venerdì 5 ottobre 2012

La Civiltà Cattolica anno I, vol. II, Napoli 1850 pag. 125-137. R.P. Luigi Taparelli D'Azeglio D.C.D.G. IL SUFFRAGIO UNIVERSALE (2)

 

Luigi Taparelli D'Azeglio


SOMMARIO


24. Il suffragio universale è impossibile. –– 25. Ripugna alla Carità Cattolica. –– 26. È impotente a medicare la società. –– 27. È strumento funesto de' cerretani politici. 28. È bugiardo nel ben comune, –– 29. e negl'interessi, –– 30. come apparisce dal fatto.–– 31. Inutile moltiplicare interessi privati, –– 32. nasce dal non volere alcun governo. –– 33. Conchiusione del teorema filosofico, –– 34. e del canonico.

24. La prima parte di questo articolo mirava principalmente a dissipar quella illusione, da cui vengono sedotti più facilmente gli animi nobili e generosi: i quali bramosi di veder nella società pieno il trionfo della giustizia, non riflettono che la giustizia sociale dee mirare al fine e non ai mezzi: dee render tutti egualmente felici, non già adoprare per la felicità di tutti i mezzi medesimi.
Tolto così a codesta teoria l'appoggio di una mentita giustizia anche nell'ordine politico, potremmo inferirne molto più legittimamente l'insussistenza nell'ordine religioso e chiudere così il nostro articolo.
Ma siccome lo sradicare quei pregiudizî, che invadono la società intera riesce opera sommamente scabrosa e lunga, non dispiacerà a' lettori, che continuiamo le nostre considerazioni intorno al Suffragio universale, mirandolo dal canto degl'interessi ch'egli è chiamato a difendere, e che lo rendono sì caro alle anime volgari, le quali, ne' paesi ove non è ancor sperimentata la nullità, anzi la nocevolezza di codesto mezzo, pensano essersi cinto il diadema ad ogni fronte, quando si son gittati a rotolar nel fango codesta grandine di pallottole elettorali. Poveri zimbelli d'un cerretano politico, che non comprendono quanto sia diverso il decretar sulla carta dall'eseguire coll'opera! non comprendono quanto sia funesta alla società una legge, quando l'adempimento n'è impossibile!
L'avvezzare abitualmente il popolo alla violazione d'una legge senza mai potervi opporre una pena, che ridesti verso l'autorità e la giustizia riverenza e timore, egli è un ammortire insensibilmente il sentimento morale principio vitale della società. Nella quale ben può la forza materiale contenere pochi facinorosi; ma guai se ella divenga l'unico freno della immensa moltitudine! donde trarrete voi allora una material forza prevalente, se tutta la società resiste alla forza morale?
Or questo è l'effetto che deve prodursi nel popolo, quando vede sancirsi per legge ciò che resterà poi ineseguito per impossibilità. La legge riveste allora agli occhi suoi l'aspetto d'una formalità, il legislatore d'uno stravagante: e quando rispetto ad una legge, ei potè dire, l'autorità non dee essere obbedita, la ragione dell'obbedienza è per lui perduta riguardo ad ogni altra legge.
Peggio poi quando la legge inosservata si presenta, come tutrice e favoreggiatrice del volgo; allora la sua violazione acquista un carattere immensamente più pernicioso; giacchè l'autorità pubblica prende agli occhi suoi un aspetto di oppressione interessata, ogni qual volta riscuote da' sudditi l'osservanza delle altre leggi; e sente frequentemente rinfacciarsi «le leggi favorevoli a chi comanda si osservano, le favorevoli al suddito si trasgrediscono.»
Or dunque pensate qual germe di mal contento si avventi in mezzo ad un popolo, quando si grida, che ogni uomo ragionevole in forza di sua natura ha dritto a governare, se poi nel fatto gli venga interdetto il governo! Germe tanto più funesto, quanto che ottenuta codesta bugiarda teoria l'investitura del dritto, egli non ha da chiedere ad altri, fuorchè a sè solo, la forza necessaria ad attuarlo nella società.
