lunedì 23 luglio 2012

LA FRAMASSONERIA SOTTO LA RISTAURAZIONE.(Estratto da "Il probblema dell'ora presente" Vol. I di Mons. Delasuss )

I brani che verranno presentati in questa serie di pubblicazioni, frutto del genio Contro-Rivoluzionario di Mons. Delasuss espresso nel suo celebre scritto "Il probblema dell'ora presente", descriveranno minuziosamente ciò che successe durante le fasi cruciali dell'opera Rivoluzionaria che diede inizio alla seconda Rivoluzione , quella Politica. Consiglio perciò un'attenta lettura del testo.


Attenzione:

Alcuni degli scritti esposti è già comparso in questo sito. La loro ripubblicazione è avvenuta in maniera restaurata e arricchita.
I due Tomi componenti il lavoro di Mons. Delasuss( "Il probblema dell'ora presente") sono scaricabili anche attraverso questo sito.


Napoleone firma la sua abdicazione a Fontainebleau il 4 aprile 1814.  di François Bouchot (da Ferri Gaetano), 1843, Museo della storia di Francia a Versailles
 Napoleone firma la sua abdicazione a Fontainebleau il 4 aprile 1814.


Crollato l'Impero, la Francia credette che soltanto quei soli che l'aveano fatta potrebbero, dopo tanti
sconvolgimenti e rovine, rialzarla e farla rientrare nelle sue vie. Essa quindi rivolse gli sguardi ai
figli di S. Luigi. Già, fin dal 1799, il suo cuore li chiamava. La framassoneria sentiva così bene
esser questo il voto della Francia, e che un giorno o l'altro diverrebbe irresistibile, che volle
prendere anticipatamente le sue misure e impadronirsi di tale movimento per dominarlo e dirigerlo.
Due massoni emeriti, i generali Malet e Oudet, fondatori della società dei Filadelfi a Besançon,
iniziarono dei negoziati con Luigi XVIII. Essi furono prevenuti da Siéyès e da quelli che, con lui,
preparavano la dittatura che fu inaugurata dal colpo di Stato del 18 brumaio.
Da una parte e dall'altra, ciò che si voleva, pur acconciandosi alle necessità del momento che
s'imponevano, era salvare la Rivoluzione, mantenere intatto il suo spirito e conservare, quanto fosse
possibile, le sue conquiste. La setta lo aveva ottenuto da Napoleone col dispotismo; e si
riprometteva di ottenerlo da Luigi XVIII in nome della "libertà". Quello che Malet e Oudet aveano
voluto trattare con Luigi XVIII, e ch'egli subì quindici anni più tardi, era l'istituzione del Governo
costituzionale, del meccanismo parlamentare che permetterebbe di continuare la guerra alla Chiesa.
Nel 1799, Luigi XVIII avrebbe potuto più facilmente liberarsi dalle strette della massoneria. Egli
sarebbe stato più libero di ristaurare l'antica costituzione nazionale spogliata de' suoi abusi. Il
ristabilimento del culto cattolico imponevasi, come vedemmo, a tal punto che Napoleone non vide
nulla di più urgente che di trattarne col Papa. Se Luigi XVIII, invece di Napoleone, avesse
conchiuso il Concordato, esso sarebbe stato ben diverso. Egli ne diede la prova, dopo la seconda
Ristaurazione, quando prese l'iniziativa di nuove trattative col Papa allo scopo di migliorare ciò che
da Napoleone avea ereditato, e così la Chiesa di Francia, libera, purificata dal martirio, sbarazzata dalle sozzure del Giansenismo, avrebbe potuto rimettere la nazione cristianissima nelle vie della
vera civiltà.

File:Louis XVIII2.jpg
Luigi XVIII di Borbone-Francia (Versailles, 17 novembre 1755Parigi, 16 settembre 1824) , re di Francia dal 1814 al 1824.


