venerdì 30 marzo 2012

L’inumazione del cuore del piccolo Re Luigi XVII nella Basilica di Saint-Denis, a Parigi, l’8 giugno 2004 e i falsi Luigi XVII apparsi nel secolo XIX. L’impressionante analogia con lo Zarevich Alexei.(Parte 3°):I contestatori dell’autenticità e i loro argomenti.

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Karl Wilhelm Naundorff(Presunto Luigi XVII°)


Dalla Restaurazione in poi sono molte centinaia i libri usciti su Luigi XVII, a cui si aggiungono innumerevoli articoli apparsi su diverse riviste. Già all’indomani dell’inumazione nella fossa comune del cimitero di Santa Margherita, fiorirono sul conto dell’infelice Re bambino tutta una serie di leggende: dicerie sempre più insistenti, poggianti su testimonianze e altri indizi, lo davano per sopravvissuto alla prigionia nel Tempio. Quello ivi deceduto e sottoposto ad autopsia non sarebbe stato il Delfino di Francia, bensì un fanciullo un po’ più grandicello che gli sarebbe stato
sostituito. Luigi XVII sarebbe evaso dal Tempio con l’aiuto dei realisti o addirittura degli stessi repubblicani.
Sul sito del Museo Luigi XVII6 che fa capo ai sostenitori di Naundorf (che pretendeva di essere Luigi XVII miracolosamente evaso dal Tempio), si sostiene che l’esame del DNA, scoperto nel lontano 1953, per essere scientificamente accettabile deve soddisfare tre condizioni: l’autenticità incontestabile del materiale biologico esaminato (tracciabilità) e di quello a cui è comparato; l’assoluta imparzialità
scientifica, sia di chi effettua, sia di chi dà il responso dell’esame.
Quanto all’esame del DNA, cui è stato sottoposto il cuore del fanciullo sepolto in Saint-Denis, i naundorfisti lo dicono costoso e inutile, anche se ammettono che l’acido desossiribonucleico, è stato già utilizzato molte volte con successo per effettuare identificazioni giudiziarie o per la ricerca della paternità. Il 14 febbraio 1997 due discendenti di Naundorf, Carlo Edmondo e Carlo Luigi, siglarono un accordo che prevedeva che le analisi fossero condotte parallelamente da una parte dal professor Cassiman, del Laboratorio di Genetica Umana dell’Università di Lovanio, in Belgio e dall’altra parte dal dottor Olivier Pascal, del Laboratorio di Genetica Molecolare dell’Ospedale di Nantes. Fu convenuto che i risultati degli esami fossero tenuti segreti fino al momento in cui sarebbero stati rivelati nel corso di una conferenza stampa congiunta. L’analisi sarebbe stata effettuata sul DNA
mitocondriale, trasmissibile solo in linea femminile. Furono comparati una ciocca di capelli di Luigi XVII già utilizzata dal professor Edmond Locard; una ciocca di capelli della Regina Maria Amelia, nipote di Maria Antonietta in quanto discendente della sorella Maria Carolina; una ciocca di capelli delle due Arciduchesse Maria Giuseppa e Giovanna Gabriella, sorelle di Maria Antonietta; una ciocca dei capelli del Prìncipe Andrea di Borbone Parma, discendente in linea femminile dall’Imperatrice Maria Teresa. Il dottor Petrie riuscì ad aggiungervi dei capelli e dei peli di Naundorf, prelevati nel 1950 al momento dell’esumazione della sua salma, assieme ad un campione d’osso prelevato nella medesima occasione. Anzitutto emerse che il cromosoma Y, che il professor Cassiman era riuscito a isolare nell’osso passatogli dal dottor Petrie, non era lo stesso di quello dei due discendenti dello
stesso Naundorf. Infatti il frammento osseo di Naundorf era stato abbandonato per quarantasei anni, dal 1950 al 1996, in un contenitore non sigillato! Dunque in condizioni tali da non garantire l’affidabilità del reperto quanto all’autenticità della sua origine. Identica incertezza sul reperto osseo: il dottor Hulst, al momento dell’esumazione, nel 1950, parlava di un omero e di un cubito; il dottor Petrie parla di una tibia e di un omero. Ma anche nel DNA di Maria Antonietta il professor Cassiman avrebbe riscontrato un tasso di mutazioni molto elevato, tanto da indurre lo scienziato a dubitare dell’autenticità dei capelli dei figli dell’Imperatrice Maria Teresa o da supporre che i suoi attuali discendenti in vita e sopra menzionati, siano stati generati da una donna adottiva.