Se dunque il dritto universale al governo è impossibile, il predicarlo è rovinoso. Or l'impossibilità è oggimai sì patente, che i ciechi stessi han dovuto toccarla con mano. Dopo aver decretato il suffragio universale, qual debito essenziale della umana società, inadempiuto il quale, ogni legge è ingiusta, incompetente, invalida, dopo aver adoprati gli sforzi giganteschi d'una delle più potenti nazioni europee per mettere in effetto l'utopia, a qual termine finalmente siam noi giunti? Ad avere una sesta parte de' voti necessarî secondo la costor teoria a legittimar le leggi: sopra trentasei milioni di cittadini, sei milioni di suffragio soltanto! Non è egli questo un dire, che il suffragio universale è impossibile come egli è ingiusto?
Uditelo da chi ne ha veduto da vicino i tentativi falliti. Uditelo dal Thiers nella seduta de' 24 di maggio, e vedete a qual segno sieno in Francia disingannati dopo il funesto e laborioso esperimento di un biennio. «Voi dite (parla egli alla Montagna) che noi non siamo nello spirito della Costituzione, perchè questa vuole il suffragio universale, ma egli è codesto un misero giuocar di parola.
La parola universale o prova troppo o nulla. Se significa a rigore tutti perchè si limitano poi dalla Costituzione i voti a nove milioni soltanto di cittadini?
Le donne, direte voi in primo luogo, è naturalissimo che sieno escluse. Ma perchè?
Perchè le giudicate incapaci di ben conoscere il paese. Egregiamente. Ma ecco dunque l'universalità dimezzata da 36 a 18 milioni.
Altri nove milioni ne dovete togliere per debolezza d'età; e qui se si trattasse di soli fanciulli sarei d'accordo con voi. Ma perchè non date voi il suffragio a' minori già emancipati di diciotto anni? Questo è puro arbitrio: vi piacque fissar ventuno anni.
Restano allora nove milioni di elettori, tre milioni de' quali fosse imbecillità o abbiezione, voi non otteneste d'indurli al suffragio.
Dunque la parola universale non vuoi dir tutti. [2]»
Ed il Thiers ha ragione: non vuoi dir tutti, perchè la natura si oppone al vocabolario. Ma coloro, che usano il vocabolario del volgo; coloro, che dalla interpretazione del Thiers si trovano esclusi, coloro, che per codesta esclusione o son veramente, o si credono offesi, e ridotti all'impotenza di tutelare i propri interessi, si appagheranno eglino sì facilmente di codesta interpretazione sì illogica, sì poco coerente?
E dico poco coerente perchè la ragione recata dal Thiers ad escludere le donne non ha la menoma forza nella teoria del suffragio universale: la quale deriva il dritto a governar sè medesimo dalla ragione umana, cui non niegheremo certamente alle donne, qualunque esser possa la loro inferiorità; e dagl'interessi, che debbono essere rappresentati, e che darebbero alle donne tanto maggior dritto di suffragio quanto esse son più incapaci di sostenerli colla forza.
Così l'intesero i Sansimonisti e consorti, così il club delle donne formato in Parigi ed altrove; così l'intenderebbero a poco a poco tutti gli altri maggiorenni arbitrariamente esclusi. E i minorenni, credete voi che sarebbero contenti? Quegli sbarbatelli di 10 o 12 anni, che andarono sì generosamente ad arruolarsi in Roma nelle legioni della Speranza a terrore del Tedesco, porterebbero eglino in pace di avere i dritti del cittadino sulle palle austriache, e non averle sulle palle elettorali? Appena rimarrebbero esclusi gl'infanti bambini, e le bestie, (se pure anche a queste le società filantropiche fondate in Germania per tutelarne i dritti, non ottenessero la parte loro nel suffragio universale.)
Il suffragio universale è dunque più facile a decretarsi che ad eseguirsi: le esclusioni più facili a pronunziarsi che a giustificarsi: non giustificate gitterebbero il seme del mal contento nella società, come accade oggidì nella Francia, ove gli amici dell'ordine per avere adottato in teoria il principio protestante, si trovano nella misera e contradditoria posizione di non poter difendere l'esistenza della società senza violare ciò che in quel sistema è dover di giustizia, è dritto di ogni uom ragionevole.