Nel 1814 e nel 1815, la situazione non era più la stessa. L'intiera Europa era sconvolta. Non era la
sola Francia, ma tutta l'Europa che avea bisogno di stabili leggi. I sovrani di Russia, d'Austria e di
Prussia vi posero mano e concertarono assieme quella celebre convenzione che si chiamò la "Santa
Alleanza".
"Avvi in questo negozio - scriveva da Pietroburgo G. de Maistre al conte di Vallaise - un lato
delicato e rispettabile che dev'essere apprezzato e venerato, indipendentemente da ogni questione
che si potrebbe sollevare sullo spirito che l'ha dettato, e che oggidì è abbastanza potente per farsi
obbedire anche dai sovrani". Qual era questo spirito? In chi, in che cosa erasi incarnato per
esercitare questa potenza? G. de Maistre, in una nuova comunicazione al suo re, dice che questo
spirito era quello degli Illuminati. "E' questo Illuminismo (non quello di Weishaupt, ma quello di
Saint-Martin) che ha dettato la convenzione di Parigi, e sovrattutto le frasi straordinarie dell'articolo
che echeggiò in tutta l'Europa ... Io sono perfettamente informato degli strattagemmi che quella
gente là avea usati per accostarsi all'augusto autore della convenzione (l'imperatore di Russia) e per
impadronirsi dell'animo suo. Vi si sono intromesse anche le donne come s'intromettono
dappertutto... Se la mente che dettò questo atto avesse parlato chiaro, vi avremmo letto in fronte:
Convenzione per la quale questi e quei principi dichiarano che tutti i cristiani non sono che una
famiglia professante la stessa religione, e che non contano nulla le differenti denominazioni onde si
distinguono".(1) Questa religione universale in cui i settari volevano fin d'allora confondere tutte le
religioni, la chiamavano il cristianesimo trascendentale e lo concepivano come una mera religiosità,
o una religione senza dogmi. E' quello che continuano a fare a' dì nostri, benché sotto altri nomi,
l'Alleanza Israelita Universale e la framassoneria. Ed oggi come allora, framassoni ed ebrei si
servono, per arrivarvi, dei ministri e dei Governi. G. de Maistre l'avea constatato nel secolo
precedente: "Si può affermare che, durante il secolo XVIII, i Governi d'Europa non hanno fatto
quasi niente di notevole che non fosse stato diretto da uno spirito segreto verso uno scopo che i
sovrani neppur sospettavano".(2) Egli lo constatava di nuovo all'entrare del secolo XIX; ed oggidì è
facile, a tutti quelli che hanno occhi per vedere, di fare la stessa osservazione.


Il Conte Joseph-Marie de Maistre ([ˈʒosɛf maˈʀi də mɛstʀ] ; Chambéry, 1º aprile 1753Torino, 26 febbraio 1821)


Le società segrete, non potendo adunque opporsi alla marcia degli avvenimenti che si compivano al
tempo della Ristaurazione, si studiarono di dirigerli a loro profitto, per impedire all'ordine sociale
basato sulla fede di ristabilirsi in Europa, e specialmente in Francia. Quello che aveano ottenuto
dalla "Santa Alleanza" degli imperatori di Russia e d'Austria e dal re di Prussia, si sforzarono di
ottenerlo da Luigi XVIII. Certamente, Luigi XVIII, come persona, non era un cattolico di fermo
carattere, troppo egli avea bevuto alla coppa del suo secolo, ma sentiva la propria dignità reale, e se
non fosse stato raggirato, ed avesse avuto libere le mani, indubbiamente egli avrebbe dato alla
Francia una Ristaurazione più perfetta e più solida.
Fra tutte le conquiste della Rivoluzione, quella che la setta apprezzava di più, come la più utile a'
suoi disegni, la più necessaria a conservarsi, era l'indifferenza del potere in fatto di religione. Perciò,
quello che più temeva nella ristaurazione realista, la quale nel 1799 annunciavasi come imminente,
era il ritorno della religione di Stato; e quello che si studiò sopratutto di ottenere allorché si fece la
Ristaurazione, fu il mantenimento della protezione eguale per tutti i culti come Napoleone l'aveva
introdotta. Un altro problema che le stava parimenti a cuore era quello della sovranità. Essa volea
bensì che il re regnasse, ma non poteva acconsentire ch'egli governasse, che avesse in mano un
potere efficace e reale. Ben dichiarò la Charta (3) che l'autorità risiedeva intera nella persona del re,
e che la religione cattolica era la religione dello Stato: l'articolo 6 attestava in proposito alcuni
intendimenti del re, ma non erano che parole rese vane dagli articoli 5 e 7. Pel resto, la Costituzione
accordava la libertà dei culti e della stampa; ristabiliva la libertà della tribuna, che da dieci anni taceva. Due capi illuminati, Talleyrand e Dallery influirono sopra Luigi XVIII, come ne parla G. de
Maistre, per ottenere che il re tenesse presso di sé queste due "pesti", come le chiama Gregorio
XVI. Altri agirono presso Alessandro, e fu per invito perentorio di lui che Luigi XVIII colla
dichiarazione di Saint-Ouen accordò alla setta le libertà costituzionali. In questa occasione fu creata
la parola liberale, destinata a velare le idee e le opere della framassoneria.



Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord (Parigi, 2 febbraio 1754Parigi, 17 maggio 1838)



File:Dallery.png
 Charles Dallery   (Amiens 4 settembre 1754  - Jouy-en-Josas 1 Giugno 1835)


Frattanto, lo slancio d'amore con cui la Francia accolse il suo re e la gioia con la quale recossi
dinanzi agli altari, fecero temere alle sette che le precauzioni prese divenissero inutili. Il ritorno di
Napoleone fu deciso, preparato, compiuto. Dopo Waterloo si videro i framassoni di Francia che
tanto doveano rimproverare ai Borboni di essere ritornati "sui carrettoni dello straniero",(4)
sollecitare gli alleati di voler dare alla Francia, colle proprie mani, un re diverso dal capo della casa
di Borbone. Per due volte, una deputazione di framassoni recossi al campo degli alleati per chiedere
che fosse loro imposto come re un olandese, il principe d'Orange, ovvero Luigi Filippo che più tardi
riuscirono a porre sul trono. Il capo di quest'ambasciata era Carlo Testa.(5) Luigi XVIII ritornato da
Gand era alle porte di Parigi fin dal 6 luglio, ma la diplomazia massonica che circondava i re alleati
non gli permise d'entrare nella sua capitale se non il giorno 8, dopo che egli ebbe licenziato que'
suoi ministri che l'aveano seguito nell'esiglio e loro sostituito uomini della Rivoluzione,(6) i due
apostati Talleyrand e Louis, col regicida Fouché quale ministro della polizia.

Joseph Fouché (Nantes, 31 maggio 1759Trieste, 26 dicembre 1820)


