venerdì 27 aprile 2012

La Monarchia sacra Parte Seconda :IL ‘TOCCO’ GUARITORE DEI RE:L’origine miracolosa della monarchia franca:Re Clodoveo e la santa ampolla

Clodoveo I
Clodoveo I (Tournai, ca. 466Parigi, 27 novembre 511) , figlio del re Childerico I e di sua moglie Basina fu il secondo sovrano storicamente accertato della dinastia dei Merovingi, del regno dei Franchi Sali, dal 481 alla sua morte.


I Re di Francia erano unti e consacrati col miracoloso Crisma, a cui un’indiscussa ed antichissima tradizione assegnava una provenienza celeste.
Clodoveo, infatti, divenuto nel 481 d.C. sovrano dei Franchi Salii, tribù germanica professante il paganesimo, che si era stabilita in una regione a cavallo tra l’attuale Francia del Nord-Est ed il Belgio, aveva preso in moglie Clotilde, una principessa cattolica di origine burgunda, che, assieme a San Remigio, arcivescovo di Reims, impiegava ogni sforzo per convertire il sovrano alla vera fede, senza però alcun esito.
Gregorio di Tours nella sua Storia dei Franchi, così narra la conversione del Re pagano:
“Intanto la regina non smetteva di pregare perché Clodoveo arrivasse a conoscere il vero Dio e  gli idoli. Eppure in nessun modo egli poteva essere allontanato da queste credenze, finché un giorno, durante una guerra dichiarata contro gli Alamanni, egli fu costretto per necessità a credere quello che prima aveva negato sempre ostinatamente.
Accadde infatti che, venuti a combattimento i due eserciti, si profilava un massacro e l’esercito di Clodoveo cominciò a subire una grande strage. Vedendo questo, egli, levati gli occhi al cielo e con il cuore addolorato, già scosso dalle lacrime, disse: «O Gesù Cristo, che Clotilde predica come figlio del Dio vivente, tu che, dicono, presti aiuto a coloro che sono angustiati e che doni la vittoria a quelli che sperano in te, io devotamente chiedo la gloria del tuo favore, affinchè, se mi concederai la vittoria sopra questi nemici e se potrò sperimentare quella grazia che dice d’aver provato il popolo dedicato al tuo nome, io possa poi credere in te ed essere così battezzato nel tuo nome. Perché ho invocato i miei dei ma, come vedo, si sono astenuti dall’aiutarmi; per questo credo che loro non posseggano alcuna capacità, perché non soccorrono quelli che credono in loro. Allora, adesso, invoco te, in te voglio credere, basta che tu mi sottragga ai miei nemici». E dopo aver pronunciato queste frasi, ecco che gli Alamanni si volsero in fuga, e cominciarono a disperdersi. Poi, quando seppero che il loro re era stato ucciso, si sottomisero alla volontà di Clodoveo dicendo: «Ti preghiamo, non uccidere più la nostra gente: ormai siamo in mano tua». Ed egli, sospese le ostilità, parlò all’esercito e, tornando in pace, raccontò alla regina in qual modo meritò d’ottenere la vittoria attraverso l’invocazione del nome di Cristo. E questo fu nel quindicesimo anno del suo regno. Allora la regina comanda di nascosto al santo Remigio, vescovo della città di Reims, di presentarsi, pregandolo d’introdurre nell’animo del re la parola della vera salute. Giunto presso di lui, il vescovo cominciò con delicatezza a chiedergli che credesse nel Dio vero, creatore del cielo e della terra, che abbandonasse gli idoli, i quali non potevano giovare né a lui né ad altri. Ma Clodoveo rispondeva: «Io ti ascoltavo volentieri, santissimo padre; ma c’è una cosa: l’esercito, che mi segue in tutto, non ammette di rinunciare ai propri dei; eppure, egualmente, io vado e parlo a loro secondo quanto m’hai
detto». Trovatosi quindi con i suoi, prima ch’egli potesse parlare, poiché la potenza di Dio lo aveva preceduto, tutto l’esercito acclamò all’unisono: «Noi rifiutiamo gli dei mortali, o re pio, e siamo preparati a seguire il Dio che Remigio predica come immortale». E annunziano queste decisioni al vescovo, che, pieno di gioia, comandò che fosse preparato il lavacro. Le piazze sono ombreggiate di veli dipinti, le chiese sono adornate di drappi bianchi, si prepara il battistero, si spargono profumi, ceri fragranti diffondono aromi particolari e tutto il tempio del battistero è soffuso d’una essenza quasi divina e in quel luogo Dio offrì ai presenti la grazia di sentirsi posti fra i profumi del paradiso. Allora il re chiede d’essere battezzato per primo dal pontefice. S’avvicini “al lavacro come un nuovo Costantino, per essere liberato dalla lebbra antica, per sciogliere in un’acqua fresca macchie luride
createsi lontano nel tempo”. E, quando Clodoveo fu entrato nel battesimo, il santo di Dio così disse con parole solenni: «Piega quieto il tuo capo, o Sicambro; adora quello che hai bruciato, brucia quello che hai adorato».[…] Così il re confessò Dio onnipotente nella Trinità, fu battezzato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e venne segnato con il sacro crisma del segno della croce di Cristo. Del suo esercito, poi, ne vennero battezzati più di tremila”.
