giovedì 23 febbraio 2012

Castel Morrone e Valle di Maddaloni lo scontro decisivo e l'epilogo della battaglia

Un disegno che illustra gli scontri tra napoletani e garibaldini
presso l'acquedotto carolino a Valle di Maddaloni



Mentre tra San Tammaro e Sant’Angelo in Formis la battaglia tra le forze di Tabacchi e Medici infuriava, l’ala sinistra dello schieramento borbonico, al comando del Tenente Colonnello Giovan Luca Von Mechel e del Colonnello Giuseppe Ruiz De Ballestreros, si muoveva verso il nemico. Il piano prevedeva la chiusura della tenaglia complessivamente applicata lungo tutto il fronte e, all’interno dello stesso lato sinistro delle operazioni, la chiusura di una seconda, più piccola, tenaglia che avrebbe dovuto avvolgere i garibaldini di Nino Bixio tra Caserta e Maddaloni. La riuscita dell’operazione dipendeva interamente dalla velocità con cui i due ufficiali avrebbero mosso le proprie colonne, superiori di numero ai garibaldini. Mentre Von Mechel avrebbe guidato l’estrema ala delle forze borboniche e, attraverso Valle di Maddaloni, sarebbe piombato su Bixio fermo a Maddaloni, Ruiz avrebbe superato Castel Morrone e sarebbe sceso su Caserta da Casertavecchia mettendo in fuga le riserve e sostenendo dalla pianura l’attacco di Von Mechel. La guida delle operazioni fu affidata a due uomini profondamente diversi. Il Tenente Colonnello Von Mechel era nato a Basilea ed era stato naturalizzato cittadino napoletano assieme alla sua famiglia. Il Colonnello Ruiz era invece un siciliano. Tanto il primo era valido e coraggioso quanto il secondo incapace e vile. All’inizio della battaglia Von Mechel ingaggiò le forze di Bixio proprio nei pressi dell’acquedotto carolino, fatto costruire da Luigi Vanvitelli per portare l’acqua necessaria al mantenimento della Reggia di Caserta. 


In alto veduta della Valle di Maddaloni con l'acquedotto carolino
In basso il camminamento superiore dello stesso

Lo scontro fu, fin dal principio, durissimo ma Von Mechel tentò più volte di sfondare la linea garibaldina e arrivare a Maddaloni sempre in attesa dell’arrivo della colonna Ruiz. Il Colonnello si era invece portato nei pressi di Castel Morrone dove, nel castello in cima al piccolo monte, si erano asserragliati poco più di 400 garibaldini, molti dei quali reduci dalla sconfitta di Caiazzo, al comando di Pilade Bronzetti. Invece di lasciar perdere i pochi uomini asserragliati al castello, Ruiz impiegò mille uomini dei poco più di 5000 che erano al suo comando per stanare i garibaldini bloccando, contemporaneamente, il resto della sua colonna invece di spedirla avanti per sostenere Von Mechel. Così come il maresciallo Grouchy a Waterloo anche Ruiz al suono delle prime cannonate da Valle di Maddaloni non pensò minimamente di disimpegnarsi per correre in sostegno della colonna Mechel e, anzi, perse tutto il resto del pomeriggio per assaltare alla baionetta i garibaldini di Castel Morrone. 

Vista da Castel Morrone la piana dove si attestarono le forze di Ruiz
per lanciare l'assalto contro le postazioni di Bronzetti

Quel che resta del Castello di Castel Morrone distrutto nel 1943
da un colpo di artiglieria americana sparato da un soldato
italo - americano la cui famiglia era nativa di Castel Morrone

