venerdì 20 gennaio 2012

Luigi XVI° di Borbone-Francia: Un grande padre per il popolo di Francia, un "tiranno" per la setta.

Luigi XVI° di Borbone-Francia  (Versailles, 23 agosto 1754Parigi, 21 gennaio 1793).

In occasione del 219°anniversario dalla morte di S.A.R. Luigi XVI° di Borbone-Francia, Associazione legittimista Italica , in onore alla sua nobile figura e per ciò che fu costretto a passare a causa dell'odio settario verso il trono e la Chiesa Cattolica, li dedica questo articolo commemorativo.


Nato a Versailles nella notte del 23 agosto 1754, quarto figlio di Luigi Ferdinando delfino di Francia e di Maria Giuseppina di Sassonia, gli fu imposto il nome di Louis-Auguste e il titolo di duca di Berry.
Luigi cresceva sano e robusto, assomigliava alla madre per l'aspetto fisico: era corpulento, aveva il viso quadrato con occhi grandi e azzurri ed una folta capigliatura biondo argentata. Dal padre invece, aveva ereditato il carattere riservato.


Il duca di Berry - a destra- e il duca di Provenza (futuro Luigi XVIII) - a sinistra - . Dipinto di François-Hubert Drouais. (1756).

Alla prematura morte del fratello maggiore Louis-Xavier, duca di Borgogna, Luigi subentrò come erede al trono di Francia dopo il padre. Nacquero in quei giorni i complessi di inferiorità e di mancanza di fiducia in se stesso che lo avrebbero segnato per il resto della vita.[2] I genitori piansero molto la morte del loro figlio prediletto e non fecero mistero della sfiducia nelle capacità del figlio che gli era succeduto; in più il duca di La Vauguyon, tutore di Luigi, forse cercando di agire per il bene spirituale del ragazzo, non mancò di catechizzarlo sulla sua inadeguatezza a ricoprire il titolo di Dauphin, precedentemente svolto dall'incomparabile fratello il duca di Borgogna.[2]
L'insicurezza del Delfino non era poi compensata dalla bellezza fisica: con il passare del tempo il suo peso andò crescendo: probabilmente in questo ramo della famiglia Borbone doveva esserci un gene dell'obesità, che causava delle disfunzioni ghiandolari.[3] I suoi occhi chiari, "azzurro Sassonia" erano molto miopi. Non sentendosi adatto alla vita di corte si impegnò molto nell'intento di migliorarsi, e nel tempo libero si dedicava alla travolgente passione per la caccia.
Il Delfino era un amante della letteratura ed inoltre un devotissimo cattolico: era dotato di una fede vivissima che sembrava del tutto idonea per un futuro re di Francia, dove i rapporti tra Corona e Chiesa erano instabili. Venne educato nella letteratura latina, nella grammatica, nella matematica, nella storia, nella geografia e sulla teologia; venne erudito anche riguardo alle complesse vicende della diplomazia internazionale e sui princìpi dell'assolutismo. Naturalmente, il completamento della sua educazione era assicurato dalle attività sportive della scherma, dell'equitazione e del ballo,[4] oltre che dalle indispensabili pratiche della devozione cattolica. Alla fine del 1765, con la morte del padre, il duca di Berry diveniva ufficialmente erede al trono. Due anni dopo il Delfino perdeva anche la madre.

Il delfino Luigi Augusto. Dipinto di Louis-Michel van Loo. (1769).


Dopo la guerra dei sette anni la Francia si ritrovò alleata alla sua tradizionale nemica: l'Austria. Per cementare questa alleanza, il 13 giugno 1769, il Delfino venne fidanzato ufficialmente con l'arciduchessa Maria Antonia, figlia dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria. La quattordicenne arciduchessa portava nelle casse reali 200.000 fiorini, una rendita di 20.000 scudi e una quantità di gioielli e oggetti preziosi.
Il 19 aprile 1770 si celebrò il matrimonio per procura e il 14 maggio, con un seguito di 57 carrozze, la "Delfina di Francia, Maria Antonietta" (come veniva chiamata adesso l'arciduchessa), arrivò a Compiègne, dove conobbe il marito che era terribilmente intimidito dato che nei ritratti spediti in Austria era stato abbellito.[5] Il 16 maggio 1770 fu celebrato a Versailles il matrimonio dei due adolescenti. Per il matrimonio del nipote Luigi XV non badò a spese, programmando quindici giorni di festeggiamenti.[6][7][8] Dopo cena avvenne la cerimonia del coucher , a cui per etichetta doveva assistere l'intera corte. La coppia entrò nel letto e l'arcivescovo benedì il talamo. Maria Antonietta rimase composta, mentre il marito era sempre più imbarazzato. Le cortine del letto vennero chiuse e poi nuovamente aperte per mostrare alla corte e al "mondo" che il Delfino divideva il talamo con la moglie, infine le tende vennero richiuse nuovamente e la coppia venne lasciata sola. Il matrimonio non venne consumato.