I Franchi di Clodoveo furono, così, l’unica nazione di stirpe teutonica a non cadere negl’inganni dell’eresia ariana, negatrice della divinità di Cristo, che, a partire dal secolo IV, s’era diffusa entro e fuori il limes imperiale. Dopo l’intervento miracoloso di Dio nella battaglia di Tolbiac del 496 contro gli Alemanni, seguendo l’esempio del loro principe, questi si convertirono in massa, divenendo protettori e benefattori della Chiesa, così da proporsi ben presto come il più potente regno cattolico dell’Occidente.
Clodoveo e Clodilde, principessa canonizzata dalla Chiesa, divennero i capostipiti della prima dinastia regale di Francia, quella dei Merovingi57, che regnò senza discontiniutà fino al 751, quando l’ultimo sovrano della casata venne deposto da Pipino il Breve, primo monarca consacrato della dinastia carolingia.
Quello che Gregorio di Tour accenna velatamente nel racconto del battesimo di Clodoveo - il miracolo della santa ampolla - viene così menzionato con lapidaria semplicità dal Beato Iacopo da Varagine nella sua celebre Legenda aurea:
“Quando il Re s’avvicinò al fonte battesimale il vescovo s’accorse che mancava il sacro crisma, ed ecco che una colomba venne a volo portando nel becco una colomba di Crisma.
Quest’ampolla è ancora conservata nella cattedrale di Reims ed è usata per la consacrazione dei Re”.
L’autore domenicano del secolo XIII non faceva che riprendere un dato a tutti noto. Questa è l’antichissima tradizione di Reims, che venne creduta senza tentennamenti per tutto il Medioevo e gran parte dell’età moderna, in Francia e fuori di Francia, divenendo quasi un indiscutibile luogo comune, finché a partire dal secolo XVIII, il secolo dei ‘lumi’, una critica scettica e demolitrice giunse a dichiararla completamente infondata e menzognera.
Ma perché tanto odio e tanta avversione contro uno dei numerosissimi episodi meravigliosi di cui riferivano doviziosamente le cronache dell’Occidente cristiano? In verità, almeno dall’epoca carolingia, la Santa Ampolla aveva assunto un significato politico-religioso di prim’ordine. Ancora Jacopo da Varagine non manca di sottolinearlo:
“Ques’ampolla è ancora conservata nella cattedrale di Reims ed è usata per la consacrazione dei Re”.
Tutti i sovrani legittimi di Francia, infatti, per quasi mille anni e sino alle soglie dell’età contemporanea, furono unti Re con il Crisma celeste della Santa Ampolla conservata a Reims.
La Santa Ampolla era uno dei ‘dogmi’ più rilevanti, per così dire, della religio monarchica della Civiltà cristiana, fondata sulla stretta alleanza tra il Trono e l’Altare e sulla concezione dell’autorità derivante da Dio, secondo il noto aforisma paolino:
Omnis potestas a Deo [ogni potere viene da Dio].
