sul Pertica il 7° reggimento Khevenhüller perde 862 uomini e 35 ufficiali: i due terzi dell’organico. Questi indomabili soldati, che anziché ritirarsi hanno preferito lottare fino alla morte per difendere l’onore della propria bandiera, hanno scritto l’ultima gloriosa pagina nella storia dell’Imperial regio esercito austroungarico.
*http://robertainer.blogspot.it