L'arciduchessa Maria Antonia. Pastello di Joseph Ducreux. (1769).

Il matrimonio rimase non consumato per parecchio tempo, fra le preoccupazioni dell'imperatrice Maria Teresa, che da Vienna pressava continuamente la figlia chiedendole insistentemente un erede che cementasse definitivamente l'alleanza franco-austriaca e fra le malelingue della corte francese sempre alle ricerca di scandali e pettegolezzi.[10] Si sostiene ancora che il sovrano soffrisse di fimosi ma così non è. Quest'ultimo non soffriva di alcuna anomalia che lo bloccasse nella consumazione del matrimonio, ma soffriva solamente di un blocco psicologico.[11][12]
Luigi provava un senso di repulsione verso la moglie austriaca, sensazione che venne incoraggiata dal signore di La Vauguyon.[11] Il Delfino, come le Mesdames Tantes (sua zie), era cresciuto per motivi di rivalità tra le due case regnanti, nell'odio verso la casa d'Austria e non vedeva di buon occhio quell'alleanza di cui era la pedina insieme alla moglie.[13] Nonostante ciò, con il passare del tempo Maria Antonietta riuscì a far innamorare di sé il marito: questo però non bastò a far consumare il matrimonio, anche dopo le nozze dei fratelli di Luigi, il conte di Provenza e il conte d'Artois. Il 22 luglio 1773, il Delfino si recò dal re per assicurargli che era finalmente riuscito a consumare il matrimonio quella notte. In realtà aveva solo deflorato la moglie senza però concludere l'atto sessuale.[14]
Il pomeriggio del 27 aprile 1774, Luigi XV si ammalò di vaiolo. Temendo il contagio, i Delfini e i conti di Provenza e di Artois vennero tenuti lontano dalla stanza da letto del re. La terribile agonia terminò il 10 maggio 1774. Una folla immensa si precipitò nelle stanze del nuovo re, sbiancato in volto, per auguragli una felice ascesa al trono. Quel giorno il ventenne Louis-Auguste salì al trono con il nome di Luigi XVI, re di Francia e di Navarra.
Luigi XVI venne immediatamente chiamato dal popolo Louis le Désiré, Luigi il Desiderato. La popolazione poneva fiducia e amore verso di lui e  il suo regno avrebbe visto, (almeno prima che il complotto verso il "trono e l'altare" cominciasse a farsi vivo), migliorate le condizioni di vita in cui la maggior parte dei cittadini viveva e, per coloro che erano più colti, speravano ad una qualche partecipazione alla vita politica del regno.[15]
Poco dopo la sua ascesa al trono, il giovane re licenziò i vecchi ministri del nonno per nominarne altri. Chiamò a dirigere il Consiglio della Corona l'anziano conte di Maurepas, agli Affari Esteri mise il conte Vergennes e alle Finanze il fisiocratico Jacques Turgot. Il 12 novembre 1774, su consiglio di Maurepas e fra il subbuglio dei cortigiani, il sovrano insediò nuovamente il Parlamento di Parigi, sciolto dal suo predecessore nel gennaio 1771.[16]
L'11 giugno 1775 nella cattedrale di Reims si svolse la cerimonia dell'incoronazione del sovrano. Il ministro Turgot aveva proposto al monarca di spostare la sede della cerimonia a Parigi, così da incrementare il commercio nella capitale, ma Luigi XVI aveva rifiutato a causa delle numerose sommosse causata dalla setta che infiltratasi negli affari di stato aveva causato un elevato costo del pane e della farina (la guerra della farina) che avrebbero potuto minacciare la sicurezza della cerimonia sacra.[17]
Il 18 aprile 1777 giunse a Parigi il futuro imperatore Giuseppe, fratello della regina Maria Antonietta, venuto in Francia per capire perché il matrimonio fra la sorella ed il cognato non fosse stato ancora consumato. Dopo aver parlato con il re, Giuseppe arrivò alla conclusione che egli avesse delle erezioni soddisfacenti ma che, una volta inserito il membro, non restasse abbastanza a lungo da eiaculare, facendolo per dovere e non per piacere.[18] Giuseppe riteneva che il re e la regina di Francia fossero «due perfetti pasticcioni».[18] Grazie ai consigli dell'imperatore Giuseppe il 30 agosto 1777 il matrimonio fu ufficialmente consumato.

Luigi XVI a vent'anni. Dipinto di Joseph-Siffred Duplessis.