Da quel giorno fu impiantato in Francia il regime costituzionale, e con esso rimaneva padrona la
massoneria. "Luigi XVIII - dice il segretario del Grand'Oriente, Bazot - diede la Charta. E' il
governo costituzionale. Questo principio ci protegge". Era infatti la dignità del re limitata al potere
esecutivo, e l'autorità reale affidata a dei ministri, commessi effimeri delle maggioranze delle
Camere, che finirebbero pur esse per essere alla mercé della setta. Perciò Thiers poté dire nel suo
discorso tenuto nel 1866 al Corpo legislativo: "La Costituzione del 1814 è uscita dalle viscere stesse
della Rivoluzione".(7) Nessun altro sistema politico è più favorevole ai disegni della setta, nessuno
le offre maggiori e più facili mezzi per paralizzare la legittima autorità, per incatenare la Chiesa e
perseguitarla. Essa non vi mancò neppure sotto i re legittimi. Essi fecero quanto poterono, in ispecie
Carlo X, per resistere alle sue imprese, ma il sistema era più forte di loro. Non fa quindi meraviglia
che Enrico V, istruito da questa triste esperienza, siasi rifiutato di ricominciarla nella sua persona
nel 1873. Era dunque il regime costituzionale, col suo simbolo distintivo, quello che volevano
imporgli uomini, i quali non sapevano essi medesimi da quale spirito erano guidati, a quali
influenze forse ubbidivano e in quale abisso stavano per trascinarci.
Malgrado le cautele prese dalla setta per impedire alla Ristaurazione di favorire il ritorno ad una
civiltà veramente cristiana, questa fece nondimeno il possibile per secondare l'azione del clero nella
sua opera di rinnovazione religiosa. Fin dal 29 febbraio 1816, i religiosi sono autorizzati ad
impartire l'insegnamento. Si istituiscono comitati cantonali per sorvegliare ed incoraggiare
l'istruzione; i parroci non solo ne fanno parte, ma vi tengono la presidenza. Ai vescovi è concesso di
stabilire delle scuole ecclesiastiche, i seminaristi non sono più obbligati a frequentare i corsi liceali,
i vescovi possono ordinare, senza autorizzazione del potere, quelli che giudicano più degni. Si
incoraggiano le missioni nelle parrocchie malgrado i clamori e le calunnie, le canzonette e le
caricature dei liberali, ed i missionari sono posti sotto la protezione dei Gran Limosiniere.
Cappellani sono dati all'esercito. Si fa una legge per l'osservanza della domenica. Una commissione
è nominata per istudiare i mezzi di restituire alla Chiesa il suo antico splendore. L'Arcivescovo di
Reims riceve l'incarico di presentare al re i soggetti che gli sembrano più degni d'essere elevati
all'episcopato. Infine una convenzione col Sommo Pontefice viene ad aumentare le diocesi.
Nelle istruzioni che furono comunicate al conte di Blacas per negoziare un nuovo concordato più
favorevole alla Chiesa di quello conchiuso con Napoleone, il re diceva: "Sua Maestà apprezza,
com'è di dovere, la difficile posizione in cui si trovava allora la Santa Sede; ma vede altresì che le disposizioni prese in circostanze tanto differenti, tanto procellose per la Chiesa di Francia, non si
applicano più alla situazione attuale, e ciò che poteva convenire per salvarla dal naufragio non
basterebbe più per la sua rigenerazione".(8)
La Camera del 1815, la Camera introvabile (9) favoriva le buone disposizioni del re; ma vegliava la
massoneria. Essa seppe far entrare fra gli intimi del sovrano uno de' suoi, Decazes, commendatore
del supremo Consiglio del 33° grado di rito scozzese. Escluso dal ministero dopo la morte del duca
di Berry, si pose alla testa dell'opposizione.







File:Cibot - La Mort du Duc de Berry.jpgLa morte  del Duca di Berry Carlo Ferdinando di Borbone-Francia (Versailles, 24 gennaio 1778Parigi, 14 febbraio 1820),



Fu allora che dal seno della framassoneria uscì fuori un'altra società ancor più segreta, con
giuramenti più terribili e con sanzioni ineluttabili, il carbonarismo. Venuto dall'Italia, si diffuse con
meravigliosa rapidità in tutta l'Europa. In Francia organizzò le cospirazioni militari di Belfort, di
Saumur, della Rochelle, ecc., che fortunatamente si poterono sventare.(10)
Le loggie si moltiplicavano; vi si facevano iscrivere gli ufficiali di mezza paga, i compratori dei
beni della libertà e del clero. Il Grand'Oriente s'informava dei luoghi dove si trovassero in numero
sufficiente per costituire una loggia; vi mandava un venerabile nuovo al paese, che si installava fra
loro, e col loro mezzo spargeva nel popolo le idee massoniche, dava la parola d'ordine ogni volta
che nei consigli comunali o dipartimentali v'era da adottare o da far adottare una misura per
opprimere con prudenza e con arte la Chiesa.
Contemporaneamente, la tribuna e la stampa combattevano la Ristaurazione, opponendo senza
tregua l'immortale 89 all'antico regime ristaurato, la libertà al dispotismo, la democrazia
all'autocrazia, la rivoluzione alla contro-rivoluzione.
Mentre gli spiriti erano in tal guisa agitati, il carbonarismo s'armava, e preparava i fautori del
disordine ad agire quando fosse suonata l'ora opportuna d'una nuova rivoluzione.
Intanto a Luigi XVIII era succeduto Carlo X. Malgrado gl'imbarazzi che la setta creava al suo
Governo, il popolo si sentiva felice. Ne è testimonio irrecusabile uno dei più tenaci nemici della
Chiesa, uno dei rivoluzionari più risoluti, Enrico Beyle, pseudonimo Stendhal, il quale, forzato
dall'evidenza, così definisce questo regno: "Molti popoli d'Europa dovranno attendere forse
parecchi secoli prima di raggiungere il grado di felicità che godé la Francia sotto il regno di Carlo
X".(11)

File:Charles X, King of France - Lawrence 1825.jpg
Carlo X di Borbone-Francia (Versailles, 9 ottobre 1757Gorizia, 6 novembre 1836), re di Francia dal 1824 al 1830.