Fu per telefono che il professor Cassiman informò che la conferenza stampa prevista si sarebbe tenuta il 2 giugno 1998 a Lovanio, violando così in modo flagrante gli accordi assunti con l’altra équipe francese. La conferenza si tenne effettivamente e si svolse in lingua olandese: in essa veniva annunziato che Naundorf non era Luigi XVII.
I naundorfisti, ribaltando ancora una volta l’onere della prova, si consolano affermando che “il dottor Petrie non è riuscito […] a provare che Naundorf era un’altra persona da Luigi XVII”7, dimenticando che ciò che bisognava provare era semmai il contrario e cioè che Naundorf fosse davvero Luigi XVII, sopravvissuto alla prigionia nel Tempio.
Inoltre nel rapporto del 1999 dell’Università di Münster e del Centro di Genetica di Lovanio si legge che “questo cuore appartiene a un fanciullo che ha un legame di parentela con Maria Antonietta e la sua famiglia” (l’analisi del DNA permette di escludere o di affermare una parentela, non di affermare un’identità). Mentre il dottor Pascal del Laboratorio di Genetica Molecolare dell’Ospedale di Nantes, in una sua lettera del 27 aprile 2000, precisa che “non esiste alcuna certezza sull’origine di A queste considerazioni, che sollevano dubbi sotto il profilo scientifico, i seguaci di Naundorf aggiungono altri rilievi di carattere storico: il fanciullo deceduto nella prigione del Tempio l’8 giugno 1795 fu sottoposto ad autopsia il giorno seguente a quello della sua morte da un’équipe di quattro medici (Pelletan, Dumangin, Jeanroy e Lassus) alla presenza del secondino Lasnes e del commissario civile Damont. Pelletan pretende di aver espiantato e sottratto il cuore del bimbo, conservandolo
sotto spirito di vino, cioè sotto alcol che, evaporando, l’avrebbe lasciato completamente disseccato. Pelletan, professore d’anatomia, aveva conservato e collezionato presso la propria abitazione e allo stesso modo anche altri resti umani.
Nessuno degli altri medici presenti, né il carceriere si sarebbero accorti delle operazioni compiute dall’anatomista. Gli altri testi, fra cui l’allievo di Pelletan, Tillos, non erano presenti al momento dei fatti e dunque non possono che ripetere quanto udito dal loro maestro.
Questo “cuore di Pelletan” salta fuori, si materializza soltanto dopo la caduta di Napoleone, al momento della Restaurazione e del ritorno dei Borboni sul trono di Francia, precisamente il 23 aprile 1814, undici giorni dopo l’ingresso in Parigi del Conte d’Artois, fratello del Re Luigi XVIII e da lui nominato Luogotenente Generale del Regno. A quella data il reinsediamento dei Borboni sul trono di Francia era ormai un fatto certo. Quel giorno Pelletan firma una liberatoria alla vedova del suo discepolo Tillot, la quale gli restituisce il reperto che il suo allievo gli aveva sottratto. C’è da domandarsi perché Pelletan non aveva mai osato reclamarne prima la restituzione.
Secondo i naundorfisti, Pelletan è un falso teste, non esistendo alcuna prova convincente ch’egli abbia realmente preso con sé il cuore del fanciullo deceduto al Tempio e di cui aveva effettuato l’autopsia il 9 giugno 1795. Il cuore detto di Pelletan comincia ad avere un’esistenza fisica, dicono i suoi critici, concreta soltanto dopo il primo ritorno dei Borboni a Parigi, il 14 aprile 1814. È da questo cuore però, passato attraverso un’incredibile odissea (che sopra abbiamo descritta), che è stato prelevato
un frammento per l’esame del DNA: che ha dimostrato da un lato che Luigi XVII morì effettivamente nella prigione del Tempio l’8 giugno 1795, senza alcuna possibilità di fuga o di sostituzione da parte di chicchessia e che Naundorf non era, di conseguenza, se non un volgare impostore, un falso Luigi XVII come tanti altri.
