mercoledì 2 maggio 2012

LO STATO COME IMPRESA: IL CASO DEL LIECHTENSTEIN


di LUIGI PIRRI*

L’odierna crisi degli Stati Sociali occidentali, impossibilitati a mantenere i costi di un generoso welfare ed alle prese con una serissima crisi fiscale e monetaria sovranazionale [1] che ne mina le fondamenta, impone una riflessione approfondita sul ruolo che, nel futuro, lo Stato dovrà occupare nell’economia e, più in generale, nella sfera privata dell’individuo.
A questo proposito, vi è una parte crescente della dottrina giuridica [2] ed economica, nonché dell’opinione pubblica [3], che propone il superamento della stessa concezione moderna della “sovranità” [4] e quindi un ripensamento (dapprima) e superamento (poi) dell’intero diritto pubblico, attraverso una trasformazione in senso “privatistico” ed autenticamente federale dell’odierno Stato nazione, al fine di approdare alla Private Law Society [5], per dirla con Hans-Hermann Hoppe, nella quale anche le funzioni classicamente statuali (difesa, protezione, giustizia e produzione normativa) saranno svolte da agenzie private in competizione tra loro [6].
Vediamo come il principato del Liechtenstein (a seguito della riforma costituzionale del 2003) e l’intero pensiero politico-giuridico del Principe Hans Adam II, si prestano, in buona misura, a fungere da paradigma di realizzazione concreta di una simile prospettiva.

IL PRINCIPE LBERTARIO: HANS VON ADAMS II

Hans Adam II (foto sotto), nato a Zurigo il 14 febbraio 1945, è il primogenito del Principe Franz Josef II del Liechtenstein e della Principessa Giorgina di Wilczek. Fin da piccolo mostra grande interesse per le materie umanistiche e la fisica, ma viene spinto, a seguito della necessità del Casato di riorganizzare e ricostruire il proprio patrimonio (riorganizzazione che avrà luogo nel 1970), a studiare economia: si forma, quindi, prima a Vienna e poi nella Scuola di Scienze Economiche e Sociali di San Gallo.
L’interesse per le vicende politiche rimane vivissimo. Le trasformazioni politico-statuali europee del XX secolo lo portano ad elaborare una Teoria dello Stato affatto particolare, che segnerà il suo Regno e l’attività politico-imprenditoriale dello stesso Casato; un grande ruolo ebbe l’autodeterminazione democratica e pacifica del cantone del Giura (1979) [7], a seguito della quale Hans abbraccia il diritto di autodeterminazione locale, pilastro del suo pensiero politico.
La dottrina localistica del giovane Principe è ulteriormente corroborata dagli sconquassi verificatisi nei grandi sistemi socialisti dell’Est Europa, contrapposti ai successi economici di piccoli e ben organizzati Stati, quale quello del Liechtenstein: egli si convince, dopo un’accurata analisi storico-comparatistica degli ordinamenti statuali e delle comunità politiche [8], che la Seconda Guerra Mondiale abbia definitivamente portato al rovesciamento della precedente macroconcezione statuale, per la quale the biggest, the better, spalancando le porte ad un rovesciamento di prospettiva, secondo cui small is beautiful [9], citando Leopold Kohr, economista austriaco col quale lo stesso Principe intrattenne un sincero rapporto di amicizia e stima.
Ormai politicamente maturo, diviene, alla morte del padre (1989), Principe Regnante del Liechtenstein (essendo stato nominato successore nel 1984). Appena un anno dopo il Liechtenstein diviene membro delle Nazioni Unite.
Approfittando di una situazione politica in divenire (crollo dell’Unione Sovietica e della Jugoslavia), Hans, nel suo primo discorso all’Assemblea Generale, promuove un coerente sviluppo del diritto di autodeterminazione locale, iniziando un programma di studio e ricerca che culminerà, dieci anni dopo, nella fondazione del Liechtenstein Institute on Self-Determination presso l’università di Princeton [10]. Il tema suscita grande interesse, ma incontra anche parecchi ostacoli: non pochi sono coloro che intravedono, nella completa realizzazione del diritto di autodeterminazione, un serio pericolo all’esistenza stessa degli Stati nazionali.
