martedì 29 maggio 2012

San Luigi e le crociate . Commissione di studio ispirata al pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira

Situazione generale al tempo delle crociate.

Si chiamano crociate le spedizioni militari intraprese dai cattolici nei secoli XII e XIII, con l'obiettivo di liberare Gerusalemme e il sepolcro di Nostro Signore Gesù Cristo, che erano in mano ai turchi.

Queste spedizioni ricevettero il nome di crociate perché i cattolici che vi aderivano, usavano come simbolo del loro impegno d'onore una croce di stoffa rossa. A queste spedizioni parteciparono i diversi popoli europei: francesi, tedeschi, italiani, ecc., uniti dal titolo di popolo cristiano impegnato in quelle che si potrebbero chiamare guerre esteriori della cristianità.

L'invasione della Terra Santa da parte dei turchi selgiuchidi fu la causa iniziale delle crociate. Questo popolo originario del Turkestan, regione a nord della Persia, aderì all'islamismo e con una "guerra santa" distrusse l'Impero arabo di Bagdad e conquistò la parte asiatica dell'Impero Bizantino. Nel 1076 arrivò a minacciare Costantinopoli ma fallì l'obiettivo; due anni più tardi conquistò Gerusalemme che era in mano a musulmani arabi fin dal 636. Fanatici e crudeli, i turchi perseguitavano i pellegrini, infliggevano loro mille vessazioni e arrivavano persino a torturarli. La Terra Santa fu allora interdetta ai cristiani che non poterono più recarsi in pellegrinaggio al Sepolcro di Nostro Signore.



Cluny e la riforma gregoriana.

La Chiesa era governata allora da uno dei maggiori papi della storia: S. Gregorio VII. Sotto il suo governo la cristianità ricevette un impulso decisivo: la lotta cominciata dai monaci di Cluny fin dal secolo precedente (secolo X) contro i disordini che avevano afflitto la Chiesa e la società a partire dalla disgregazione dell'opera di Carlo Magno, raggiunse allora il suo periodo più epico. La grandiosa opera di riforma, svolta sotto un pontificato ammirevole, spiega il grande fervore che si manifestò nella cristianità di allora.



La "Reconquista" spagnola: una crociata di otto secoli.


I cristiani della penisola iberica, anche prima di Carlo Martello e Carlo Magno, avevano cominciato a scrivere con eroismo l'epopea della "Reconquista": i musulmani non riuscirono mai ad arrestarla, poiché Pelagio e i suoi successori mantennero invincibili le Asturie, regione montagnosa al nord della penisola. La piccola località di Covadonga, fin dal momento in cui l'Islam aveva occupato la penisola iberica, segnò l'inizio e la culla della "Reconquista".

S. Gregorio VII, dopo la sua elezione, cercò subito degli alleati per la lotta dei cristiani spagnoli (contro i mori) e greci (contro i turchi); si offrirono il potente conte di Rouci, nello Champagne, ed altri nobili francesi. Il Pontefice promise loro tutte le terre che fossero riusciti a conquistare ai mori, fatti salvi gli antichi diritti che la Santa Sede avesse avuto su quei luoghi. Alcuni anni più tardi, altri nobili francesi, in particolare il Conte Raymond di Tolosa, combatterono valorosamente a fianco delle forze spagnole di Alfonso VI contro i mori.

Nonostante ogni sforzo, i turchi selgiucidi costituivano a Oriente un pericolo sempre maggiore; svolgevano ovunque le loro scorrerie, rapine, massacri, minacciando la distruzione dell'impero greco, cosa che, se si fosse verificata, avrebbe reso probabile l'invasione di tutto l'Occidente.
Gregorio VII comprese il pericolo e, nel 1074, in diversi documenti, chiamò i fedeli in difesa della cristianità: quello stesso anno invitò l'Imperatore di Germania a unire le sue forze ai 50.000 soldati che già si preparavano a partire per la Terra Santa. Era una vera crociata, molto ben organizzata, e, se l'Imperatore avesse risposto all'invito, avrebbe evitato molti mali alla Chiesa, al popolo ed anche a se stesso.

Il Papa desiderava anche cogliere l'occasione per riunire alla Santa Sede la Chiesa Greca, che se ne era separata con lo scisma d'Oriente.

