domenica 7 ottobre 2012

La Civiltà Cattolica serie XVI, vol. VIII, fasc. 1114, 11 novembre 1896. R.P. Salvatore M. Brandi S.J. LA CONDANNA DELLE ORDINAZIONI ANGLICANE (2)

 

X.

L'apodittica ragione, su cui S. S. Leone XIII fonda la sua sentenza definitiva contro la validità dello Ordinazioni anglicane, è quella deldefectus formae et intentionische le ha viziate tutte dal 1550, quando l'Ordinale di Edoardo VI fu sostituito al Pontificale cattolico, sino a' giorni nostri, in cui quel medesimo Ordinale, con la modificazione accennata al paragrafo VIII [2], continua ad essere il rito, col quale esse si compiono.
Dalla sua Bolla apprendiamo che il Santo Padre è giunto a questa conclusione, non solo dopo di avere accertato quale fosse stata la mente de' suoi Antecessori e la prassi seguita dalla Santa Sede riguardo alle predette Ordinazioni; ma altresì e massimamente dopo un maturo e profondo studio dello stesso Ordinale, considerato in se stesso e negli aggiunti storici che ne illustrano il genuino significato e ne determinano il vero e il solo scopo per cui esso venne composto e sostituito agli antichi riti. Questo nuovo esame doveva farsi e fu fatto con ogni possibile diligenza, senza trascurare alcuno de' tanti mezzi onde è ricca la critica moderna. Placuit igitur, scrive il Pontefice, de retractanda causa benignissime indulgere: ita sane ut per summam novae disquisitionis sollertiam, omnis in posterum vel species quidem dubitandi esset remota.
Abbiamo voluto ciò notare, perchè apparisca in qualche modo, anche prima di darne le prove particolareggiate, la temerità di quei Ritualisti, i quali, volendo ad ogni costo screditare il documento pontificio, non si peritano di asserire avere Leone XIII pronunziato il suo definitivo giudizio contro i loro Ordini, non già per averli studiati nel loro merito intrinseco; ma soltanto per non sembrare, con l'approvarli, di contraddire a' suoi Antecessori! Così dichiarò pubblicamente Lord Halifax nel suo discorso di Shrewsbury [3], benchè avesse allora sott'occhio il testo della Bolla che dava alla sua asserzione una solenne mentita.
Ivi infatti il Santo Padre, non solo afferma apertamente il contrario:Iussimus in Ordinale anglicanum, quod caput est totius causae, rursus quam studiosissime inquiri; ma lo prova altresì col fatto, consecrando ben sei pagine della sua Bolla [4]alla dimostrazione della invalidità di quegli Ordini per ragione appunto dell'Ordinalecon cui furono e sono conferiti.

XI.

Seguendo pertanto, in questo nostro studio, l'ordine tenuto dal Santo Padre, esamineremo anzitutto qual fosse il giudizio della Santa Sede riguardo alle prime Ordinazioni che furono fatte col nuovo rito, durante i tre ultimi anni del regno di Eduardo VI, cioè dal primo apparire del nuovo Ordinalenel 1550, sino alla morte di questo Monarca nel 1553, quando, come dicemmo nel paragrafo VII [5], la Regina Maria, che ne ereditò il trono, abrogò la nuova Liturgia anglicana, e rimise in pieno vigore per tutte le sacre Ordinazioni l'antico Pontificale cattolico. Questo giudizio della Santa Sede si trova chiaramente espresso nelle già accennate [6]quattro Lettere apostoliche de' Sommi Pontefici Giulio III e Paolo IV.
Giulio III adunque, desideroso di richiamare l'Inghilterra con l'aiuto della pia Regina, al seno della Chiesa cattolica, le spedì l'E.mo Cardinale Polo, al quale, come a suo Legato, concesse le più ampie e opportune facoltà [7]. Ora tra queste facoltà v'era appunto quella di riabilitare o di semplicemente abilitareall'esercizio del sacro ministero gli ecclesiastici che lo avevano esercitato al tempo dello scisma e dell'eresia sotto i re Enrico VIII e Eduardo VI. Lariabilitazione poteva effettuarsi in favore di coloro soltanto, i qualiante eorum lapsum in haeresim huiusmodi, rite et legitime promoti vel ordinati fuissent. Tali erano tutti coloro i quali erano stati ordinati prima che fosse sostituito il nuovo Ordinaleal Pontificale cattolico. La semplice abilitazione poi riguardava quelli, che non erano statirite et legitime promoti ad sacros Ordines, vale a dire, come spiega il medesimo Pontefice nel suo Breve dell'8 marzo 1554 [8], quelli che erano stati ordinati non servata forma Ecclesiae consueta. Costoro, si digni et idonei reperti fuissent, dovevano per poter ministrare nel Santuario, ad omnes etiam sacros et praesbyteratus ordines ab eorum Ordinariis promoveri.
Ora chi erano mai costoro, ordinati sì, ma non ordinati con la forma consueta della Chiesa? Quando si riflette che in quel triennio 1550-1553, come osserva sapientemente Leone XIII nella sua Bolla [9], e fu da noi provato in un precedente paragrafo [10], non esisteva in Inghilterra altra forma di Ordinazione se non quella nuova di Eduardo VI, da lui sostituita alla forma consuetadella Chiesa, è evidente che costoro non erano nè potevano essere altri se non gli Ordinati col suoOrdinale.
Se dunque costoro, per espressa volontà di Giulio III, dovevano considerarsi come semplici laici, nè potevansi rimettere al sacro Ministero, senza essere di nuovo simpliciter et absolute ordinati con la forma cattolica, bisognerà conchiudere che le Ordinazioni, da loro ricevute con l'Ordinaleanglicano, erano giudicate nel 1553-1554, da quel Pontefice non altrimenti che le ha giudicate nel 1896 Leone XIII, cioè irritas prorsus omninoque nullas.

XII.