File:Sacre Charles10 France.jpg
Particolare dell'incoronazione del Re di Francia Carlo X  avvenuta nella Cattedrale di  Reims




Stendhal, pseudonimo di Marie-Henri Beyle (Grenoble, 23 gennaio 1783Parigi, 23 marzo 1842)



In pari tempo essa rientrava in possesso della sua preminenza in Europa e nel mondo;
l'Algeria era conquistata, e l'alleanza con la Russia ci dava la frontiera del Reno senza colpo ferire.
Malgrado ciò, anzi in causa di ciò, il nobile vegliardo è circondato da tante insidie che gli torna
impossibile d'evitarle tutte; non ha che la scelta degli errori. Gli si strappano provvedimenti che
fanno sanguinare il suo cuore di figlio primogenito della Chiesa, quale voleva essere non di nome,
ma di fatto. Tutte le franchigie della Charta sono impiegate a demolire il trono. Ei cede or sopra un
punto, or sopra un altro e finisce col dire: "Mi confermo nella convinzione che ebbi in tutta la vita:
ogni concessione fatta ai liberali torna inutile". Avrebbe potuto dire "funesta". Quante volte, in
questi ultimi anni, la Chiesa di Francia ha potuto convincersi di questa verità!
Il 25 luglio 1830, appoggiandosi lealmente all'articolo 14 della Charta, Carlo X firmò dei decreti
che non sono contrari né al testo, né allo spirito di questo atto. Essi regolano la libertà della stampa,
tendono a reprimere gli abusi più stridenti. Anziché essere accettati come un beneficio, diventano il
segnale della rivoluzione che la setta preparava di lunga mano, d'accordo con colui ch'essa avea
scelto per trarne profitto.


File:Louvre 1830.jpg
Uno degli eppisodi della "Rivoluzione di Luglio". Le truppe fedeli vengono massacrate dagli sgherri Rivoluzionari.


Deschamps e Claudio Jannet dimostrano con documenti (12) che i principali attori della "commedia
dei quindici anni" (13) erano tutti framassoni. E fu un framassone che vi diede l'ultima mano. Nel
momento decisivo, mentre Carlo X era a Rambouillet circondato dalle sue truppe fedeli, e poteva
facilmente reprimere la rivolta e rientrare da padrone nella capitale, fu il maresciallo Maison che
colla più odiosa violazione del giuramento militare compì l'opera della rivoluzione. Luigi Blanc ne
dà tali prove che escludono ogni dubbio. (14)

File:Maréchal Maison.jpg
Nicolas Joseph Maison (Épinay-sur-Seine, 19 dicembre 1771Parigi, 13 febbraio 1840)


I congiurati non poterono contenersi dal manifestare la loro gioia e le speranze che la caduta del
trono faceva loro concepire. Partita appena la famiglia reale per la via dell'esiglio, il de Barante
scrisse a sua moglie: "Essi sono partiti; credo che ci muoveremo anche noi".(15) Nel medesimo
tempo, Dubois, ispettore generale dell'Università, diceva con maggior enfasi alla gioventù delle
scuole: "Noi c'incamminiamo verso una grand'epoca e forse assisteremo ai funerali d'un gran culto".
Tre anni prima, il 30 novembre 1827, Lamennais avea scritto a Berryer: "Veggo che molti s'
inquietano sulla sorte dei Borboni; non hanno torto: io credo che essi avranno la sorte degli Stuardi.
Ma certamente non è questo il primo e solo pensiero della Rivoluzione. Essa ha viste ben più
profonde: è il cattolicismo che vuol distruggere, unicamente il cattolicismo; NON VI È ALTRA
QUESTIONE NEL MONDO".(16)
Hugues-Félicité Robert de Lamennais (Saint-Malo, 19 giugno 1782Parigi, 27 febbraio 1854)



Note :