Ciononostante, Enrico IV, nel suo orgoglio e cupidigia, non accondiscese alle richieste di S. Gregorio VII: la lotta interna che così si scatenava impedì il compimento del progetto del Papa. E' impossibile immaginare quali straordinarie conseguenze avrebbe avuto una crociata di tutta la cristianità compiuta sotto l'egida di un Papa così forte e glorioso.



La proclamazione della prima crociata.


Le ansie per la crociata furono dissolte poco dopo da un grande Papa, anch'egli cluniacense come S. Gregorio VII: Urbano II. Nel 1095, egli convocò il Concilio di Clermont, al quale presenziarono tutti paesi europei. Le prime sessioni di questo Concilio trattarono della disciplina della "tregua di Dio", i cui privilegi furono accresciuti per evitare la guerra tra i cristiani; successivamente venne affrontato il tema principale: la Crociata. Pietro l'Eremita descrisse con parole di fuoco i mali patiti dai cristiani in Terra Santa e l’ immenso uditorio sparse lacrime di commozione.

Dopo che Urbano II aveva mostrato l'imminenza di una invasione della Grecia da parte dei turchi e i pericoli che questa avrebbe comportato per l'Occidente, egli fece presente la profanazione dei luoghi santi, l'umiliazione della religione e sviluppò con santa energia tutti gli argomenti necessari per far decidere i guerrieri cristiani all'azione. Al termine della sua prolusione, tutti si alzarono energicamente gridando: "DEUS VULT!" ("Dio lo vuole!"), e questo grido, alzatosi da tutte le truppe presenti, andò a ripercuotersi sulle montagne che lo confermarono col loro eco. Vedendo gli animi pronti come si desiderava, furono prese diverse disposizioni a favore di coloro che avessero preso parte a questa santa spedizione. Tutti i partecipanti sarebbero stati sotto la protezione della Chiesa di Dio per il tempo del voto di crociata; il Pontefice concesse loro anche l'indulgenza plenaria e la remissione delle pene canoniche che fossero pesate sui partecipanti; pose inoltre sotto speciale protezione le famiglie e i beni di coloro che partivano per la guerra; infine, prescrisse ai chierici, di recitare il Piccolo Ufficio della Beata Vergine con l'intento di attirare le benedizioni del Cielo sulla crociata. Una croce colore vermiglio sugli scudi sarebbe stata il distintivo dei crociati. Il primo a "prendere la croce" fu il vescovo di Puy, Adhemar de Monteil, seguirono numerosi vescovi, signori feudali e la maggior parte dei presenti. Il Papa nominò suo legato il vescovo di Puy e fissò la partenza dei crociati per il primo giorno di agosto dell'anno seguente.



Definizione di crociata.

Dicesi crociata una spedizione di guerra intrapresa in modo ufficiale dai cristiani d'Occidente, sotto gli auspici della Sede Apostolica, col fine di liberare il Santo Sepolcro e difenderlo, costituendo il Regno Cristiano di Gerusalemme.

Tali spedizioni si succedettero dagli ultimi anni dell'XI secolo fino al finire del XIII, furono numerose e se ne distinguono otto come principali. Alcune crociate furono fatte da singole popolazioni, ad altre parteciparono contingenti di varie nazioni (crociate generali).

La prima crociata riuscì a costituire uno Stato cristiano in Terra Santa, con Gerusalemme come capitale; questo regno cristiano, circondato da paesi musulmani, era oggetto di attacchi continui, causa di ulteriori crociate fatte per difenderlo o restaurarlo. Le crociate seguite alla prima furono perciò la conseguenza naturale di questo stato di cose.



S. Luigi IX, Re di Francia.

S. Luigi IX brillerà nel XIII secolo come il perfetto crociato comandando la settima e l'ottava spedizione.


a) La settima crociata. Nel 1244, dopo una lunga malattia, S. Luigi IX decise di mettere in pratica il suo grande desiderio: andare a liberare il Santo Sepolcro. Convocati i baroni, li invitò a prendere liberamente la croce, scelse la regina Bianca di Castiglia per governare in sua assenza e diede inizio ai preparativi, durati 4 anni, per la grande impresa.

I crociati corsero molti pericoli e andarono incontro a grandissime difficoltà: l'Imperatore Federico II, al quale più di ogni altro competeva la difesa della cristianità, ma che era un uomo pessimo, mandò uno dei suoi figli ad avvisare il sultano d'Egitto dei piani di S. Luigi IX. Giunti in vista delle coste egiziane, i crociati si trovarono di fronte alla potente città fortificata di Damietta, che proteggeva l'imboccatura e il delta del Nilo.