25. Ecco a qual termine si riduce una società quando nella disparità delle condizioni sociali, invece di riguardare un ordinamento mirabile di provvidenza, vede solo con occhio da Pagano una sventura del debole ed una ingiustizia della Fortuna. Il Cattolicismo, che onorando la povertà nel Dio umanato l'avea raccomandata al ricco, costituendolo amministratore in favore de' poveri, c'insegnava a rimirare nella diversità delle condizioni un elemento di associazione fra gl'individui, come nelle diverse produzioni delle varie regioni, noi riguardiamo un vincolo sociale, che congiunge col commercio tutti i popoli della terra. Ma questa nobile e sociale idea del Cattolicismo, vien necessariamente a cancellarsi, quando cessa nelle menti, e ne' cuori la stima del Cielo ed il disprezzo de' beni della terra; quando il ricco, lungi dal credersi obbligato del suo superfluo ad alimentare i poveri, perde perfin l'idea d'avere un superfluo, nulla più sapendo ricusare alla fame insaziabile de' suoi appetiti e de' suoi capricci. In una tal società il volgo, assetato di piaceri al pari de' ricchi, ma tanto digiuno, quanto costoro ne van satolli, dee naturalmente agognare al comando come a mezzo di cessar l'oppressione. Dite a codesto volgo che il comandare è per lui dritto inalienabile; e vedete in quale stato di perpetua convulsione l'avrete ridotto, mentre in realtà egli è impossibile che giunga a soddisfarsi.
26. Non so se io m'illuda nel credere d'aver resa evidente l'impossibilità ed il danno, non meno che l'ingiustizia del suffragio universale, ma l'abbia io dimostrato o non l'abbia, non m'illudo a segno da sperare già piena e perfetta la acquiescenza d'ogni lettore. È sì lusinghiera l'idea del comando, è sì prona l'umana natura a concepire il vero sotto forme materiali, che moltissimi ancor non sapranno persuadersi che il suffragio universale non sia il sommo dei beni e della uguaglianza politica. «Ah se potessimo realizzarlo! Se fosse in nostra mano il dettar le leggi! E chi non vede che quando il legislatore ci serve male possiam dimetterlo e migliorare le nostre sorti? ditelo pur dunque difficile, ditelo impossibile se volete: ma persuaderci che non sarebbe utile, persuaderci che noi non conosciamo i nostri mali, oh questo è troppo!»
Nè questo io pretendo: non dico che il volgo non senta i suoi mali, dico che non ne conosce il rimedio; e lo dicea prima di me il Romagnosi predicando l'inutilità di quelle istituzioni sociali con cui l'Italia pretendea far la scimmia ai forestieri.
E chi non vede l'immenso divario che corre fra sentire il male e conoscerne la medicina? nè parlo io qui solo dei mali fisici, ma molto più dei morali, nei quali è molto più difficile congiungere in una persona il patimento dell'infermità e l'arte del guarirla, per una ragione che salta agli occhi di chicchessia. Il patire moralmente nasce d'ordinario da debolezza di ragione che non seppe evitare i mali, e da gagliardìa di passioni che li fa risentire più vivaci. Or il rimedio ricercherebbe appunto una disposizione d'animo totalmente contraria, gagliardìa di ragione a conoscerlo, e temperanza di passioni a sopportarlo. Osservatelo in qualche esempio: d'onde muove il patimento dell'uomo iracondo? dal non prevedere le offese per evitarle, e dal predominio della collera che lo trasporta. E qual rimedio adopra ella la passione per ripulsare quel patimento? si stizzisce, si riscalda, si accanisce, patisce in sè il doppio, e per un'ingiuria che vorrebbe ribattere ne provoca le migliaia dal suo nemico e da quant'altri caldeggiano le sue difese. Mirate quel giuocatore al tavoliere che si dibatte, si rode e bestemmia per la sua disdetta: qual sarebbe il rimedio? andarsene e faticare per rimettere il danaro perduto: ma la passione che gl'insegna? moltiplicar le poste e perdere fin la camicia. Aggiungete pure esempî quanti vi piace, sempre troverete il medesimo risultamento: Sentire il male è tutt'altro che saperne il rimedio: e lo vedete di fatti nelle furie del comunismo moderno che per sollevare la miseria del popolo ha trovato lo stupendo rimedio d'incendiare le case, di consumar le ricchezze, d'incagliare il commercio, di saccheggiare le casse, di atterrire i capitali, sì che non osino mostrarsi.
La gente materiale non potrà mai conoscere quelle molle secretissime per cui un provvedimento sociale sembra accennare ad un punto, e ferisce realmente al punto opposto: mettere dunque in mano di lui le sue sorti egli è un rendere impossibile la cura delle sociali miserie.