Nè altro fu il giudizio che sulla invalidità delle medesime Ordinazioni portò Paolo IV, succeduto nel 1555 a Giulio III, dopo i ventidue giorni di Pontificato di Marcello II. Prima di riferire le parole di Paolo IV, S. S. Leone XIII molto opportunamente ricorda nella sua Bolla la solenne Ambasceria inviata a Roma, nel febbraio del 1555, dalla Regina Maria e dal Re Filippo, consorte di lei.
L'opportunità di ricordare tale Ambasceria non può sfuggire a veruno, essendo nota l'intima relazione di causa ed effetto, di domanda e risposta che esiste tra la medesima e le Lettere Apostoliche di Paolo IV del 20 giugno 1555. Da' documenti che ad essa si riferiscono e che si conservano negli Archivii del Vaticano [11], apprendiamo che il suo scopo fu di ottenere dal Pontefice Romano la perfetta riconciliazione del Regno con la Santa Sede, di esporgli lo stato delle cose e d'impetrare da lui una solenne e piena conferma dell'operato sino allora dal suo Legato Cardinale Polo.
Da' medesimi documenti togliamo pertanto il seguente fatto utilissimo al nostro proposito. L'Ambasceria si componeva del Vescovo Thirlby e di due gentiluomini Antonio di Montacuto e Eduardo Carne. Parlando del primo, Paolo IV afferma [12] che alla sua presenza oravit Episcopus vera eloquentia et sana praeditus doctrina. Egli adunque co' suoi compagni espose a voce e in iscritto quanto si bramava ottenere per la piena riconciliazione della Chiesa d'Inghilterra con quella di Roma, chiedendo, in modo particolare, che si confermassero le «Dispensationes cum ecclesiasticis personis, saecularibus et diversorum ordinum, ut promoveantur tam in Ordinibus, quam beneficiis obtentis nulliter sub schismate [13]. »
Siccome questa domanda non può supporsi vana e vuota di senso, essa apertamente significa che, nell'opinione degli Ambasciatori, vi erano allora in Inghilterra alcuni ecclesiastici, i quali durante lo scisma, erano stati ordinati invalidamente. Che questi poi non fossero altri se non gli Ordinati col nuovo rito di Eduardo VI, si deduce, non solo dal fatto che con questi ecclesiastici soltanto il Legato si era servito e, come vedremo nel paragrafo XVII, si servì poscia di quelle dispense; ma altresì dalla circostanza notevolissima, che gli Ambasciatori, in prova della necessità e opportunità della loro domanda, portarono espressamente a Roma e sottomisero all'esame della Santa Sede il testo stesso dell'Ordinale, col quale i detti ecclesiastici erano stati promossi al tempo dello scisma [14].
Ogni dubbio, se dubbio ragionevole potesse ancora cadere su questo punto, dovrebbe sparire con la lettura del seguente Decreto della Regina Maria, di cui quegli Ambasciatori erano a Roma i rappresentanti onorati e gl'interpreti fedeli: «Circa illos qui iam promoti fuere ad aliquos ordines secundum modum ordinandi noviter fabricatum; considerando quod vere et de facto ordinati non fuerunt; Episcopus Dioecesanus, si illos idoneos et capaces invenerit, supplere potest id quod antea in illis hominibus defuit [15]

XIII.

Fra i moderni difensori della validità delle Ordinazioni anglicane non é mancato qualcuno, il quale si è studiato di scemare la forza delle dichiarazioni fatte da Paolo IV in risposta agli Ambasciatori inglesi, asserendo che il Papa, assunto da poco al Sommo Pontificato, non aveva potuto esaminare accuratamente la questione; e quindi, nella sua Bolla del 20 giugno 1555 [16], o non la decise o la decise senza una matura deliberazione.
Non metteremo qui in rilievo nè la temerità, né la leggerezza teologica di siffatta asserzione. A noi basta la parola dello stesso Pontefice che ci assicura non aver egli sanzionata alcuna cosa, domandatagli dagli oratori di Maria e di Filippo, se non dopo un accurato e diligentissimo esame: «Praemissis omnibus, scriv'egli in quella sua Bolla, cum nonnullis ex fratribus Nostris ipsius Romanae Ecclesiae Cardinalibus,propositis et diligenter discussis, habitaque desuper deliberatione matura, singula [idest] dispensationes, decreta etc... auctoritate apostolica ex certa scientiaapprobamus et confirmamus.»
Ora tra le «dispensationes» v'ha precisamente quella pur ora riferita, la quale riguardava gli ecclesiastici, ut promoveantur in beneficiis et ordinibus nulliter obtentis sub schismate. Paolo IV l'approva e la conferma, aggiungendovi questa clausola:«Ita tamen ut si qui ad ordines ecclesiasticos tam sacros quam non sacros ab alio quam episcopo aut archiepiscopo rite et recte ordinatopromoti fuerunt, eosdem ordines ab eorum ordinario de novo suscipere teneantur, nec interim in iisdem ordinibus ministrent.»
Riconosce dunque Paolo IV che vi erano allora in Inghilterra alcuni, i quali, di fatto avevano ricevuti, durante lo scisma, non solo i beneficii ecclesiastici, ma anche gli Ordini nulliter. In questo senso Leone XIII rettamente osserva nella sua Bolla, che «neque praetermittendus est locus ex eisdem Pontificis(Pauli IV) litteris, omnino rei congruens; ubi cum aliis beneficio dispensationis egentibus numerantur qui tam ordines quam beneficia ecclesiastica nulliter et de facto obtinuerant [17]
Nè questo è tutto. Con la medesima autorità apostolica, Paolo IV conferma ed approva tutto ciò che riguardo alle Ordinazioni era stato decretato dal Cardinale Polo, suo Legato. «Eadem apostolica auctoritate... ea omnia quae praedictus Reginaldus Cardinalis Legatus decrevit, decernimus, nec non omnibus his quibus ipse robur Apostolicae firmitatis adiecit Nos quoque robur ipsum adiicimus.» Ma il Cardinale Polo aveva decretato [18] che coloro i quali male ordines susceperunt, non potevano abilitarsi al sacro Ministero senza essere di nuovo promossi a quegli Ordini, e che perciò dovevano ritenersi come invalidamente ordinati coloro i quali erano stati ordinati col nuovo rito di Eduardo VI: non servata forma et intentione Ecclesiae. Dunque Paolo IV, con l'Apostolica sua autorità, confermò, approvò e di nuovo decretò, che le Ordinazioni compiutesi col nuovo rito anglicano debbono ritenersi come invalide e nulle.