Le difficoltà incontrate nel contesto internazionale non intaccano però il suo pensiero politico, tanto che, nel 2003, il Liechtenstein giunge all’approvazione di un fondamentale processo di revisione costituzionale, attraverso lo strumento del referendum popolare [11], nel quale la dottrina politica di Hans Adam II viene coerentemente sviluppata.
LA RIFORMA COSTITUZIONALE DEL 2003
La legittimazione democratica della monarchia
Insieme al pieno riconoscimento del diritto di autodeterminazione locale, rappresenta la novità più importante a seguito della riforma.
L’art. 13 ter, infatti, recita:
“A non meno di 1.500 cittadini del Principato spetta il diritto di presentare una mozione di sfiducia motivata nei confronti del Principe Regnante. Su questa mozione la Dieta deve esprimere un parere nella seduta immediatamente successiva e indire un referendum popolare (Art 66, comma 6). Se la mozione di sfiducia viene approvata nel referendum popolare, allora deve essere notificata al Principe Regnante affinché venga presa in considerazione secondo le disposizioni della legge del Casato. La decisione presa in conformità con la legge del Casato è resa nota alla Dieta dal Principe Regnante entro sei mesi.”
Si tratta di una vera e propria “sfiducia popolare”: 1.500 cittadini, cioè poco meno di 1/20 della popolazione locale (il Principato del Liechtenstein ha una popolazione di 35.446 cittadini), hanno il diritto di presentare una mozione di sfiducia nei confronti del Principe Regnante, sfiducia che sarà poi sottoposta all’esame della democrazia diretta.
In caso di esito positivo, la sfiducia è notificata al Principe e al Casato, che decide conformemente alla nuova legge del 1993, la quale prevede una procedura di destituzione a seguito di abuso di potere o perdita di fiducia da parte dei membri della famiglia regnante.
Ma ancora più rivoluzionario è il nuovo testo dell’art. 113:
“ 1) A non meno di 1.500 cittadini del Principato spetta il diritto di presentare un’iniziativa per l’abolizione della Monarchia. In caso di accoglimento dell’iniziativa da parte del popolo, la Dieta è tenuta a elaborare una nuova Costituzione su base repubblicana e a sottoporla, al più presto dopo un anno e al più tardi dopo due anni, a un referendum popolare. Al Principe Regnante spetta il diritto di presentare una nuova Costituzione da sottoporre al medesimo referendum popolare. Il procedimento, così com’è di seguito regolato, sostituisce in questo caso il procedimento di revisione costituzionale di cui all’art. 112 comma 2.
2) Nel caso in cui vi sia un solo progetto, è sufficiente per la sua approvazione la maggioranza assoluta (art. 66 comma 4). Nel caso in cui vi siano due progetti, il cittadino del Principato avente diritto di voto ha la possibilità di scegliere tra la Costituzione vigente e i due progetti. In questo caso il cittadino del Principato avente diritto di voto dispone, nella prima votazione, di due voti. Egli attribuisce questi voti a quelle due varianti della Costituzione che desidera giungano alla seconda votazione. Quelle due varianti della Costituzione, che raccolgono la maggior parte dei primi e dei secondi voti, giungono alla seconda votazione. Nella seconda votazione, che deve effettuarsi 14 giorni dopo la prima votazione, il cittadino del Principato avente diritto di voto dispone di un voto solo. Si considera approvata quella Costituzione che ottiene la maggioranza assoluta (art. 66 comma 4).”
Ci troviamo di fronte ad un istituto giuridico che non ha precedenti nella storia del Costituzionalismo: il diritto di abolizione popolare della monarchia; il Casato sentiva fortemente la necessità di una autentica legittimazione popolare della monarchia, al fine di rispondere positivamente e fattivamente alle critiche antimonarchiche che, anche in un Paese di tradizioni costituzional – monarchiche, non mancavano.
