mercoledì 25 gennaio 2012

SARANNO BEATIFICATI ALTRI VENTIDUE RELIGIOSI MARTIRIZZATI NELLA GRAVE PERSECUZIONE RELIGIOSA SPAGNOLA CONCLUSA DAL PROVVIDENZIALE INTERVENTO DEL GENERALISSIMO FRANCISCO FRANCO

 
 
I frati avevano la ''colpa'' di animare la vita religiosa nella zona: in carcere soffrirono una lenta e atroce agonia di fame, freddo, terrore e minacce, ma tutti morirono perdonando i carnefici
di Domenico Agasso Jr.
 
Per la Spagna è di nuovo tempo di beatificazioni, dopo quella di Maria Catalina Irigoyen Echegaray dello scorso 29 ottobre. Il prossimo 17 dicembre infatti, nella Cattedrale dell'Almudena di Madrid, saliranno agli onori degli altari ventidue Oblati spagnoli, vittime della persecuzione religiosa della seconda metà degli anni '30 del secolo scorso.
 I Missionari Oblati di Maria Immacolata si insediano nel quartiere della stazione di Pozuelo de Alarcon (Madrid) nel 1929. Esercitano il servizio di cappellani in tre comunità di religiose, collaborano anche nelle parrocchie vicine, insegnano catechismo e la loro corale interviene nelle celebrazioni liturgiche.
Scoppia la guerra civile, un conflitto combattuto dal luglio 1936  all'aprile 1939 dai nazionalisti anti-marxisti contro i «Republicanos» composti da truppe governative e sostenitori filo-marxisti della Repubblica spagnola: una guerra lacerante, che terminerà con la sconfitta della causa repubblicana e darà il via alla dittatura del generale nazionalista Francisco Franco. In questa temperie l'attività religiosa degli Oblati di Pozuelo comincia a dare fastidio ai comitati rivoluzionari (socialisti, comunisti e sindacalisti, laicisti radical) del quartiere.
I «frati» (così li chiamano) hanno la «colpa» di animare la vita religiosa nella zona. La comunità degli Oblati non si lascia però intimidire: intensifica le misure di prudenza, così come le iniziative per diffondere serenità e calma, sempre con la particolare attenzione a non rispondere agli insulti provocatori. Il programma di formazione spirituale e intellettuale prosegue, anche perché, sebbene le minacce rivoluzionarie si facciano sempre più aggressive, i superiori oblati non immaginano che la situazione possa diventare così grave e drammatica come invece sarà. Il contesto degenera a partire dal 20 luglio 1936, quando giovani socialisti e comunisti scendono in piazza e danno fuoco a chiese e conventi, in particolare a Madrid. I miliziani di Pozuelo assaltano la cappella del quartiere della stazione, portano in piazza gli ornamenti e le immagini e li incendiano, così come bruciano la stessa cappella. Due giorni dopo un nutrito contingente di miliziani, armati di fucili e pistole, irrompe nel convento, arresta i religiosi (sono 38) e li rinchiude in un piccolo locale. I prigionieri hanno subito la sensazione che la morte sia vicina. E non si sbagliano. Il giorno 24, alle 3 del mattino, avvengono le prime esecuzioni. Nessun interrogatorio, nessun pseudo-tribunale, nessuna difesa. Semplicemente chiamano sette di quei religiosi e li separano dagli altri. Questi primi condannati a morte sono: Juan Antonio Perez Mayo, sacerdote, professore, 29 anni; Manuel Gutierrez Martin, studente suddiacono, 23; Cecilio Vega Dominguez, studente, suddiacono, 23; Juan Pedro Cotillo Fernandez, studente, 22; Pascual Alaez Medina, studente, 19; Francisco Polvorinos Gomez, studente, 26; Justo Gonzalez Lorente, studente, 21. Vengono fatti salire sulle auto e portati al martirio.
I religiosi rimasti nella cella improvvisata dedicano il tempo di attesa alla preghiera. Ma l'ultimo atto della loro esistenza non si compie subito: inaspettatamente, il giorno seguente vengono liberati.
Dopo tre mesi di nascondigli e clandestinità, però, sono nuovamente arrestati. In carcere soffrono una lenta e atroce agonia di fame, freddo, terrore e minacce. I pochi sopravvissuti racconteranno della loro eroica sopportazione: quelle settimane di pene le affrontano in un costante e impressionante clima di carità reciproca e di preghiera silenziosa. Fino al mese di novembre, quando per la maggior parte di loro giunge la fine di quel calvario. Il giorno 7 vengono giustiziati padre José Vega Riano, sacerdote, 32 anni, e il fratello studente Serviliano Riano Herrero, di 30. Venti giorni dopo tocca ad altri tredici.
Sempre senza alcuna denuncia, giudizio, difesa, spiegazioni; nulla di nulla, nemmeno inscenato o simulato; solo l'annuncio dei loro nomi da altoparlanti: Francisco Esteban Lacal, superiore provinciale, 48 anni; Vicente Blanco Guadilla, superiore locale, 54; Gregorio Escobar Garcia, sacerdote, 24; Juan José Caballero Rodriguez, studente, suddiacono, 24; Publio Rodriguez Moslares, studente, 24; Justo Gil Pardo, studente, diacono, 26; Angel Francisco Bocos Hernandez, fratello coadiutore, 53; Marcelino Sanchez Fernandez, fr. coadiutore, 26; José Guerra Andres, studente, 22; Daniel Gomez Lucas, studente, 20; Justo Fernandez Gonzalez, studente, 18; Clemente Rodriguez Tejerina, studente, 18; Eleuterio Prado Villarroel, fr. coadiutore, 21. Vengono condotti a Paracuellos de Jarama, e lì fucilati.
Tutti muoiono perdonando i carnefici, e, malgrado le torture psicologiche subite durante la crudele prigionia, nessuno perde la fede, né si lamenta di avere abbracciato la vocazione religiosa. Per questo i loro familiari, gli Oblati e il popolo cristiano li considerano subito santi, e domandano alla Chiesa che li riconosca come autentici martiri cristiani.  E così sarà.  Tra poco più di un mese, nel Duomo della capitale di Spagna, la proclamazione a Beati.
 
Fonte: Vatican Insider, 16/12/2011