XIV.

La Bolla di Paolo IV fu portata in Inghilterra dal già lodato Vescovo Thirlby, e fu pubblicata dal Cardinale Polo il 22 settembre del 1555 [19]. Sorse allora il dubbio nella mente di alcuni intorno a' Vescovi scismatici, se dovevano ritenersi o norite et recte ordinati. A questo dubbio rispose il medesimo Pontefice in un suo Breve del 30 del seguente ottobre [20], in cui dice: «Nos haesitationem huiusmodi tollere et serenitati conscientiae eorum qui, schismate durante, ad ordines promoti fuerant, mentem et intentionem, quam in eisdem litteris Nostris habuimus, clarius exprimendo, opportune consulere volentes, declaramus eos tantum episcopos et archiepiscopos qui non in forma Ecclesiae ordinati el consecrati fuerunt, rite et recte ordinatos dici non posse.» Ora, domandiamo di nuovo, chi erano e chi potevano mai essere questi Vescovi ordinati sì, ma non rite et recte ordinati, perchè non ordinati in forma Ecclesiae? Evidentemente non potevano essere i Vescovi cattolici ordinati col Pontificale cattolico, nè potevano essere i Vescovi scismatici ordinati col medesimo Pontificale sotto Enrico VIII; resta dunque che essi fossero i Vescovi scismatici ordinati sotto il Reno di Eduardo VI col suo nuovo rito; poichè, si noti bene, e non ci rimarremo dal ripeterlo, a quel tempo non v'erano in Inghilterra se non due classi di Vescovi; gli Ordinati colPontificale cattolico e gli Ordinati con l'Ordinale di Eduardo VI.
A questa classe, per esempio, appartenevano almeno i sei «Vescovi»,allora viventi, Poynet, Hooper, Coverdale, Scory, Taylor, e Harley, i quali, come dicemmo nel paragrafo VI [21], furono certamente consecrati con quell'Ordinale durante gli ultimi tre anni del Regno di Eduardo VI.

XV.

Alcuni critici hanno preteso che le parole in forma Ecclesiae usato da Paolo IV e quelle in forma Ecclesiaeconsueta usate da Giulio III,potrebbero intendersi non strettamente della forma cattolica del Pontificale, ma della forma essenziale; la quale è sempre forma Ecclesiae. Queste ed altre simili gratuite congetture erano notissime al Santo Padre Leone XIII, quando egli preparava la sua Bolla. Epperò con chiarezza e precisione mirabile, egli avvertì, che il significato di quelle parole non era vago e lasciato al capriccio di chicchessia; ma chiaro e determinato dallo scopo che quei due Sommi Pontefici ebbero nello scrivere le loro lettere in risposta alle domande ed a' dubbii che loro venivano fatti dall'Inghilterra. Questo scopo non era, per così dire, teoretico ed estraneo alle peculiari questioni religiose che ivi allora si agitavano; ma bensi pratico e del tutto rispondente a' bisogni a cui si doveva provvedere con istruzioni e norme speciali date al Legato, peritissimo nelle cose teologiche. «Quum enim facultates Legato apostolico ab iis Pontificibus tributae, Angliam dumtaxat religionisque in ea statum respicerent; normae item agendi ab eisdem Legato quaerenti impertitae, minime quidem esse poterant ad illa generatim decernenda sine quibus sacrae ordinationes non valeant, sed debebant attinere proprie ad providendum de ordinibus sacris in eo regno prout temporum monebant rerumque conditiones expositae.»
Nel Breve di Giulio III sono dichiarate invalide le Ordinazioni fattenon in forma Ecclesiae consueta. Si trattava dunque proprio delle Ordinazioni fatte con la nuova forma, la quale, introdotta da soli tre anni e usata nella sola Inghilterra in alcuni pochi casi, non poteva certo dirsi la forma Ecclesiae consueta. Nel caso poi particolare del Breve di Paolo IV, se la sua dichiarazione non riguardava specificatamente le Ordinazioni episcopali compiutesi in Inghilterra durante lo scisma con l'OrdinaleEduardino; ma, come vorrebbero quei critici, una questione astrattae della cui soluzione niuno dubitava (se cioè «alla validità delle Ordinazioni fosse necessario l'uso dellaforma essenziale»); egli non che haesitationem tollere o serenitati conscientiae consulere, avrebbe piuttosto, con quella sua dichiarazione, ribadito il dubbio e accresciuta la perturbazione delle coscienze. Egli avrebbe lasciato, in materia sì delicata, dove l'errore è perniciosissimo, in balia di ciascuno il giudicare se nel nuovoOrdinale fosse o no conservata la forma essenziale necessaria alla valida consecrazione episcopale!

XVI.

Adunque, come nel corrente anno 1896 sotto Leone XIII, così nel 1555 sotto Paolo IV, il dubbio esaminato e sciolto riguardava la validità di certe determinate Ordinazioni, avuto riguardo massimamente alla formacon la quale si erano compiute. Tale forma fu giudicata da Paolo IV sostanzialmente diversa dalla forma Ecclesiae, epperò tutte le consecrazioni episcopali con essa ottenute furono da lui pronunziate invalide. La qual cosa è apertamente confermata dalla pratica e gravissima conseguenza che Paolo IV ne deduce nel medesimo suo Breve.«Et propterea, conchiude egli, declaramus personas ab eis (Episcopis) ad ordines ipsos promotas, ordines non recepisse, sed eosdem ordines a suo Ordinario, iuxta literarum nostrarum praedictarum continentiam et tenorem, de novo suscipere debere et ad id teneri
Negli studii che S. S. Leone XIII volle che si facessero in preparazione alla sua Bolla, fu anche osservato e, a parer nostro, non senza fondamento, che sino al tempo di Paolo IV, per ragione della grande confusione prodotta nell'Episcopato inglese dallo scisma sotto Enrico VIII, unito poi all'aperta eresia sotto Eduardo VI, non era a tutti evidente che vi fossero delle Ordinazioni invalide, non solo per difetto di forma, ma altresì per mancanza di carattere episcopalene' Vescovi ordinanti, e che conosciutosi ciò da Paolo IV, egli appositamente vi provvide con la restrizione o clausola sopra riferita. Ma checchè sia di ciò, è certo che, se il carattere episcopale mancava negli Ordinanti, questa mancanza, nella sentenza di Paolo IV, doveva attribuirsi ad un vizio inerente alla nuovaforma dell'Ordinaleeduardino, col quale essi erano stati consecrati.
Ma, dirà taluno: se la cosa è così chiara, come mai negli ultimi due anni hanno potuto alcuni scrittori moderni, anche cattolici, difendere la validità o la dubbia invalidità delle Ordinazioni anglicane, o almeno sostenere che la questione era integra e indecisa [22]? A siffatta domanda non sapremmo dare risposta più calzante insieme e più caritatevole di quella data da S. S. Leone XIII nella sua Bolla: Documentis Apostolicae Sedis haud satis quam oportuerat cognitis, fortasse factum est ut scriptor aliquis catholicus disputationem de ea libere habere non dubitarit.