Anche qui il procedimento si avvale dell’istituto di democrazia diretta per eccellenza: 1.500 cittadini possono infatti chiedere un referendum per l’abolizione della monarchia. Qualora si crei una maggioranza semplice per l’abolizione, il Parlamento elabora una Costituzione di tipo repubblicano che viene poi sottoposta all’approvazione del popolo.
Il comma secondo prevede una disciplina di dettaglio nel caso in cui vi siano due o più progetti costituzionali.
Ciò che è molto importante sottolineare, dopo questa breve disamina, è che in Liechtenstein, sostanzialmente, la monarchia, per esercitare le sue funzioni politiche, ha sempre bisogno di una vera e propria legittimazione democratica.
La costituzionalizzazione del diritto di secessione
L’articolo 4 della Costituzione recita:
“1) La modificazione dei confini del territorio dello Stato può avvenire soltanto in forza di una legge. Modificazioni dei confini tra Comuni, la creazione di nuovi Comuni e la fusione di Comuni esistenti richiedono inoltre una decisione a maggioranza dei cittadini ivi residenti aventi diritto di voto.
2) Ai singoli Comuni spetta il diritto di recedere dall’Unione statale. Sull’avvio del procedimento di recesso decide la maggioranza dei cittadini ivi residenti aventi diritto di voto. La regolamentazione del recesso avviene per mezzo di una legge o, se è il caso, con un trattato internazionale. Nel caso di una regolamentazione con trattato internazionale, dopo la conclusione dei negoziati riguardanti il trattato si deve indire nel Comune una seconda votazione”.
Il n. 1) non presenta particolari innovazioni, trattandosi di competenza che le moderne Carte Costituzionali degli Stati Occidentali spesso affidano alla legge ordinaria.
Molto più interessante appare, invece, il n. 2): ai Comuni del Liechtenstein (nel numero di 11, secondo l’articolo 1 della stessa Costituzione) “spetta il diritto di recedere dall’Unione Statale”. Si tratta di un altro elemento del tutto nuovo nella storia costituzionale moderna [12]: il diritto di autodeterminazione a livello comunale, ossia la possibilità di secedere dallo Stato di appartenenza attraverso un’iniziativa comunale ed un successivo referendum locale. Una seconda votazione è prevista qualora le modalità di recesso dall’Unione siano state decise attraverso un trattato internazionale.
Usando le parole di Hans Adam II:
“Un modello di Stato che assicuri la pace, lo Stato di diritto, la democrazia e il benessere della popolazione, deve sottrarre allo Stato il monopolio sul territorio. Per sottrarre allo Stato il monopolio del territorio quest’ultimo deve essere diviso in piccole unità, affinché unità di popolazione quanto più possibile piccole abbiano la possibilità di “emigrare”. Questa secessione potenziale rafforza la pressione sullo Stato che funziona male, spingendolo a riformarsi per evitare di dissolversi” [13].
Abbiamo, quindi, un’idea di forte concorrenza istituzionale e fiscale, un federalismo libertario che si contrappone all’attuale tendenza unificatrice sovrastatuale e che “costringe” gli organi pubblici a tenere in grande considerazione le richieste dei cittadini, pena il dissolvimento stesso dello Stato (o, comunque, la sua riduzione territoriale), valorizzando il rapporto contratto-scambio rispetto all’obbligo politico [14].
Si tratta di moltiplicare i governi per ridurre (minimizzare) le ingiustizie, passando da un ordine monopolizzato ad un ordine pluralistico, abbassando grandemente i costi di uscita da un sistema politico all’altro.
Le funzioni dello Stato del futuro
Secondo Hans Adam II, lo Stato del futuro deve:
“diventare un’azienda di servizi di utilità pubblica che affronta una competizione pacifica e smettere di essere un’impresa monopolistica, in condizione di porre i propri clienti dinanzi all’alternativa tra accontentarsi di cattivi servizi ai prezzi più alti o emigrare.” [15]
Lo Stato è quindi considerato alla stregua di un’impresa operante in regime concorrenziale, non più entità immutabile e sovraordinata rispetto ai singoli individui, ma semplice organizzazione di mezzi e di uomini, al servizio dei cittadini, non viceversa [16].