27. Risponderà forse taluno il suffragio in mano del popolo dovergli servire a nominare i legislatori non a rogare le leggi: ma è facile il comprendere la debolezza di codesta evasione. O voi credete che col suo suffragio egli non influirà nelle leggi, e accordarglielo è una derisione; o credete che v'influirà, e la sua ignoranza vi sarà essenzialmente nociva. Il vero si è che codesta influenza del popolo ha veramente una qualche efficacia nella società; ma quest'efficacia ad altro finalmente non giova che a porre la società in quello stato di perpetua oscillazione che rende onninamente impossibile ogni bene sociale, non solo nell'ordine morale ma anche nell'economico: ogni giorno, dice egregiamente Federico Bastiat, sorge fra i chiaccheroni politici uno scroccone che tutto promette al popolo: «povero popolo! come sei malmenato dai tuoi governanti! Ah se ci foss'io a quel portafoglio, vedresti come sopprimerei tosto carta bollata e macino, dogane e regìa, catasto e testatico! vedresti come tosto strade ferrate da Brindisi al Cenisio, premî d'incoraggiamento ed aumento di salarî, lavoro a tutti e pagamento in contanti! Insomma, libertà per tutti, abolita la miseria» Il popolo crede, spera, grida, si rivolta, mette al ministero il suo tribuno.
«Orsù eccovi all'opera: presto, abolite le gravezze, spandete moneta.» Ma come si fa? Lo stato non può dare colla man destra, se non ciò che riceve dalla mano sinistra: s'incomincia con qualche profusione agli amici, e poi?.... conviene studiare nuove gravezze, nuove arti direbbe l'Elvezio, di far passare i quattrini dalla borsa del suddito negli scrigni del Fisco: raddolcite, assottigliate, inzuccherate pur quanto vi piace le leggi e i decreti: sempre finalmente il vuoto si troverà nella borsa, e qui, lo sapete, oh qui siam tutti peripatetici, tutti abbiam l'orror del vuoto. Che si farà dunque? Abbasso il ministro, e sottentri un altro scroccone che torna a ricantare gli stessi rimpianti del popolo, le stesse promesse di felicità[3]. Questa è la storia di tutti i suffragî più o meno universali, incominciando da quelli che gridarono gli stati generali fino alla presente Assemblea di Francia; e nell'Italia nostra ognun sa qual successione rapida di ministeri più o men ridicoli ed impotenti si avvicendasse al gran còmpito di felicitar la nazione, quando il suffragio divenne repubblicano.
28. Siete voi persuaso che il suffragio universale è impossibile, è ingiusto, è impotente, è nocivo? Or io voglio aggiungere ancora ch'egli è bugiardo; e che, mentre promette di rappresentare gl'interessi di tutti, non ne rappresenta veramente nessuno. Capisco che anche questo vi parrà un paradosso, ma spero che all'udirmi lo troverete piuttosto un fatto che un teorema evidente.
Donde muove la lusinga di coloro che sperano assicurato il ben comune, quando ogni individuo possa dare un suffragio? Nasce da ciò, se non erro, che ogni elettore sente i proprî bisogni. Or la somma dei bisogni di tutti gl'individui associati costituisce, dicono, il bisogno della società: dunque la società sarà ben servita quando tutti abbiano dritto al suffragio. È questo, se non erro il sofisma di chi spera il ben pubblico dal suffragio universale. Ma chi non vede la falsità dell'argomento? Il ben pubblico è tutt'altro che l'interesse dei singoli, giacchè anzi l'interesse dei singoli è il maggior nemico che minacci il ben pubblico, e di fatti udiamo tuttodì esortazioni dai pubblicisti, a qualunque partito appartengano, di sacrificare al ben pubblico i nostri interessi privati; il che è sì evidente che que' medesimi utilitarî, secondo cui non si forma la società se non per proprio interesse, vi arrestano all'ingresso della lor città, e prezzo della cittadinanza vi chieggono il sacrifizio dei giudizî, delle volontà, degli averi, e di quant'altro fosse richiesto al ben sociale, dunque la somma degl'interessi privati non può essere il ben pubblico, giacchè altrimenti chi chiede il sacrifizio dei privati interessi chiederebbe il sacrifizio di una parte del ben comune. Sapete voi dunque che cosa è il vero bene sociale? Non altro che quell'ordine d'inviolabil giustizia, per cui ciascuno può liberamente usufruttuare le proprie forze, i proprî diritti. Quando quest'ordine regna non mancherà certamente in questa valle di pianto una qualche spina che punga, non però tale che riesca all'uom ragionevole inaspettata ed insopportabile: ma quando regna il disordine, quando il vizio trionfa, quando la virtù si punisce, quando si calpesta ogni dritto; oh allora sì che il male è pubblico, infelice la società. È dunque falsissimo che rappresentati gl'interessi si ottenga per ciò solo il ben pubblico: ad ottenerlo bisognerebbe che col suffragio universale si ottenesse la rappresentanza, non già degl'interessi ma dei sentimenti morali: or è egli questo l'effetto di codesta universalità di elezioni? L'universalità degli elettori è ella mossa dall'amor di giustizia più che dal personale interesse? Se amor di giustizia non la muove, se la muove principalmente l'interesse, avremo bensì dei rappresentanti d'interessi, se il volgo saprà sceglierli; ma operatori di ben pubblico non li otterremo così: sarà un caso se questo o quell'individuo per le personali sue disposizioni favorirà la giustizia e l'ordine: ma l'istituzione del suffragio universale non mira a questo, e però non mira al vero ben pubblico [4].