XVII.

La data interpretazione de' documenti di Giulio III e di Paolo IV è confermata dalla condotta costante tenuta dal Legato nella soluzione dei casi particolari, e da innumerevoli altri fatti che la storia di quei tempi riferisce come intimamente congiunti con la loro pubblicazione in Inghilterra. Anche questa riprova è, con la solita chiarezza e brevità, indicata da Leone XIII nella sua Bolla:«Apostolicae sedis documenta et mandata non aliter quidem Legatus intellexit, atque ita eis rite religioseque obtemperavit.»
Fra i molti documenti che giustificano pienamente questa proposizione della Bolla, troviamo due lettere del Cardinale Legato, dirette la prima a' Sovrani d'Inghilterra Maria e Filippo, in data del 24 decembre 1551 [23]; la seconda al Vescovo di Norwich, in data del 29 gennaio 1555 [24]. Nella prima, il Cardinale Polo dichiara di avere già dispensato e di esser pronto a dispensare, servendosi delle facoltà conferitegli dalla Santa Sede, con coloro i quali per difetto di giurisdizione e in virtù della pretesa supremazia della Chiesa Anglicana, nulliter et de facto dispensationes, concessiones, gratias et indulta, tam Ordines quam beneficia ecclesiastica, seu alias spirituales materias [25]obtinuerunt. Questo però quanto alla sola nullità proveniente dal difetto di giurisdizione, com'egli stesso esplicitamente aggiunge: quoad nullitatem ex defectu iurisdictionis praefatae tantuminsurgentem.
Che cosa poi facesse il Legato e che cosa dovessero fare i suoi delegati, quando la nullitàfosse nata, non solo dal difetto di giurisdizione, ma altresì dalla invalida ordinazione, è dichiarato nella seconda lettera. In questa l' Em.o Cardinale, delegando al Vescovo di Norwich alcune delle facoltà da lui ricevute dal Sommo Pontefice, gli concede anche quella di ammettere in suis ordinibus gli ecclesiastici che erano stati ordinati da Vescovi scismatici od eretici, purché fossero stati ordinati col rito cattolico: dummodo in eorum (Ordinum) collatione Ecclesiae forma et intentio sit servata. Che se invece di essere ordinati con questo rito, fossero stati ordinati col nuovo rito di Eduardo (come notammo più volte, non si conoscevano a quel tempo altri riti in Inghilterra), allora quegli ecclesiastici dovevano considerarsi come non promossi, e come tali, dovevano ad omnes etiam sacros et Presbyteratus ordines a suis Ordinariis, si digni et idonei reperti fuerint, rite et legitime promoveri [26].
Inoltre che il «rito cattolico» l'Ecclesiae forma et intentio, di cui parla il Cardinale Legato in questa sua lettera del 1555, fosse precisamente quello dell'antico Pontificale, appare manifesto dalla formale domanda che doveva farsi a ciascuna degli anzidetti ecclesiastici: Utrum, ante octo annos fuerint ordinati [27], cioè prima della morte di Enrico VIII (1547), quando era ancora in pieno ed esclusivo vigore il Pontificale cattolico [28].

XVIII

«Idque pariter factum est a Regina Maria.» Anche Maria diede a' documenti pontificii la medesima interpretazione. Così afferma Leone XIII, e così è storicamente dimostrato dagli Atti di quella pia Regina. Basti qui ricordare il celebre suo Decreto, da noi riferito alla pagina 421, contro gli ecclesiastici ordinati secundum modum ordinandi noviter fabricatum. Si sa parimente che Maria, per autorità del Legato, depose dalle sedi da loro occupate tutti i «Vescovi» (Taylor, Harley ed altri [29]), consecrati con l'Ordinale di suo fratello Eduardo. Abbiamo qui sott'occhio i processi di queste deposizioni con le ragioni che ne confortano la sentenza. In quella contro Taylor si legge: Privatus ob nullitatem consecrationis [30]; nella seconda contro l'Harley si legge pure: Privatus propter coniugium et haeresim et ut supra (i. e. ob nullitatem consecrationis [31]).
Uguale a quella della regina Maria fu la condotta di coloro i quali, secondo che asserisce nel medesimo luogo Leone XIII, «cum ea dederunt operam ut religio et instituta catholica in pristinum locum restituerentur». Valgano per tutti le testimonianze di due illustri Vescovi quali furono Gilberto Bourne, vescovo di Bath eWells, e il vescovo Bonner, principale Commissario del Cardinale Polo per la diocesi di Londra. Il primo con lettera dell'8 aprile 1554 diretta al suo Vicario generale Giovanni Cottrell, gl'ingiunge di procedere contro i pretesi matrimonii de' preti secolari e regolari, « nec non in eoslaicos coniugatos qui, praetextu et sub velamine presbyteratus ordinis, sese in iuribus ecclesiasticis temere et illicite immiscuerunt ac ecclesias parochiales cum cura animarum et dignitates ecclesiasticas contra sacras canonum sanctiones et iura ecclesiastica de facto assecuti fuerunt [32].» Che questi intrusi sub velamine presbyteratus ordinis fossero gli Ordinati col nuovo rito di Eduardo, raccogliesi anche da' verbali delle sentenze riferite nel già citato Ms. di Harles [33], in circa quaranta casi ivi inscritti.
Il Vescovo Bonner è ancora più esplicito. Egli così scrive: «Isti ministelli constituti, grassante adhuc schismate, nullam in noviter fabricata ordinatione auctoritatem acceperunt offerendi in Missa corpus et sanguinem Salvatoris nostri Iesu Christi [34]. » Nel resto è un fatto storico incontrastabile, che sotto il regno di Maria, nessun Vescovo o Ministro ordinato con l'Ordinaledi Eduardo fu mai ammesso, dal Legato o da' Commissarii papali Gardiner e Brooks o dagli altri Vescovi cattolici, all'esercizio degli Ordini conferitigli con quel nuovo rito; che anzi non si tenne mai alcun conto di siffatti Ordini e quindi, anche se taluno di quei Vescovi o Ministri fosse condannato per eresia, egli non era mai sottomesso, come erano sempre i validamente ordinati, alla pena della degradazione.