Il Re ordinò lo sbarco e volle comandarlo personalmente; era tanto ardente il suo desiderio di lottare, che scese dalla barca con l'acqua fino al petto. Dopo un'intera giornata di combattimento, i crociati li costrinsero a una fuga tanto disordinata che, passando per Damietta, ne riempirono di terrore gli abitanti i quali si precipitarono fuori dalla città, al loro seguito. L'importante piazzaforte rimase così nelle mani dei cristiani. S. Luigi decise allora di marciare direttamente sul Cairo, dove le notizie sulla caduta di Damietta, che era considerata inespugnabile, avevano seminato il panico. Tutto lascia credere che il monarca sarebbe riuscito nel suo intento, se non fosse avvenuta un'imperdonabile imprudenza di suo fratello, Roberto d'Artois, che mise in scacco la spedizione. Questo nobile, disubbidendo agli espliciti ordini del Re e accecato dall'amor proprio, si lanciò all'inseguimento delle truppe mussulmane in fuga, cadendo in una imboscata che decimò le sue. A seguito di questo episodio l'impresa era compromessa. Nel passaggio del fiume col suo esercito, S. Luigi, anzichè il fratello, incontrò le truppe egiziane pronte al combattimento: la vittoria aveva dato loro nuovo slancio. Colti di sorpresa, i crociati subirono un impatto molto forte col nemico, e, se non fosse stato per la presenza di S. Luigi, il suo sangue freddo, la sua energia e la sua abilità tattica, come attestarono molti, la sconfitta sarebbe stata totale.


Joinville, ricordando la presenza del Re sulla scena, non può evitare di esclamare: "Giammai un uomo armato mi sembrò tanto bello; egli oltrepassava tutti i soldati per statura, tanto che a stento gli arrivavano alle spalle. Un elmo dorato rifulgeva sulla sua testa e una spada tedesca nella sue mani".

Circondato da sei musulmani che lo stavano per far prigioniero, se ne liberò da solo a vigorosi colpi di spada, che brandiva con ambe le mani. Gli infedeli furono messi in fuga, ma la situazione per i crociati rimaneva critica. Ad aggravarla, si diffuse un'epidemia che colpì quasi tutta la truppa; S. Luigi stesso ne fu uno dei più colpiti, al punto che a malapena poteva stare a cavallo. Nonostante fosse estremamente debilitato dalla malattia, S. Luigi cavalcava all'estrema retroguardia delle sue truppe, ossia nella posizione più pericolosa. Iniziarono allora, attraverso Filippo di Montfort, dei negoziati col sultano mussulmano per stabilire una tregua. Le trattative erano avviate a buon fine, quando un traditore rovinò tutto. Un semplice domestico del santo, chiamato Marcello, entrò correndo nell'accampamento crociato e gridò che il Re ordinava la resa altrimenti sarebbe stato ucciso. I baroni, colti di sorpresa e temendo per la vita del loro sovrano, consegnarono immediatamente le loro spade, in segno di resa: il sultano sospese immediatamente i negoziati col Montfort, dicendo che con dei prigionieri non era necessario trattare. Luigi IX, fatto prigioniero, fu portato a Mansurah. Durante la sua prigionia, durata dal 7 aprile al 13 maggio del 1250, dimostrò tanta serenità d'animo ed era tale la maestà della sua figura, che gli stessi egizi ne restarono grandemente impressionati. Un emiro voleva costringere il Re ad armarlo cavaliere per mezzo di minacce: "Fatti cristiano", ribattè il Re santo. Gli infedeli lo minacciarono delle più terribili torture al fine di ottenere da lui la consegna delle fortezze degli Ordini Militari in Siria, su cui, peraltro, non aveva alcuna giurisdizione. Luigi rispose che era prigioniero e che perciò potevano fare di lui quello che volevano, ma giammai avrebbe concesso quel che pretendevano. Impressionato da tanta fierezza e fermezza, il sultano desistette dal suo intento e decise di chiedere la resa di Damietta e una forte somma per il riscatto dei preziosi ostaggi. Pagato il riscatto e consegnata Damietta, S. Luigi fu liberato e si diresse verso S. Giovanni d'Acri, capitale dell'impero franco in Siria, ove rimase 4 anni a fortificare la città e i castelli che difendevano la regione e tentando di liberare i crociati rimasti nelle mani dei musulmani. Con l'abilità diplomatica e sfruttando le rivalità esistenti fra siriani ed egiziani, riuscì ad ottenere la liberazione dei suoi compagni di spedizione; nel contempo avviò una vantaggiosa politica di alleanze con diversi prìncipi musulmani.

