martedì 17 aprile 2012

L’unità pagata con i beni religiosi

 

di Angela Pellicciari

Inizialmente ostile, anche Cavour si schiera per gli espropri. Ecco perché.

[Da "La Padania", 1 settembre 2001]

Ci si potrebbe domandare: come mai nel 1855 i Savoia e i liberali dimostrano un accanimento tanto pervicace contro la popolazione cattolica e i suoi ordini religiosi? Come mai Cavour e la sua maggioranza di governo sostengono - per di più - di agire in nome della libertà e della costituzione?

La risposta è relativamente semplice: per gli onerosi legami di politica estera cui il governo del connubio deve sottostare. La monarchia sabauda vuole ingrandire il Regno di Sardegna a scapito della tradizione cattolica della popolazione italiana e degli altri regni della penisola. È chiaro che - eccettuata l’esigua minoranza di massoni - questo progetto non incontra nessun consenso a livello popolare. Per fare l’Italia contro gli italiani - tutti cattolici - non si può trovare sostegno all’interno del paese. Perché il Risorgimento vada in porto è indispensabile un concreto, costante e fattivo aiuto delle potenze liberali: Inghilterra e Francia innanzi tutto. Con l’appoggio all’Italia sabauda l’ideologia protestante e massonica degli stati liberali si ripromette di conseguire due obiettivi: la sudditanza economica e culturale della penisola italiana e la fine della "superstizione cattolica".

Che le cose stiano così è provato in modo inconfutabile dall’analisi dei dibattiti del Parlamento subalpino. Vediamo nel dettaglio. Nel 1848 Cavour si oppone alla proposta del romanziere-deputato Angelo Brofferio che invita ad espropriare tutti i beni delle congregazioni religiose per pagare i costi della guerra contro l’Austria. L’11 novembre il conte contrasta con queste parole l’iniziativa politica della sinistra liberale: non essendo teologo "non esaminerò se questi conventi siano o non siano utili alla religione cattolica"; mi limito ad osservare che una simile riforma "turba le opinioni di una parte grandissima della popolazione, e direi quasi, (almeno per le provincie al di qua delle Alpi) della gran maggioranza della popolazione. Salvoché non lo esiga una ragione importante, l’urtare le opinioni o i pregiudizi di una rilevantissima parte della popolazione non è certo un mezzo molto proprio di eccitarne l’entusiasmo e di spingerla a concorrere alla causa italiana".

Nel 1855, viceversa, la posizione di Cavour è radicalmente mutata. In un intervento alla Camera del 28 febbraio il conte afferma: "A parer mio (ed in ciò avrò consenziente tutta la destra) le questioni ecclesiastiche conviene sollevarle il meno possibile, e se non fosse stata per noi una necessità assoluta di sciogliere la presente questione del miglior riparto dei beni ecclesiastici, certamente avremmo allontanato da noi l’amaro calice che ci tocca ora di trangugiare".

Quale la ragione "importante" che fece cambiare idea al conte e lo spinge a bere l’amaro calice della legge contro i conventi? La consapevolezza che l’Italia non si costruisce con l’appoggio degli italiani ma col sostegno internazionale dei governi liberali contrari alla fede, alla tradizione, alle abitudini, alla cultura, della "gran maggioranza della popolazione". Il 21 maggio, in Senato, Cavour espone con grande franchezza le ragioni di una scelta tanto necessaria quanto difficile. Il senatore Gallina, prendendo a pretesto la situazione internazionale, chiede che l’assemblea sospenda l’esecuzione della legge contro i conventi per trovare un accordo, che reputa possibile, con la Santa Sede. La proposta Gallina, se accolta, vanifica tutti gli sforzi compiuti per garantire al Piemonte gli appoggi internazionali di cui ha bisogno per "fare l’Italia".

"Io vi prego, vi supplico di non emettere un voto sospensivo che sarebbe una condanna di debolezza per questo Ministero"; "Quando con un voto si mettesse in sospeso tutta la nostra politica interna", quando con un voto "si biasimasse la nostra politica e si venisse in certo modo a disarmarci dirimpetto al partito che ci avversa, evidentemente noi non saremmo più in condizione di poter reggere la somma delle cose". Gallina pensa che le potenze europee condannino il Piemonte per la politica anticattolica? Cavour è di parere opposto e ripete alla Camera quanto già affermato in Senato. Parlando ai deputati il 17 febbraio il conte sostiene: "Molti in Europa si interessano a questa lotta che noi sosteniamo [...] ad appoggio di questa sentenza, vi potrei citare la stampa di quasi tutti i Paesi d’Europa; vi potrei citare i libri e i fogli della Francia, dell’Inghilterra, del Belgio e di una parte della Germania [...] Nella mia qualità di ministro degli affari esteri - prosegue il conte - non mi consta che nessuna delle potenze colle quali noi siamo stretti da vincolo di alleanza, desidera veder sacrificati i principii già applicati da quelle medesime potenze, già da essi consacrati in modo ben più solenne che non si richiede ora di fare da noi". I Savoia - e con loro i liberali - hanno venduto l’Italia alle potenze straniere. Naturalmente lo hanno fatto in nome dell’Italia e della sua libertà.