giovedì 12 aprile 2012

Alla guerra contro l’Austria


di Angela Pellicciari

Nel 1859 i Savoia ripresero il conflitto con la più terribile delle armi: la menzogna.

[Da "La Padania", 27 settembre 2001]

Nel 1859, appoggiato dalla Francia di Napoleone III, il Regno di Sardegna riprende la guerra contro l’odiata l’Austria. La menzogna è l’arma più efficace del regno sardo. Utilizzata sempre e dovunque, è il vero emblema del Piemonte liberale.

Vediamo la spregiudicatezza sabauda all’opera nel 1859. Vittorio Emanuele II interviene in più occasioni per spiegare le buone ragioni che motivano la condotta del Piemonte. Ecco cosa scrive poco prima di iniziare le "battaglie della libertà e della giustizia" nel LombardoVeneto; nel proclama ai Popoli d’Italia il re dichiara: "L’Austria assale il Piemonte perché ho perorato la causa della comune patria nei Consigli d’Europa, perché non fui insensibile ai vostri gridi di dolore. Così essa rompe oggi quei trattati che non ha rispettato mai [...] Impugnando le armi per difendere il mio trono, la libertà dei miei popoli, l’onore del mio nome italiano, io combatto per diritto di tutta la Nazione". Ai soldati Vittorio Emanuele manda a dire: l’Austria vuole invadere le nostre terre "perché la libertà qui regna con l’ordine, perché non la forza ma la concordia e l’affetto tra popolo e Sovrano qui reggono lo Stato, perché qui trovano ascolto le grida di dolore dell’Italia oppressa".

La versione austriaca è esattamente opposta. Il 28 aprile 1859 l’imperatore Francesco Giuseppe indirizza "Ai miei popoli" il seguente Manifesto: "Io ho dato ordine alla mia fedele e valorosa Armata di porre un termine alle ostilità, commesse già da una serie di anni dal limitrofo Stato di Sardegna". L’imperatore ricorda i fatti dell’ultimo decennio: "Allorché, già da più di dieci anni, lo stesso nemico, violando ogni diritto delle genti e gli usi della guerra, senza che gli fosse dato un qualsiasi motivo, soltanto collo scopo d’impadronirsi del regno Lombardo Veneto, ne invase con la sua armata il territorio; allorché fu per ben due volte sconfitto dal mio Esercito dopo glorioso combattimento, esso si trovò in balia del vincitore, io gli usai tutta la generosità e gli porsi la mano per la riconciliazione; io non mi sono appropriato nemmeno di un palmo del suo territorio, non ho leso alcun diritto spettante alla Corona della Sardegna nel consorzio della famiglia dei Popoli europei; non ho pattuita alcuna garanzia onde prevenire la rinnovazione di simili avvenimenti; io ho creduto di trovarla soltanto nella mano conciliatrice, che gli stesi e che venne accettata".

Come risponde a tanta benevolenza la corona sarda? "La risposta a tanta moderazione, di cui non havvi altro esempio nella storia, fu l’immediata continuazione delle ostilità, un’agitazione sempre crescente d’anno in anno, e rafforzata coi mezzi più sleali contro la pace ed il benessere del mio Regno Lombardo Veneto". Francesco Giuseppe prosegue: "Ai confini si trova il nemico, collegato col partito della generale sovversione, e col palese progetto di impadronirsi a forza dei paesi posseduti dall’Austria in Italia. A suo sussidio, il dominatore della Francia, che con vani pretesti s’immischia nei rapporti della Penisola italiana, regolati a tenore del diritto delle genti, pone in moto le sue truppe, e già alcune divisioni di queste hanno oltrepassato i confini della Sardegna".

Il 29 aprile il conte Karl Buol, ministro degli esteri austriaco, invia una lunga ed interessante circolare alle sedi diplomatiche austriache, in cui, fra l’altro, irride alle sbandierate glorie italiane di Casa Savoia: "L’ambizione d’una Dinastia, la cui vana e frivola pretesa all’avvenire dell’Italia non è giustificata né dalla natura, né dalla storia di questo paese, né dal suo proprio passato e presente, non rifuggì dall’entrare in un’alleanza contro natura coi poteri del sovvertimento". Il conte denuncia lo "abuso criminoso del sentimento nazionale delle popolazioni italiane" sistematicamente operato dalla corte di Torino che, grazie ad una "stampa sfrenata", accusa "ipocritamente le condizioni degli Stati d’Italia" per attribuire al Piemonte "l’ufficio di liberatore". Il Piemonte che provoca la guerra non ha affatto a cuore la prosperità della popolazione italiana, conclude. Con la guerra che scatena il regno sardo "impedisce ed interrompe uno stato di regolare impulso e di svolgimento ripieno d’avvenire". Nel quadro della campagna antiaustriaca rientra il caso del deputato Pier Carlo Boggio che incita gli italiani alla guerra ricordando un fatto vero. L’Austria si è spinta fino a decretare la leva obbligatoria, denuncia: "dopo avere stremati i beni degl’infelici popoli soggetti alla sua forza bruta", li ha colpiti "nei sentimenti i più sacri e i più potenti, col rapire ai genitori cadenti fin l’unico figliuolo, solo sostegno, solo conforto loro". Il fatto è e Boggio lo ricorda che l’imperatore austriaco tiene conto del coro di proteste che accompagnano la decisione della leva obbligatoria e sospende il provvedimento.

Il comportamento dei Savoia divenuti Re d’Italia è esattamente l’opposto. L’Armonia del 5 luglio 1861 racconta il seguente raccapricciante episodio: "A Baranello un Francesco Pantano, capitolato di Gaeta, per sottrarsi al servizio militare, cui era richiamato, riparò in un suo podere, ed ivi sorpreso mentre dormiva, invece di essere arrestato, fu ucciso a colpi di baionette". La ripugnanza della popolazione meridionale per la leva generalizzata, sconosciuta sotto il papa e sotto i Borbone, non induce il governo alla revoca del provvedimento ma al ricorso alla legge marziale.