A tal fine le funzioni necessarie dello Stato, secondo Hans Adam, sono due:
- il mantenimento del rule of law: si tratta, sostanzialmente, delle funzioni statuali che attengono al mantenimento dell’ordine, alla produzione normativa e alla risoluzione dei conflitti tra consociati [17];
- la politica estera.

CONCLUSIONI
Un nuovo paradigma dell’ordine?
Il nuovo modello di comunità politica e la sua realizzazione, a seguito della riforma costituzionale Liechtesteniana del 2003, meritano sicuramente grande attenzione.
Il tentativo che, lodevolmente, secondo l’avviso di chi scrive, il pensiero politico di Hans Adam II vuole raggiungere è la desacralizzazione [18] dello Stato moderno attraverso il superamento di una concezione statica dell’ordine.
La scienza giuridico – politica, nei prossimi anni, dovrà tenere in grande considerazione gli sviluppi della riforma costituzionale del Principato. L’attuale crisi fiscale e monetaria degli Stati occidentali, inoltre, rappresenta un’occasione unica per la promozione di forme di comunità politica che non dispongano autoritativamente dei cittadini, ma siano, finalmente e giustamente, al loro servizio.
Ricordando, sempre, che “Il sabato è stato fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato” [19]
(Vangelo secondo Marco 2, 27).
NOTE
[1] Un approfondimento dell’odierna crisi dell’eurozona si trova in Philipp Bagus, La Tragedia dell’Euro, USEMLAB, 2011.
[2] Per una prima trattazione dell’argomento: Carlo Lottieri, Il pensiero libertario contemporaneo. Tesi e controversie sulla filosofia, sul diritto e sul mercato, Liberilibri, Macerata, 2001 e Piero Vernaglione, Il libertarismo. La teoria, gli autori, le politiche, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2003.
[3] Una prova dell’importanza crescente che sta acquisendo il capitalismo libertario nell’agenda politica attuale è, per esempio, l’articolo pubblicato con il titolo Libertarians Rising, nella sezione “Saggi” della prestigiosa rivista Time, 29 ottobre 2007, p. 112 (Kinsley 2007)
[4] Intendendo, con tale termine, «quel potere assoluto e perpetuo ch’è proprio dello Stato». Jean Bodin, I sei libri dello Stato, a cura di M. Isnardi Parente, Utet, Torino, 1964, libro I, cap. 8, p. 345
[5] Hans Hermann Hoppe, The Idea of a Private Law Society, Ludwig Von Mises Institute,http://mises.org/daily/2265
[6] Troviamo un esteso sviluppo di una simile concezione in Bruce L. Benson, The Enterprise of Law: Justice Without The State, Independent Institute, Oakland CA, 2011 (1990)
[7] La vicenda merita qualche parola in più. A seguito del Congresso di Vienna, il Giura venne assegnato al Canton Berna. Questo atto causò, però, forte dissenso. Il Giura era di lingua francese e cattolico, mentre il Canton Berna era principalmente di lingua tedesca e protestante. La popolazione della regione del Giura richiese l’indipendenza. Dopo una lunga lotta, la costituzione del nuovo cantone fu accettata nel 1977. Nel 1978 la divisione divenne ufficiale, allorché il popolo svizzero votò in suo favore, e nel 1979 il Giura diventò il ventiseiesimo Cantone della Confederazione Svizzera. Il Giura storico era composto da 7 distretti, tuttavia solo tre accettarono la separazione dal Canton Berna, uno scelse di unirsi al Canton Basilea Campagna, mentre gli altri tre distretti scelsero di rimanere nel Canton Berna, formando così la regione francofona del Giura bernese.
[8] Hans Adam II, Lo Stato nel terzo millennio, Collana Mercato Diritto Libertà, IBL Libri, Torino, 2011. Si veda il cap. I: “Il diritto di autodeterminazione a livello locale: una convinzione personale”.
[9] Cfr.: Leopold Kohr, Il crollo delle nazioni, Edizioni di Comunità, Milano, 1960 (1957)
[10] Princeton si prestava bene all’iniziativa, poiché annoverò, tra i suoi Magnifici Rettori, quel Woodrow Wilson, fervente sostenitore del diritto di autodeterminazione, destinato a diventare il 28° Presidente degli Stati Uniti d’America.