È vero che alcuni critici, copiando forse il Dr. Lee, hanno di recente asserito che quattro Vescovi, Thirlby, Wharton, Aldrich e King, furono dal Legato riabilitati e riconosciuti come veri Vescovi, sebbene fossero stati consecrati con l'Ordinale di Eduardo VI; ma la loro asserzione è dimostrata evidentemente falsa, apparendo da autentici documenti che la consecrazione episcopale fu da loro ricevuta col rito cattolico del Pontificale. Infatti i Registri Episcopali inglesi attestano che tutti e quattro furono consecrati prima del 1550, quando cioè non esisteva ancora l'Ordinaledi Eduardo: Thirlby fu consecrato nell'anno 1540; Wharton nell'anno 1536; Aldrich nell'anno 1537; King nell'anno 1536.

XIX

A' fatti suaccennati, che i sostenitori antichi e moderni della validità delle Ordinazioni anglicane si sono provati invano di smentire, se ne aggiunge un altro, il quale da sè solo basterebbe a mettere in tutta la sua evidenza la riprova dell'interpretazione degli atti di Giulio III e di Paolo IV, data da Leone XIII nella sua Bolla.
Il fatto è il seguente. Sotto il regno di Maria, e dal giorno in cui fu pubblicata in Inghilterra dal Cardinale Legato la Bolla di Paolo IV (22 settembre 1555), cominciò la pratica, seguita poi costantemente fino ai giorni nostri, non solo in Inghilterra, ma in Francia, negli Stati Uniti d'America, nella stessa Roma de' Papi e da per tutto, di ordinare come semplici laici, senza alcuna condizione, de novo et ex integro, quei Vescovi o Ministri Anglicani, i quali, ritornati al seno della Chiesa cattolica, desideravano di consecrarsi al servizio de' suoi Altari.
Gli antichi regesti episcopali, testè esaminati in Inghilterra, attestano questo fatto in quattordicidistinti casi, dei quali ottonella sola diocesi di Londra. Si tratta sempre di ecclesiastici ordinati iuxta rituale Eduardianum, i quali, negli anni 1555-1558, de novo et ex integro eosdem ordines susceperunt. Il D.r Brown, Vescovo anglicano di Stepney, ha confermato e commentato questo fatto in una sua lettera pubblicata recentemente dal Times di Londra [35].
Morto il Cardinale Polo [36] e distrutta in Inghilterra, per opera di Elisabetta, la Gerarchia cattolica [37], i convertiti, onde evitare la persecuzione religiosa, che allora ferocemente e costantemente infieriva nella loro patria, furono costretti a cercare un rifugio in altri paesi. Noi li troviamo in Francia, in Fiandra, a Roma e altrove. L'illustre Canonico Estcourt, nella sua classica opera già da noi più volte citata [38], parlando di quelli che si erano rifugiati in Francia, pubblica un elenco di Ministri anglicani convertiti, i quali ivi furono di nuovo e assolutamente ordinati negli anni 1575, 1577,1578, 1579, 1580, 1581, 1601 ecc. Lo stesso fatto è attestato da' documenti che si conservano qui a Roma negli Archivii del Santo Ufficio e del Collegio inglese. Da uno di questi documenti, appartenente all'anno 1686, apprendiamo che anche nella Scozia esisteva la medesima disciplina «di ricevere e trattare i Vescovi e preti anglicani e scozzesi che venissero alla fede cattolicacome semplici laici [39]. »
Deve dunque rigettarsi come storicamente falsa l'opinione di quei pochi, i quali, anche di recente, hanno voluto sostenere che l'anzidetta disciplina avesse avuto la sua origine, non già dagli Atti pontificii degli anni 1553-1555, ma soltanto nel 1704 o nella prima metà del secolo decimottavo [40]. A questa falsa sentenza, se ben ci apponiamo, si riferiscono le seguenti parole della Bolla di Leone XIII:«Auctoritates, quas excitavimus Iulii III et Pauli IV, aperte ostendunt initia eius disciplinae quae tenore costanti, iam tribus amplius saeculis, custodita est, ut ordinationes, ritu eduardiano, haberentur infectae et nullae; cui disciplinae amplissime suffragantur testimonia multa earumdem ordinationum, quae in hac etiam Urbe, saepius absoluteque iteratae sunt ritu catholico.»

XX.