29. Ma almeno gl'interessi saranno eglino rappresentati fedelmente? Nemmeno: no, colla gran macchina del suffragio universale voi non otterrete la rappresentazione veridica, neppure dei materiali interessi. Imperocchè per rappresentar l'uomo quale egli è veramente, conviene rappresentarlo in tutte le relazioni complicatissime nelle quali naturalmente egli esiste: L'uomo è membro di mille diverse aggregazioni, il cui bene ridonda negl'individui senza che questi ne comprendano pienamente le cause, per cui ciascuno nel suo particolare lungi dal cospirare spontaneamente al bene vero per interesse tende nelle singole aggregazioni a vantaggiarsi sugli altri. Gelosia d'interessi nella famiglia, di gloria nelle associazioni letterarie, d'accoglienza nelle piacevoli, rivalità d'impiego ne' vari corpi amministrativi, indolenza nella società religiosa, antagonismo nella professione o nel mestiero: in somma quante sono le varie forme di associazione o spontanea o necessaria in cui l'uomo si trova incastrato, tante sono le forme in cui si presenta l'interesse personale per prevalere contro i coassociati. Se voi attribuite il suffragio universale non alle aggregazioni ma agli individui avrete dunque rappresentati gl'interessi degl'individui ma non delle aggregazioni; rechiamone un esempio palpitante di attualità. Quella legge contro le mani morte, con cui si tiranneggiò in altri tempi la Chiesa ed i corpi morali, passerebbe ella oggi sì liscia nelle Camere Torinesi, qualora invece di esser composte d'individui spicciolati, che rappresentano l'egoismo, riunissero i veri rappresentanti delle minori associazioni, il cui organismo dà la forma essenziale alla civile società? La quale non è un raggranellamento o un mucchio d'individui umani, ma un corpo organico servito in varie funzioni da varie membra senza la cui rappresentazione mai non potrà dirsi veracemente rappresentata, come non sarebbe rappresentato un vitello da quel mucchio di carname a che lo ridusse il coltello del macellaio. La Rappresentanza Nazionale per via del suffragio universale non è dunque un ritratto veridico degl'interessi sociali: essa è un'anamorfosi, ove la società rappiccinita e deformata nella grettezza dell'egoismo, perde le sue fattezze presentandosi sotto aspetto mostruoso a' suoi legislatori; i quali dovrebbero procacciarne il bene comune e non odono la voce se non degl'interessi privati. Frattanto il male delle aggregazioni è quello che maggiormente si sente, giacchè ridonda sopra molti individui. Dunque collo sgranellare i suffragi voi rovinate non assicurate il pubblico bene; voi create il pubblico malcontento non già la pubblica tranquillità.
30. Leggete le cronache scandalose dei collegî elettorali in ogni paese, udite i dibattimenti sulle riforme elettorali, esaminate le doglianze e le accuse contro deputati e ministri in materia di elezioni, e il fatto vi confermerà la teoria: vedrete i suffragî tassati pubblicamente, vedrete i deputati notoriamente venali; e l'abilità di un ministero prima vuotar l'erario per comprare i voti, poi coi voti comprati riempir l'erario. E per tal via potete sperare il ben pubblico? E chi non vede che senza l'onestà dei governanti è vana speranza l'onesta delle leggi?