[11] La revisione della costituzione proposta dal casato trovò grandi resistenze partitiche. La Costituzione del 1921, d’altro canto, prevedeva che per una modifica costituzionale fosse necessaria l’approvazione di una maggioranza parlamentare qualificata (tre quarti) o l’approvazione da parte del popolo in via referendaria. Il referendum ebbe luogo il 16 marzo del 2003, la proposta del Casato ottenne il 64% dei voti, contro il 16 per cento della controproposta degli antimonarchici e il 20% dei favorevoli al mantenimento della vecchia Costituzione del 1921.
[12] Nella costituzione sovietica del 1947 c’era un esplicito diritto di autodeterminazione delle singole Repubbliche della Federazione ma esso, sostanzialmente, non è stato mai utilizzato ed è notorio il fatto che le costituzioni sovietiche rappresentavano, più che altro, strumenti di propaganda politica, essendo molto lontane dalla realtà costituzionale materiale.
[13] Hans Adam II, Lo Stato nel terzo millennio, p. 123
[14] Dobbiamo questa distinzione (obbligo-contratto e obbligo politico) a Gianfranco Miglio, principale figura del neofederalismo italiano: “fra gli uomini sono possibili due tipi diversi, contemporanei ma irriducibili, di rapporto: l’obbligazione-contratto interindividuale (in cui si cerca la soddisfazione di singoli, attuali e determinati bisogni, e da cui nasce quindi il ’mercato’), e il patto di fedeltà politico (in cui si cerca una garanzia globale per tutti i futuri, non ancora specificati bisogni esistenziali, e da cui nascono quindi appunto le ‘rendite politiche’)”. Gianfranco Miglio, Le trasformazioni dell’attuale sistema economico (1976), ora raccolto in Le regolarità della politica, Giuffrè, Milano, 1988
[15] Hans Adam II, Lo Stato nel terzo millennio, p. 121
[16] L’art. 1 della Costituzione, riformato anch’esso nel 2003, recita: “Il Principato del Liechtenstein deve essere al servizio delle persone che vivono all’interno dei suoi confini, affinché possano condurre una vita associata in pace e libertà.”
[17] Sono le funzioni tradizionalmente attribuite allo Stato da parte del liberalismo classico: tutela dei diritti di proprietà, funzione giurisdizionale, difesa, ordine pubblico [cfr., ad esempio, John Locke, Due Trattati sul Governo, Plus, 2007 (1690)]
[18] Per un’introduzione al tema della metafisica politica moderna si veda: Carlo Lottieri, Credere nello Stato? Teologia Politica e Dissimulazione da Filippo il Bello a Wikileaks, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, 2011
[19] Con ciò intendendo che “ogni legge è sempre in funzione dell’uomo, è un modo per cui si manifesta l’amore di Dio per l’uomo”. Rinaldo Bertolino, Lezioni di Diritto Canonico, Giappichelli Editore, Torino, 2007
BIBLIOGRAFIA
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BEATTIE D., Liechtenstein: A Modern History, I.B. Tauris, 2004.
BERTOLINO R., Lezioni di diritto canonico, raccolte a cura di Maria Chiara Ruscazio, Giappichelli, Torino, 2007.
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HOPPE H. H., Democrazia: il dio che ha fallito, Liberilibri, Macerata, 2006 (2001).
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LUTHER J., Caratteristiche della Costituzione del Principato del Liechtenstein in LUTHER J. e LONGO F., Costituzioni di microstati europei: i casi di Cipro, Liechtenstein e Città del Vaticano,“Polis Working Papers”, Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro” Alessandria, dicembre 2010,
http://polis.unipmn.it/pubbl/RePEc/uca/ucapdv/luther176.pdf.
KOHR L., Il crollo delle nazioni, Edizioni di Comunità, Milano, 1960 (1957).
MIGLIO G., Le regolarità della politica, Giuffrè, , Milano, 1988.
*Autore di Polyarchy.org

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