Ma se l'anno 1704 non segna il principio dell'anzidetta disciplina, esso segna certamente il principio di una nuova serie di documenti della Santa Sede, ne' quali quella disciplina è solennemente confermata e dichiarata obbligatoria.
In quest'anno, infatti, fu interrogata la Sacra Congreaazione del S. Ufficio sul dubbio riguardante gli Ordini ricevuti da un tale Giovanni C. Gordon, Vescovo protestante di Glascow nella Scozia, il quale, convertitosi al cattolicismo, desiderava servire la Chiesa nello stato ecclesiastico. Il Gordon, si noti bene, era stato promosso agli Ordini, non già con l'Ordinaleeduardino, quale esso era nel 1550, e quale era stato giudicato da Giulio III e da Paolo IV, ma bensì con l'Ordinaleeduardino modificato nel 1662 [41]. Dagli Atti autentici della medesima Congregazione si rileva, che il predetto dubbio fu proposto all'esame de' Consultori il 10 marzo del 1704. Due settimane dopo i Consultori diedero il loro voto: «Quod praedictus Ioannes Clemens Gordon ordinetur ex integro.» Nella Feria IV, 26 dello stesso mese: « E.mi dixerunt quod inclusae scripturaemittantur per manus eorumdem Em.orum.» Quali fossero le inclusae scripturaesi farà manifesto dal Decreto che riferiremo per intiero. Intanto è certo che il dubbio fu di bel nuovo discusso e studiato per lo spazio di trentasettegiorni tanto da' Consultori quanto dagli E.mi Inquisitori Generali. Il Decretogenuino, il cui testo nella sua integrità è qui pubblicato per la prima volta, è il seguente:
«Feria V diei 17 Aprilis 1704, in solita Congregatione S. R. et Universalis Inquisitionis habita in Palatio S. Petri, coram SSm.o. Dno Nro Clemente Papa XI.
« Delata instantia Ioannis Clementis Gordon Episcopi anglicani, ad Catholicam fidem conversi, et quibusdam scripturis seu iuribus alias collectis pro simili casu, quamvis olim non fuerit decisus, vel saltem hac de re nihil fuisse decretum, cum Voto DD. Consultorum, qua petebat, ut non obstante consecratione Episcopali obtenta ab Episcopis Sectae Anglicanae, et ritu solito illius Pseudo-episcoporum sibi concederetur facultas transeundi ad ordinem Presbyteratus ritu catholico suscipiendum, cum sua consecratio ad Episcopatum nulla sit, tum propter deficientiam legitimae successionis Episcoporum in Anglia et Scotia, qui illum consecraverunt, tum propter alia motiva, quibus nulla redditur dicta illius consecratio.
«SSmus, auditis votis Em.orum Cardinalium, decrevit quod Ioannes Clemens Gordon, ex integro et absolute ordinetur ad omnes ordines et praecipue presbyteratus, et quatenus non fuerit confirmatus, prius Sacramentum Confirmationis suscipiat.»
È inutile osservare che questo non fu propriamente parlando un decreto del Santo Ufficio, confermato poi dal Sommo Pontefice, come è stato detto e stampato durante la polemica degli ultimi due anni [42]; ma fu veramente un decreto emanato dallo stesso Pontefice, SS.mus decrevit.
Le scripturae et iura alias collecta pro simili casu, a cui si allude nel decreto, sono i voti e gli atti della medesima Congregazione nel caso, propostole il 24 luglio dell'anno 1684 dal Vescovo di Fano, Nunzio Apostolico in Parigi. Il caso riguardava «Un giovane eretico calvinista, il quale essendo passato dalla Francia in Inghilterra fu ivi secondo l'uso di quella setta ordinato al diaconato, e poi anche al presbiterato dal pseudo-Vescovo di Londra. Il giovane, ritornato in Francia e abbracciata la religione cattolica, avrebbe voluto ammogliarsi.» Si domandava dunque se gli Ordini da lui ricevuti fossero validi, e perciò costituissero un impedimento al suo matrimonio.
Di questo caso il Santo Padre così scrive nella sua Bolla: « Post accuratam rei investigationem [43], consultores non pauci responsa sua, quae appellant vota, de scripto ediderunt, ceterique cum eis in unam conspirarunt sententiam, pro invaliditate ordinationis [44]: tantum quidem, ratione habita opportunitatis, placuit Cardinalibus respondere, Dilata.»Se dunque in questo caso non si ebbe una finale decisione, ciò non fu, perchè gli E.mi Giudici nella «Suprema» dubitassero della giustezza della risoluzione data da' Consultori, ma per un motivo del tutto estrinseco. Della qual cosa fanno fede gli Attidi quel tempo e massimamente ilVoto dell'E.mo Cardinale che ne fu relatore [45].