(1) G. de Maistre, OEuvres complètes, t. XIII, pp. 219-222 e t. XIV, pp. 3 e 330.
(2) De Maistre, t. XIII, p. 338.
(3) La Charta del 1814 esprimevasi in questi termini:
Art. V. Ognuno professa la sua religione con eguale libertà e al suo culto è accordata pari
protezione.
Art. VI. Tuttavia la religione cattolica, apostolica e romana è la religione dello Stato.
Art. VII. I ministri della religione cattolica e romana e quelli degli altri culti cristiani sono i soli che
ricevono trattamento dal tesoro reale.
(4) I sovrani alleati erano tutti ostili al ristabilimento dei Borboni. Fino al 31 marzo 1814, essi
continuarono a trattare con Napoleone, e quando la scomparsa dell'imperatore parve inevitabile, essi
cercarono una combinazione politica che escluse i Borboni. Lo Czar specialmente non voleva sentir
parlare di loro. Per contrario, le testimonianze di contemporanei meno sospetti di parzialità, come
Carnot, Ney, Lafayette, il generale Foy stabiliscono che i voti unanimi dei Francesi erano per una
ristaurazione monarchica, e gli storici A. Sorel, L. Blanc, Guizot, Henri Houssaye, nella sua opera
capitale 1814 e 1815, convennero tutti ch'essa era richiesta dall'interesse nazionale.
Edmondo Biré, la cui scienza e probità storica sono universalmente conosciute, scrisse nell'Alfred
Nettement, sa vie et ses oeuvres, pp. 267-279:
"Non eravi tra gli Alleati, nel 1814, alcun partito preso a favore dei Borboni; essi aveano al
contrario disposizioni poco benevoli per l'antica dinastia, che avea sì lungamente regnato in Francia
e tenuto in Europa il primo posto. Essi cominciarono la guerra senza che la ristaurazione dei
principii monarchici entrasse per nulla nei loro progetti, la finirono senza che questa combinazione
si presentasse al loro pensiero. Essi ebbero fino al termine l'intenzione di trattare con Napoleone;
anche dopo aver rinunziato di trattare con lui, non pensarono ancora a Luigi XVIII.
e i collegati recarono disposizioni poco favorevoli alla casa di Borbone; furono adunque cause
estranee alla loro volontà (il cui impero, ch'essi non aveano per nulla preveduto, si fece sentire nel
seno della Francia stessa), che modificarono queste disposizioni e determinarono il ristabilimento
della stirpe di Luigi XIV sul trono di Francia... Avvi nelle cose una logica superiore che soggioga
gli uomini, ed è con essa che la Provvidenza dirige gli avvenimenti. La Francia e l'Europa,
egualmente stanche della guerra, volevano la pace; voler la pace, era voler la Restaurazione che,
sola, poteva garantire mediante il suo principio la pace alla Francia e all'Europa. Il vederlo prima di
tutti gli altri, fu merito di Talleyrand nel 1814. Parimenti nel 1813, Fouché, malgrado le sue
ripugnanze per i Borboni, comprese che solamente essi erano possibili. Appena questa soluzione fu
loro presentata, Parigi e la Francia si unirono con un "entusiasmo universale". La frase è di Carnot.
E, certamente, non era per obbedire agli stranieri che tutti i marescialli di Napoleone, tutti i generali,
tutti gli uomini della sua corte, tutti i suoi funzionari aderirono alla caduta dell'imperatore ed al
ristabilimento dei Borboni. Essi non fecero in ciò che seguire il movimento di tutta la nazione, che
obbediva essa pure a questo sentimento che la pace era necessaria, che la sola ristaurazione del
principio monarchico poteva assicurarla nel tempo medesimo che metterebbe la Francia nelle
condizioni più favorevoli a trattar coll'Europa.
"Luigi XVIII, infatti, si trovava per trattare in una posizione che non ha pari. Era egli stesso una
delle vittime dell'ambizione di Napoleone, non si poteva fargliene portare la pena. Inoltre, egli era
posto per l'antichità della sua dinastia e per la potenza del suo diritto al livello con quelli che
trattavano con lui. Non era già un trono che gli si donava e che per conseguenza si avrebbe anche
avuto il diritto di fargli acquistare, era un trono che riprendeva. Ciò solo metteva una distanza