Scardinare e denigrare questa tradizione storica, abbassandola a mera fantasticheria leggendaria, significava, così, non soltanto colpire il meraviglioso e il soprannaturale di cui era intessuta la storia della Francia cattolica, ma sferrare un attacco diretto contro la monarchia, massima istituzione di quella nazione. A questo si dedicarono, ora con paziente tenacia, ora con violenta determinazione, i rivoluzionari del XVIII secolo.
Tuttavia, ancora nel ‘700, la tradizione della Santa Ampolla conservava agli occhi dei contemporanei di Voltaire tutto il suo misterioso splendore. Così alle soglie della Rivoluzione, il 7 luglio 1775, Luigi XVI di Borbone si dispose a ricevere, come i suoi padri, dalle mani del successore di San Remigio, novello Clodoveo59 anche nel nome, la consacrazione col crisma portato dal Cielo. Poi la catastrofe dell’89, l’imprigionamento della famiglia reale, il martirio del sovrano sul palco della ghigliottina.
E la Santa Ampolla di Reims? Anch’essa subì l’oltraggio dei giacobini. Per ordine della Convenzione Nazionale, infatti, Philippe Rühl, deputato del Basso Reno, il 3 ottobre di quel tragico 1793, mentre infuriava il Terrore, infranse sullo zoccolo della statua di Luigi XV nella Piazza Reale la preziosa reliquia conservata in una teca a forma di colomba.
“Ma la vigilia del giorno in cui fu ordinata la sua distruzione, Seraine ed Hourelle, come lo fa conoscere un processo verbale autentico, estrassero coll’aiuto di un ago d’oro, il più che poterono del balsamo miracoloso, lo chiusero in una carta e lo conservarono”60.
Proprio il giorno prima di quella singolare ‘esecuzione’, però, vi fu chi riuscì ad estrarre provvidenzialmente con un ago d’oro alcune gocce del prezioso liquido61.
Queste vennero in parte utilizzate, per l’ultima volta, nel 1825 in occasione della consacrazione di Carlo X (1824-1830), ultimo monarca legittimo di Francia.
Dopo d’allora e fino ai nostri giorni, quando ormai i princìpi sovvertitori dell’89 si sono radicati nelle istituzioni e nella società civile, fu principalmente nell’ambito storico-critico ed accademico che continuò una sorda guerra contro la tradizione della Santa Ampolla, di cui I re taumaturghi di Marc Bloch, è uno degli esempi più negativi.
Un’obiezione apparentemente insormontabile era sollevata da storici ed eruditi.
Tra i fatti miracolosi di Reims della fine del secolo V e la prima testimonianza scritta di essi, nel IX, intercorre un lasso di tempo di più di tre secoli e mezzo anni, senza che nessun documento anteriore ne faccia menzione.
Colui che per primo li attesta, Incmaro, Arcivescovo di Reims dal 845, nella sua Vita Remigii, appare come il testimone più interessato, meno attendibile e degno di fiducia. Non era infatti ovvio che il successore di San Remigio creasse a bella posta, in quei secoli di facile credulità, una meravigliosa fiaba per esaltare il Santo Patrono di Reims e la sua cattedra? Il silenzio dei documenti per più di tre secoli sembrava la prova più convincente.
Nel 1945, tuttavia, un erudito benedettino di Lovanio, Dom C. Lambot, scopre, su di un manoscritto del XIII secolo, tracce di un’antica liturgia dedicata a San Remigio.
Le antifone e i responsorii citano espressamente il Crisma celeste e l’apparizione dello Spirito Santo sotto forma di colomba! L’anno successivo un altro religioso belga, il canonico F. Baix, tenta una datazione della nuova scoperta, e la fissa ad almeno il secolo VIII, retrodatando di un secolo la tradizione remense della Santa Ampolla, e scagionando così il povero Incmaro.
Tali scoperte, anziché suscitare un nuovo fervore di studi per calibrare meglio la datazione dell’antica liturgia, passarono del tutto sotto silenzio e furono lasciate ammuffire negli archivi.