Dalla circostanza poi che eadem acta repetita et ponderata sunt nel caso del Gordon, ci è dato altresì di intendere quali fossero i motivi su cui si fondò il Decreto di Clemente XI. Anzitutto è positivamente esclusa dal novero di questi motivi la leggenda relativa alla consecrazione del Parker [46]. Infatti, in quegli Atti (del 1684-1686 e del 1704), è ripetutamente asserito, che «in materia così grave non si poteva appoggiare una risoluzione di tanta conseguenza sopra un fatto contraddetto tra cattolici e protestanti»; che «la decisione adeguata si doveva prendere non dal fatto del Parker, che dipendeva dalla storia assai imbrogliata... ma dal difetto d'intenzione e delle parole che s'usavano dagli eretici anglicani nell'Ordine sacerdotale»; che «il soggetto principale della discussione fu l'esame della forma eduardina rimasta in vigore per oltre cento anni, e della medesima, in qualche modo mutata sotto Carlo II nel 1662»; che tale esame fu fatto, avuto riguardo altresì alle forme degli Orientali, e perciò «furono allora tradotte e studiate le formole delle orazioni degli Armeni, de' Maroniti, de' Siri, de' Jacobiti e de' Nestoriani, tanto cattolici, come eretici»; che segnatamente nel 1704, «duobus vel tribus novisVotis fuit denuo demonstrata nullitas istarum ordinationum, potissimumex insufficientia formae.» Donde apparisce, come rettamente osserva il Santo Padre, che, sebbene lo stesso vescovo anglicano Gordon, nel suo Pro-memoria [47], enumerasse, tra le cause di nullità della sua consecrazione, la leggenda del Parker, nondimeno, in sententia ferenda omnino seposita est ea causa, ut documenta produnt integrae fidei, neque alia ratio est reputata nisi defectus formae et intentionis. E se nella esposizione del caso, quale è riferito nel testo genuino del Decreto, si fa espressa menzione del difetto legitimae successionis Episcoporum, un tal difetto si riferisce alla invalidità della forma, essendo per questo appunto mancati i Vescovi, e perciò mancata la loro successione, come già decise Paolo IV [48] e come è detto esplicitamente nella «Relazione» che precedette il Decreto.
Da' medesimi Atti, riguardanti i due casi esaminati dal Santo Ufficio nel 1684-1686 e nel 1704 [49], si dimostra parimente, che se fu toccata la questione della consegna degli istrumenti (traditio instrumentorum), la quale non ha luogo nell'Ordinale anglicano, ciò fu fatto, non per provare un suo difetto essenziale, ma solamente per dimostrare «che mancando purequesto, mancava assolutamente la determinazione delle parole adoperate nella forma, mancava la designazione della potestàche si voleva conferire ». Nel resto qual teologo ignora che, anche a quel tempo, stando alla giurisprudenza del Santo Ufficio [50], quella mancanza non si considerava quale argomento certo di nullità, epperò, come dice il Santo Padre nella sua Bolla,«tunc praescriptum de more erat ut ordinatio sub conditione instauraretur» ?
Infine è da osservare che, sebbene il Decreto di Clemente XI riguardasse il caso particolare del Gordon, nondimeno non fu pubblicato per una ragione particolare e tutta propria di quel caso; ma bensì per una ragione generale, qual è il vitium formae; ragione che vale egualmente per tutte le Ordinazioni compiute con quella forma. In un antico documento del Santo Ufficio ciò è notato espressamente:«Summus Pontifex pronuntiavit iudicium directe quidem de facto in casu speciali proposito, indirectevero de iure generali invaliditatis ordinum Anglicanorum.» Conformandosi a questa interpretazione e autenticandola co' suoi attiposteriori, la Sacra Congregazione, ogni volta che si è trattato di simili casi, ha costantemente risposto comunicando ed applicando il Decreto di Clemente XI.
La disciplina adunque di ordinare ex integro e in modo assoluto gli ordinati col rito anglicano, è stata costantemente seguìta nella Chiesa, dall'anno 1555 all'anno 1704, e da questo fino a' giorni nostri, cioè per circa tre secoli e mezzo. I trentaquattro Sommi Pontefici che, durante questi anni, hanno occupata la Sede di Pietro, non ne ignoravano l'esistenza, e non l'hanno solo tollerata, ma formalmente approvata e sancita. Donde si deduce il seguente argomento teologico di grandissimo peso: «Quoniam, così il Santo Padre nella sua Bolla, firmum semper ratumque in Ecclesia mansit, Ordinis Sacramentum nefas esse iterari, fieri nullo pacto poterat ut talem consuetudinem Apostolica Sedes pateretur tacita ac toleraret. Atqui eam non toleravit solum, sed probavit etiam et sanxit ipsa, quotiescumque in eadem re peculiare aliquod factum incidit iudicandum.»significatio ex adjunctis.
Tale è l'argomento, per così dire estrinseco, contro la validità delle Ordinazioni anglicane. Questo però, come già notammo in risposta a Lord Halifax, non é nè il solo, nè il principale, su cui S. S. Leone XIII ha fondata la sua sentenza. V'ha inoltre l'argomento intrinseco; ma di ciò in un prossimo quaderno.