incalcolabile tra la Ristaurazione e le altre combinazioni. Qualunque altro all'infuori di Luigi XVIII
non sarebbe stato nel trono che il luogotenente dell'Europa; egli invece vi saliva non come l'eletto
della coalizione, ma come il successore d'una lunga legione di re. Infine egli poteva dare all'Europa
la garanzia di un principio politico e perciò essa esigeva minori garanzie materiali e territoriali.
D'altra parte, Luigi XVIII avea un alto sentimento della preminenza della casa di Francia, e questo
sentimento gli dava nei suoi rapporti coi re coalizzati una grandezza che rialzava e consolava la
dignità nazionale afflitta dai nostri disastri militari. Con questo Borbone sul trono, forza era che
l'Europa, in tutta l'ebbrezza delle sue recenti vittorie, s'inchinasse davanti alla maestà del sovrano".
(5) Eckert, La Franc-Maçonnerie, etc., t. II, pp. 162-172. - Vaulabelle, Histoire des deux
Restaurations, t. V, cap.
II e IV.
(6) Rohrbacher, XXVIII, 194.
(7) Per ispiegare lo sfacelo del potere politico colossale di Napoleone I, Chateaubriand diceva: "La
forza del campo, nascondeva la debolezza della città".
Per ispiegare altresì la caduta della Restaurazione egli diceva ancora: "Si credeva d'aver ristaurata la
monarchia, e si era istituita semplicemente una democrazia reale. Si sono cangiate le lenzuola del
letto imperiale, ma non si sono pur voltati i materassi". Al virus rivoluzionario introdotto nelle leggi
francesi da Napoleone 1, venne ad aggiungersi il parlamentarismo in cui le passioni del quarto d'ora si sostituiscono ai piani lungamente maturati. Queste due cause doveano fatalmente compiere la
loro opera di distruzione delle energie morali e delle forze materiali della nazione.
(8) La Ristaurazione dimandò ed ottenne il ristabilimento di ventidue vescovi.
(9) Questo attributo d'introvabile fu dato a questa Camera da Luigi XVIII come un elogio in causa
della comunanza di principii che esisteva fra i suoi membri e la corona.
(10) "Una loggia, detta dagli "Amici della verità", dice L. Blanc, era reclutata nelle scuole di diritto,
di medicina, di farmacia e presso dei giovani dedicati al tirocinio del commercio". Fu da questa
loggia che la carboneria, di cui avremo a parlare, si estese a tutta la Francia. Essa ne avea ricevuto
gli statuti da Napoli. Clavel confessa che gli "Amici della verità" furono i primi a prendere le armi
nella rivoluzione di luglio.
(11) Promenades dans Rome, Ire série, p. 27. 1853.
(12) Les Sociétés secrètes et la Société, liv. II, ch. VIII, § 5.
(13) "Per quindici anni la fu una commedia - esclamò il Globe, senza vergogna, il 22 aprile 1831. -
Poiché quei liberali d'allora che non cospiravano, sia che si temesse della loro leggerezza, sia ch'essi
medesimi si fossero rifiutati di giuocar sì grosso giuoco, Beniamino Constant, Casimiro Périer, e
mille altri, sapevano, almeno da non dubitarne, che si cospirava, che esistevano dei carbonari
organizzati nelle vendite; essi simpatizzavano coi cospiratori, desideravano il successo della loro
impresa, e tuttavia giuravano per tutti i santi che la congiura e il comitato direttore non esistevano
che nella immaginazione inferma degli uomini della Destra; accusavano calorosamente la polizia, la
loro bestia nera allora, e gli agenti provocatori, di bassi intrighi, per compromettere cittadini
innocenti e pacifici". Un po' più tardi, il giornalista interpella il presidente del Consiglio, Casimiro
Périer, e gli dice che "dovrebbe sapere che Barthe, suo collega (allora ministro della giustizia), ha
figurato nella carboneria e non ne fa mistero". Tutto l'articolo è su questo tenore, e il giornalista
non esita a dichiarare che la commedia dura ancora, con altri personaggi, nel momento in cui scrive
e che si prolungherà ancora sotto il regno di Luigi Filippo.
(14) Histoire de dix ans, 4e édit., t. I, pp. 422 à 431.
(15) Souvenirs du baron de Barante, III, 571.
(16) OEvres posthumes de Lamennais. Correspondance, t. 1, p. 303.