31. Almeno, dicon certuni, moltiplicando i governanti moltiplicheremo gl'interessi rappresentati. Falso anche questo: purchè il ministro trovi un interesse che compensi al rappresentante il danno che può temer nel tradirvi, siate pur certo che se la coscienza nol trattiene, vi tradirà. Or quanto più voi scendete al basso moltiplicando i suffragî, tanto sarà più facile trovare tal compenso alla picciole perdite di un deputato o di un elettore volgare. Dunque il perfezionamento sociale del suffragio universale si riduce finalmente ad agevolare e legalizzare la più universal corruzione: ma in quanto al rappresentare il reale, il vero interesse della famiglia, del comune, della città, della provincia, voi non ne avete guarentigia dalla universalità del suffragio interessato, ma dalla sapienza e rettitudine di chi lo maneggia.
Potreste replicare che l'universalità dei suffragî andrà sempre a ricercare gli onesti, i sapienti; e la replica avrebbe forse qualche valore in una società tranquilla e universalmente composta d'uomini retti ed illuminati. Ma siccome disgraziatamente non è tale la pluralità nella società civile, specialmente a dì nostri; siccome anche i più retti ed illuminati vacillano nei giorni torbidi delle effervescenze politiche; siccome questi giorni in cui il suffragio delle moltitudini è più stravolto, questi appunto son quelli in cui sarebbe più necessaria gran rettitudine e sapienza nei governanti: così il rimedio sperato dal suffragio universale mal può appoggiarsi alla presunzione di una saggia elezione. Lo sperimento del fatto va pur troppo comprovando la teoria, la quale non è finalmente se non una spiegazione filosofica del fatto medesimo.
32. Per conclusione di questa, per dare un'ultima pennellata che la ponga in tutto il suo lume, permettetemi lettor cortese ch'io interroghi in tutto il segreto della confidenza la coscienza vostra, e rispondetemi colla mano sul petto: siete voi ben persuaso che l'autorità è una necessità sociale? che una società senza autorità non può camminare? Credo certo che nol mi negherete; giacchè l'impossibilità dell'associazione senza autorità è generalmente riconosciuta da tutti i politici.
Or bene, rientrate nell'intimo del vostro cuore ed esaminate qual'è l'ultimo scopo a cui dovrebbe condurre il suffragio universale nell'intento de' suoi promotori: non è egli il fare che tutti governino? Capisco che vi è gran differenza tra governo di tutti e governo del consenso di tutti, giacchè tutti indica pluralità, consenso indica unità. Ciò non ostante capirete ancor voi l'immensa difficoltà di questo consenso in una nazione numerosa; capirete che ne' venti o trenta milioni anche le minorità sono sì numerose da farsi rispettare e temere; tanto più se rimanga in dubbio, come suole, da qual parte stia il maggior numero; tanto più se il minore organizzando la sua operazione superi negli avversarî il vantaggio dei numero. Mettete a calcolo tutte queste osservazioni e vedrete che il sistema del suffragio universale può risolversi in ultima analisi in quella totale abolizione del governo vaticinata dagli Illuminati di Germania, formolata come scopo della società dai loro pubblicisti, preparata oggidì e minacciata alla Francia dal Proudhon e dai suoi comunisti [5], sospiro antichissimo dell'uom ribelle, eco funesto di quel tracotante non serviam, che pronunziato da Lucifero nella origine dei tempi verrà ripetuto nel cuor dell'empio fino al dì del lor tramonto.
33. Questo è il termine a cui ci condurrebbe finalmente il suffragio universale se potesse mai giungere a realtà: ma no, non sarà possibil mai in una moltitudine sterminata conoscere con sicurezza e verità il voler di tutti, non alterato da venalità, da inganno, da soperchieria, da violenza: e in questa impossibilità naturale vantarne il dritto inalienabile e accenderne nel popolo la bramosìa, egli è un gittarvi un seme di discordia e di ribellione che mantenga eterna l'effervescenza d'ogni passione più feroce. Stendasi pure, se così piace a chi può legittimamente accordarla, la moderata influenza del popolo nel governo: io non intendo nè di promuoverla nè di avversarla. Sostengo solo, e parmi averlo dimostrato, che la natura non accorda tal dritto a tutti gl'individui umani; che anzi esso riuscirebbe nell'esecuzione ingiusto, impossibile, nocivo, mendace; e ci condurrebbe colla totale abolizione d'ogni governo al sovvertimento della società, alla compiuta anarchia.