I naundorfisti fanno notare che il primo resoconto del medico Philippe Jean Pelletan che narra della sottrazione del cuore da parte sua al momento dell’autopsia sul corpo di Luigi XVII, del ratto del cuore stesso da parte del suo allievo Tillos e della restituzione della reliquia da parte dei familiari di quest’ultimo, dopo la morte dello stesso Tillos, è del 1° maggio 1814. In quello stesso mese Pelletan compie numerosi passi presso la Famiglia Reale e presso l’Arcivescovo di Parigi, Monsignor de
Quelen, affinché ricevano il cuore di Luigi XVII, ricevendone però un rifiuto.
Il 23 maggio 1828: Pelletan lascia in deposito il cuore in un’urna di cristallo all’Arcivescovado di Parigi, dove già si conservava quello del primo Delfino, il fratello maggiore di Luigi XVII, Luigi Giuseppe Saverio, in un contenitore di piombo.
Il 26 settembre 1829 Pelletan muore. Il 29 luglio 1830 l’Arcivescovado di Parigi subisce un primo saccheggio ad opera dei rivoluzionari. Pierre Pelletan, figlio legittimo del chirurgo che aveva effettuato l’autopsia sul corpo di Luigi XVII, ritrova (secondo i naundorfisti) il contenitore di piombo con il cuore di Luigi Giuseppe Saverio, il fratello maggiore premorto e la relativa documentazione andata perduta.
Pierre Pelletan muore nel 1845: terminano nel frattempo le trattative con il Conte di Chambord per la restituzione del reperto. Nel 1854 un figlio naturale di Pelletan, Philippe Gabriel, scrive che molti giorni dopo il saccheggio dell’Arcivescovado, insieme allo stampatore Lescroart, egli aveva ritrovato, sepolto sotto un mucchio di sabbia, un cuore e, un po’ più distante, i frammenti di un’urna di cristallo. Nel 1879 anche il figlio naturale di Pelletan muore, lasciando Prosper Deschamps suo legatario
universale. Il 25 agosto 1883 muore anche il Conte di Chambord, senza aver potuto ricevere l’urna con il cuore di Luigi XVII, sulla scorta dei ricordi di Philippe Gabriel Pelletan. In verità nel 1885 un carteggio postumo rivela che il Conte di Chambord avrebbe ricevuto un cuore, ma si saprà poi che non è lo stesso di cui ci stiamo occupando. Finalmente il 22 giugno 1886 il cuore conservato da Pelletan viene consegnato a Don Carlos, pretendente al trono di Francia e nipote della Contessa di Chambord, ma non vi appare alcuna menzione del nome di Luigi XVII. Nel 1909 Don Jaime, figlio di Don Carlos, eredita il cuore, che, alla sua morte, passa alla Principessa Massimo, sua figlia. Nel 1938 il cuore trova asilo in Italia, presso la figlia, Marie des Neiges, vedova Piercy. Il 10 aprile 1975 con l’assenso delle altre sorelle, Marie des Neiges rimette l’urna al Mémorial de France a Saint-Denis. Nel 1999-2000 le analisi del DNA condotte sul reperto stabiliscono una parentela fra il cuore di Luigi XVII e gli Asburgo.
Secondo i naundorfisti vi sarebbero due urne e due cuori, mentre non si sa dove siano spariti i quindici frammenti di cristallo della prima urna infranta. Inoltre l’esame del DNA sul cuore che ne ha accertato la parentela con Maria Antonietta, non sarebbe stato condotto su quello di Luigi XVII (che sarebbe sopravvissuto e s’identificherebbe in Naundorf) bensì su quello del di lui fratello maggiore, Luigi
Giuseppe Saverio, il che spiegherebbe il legame tra le sequenze mitocondriali accertato dal test.