Si tratta di alcuni versetti della liturgia, poi caduta in disuso, che festeggiava il trapasso del Santo il 13 gennaio, giorno della sua morte, sostituita poi da quella del 1° ottobre tuttora in vigore. In quella più antica formulazione erano raccolti i ricordi dell’evento centrale della feconda attività apostolica del santo francese: la conversione di Clodoveo.
Così l’Antifona recitava:
“Il Beato Remigio santificò l’illustre popolo dei Franchi e il suo nobile re, con l’acqua consacrata dal crisma portato dal Cielo. Egli li arricchì grandemente col dono dello Spirito Santo”.
Il versetto a sua volta recita:
“Il quale [Spirito Santo] grazie al dono di una particolare grazia, apparve sotto forma di colomba e portò al Pontefice dal Cielo il crisma divino”.
L’olio sacro, tuttavia, che S. Remigio aveva ottenuto colle sue preci dal Cielo al momento di battezzare il sovrano Franco, non servì al prelato per amministrare a Clodoveo l’unzione reale. Il celeste unguento infatti fu impiegato per conferire il sacramento del battesimo al Re franco e alla sua corte.
La miracolosa ampolla fu quindi gelosamente conservata tra le reliquie più preziose dell’abbazia di Reims. Con il diffondersi in Occidente della consuetudine di ungere e consacrare i principi cristiani, sul modello vetero-testamentario, questa venne introdotta anche nel Regno di Francia.
Il primo Re franco unto con l’olio santo fu Pipino il Breve nel 751, che volle così legittimare la deposizione dell’ultimo Re della dinastia merovingia, deposto e confinato in un convento. Più di un secolo dopo, l’Arcivescovo Incmaro di Reims innovò l’uso liturgico di benedire con l’olio santo i sovrani carolingi, aggiungendo al crisma che serviva per l’unzione, una goccia del balsamo miracoloso, conservato nella Santa Ampolla di Reims.
Quando la goccia del balsamo celeste cadeva nell’olio consacrato, tutt’intorno, raccontano unanimi le cronache, si spargeva un intenso profumo di paradiso. Così i Re di Francia, come gli altri sovrani d’Europa, erano unti sul capo con il sacro crisma, alla stessa stregua dei vescovi, detentori della pienezza del sacerdozio.
La grande prerogativa della monarchia franca consisteva nell’origine soprannaturale del sacro crisma impiegato nel rito della consacrazione del sovrano.
La gerarchia ecclesiastica in seguito alla controversia delle investiture del secolo XI-XII cercò di sottolineare anche nella liturgia la diversità e subordinazione tra l’ordine sacerdotale e la condizione di sovrano.
Così l’impiego del sacro crisma, come il più prezioso e sacro degli oli liturgici, venne riservato alla sola consacrazione episcopale, mentre nelle cerimonie di unzione dei Re si volle introdurre l’uso del semplice olio dei catecumeni; ed anziché sul capo, come per i vescovi, l’unzione, con il meno prezioso olio dei catecumeni, era applicata sul braccio destro, sul gomito e tra le scapole.
La nuova prassi, tuttavia, non fu universalmente accolta e il Papato dovette tollerare alcune notevoli eccezioni, che si fondavano su antiche consuetudini liturgiche.
Nei Regni più antichi e prestigiosi l’antica prassi rimase ininterrotta fino all’epoca contemporanea.
I Sovrani di Francia, quelli d’Inghilterra, e il Re di Germania, eletto al soglio imperiale, continuarono per lunghi secoli ad essere unti con il sacro crisma sul capo, come i designati all’episcopato.
L’importanza di cui era investito il rito consacratorio dell’unzione non riguardava solo l’essenziale aspetto della legittimità del monarca nella esecuzione delle sue ordinarie funzioni, ma, almeno nel caso dei sovrani guaritori di Francia e d’Inghilterra, era strettamente connessa alla facoltà medicinale sulle scrofole.
Questo spiega perché i sovrani preferissero ‘toccare’ i malati soltanto dopo la consacrazione, vale a dire, quando, col solenne e pubblico rito dell’Incoronazione, la loro legittima ascesa al trono era sanzionata, per così dire, anche dal Cielo.