S. Luigi dovette ritornare in Francia dopo 6 anni di assenza per la morte di sua madre, lasciata come reggente nel 1253, e fu accolto trionfalmente dalla popolazione. Il suo prestigio, nonostante il fallimento della spedizione, non soltanto era cresciuto in tutta Europa, ma si era ampiamente diffuso in tutto l'Oriente cristiano e mussulmano, specialmente a causa dell'eroismo, abnegazione e prudenza militare, diplomatica e politica di cui aveva dato prova. Gli storici mettono in evidenza come fosse diventato arbitro dei prìncipi e dei popoli di tutta la cristianità.


b) L'ottava crociata. Luigi IX non aveva perso di vista la Terra Santa: era suo desiderio il riconquistarla in modo definitivo alla cristianità. Perciò quando Papa Clemente IV gli chiese di promuovere una nuova crociata per salvare i resti del regno cristiano d'Acri, minacciata dall'emiro dei mamelucchi, egli immediatamente, convocò nel 1267 i suoi baroni, per comunicare loro la sua decisione. Questa volta S. Luigi scelse come obiettivo la città di Tunisi. Giunti sulle coste africane, i crociati sbarcarono davanti alla fortezza di Cartagine; il santo volle, ancora una volta, essere il primo a toccare terra africana. Le truppe saracene si slanciarono sugli invasori prima che questi avessero il tempo di far sbarcare i cavalli dalle navi. Conficcando nella sabbia la punta degli scudi e l'estremità delle lance, i cristiani affrontarono lo scontro da prodi. Dopo un combattimento di diverse ore, gli infedeli si ritirarono. Cominciò allora l'attacco alla fortezza che, dopo vari giorni di lotta, fu finalmente presa. Molti soldati della guarnigione si rifugiarono nei sotterranei del castello, dove furono asfissiati col fumo dai crociati. I loro cadaveri, sotto l'azione di un calore terrificante, andarono rapidamente in putrefazione dando luogo ad una pestilenza che, sommata alla mancanza di acqua potabile, provocò una terribile epidemia nel campo crociato. Colpito dalla malaria, S. Luigi spirò, mostrando fino all'ultimo momento una grandezza d'animo ammirabile che gli sarà riconosciuta in tutti i secoli.



Gli ordini militari.

Le crociate diedero vita agli Ordini Militari, che portarono la cavalleria a nuova perfezione, innalzandola fino ai massimi vertici della vita monastica. Essi costituirono un esercito crociato permanente, una sorta di guardiano della cristianità e divennero l'anima di tutte le grandi imprese militari, riassumendo in se stessi tutto quello che la cavalleria aveva prodotto in fatto di eroismo.

Ai tre voti monastici (povertà, castità e obbedienza), gli Ordini Militari ne aggiunsero un quarto: quello di consacrarsi interamente alla lotta contro gli infedeli. I cavalieri abbracciavano una Regola monastica non per ritirarsi nella solitudine, ma per meglio adempiere ai doveri della Cavalleria.

Monaci-guerrieri, costituivano un esercito permanente pronto a entrare in combattimento ovunque i nemici minacciassero la religione cristiana.

I principali Ordini Militari furono: gli Ospitalieri, o cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme (chiamati più tardi anche Cavalieri di Rodi e Cavalieri di Malta); i Templari; i Teutonici, diffusisi in Germania; quello di S. Giacomo della Spada, diffusosi principalmente nella Penisola iberica e consacrato alla difesa dei cristiani dai musulmani in occasione dei pellegrinaggi al celebre santuario di Santiago di Compostella.



Come per il cristiano non esiste una filosofia a sé stante,
così non esiste per lui neppure una Storia puramente umana...
la Storia rappresenta il grande palcoscenico sul quale si dispiega nella sua interezza
l'importanza dell'elemento soprannaturale,
sia quando la docilità dei popoli alla fede consente a tale elemento di prevalere
sulle tendenze basse e perverse presenti nelle nazioni come negli individui,
sia quando esso si indebolisce e sembra sparire a causa del cattivo uso della libertà umana
che porterebbe al suicidio degli imperi...



(Dom Prosper Gueranger O.S.B., Abate di Solesmes)