NOTE:

[1] Vedi il precedente quad. 1113, pp. 257-273.
[2] Ibid. pag. 271.
[3] Se ne vegga il testo pubblicato nel Tablet di Londra, num. del 10 ottobre 1896, pag. 574 e nel Church Times, num. del 9 ottobre 1896.
[4] Nell'edizione vaticana dalla pag. 12 alla pag. 18.
[5] Vedi il quad. 1113, pag. 267.
[6] Ibid. p. 268.
[7] Bulla diei 5ae augusti 1553, quae vocatur institutoria Card. Poli Legati. Arch. Secret. Vatic. Cf. Documenta ad Legationem Poli spectantia, Roma 1895, pp. 3-7.
[8] Breve de facultatibus legatinis. Ibid. pp. 7-9.
[9] «Praeter eam (di Eduardo) et catholicam formam alia nulla erat eo tempore in Anglia.» Ed. Vaticana, pag. 8.
[10] Quad. 1113, §. VI, pp. 265-267.
[11] Della Riduttione del Regno d'Inghilterra. Sommario primo. (Arch. Vat. Arm. 64, Tom. 28, fol. 144); Summarium eorum quae confirmari petuntur a Sede Apostolica pro Anglis. (Ibid. fol. 199).
[12] Epistola Pauli IV, Philippo et Mariae Angliae Regibus del 30 giugno 1555. Cf. Thierney, Dodd's History of the Church, II, pag. CXX;Documenta ad Leg. Poli spectantia, pp. 24-26.
[13] Cosi nel num. 3° del Summarium sopra citato.
[14] Archiv. Vatic. Nuntiatura di Inghilterra, III, 103. Cf. Bibliotheca Pia, 240.
[15] Documenta ad Legat. Poli spectantia, pag. 4.
[16] Bulla secreta Pauli IV « Praeclara charissimi ». Archiv. Vatic.Regesta Pontificum, N. 1850, Tom. 46, f 55. Essendo l'Inghilterra rimasta senza Vescovi cattolici per il lungo periodo di 66 anni, non deve recare meraviglia se anche questa Bolla, che la riguardava, fosse caduta in dimenticanza. Essa però è fortunatamente e provvidenzialmente ritornata alla luce in buon punto. I nostri lettori ricorderanno che non appena essa fu ritrovata dopo lunghe e diligenti ricerche tra le Bolle e gli Atti relativi al Concilio di Trento dove era stata inserita, la Civiltà Cattolica fu la prima ad annunziarne la scoperta e a pubblicarne la parte più importante nel suo quaderno 1079 del 1 giugno 1895, pp. 562-563.
[17] A proposito dì queste parole, uno scrittore Protestante nel Glasgow Herald (num. del 28 sett. 1896) muove contro il Santo Padre l'accusa di avere adulterato il testo di Paolo IV! Quando la passione accieca la mente, simili abbagli non recano alcuna meraviglia. Si vegga nel Tabletdel 17 ottobre 1896, pag. 606 un magistrale articolo su questo soggetto.
[18] Vedi la sua Lettera al Vescovo di Norwich, di cui discorriamo alla pag. 428.
[19] Così risulta da una scrittura del medesimo Cardinale conservata nell'Archivio pubblico di Douai, Reg. Poli II, f. 38, d.
[20] Archiv. secret. Vatican., Breve Original. Pauli PP. IV, Tom. I, n. 301
[21]Vedi il quaderno 1113, pag. 267.
[22] Si veggano gli opuscoli delGasparri, De la valeur des Ordinations Anglicanes; del Dalbus (Abbé Portal), Les Ordinations Anglicanes; del Boudinhon, Étude théologique sur les ordinations anglicanes; Duchesnenel Bulletin Critique (15 luglio 1894) e la Révue Anglo-Romaine (passim).
[23] Statuto 1 e 2 di Filippo e Maria, c. 8, Gibson, Codex, pag 41;Documenta ad Legat. Card. Poli spectantia, pagg. 31-34.
[24] Burnet, Ed. Pocock, vol. VI, pag. 361; Documenta etc, pag. 9-12.
[25] Nel testo della lettera riferita dal Gibson, non si legge qui la parola concernentia, quella medesima parola che, come vedemmo a pag. 423, un Anglicano ha accusato Leone XIII di aver omessa nella sua Bolla.
[26] Documenta, ut supra, pag. 11.
[27] Nel Ms. di Harles 421 sono riferiti i verbali di questi processi, con l'accennata domanda.
[28] Vedi quanto scrivemmo su questo punto nel precedente quaderno, pagg. 264-265.
[29] Vedi il §. VI nel medesimo quad. pag. 267.
[30] Burnet, History of the Reformation, II, 441.
[31] Ibid.
[32] Ms. 6967, f. 58. Cf. Strype, Eccles. Mem. Ed. Oxon., V, 352.
[33] Ms. 421.
[34] Nella Prefazione alla sua Opera Profitable and necessarye doctryne, (Estcourt, p. 58). Chi desiderasse altre testimonianze di scrittori inglesi di quel tempo, le troverà nel nostro quaderno 1092 del 21 decembre 1895, pp. 742-744. Ne trascriveremo qui una dello Stapleton: «Con quale autorità, scriv'egli, si arrogano questi pretesi Vescovi protestanti di custodire l'Ovile di Cristo? Chi ha imposto le mani sopra di essi? Io proclamo, sulla fede della Sacra Scrittura e della pratica della primitiva Chiesa, che costoro non sono punto Vescovi.»(Dal suo libro Fortezza di Fede, pubblicato in Anversa nel 1565).
[35] Num. del 1 maggio 1896.
[36] Egli morì il 18 novembre del 1558, sedici ore dopo la Regina Maria.
[37] Gli ultimi due Vescovi cattolici, Tommaso Watson di Lincoln e Tommaso Goldwell di St. Asaph, morirono il primo nella prigione del castello di Wisbeach nel settembre del 1584; il sacondo a Roma nell'aprile del 1585. Cf. Maziere Brady,Annals of the Catholic Hierarchy, Rome 1877, pag. 37.
[38] The question of Anglican Ordination discussed, Londra 1873.
[39] Da una Lettera di Monsignore Francesco Genetti a Monsignore Casoni, Assessore del Santo Ufficio, conservata negli Archivii della detta Congregazione.
[40] È certamente strano che i sostenitori di questa opinione, fondandosi sopra un supposto decreto del Santo Ufficio del 1704, non si sieno avveduti che, nel testo stesso da loro pubblicato di quel decreto, si trovi esplicitamente smentita la loro asserzione. Nel testo che ci offre il Gasparri (De la valeur des Ordinations Anglicanes, Paris 1895, pp. 16-18), sotto il titolo «Voici le texte entier du décret», si legge: «Constans semper in Anglia fuit praxis, ut si quis haereticorum Ministrorum ad gremium revertatur Ecclesiae, saecularisinstar habeatur. Unde si ligatus sit matrimonio, in eodem permaneat; sin liber et ad statum eeclesiasticum transire velit, aliorum catholicorum more ordinetur, vel, si libuerit, uxorem ducat.»
[41] Di questa modificazione parlammo nel quad. precedente pag. 271.
[42] Gasparri, Ibid, pag. 16.
[43] Anche allora fu istituita una speciale commissione. Mgr. Genetti che ne fu membro, così ne scrisse al Santo Ufficio in una sua relazione del 15 aprile 1704: «La questione essendo di grandissima conseguenza, e succedendo più volte in pratica, furono fatte allora varie Congregazioni, nelle quali presiedeva Monsig. Leyburn e intervenivano sette o otto dei più dotti teologi del Clero d'Inghilterra: tra i quali il Sig. Gifford, fatto poi Vescovo e Vicario Apostolico, il Sig. Bettan, ora precettore del Re d'Inghilterra, ed altri dottori di Sorbona e di Douai, tutti uomini di consumata dottrina.»
[44] Il testo originale della risoluzione de' Consultori è il seguente: «Feria II die 13 augusti 1685. DD. CC. mature discusso Dubio unanimi voto responderunt pro invaliditatae praedictae ordinationis. An autem expediat ad hanc declarationem in praesenti casu devenire EE. PP. oraculo reliquerunt.»
[45] Negli anni 1684 e 1685 l'Inghilterra era agitatissima per motivo appunto della questione religiosa, e gli E.mi Cardinali, aderendo al Voto del Relatore, prudentemente opinarono di astenersi allora da un atto, il quale avrebbe potuto creare nuove difficoltà al Re Giacomo II, mentre questi si studiava di ripristinare nel Regno la religione cattolica.
[46] Vedi il quad. precedente, pagg. 271-273.
[47] Il testo di questo Pro-memoria è quello che è dato erroneamente dall'Ill.mo Mgr Gasparri (op. cit. pp. 16-18) come testo genuino del Decreto
pontificio del 17aprile 1704! Fondandosi su tale falso supposto, egli scrive: «Parmi les raisons invoquées en faveur de la nullité dans ledécret (sic) du 17 avril 1704, la principale est la fameuse histoire de Nag's head, raccontée même avec des variantes et d'autres erreurs manifestes... Or cette légende, haujourd'hui abandonnée, enlève toute autorité à la decision (?!) ou au moins la rend douteuse.» Lo stesso errore, con le medesime conseguenze, è stato più volte ripetuto nellaRévue Anglo-Romaine e da tre altri scrittori francesi.
[48] Veggasi quanto dicemmo su questo punto nel §. XVI alla pag. 426.
[49] Lo stesso dicasi degli Atti nei sei casi posteriori esaminati dalla medesima Congregazione, sino a quello del 1874 propostole dall'Arcivescovo di Westminster.
[50] Cf. Arch. S. O. De Ordinibus sacris ab anno 1603 ad annum 1699.