34. Se questo mio discorso riuscisse almeno a mettere in forse il dritto naturale del popolo nella elezione dei governanti, il chiarissimo Autore dal cui bel ragionamento abbiam avuto occasione d'entrare in questa discussione coi nostri lettori, riconoscerà, speriamo, molto più alieno e vacillante essere codesto dritto nella società cattolica, opera tutta soprannaturale, ove a governare sudditi molte volte indolenti, erranti, ricalcitranti son posti i vescovi dallo Spirito Santo: Posuit Spiritus Sanctus Episcopos regere Ecclesiam Dei. L'autore accorda che da Dio stesso vien trasmessa la podestà religiosa. Or non basterebbe questo a dimostrare che l'elezione dei Pastori non è natural diritto dei popoli? Chi volle accordare a questi un tal dritto nell'ordine politico incominciò dal costituire nel popolo il primo possesso della Sovranità. Se dunque si toglie questa al popolo nell'ordine religioso, (e già la tolse Chiesa Santa condannando il Richerio) non è più possibile accordargli come natural dritto l'elezione dei suoi Pastori.

NOTE:

[1] Vedi il fascicolo precedente pag. 33-51.
[2] Le mot universel prouve trop, ou il ne ne prouve rien. S'il signifie tout le monde, pourquoi la Constitution ne fait-elle en realité voter que neuf millions de citoyens?
Parce que vous ne les considérez pas comme ayant une connaisance suffisante des intérêts du pays. Voilà donc l'universalité réduite à 18 millions. Il y a encore 9 millions retranchés pour la faiblesse de leur âge.
Que les enfants ne doivent pas voter, je suis d'accord avec vous; mais pourquoi ne faites-vous pas voter le mineur émancipé de dis-huit ans? Parce qu'il vous a plu le fixer de vingt-un ans. Restent allors 9 millions d'electeurs, sur lesquels 3 millions sont assez imbécilles ou assez abjects pour ne pas user de leur droit, et que vous n'avez pas pu forcer à voter.
[3] Bastiat, l'État pag. 16 e seq.
[4] Non posso contenermi dal recare questo argomento sotto forma poco diversa colle parole dell'ill. Rosmini, che sembrano confutare anticipatamente le Cinque Piaghe.
«Egli è singolare a vedere come Al. Tocqueville, che parlò con tanta verità della tirannia della maggioranza, si lasci pur egli preoccupare talora da degli errori comuni, combattendone degli altri con tutta la finezza dell'ingegno che gli è propria. Uno di questi errori da' quali non sembra che siasi saputo interamente guardare l'egregio scrittore, si è quello che risguarda la vera base della libertà umana. Questa base della libertà non è che la giustizia, la quale di sua natura è indipendente dall'intero genere umano altrettanto, quanto la verità. Ella è eterna, e Dio stesso non la forma, ma la rivela dal suo seno. Or chi crederebbe, che l'autore indicato descrivesse la giustizia come cosa dipendente dalla maggioranza degli uomini, riducendola per tal modo a cosa umana? Dopo aver egli pronunziato quest'egregia sentenza: «Io riguardo come empia e detestabile questa massima, che in materia di governo la maggioranza di un popolo abbia diritto di fare ogni cosa,» soggiunge queste altre parole pressochè inconcepibili: «E tuttavia io colloco nella volontà della maggioranza l'origine di tutt'i poteri.» Or come cerca egli di conciliare le due proposizioni apertamente contrarie? Eccone il modo: «Esiste, dice, una legge generale ch'è stata fatta, o almeno abbracciata non dalla maggroranza di tale o tal popolo, ma dalla maggioranza di tutti gli uomini. Questa legge si è la giustizia. La giustizia dunque forma il confine del dritto di ogni popolo.» (T. II cap. VII) Ma la giustizia non è stata fatta, con sua buona pace, dalla maggioranza degli uomini: e quand'anco la loro maggioranza l'avesse rigettata, ella sarebbe tuttavia il solo fonte de' poteri legittimi. Non è dunque la maggioranza il fonte de' poteri giusti, anzi la maggioranza altrettanto quanto la minorità non può che ubbidire e sottomettersi alla giustizia, e in caso contrario ella usurpa de' poteri che non le appartengono punto, e merita piena condanna. Dicendo altramente, l'arbitrio e la tirannia è inevitabile. (Rosmini l. c. Nota l.)
[5] Vedi, Voix du peuple 22 e 28 genn. 1850.