Mentre Ruiz trascorreva tutta la mattina e le prime ore del pomeriggio per prendere il castello la battaglia ai Ponti della Valle proseguiva duramente. Nino Bixio resisteva nonostante la tenacia di Von Mechel e numerosi furono gli atti eroici da parte napoletana per compensare la mancanza di capacità dei propri comandanti. Luca Von Mechel, figlio del Tenente Colonnello morì durante la battaglia. Il padre, dopo un minuto di raccoglimento, gridò: “Vive le Roi!” e proseguì nello scontro con aumentata aggressività ma, mancando il giusto supporto, senza risultati concreti. La resistenza di Bixio e la mancata avanzata di Ruiz permisero a Garibaldi di impegnare le riserve sul fronte di Santa Maria ribaltando le sorti della battaglia nonostante l’impegno dei Principi Reali in prima linea e il sacrificio di tanti valorosi. A metà pomeriggio Von Mechel si vide costretto a rientrare al di là del Volturno verso Amorosi, mentre Ruiz, avuta ragione dei garibaldini di Bronzetti, si attestava a Casertavecchia dove trascorse la notte incurante degli ordini di ritirata che erano partiti dalla piazzaforte di Capua. Al mattino, ricevuta la notizia della ritirata ad Amorosi di Mechel, Ruiz convocò una riunione con gli ufficiali di più alto grado che condividevano con lui la guida della colonna, come il Maggiore Anguissola, il Capitano Iovene, il Tenente Colonnello De Francesco. Insieme optarono per la ritirata su Caiazzo ma, nel lasciare Casertavecchia abbandonarono al proprio destino le truppe del Tenente Colonnello Nicoletti che, con 2mila uomini si era mosso, alle prime luci dell’alba su San Leucio ed era poi arrivato a Caserta. Lo stesso Nicoletti chiese a Ruiz l’invio di rinforzi per permettere la ritirata del contingente ma Ruiz non predispose alcun ché in tal senso. Lo scontro venne ingaggiato tra il Parco della Reggia e la chiesa di Montevergine a poche centinaia di metri dal complesso vanvitelliano. 

La chiesa di Montevergine dove si verificarono gli scontri
tra gli uomini di Nicoletti e i garibaldini

Vista l’impossibilità di resistere all’accerchiamento garibaldino (ormai le camice rosse erano disimpegnate dalle altre linee e Bixio e Garibaldi erano rientrati a Caserta per studiare la situazione) Nicoletti tentò di uscire dalla sacca di Caserta puntando su Casertavecchia per poi raggiungere il resto dell’esercito a Caiazzo ma, nella sera del 2 ottobre, poco più di 2000 soldati napoletani furono fatti prigionieri dai garibaldini guidati dal Sacchi. Si concluse così, in modo indegno, la battaglia del Volturno che decise le sorti del Regno delle Due Sicilie più di ogni altro scontro. Volendo fare una analisi generale delle giornate dell’1 e del 2 ottobre bisogna riconoscere che accanto al valore dimostrato da molti soldati duo siciliani, troppi furono gli errori e tanti, smentendo il famoso detto, sono i padri della sconfitta. Sicuramente le responsabilità maggiori ricadono sulla condotta di Ruiz de Ballestreros il quale, con la sua scelta di attaccare Bronzetti paralizzando l’avanzata della propria colonna, segnò la sconfitta di Von Mechel. Data la complessità e la vastità della linea del fronte i due schieramenti avrebbero potuto determinare la vittoria e la sconfitta anche su un solo lato della battaglia. Se Tabacchi avesse impiegato la cavalleria per sfondare le difese Garibaldine a Santa Maria, già dilaniate dall’artiglieria napoletana, nel primo pomeriggio del 1° ottobre, oggi non staremmo raccontanto e leggendo di una battaglia persa. Stessa cosa potrebbe dirsi di Ritucci che non impiegò le sue riserve e, perfino, di Francesco II che, colpevole la sua inesperienza in fatto di armi e uomini, aveva messo ai vertici di comando uomini poco avvezzi all’offensiva e al coraggio (Ritucci, Tabacchi, Ruiz su tutti). Discusso è anche l’esito finale della battaglia. Sicuramente per l’esercito duo siciliano si è trattato di una sconfitta visto che l’obiettivo della manovra doveva essere quello di rompere le formazioni garibaldine e garantire, in un paio di giorni, il rientro del Re nella capitale. Altrettanto certo è che non dovette cantare vittoria Garibaldi il quale aveva dimostrato che in una battaglia aperta non aveva speranza di vittoria. La vera sconfitta per parte duo siciliana fu quella di non riprendere l’offensiva la mattina del 2 o del 3 ottobre. Di fronte ad un nuovo tentativo a tenaglia la linea garibaldina, già fortemente scossa dalla battaglia del primo non avrebbe retto alla nuova offensiva. L’inerzia di Ritucci, la debolezza politico – militare di Re Francesco fecero il resto, consentendo al “Caro Cugino” piemontese di violare la frontiera degli Abruzzi mentre il fronte restava bloccato tra il Volturno e il Garigliano. Teano si avvicinava e già si potevano udire i colpi di cannone contro Gaeta, crepuscolo di un Regno durato sette secoli.

Roberto Della Rocca

(fine.)