Nella primavera 1775, la riforma del ministro Turgot sul libero commercio dei cereali, fraintesa e aspramente criticata sia dal Parlamento che dall'alta aristocrazia, provocò gravi agitazioni: in quasi tutta la Francia scoppiarono delle sommosse che vennero chiamate «guerra delle farine»,  organizzate da qualche principe del sangue che insieme alla ricca borghesia settaria erano i primi ad essere colpiti dalle riforme economiche.[20] Il re costrinse la sottomissione dei ribelli con un lit de justice.[21]
Turgot mirava a rinnovare il regno grazie alle proprie riforme, non solo in ambito fiscale: voleva fosse riconosciuto uno status civile ai protestanti, laicizzare l'istruzione e l'assistenza pubblica; tutte azioni che andavano in contrasto con molti privilegi. Il ministro aveva anche intenzione di tagliare molte spese di corte: già nel 1776 si era inimicato la regina quando non volle dare la concessione di privilegi per i favoriti della sovrana, come Madame de Polignac o Madame de Lamballe e si era anche giustamente opposto al probabile conflitto in America contro l'Inghilterra, nel quale la Francia sperava di riconquistare le colonie perse durante la guerra dei sette anni.
Il ministro delle finanze incontrò opposizione anche da parte dei suoi colleghi, prima fra tutti Maurepas, che non perdeva occasione per denigrarlo agli occhi del sovrano.[22] Inizialmente, anche se indeciso per ovvi motivi ad adottare riforme strutturali, Luigi XVI superò la propria paura ed impose gli editti del suo ministro con un lit de justice; venendo poi sommerso da numerose critiche e convinto da Maurepas, destituì Turgot il 12 maggio 1776.Con questa sua titubanza ed insicurezza cadde nella trappola della setta , e la scintilla della rivoluzione incominciò ad ardere.

Il sostituto di Turgot morì pochi mesi dopo, avendo però fatto in tempo ad aggravare il bilancio dello Stato. Il successore, il ginevrino Jacques Necker(invischiato non a caso con la setta), non si oppose alle nuove spese necessarie a preparare la guerra contro l'Inghilterra e, per finanziare lo sforzo bellico, prese in prestito da banche estere delle somme considerevoli (circa 530 milioni di livres) a tassi elevati(prestiti dati dai Rothschild) . Cercò anche di fare economie evitando di toccare i privilegi della parte della  nobiltà corrotta ma caricando (come da piano della setta) con ulteriori tasse la popolazione francese. In un primo momento, con le sue economie, fluirono nelle casse di stato 36 milioni di livres, ma alla fine dovette sopprimere varie cariche onorifiche, inimicandosi così la nobiltà come pure il Parlamento di Parigi, molte delle cui prerogative erano state sottratte dalle Assemblee provinciali ideate da Necker stesso per volere dei suoi "fratelli".
Il ginevrino venne sorprendentemente difeso dall'insicuro  monarca, sebbene non gli suscitasse simpatia. Necker continuò così a far economie impegnandosi ad analizzare i bilanci di tutti i dicasteri. Il 19 febbraio 1781 pubblicò - per la prima volta nella storia della Francia - un "rendiconto" del bilancio statale, che era tuttavia in gran parte frutto dell'ottimismo della sua fantasia: rappresentava un avanzo di 10 milioni, omettendo di comprendervi i prestiti enormi ch’egli aveva chiesto alle banche straniere per puntellare l’economia.[23] Richiese poi al sovrano di ufficializzare il suo ruolo come Controllore Generale delle Finanze ma Luigi XVI rifiutò. L’antipatia del re per ciò che egli considerava un puro gesto di auto glorificazione permise a Maurepas l’occasione di liberarsi di Necker che stava diventando troppo potente.[23] La sua reputazione era tale che la notizia delle sue dimissioni (avvenute il 19 maggio 1781) intaccò il credito della Francia all’estero(ovviamente era tutto organizato).[23] Un danno che il suo successore, Jean-François de Fleury, (guarda caso) non riuscì a compensare.

Nell'estate del 1776, giunse in Francia la notizia della proclamazione di indipendenza delle colonie americane dall'Inghilterra. Già dall'anno passato erano in corso trattative segrete fra le colonie americane e la Francia. Infine Vergennes aveva convinto Luigi XVI ad intervenire in questa guerra per la "libertà" delle colonie americane a discapito della nemica Inghilterra. L'obiettivo della Francia(almeno per quello che credeva ingenuamente il Re) era riuscire a riottenere le colonie che aveva perso alla fine della guerra dei sette anni.
L'8 febbraio 1778 venne resa pubblica l'alleanza franco-americana. Lo stesso anno Luigi XVI accolse a Versailles Benjamin Franklin (massone di alto grado) e convinse Carlo III di Spagna ad allearsi alle colonie americane contro l'Inghilterra. Altra notizia molto importante, Maria Antonietta, nella primavera 1778, era finalmente rimasta incinta. Avrebbe partorito il 19 dicembre dello stesso anno, con malcelata delusione dei presenti, una bambina: Maria Teresa detta Madame Royale. Nel frattempo la Francia aveva riportato numerose vittorie fra le quali quella decisiva al largo delle isole Oussant, il 27 luglio 1778. Luigi XVI stesso, con l'aiuto di Sartine, ministro della Marina, pianificò piani d'attacco da sferrare nella Manica.[24] Nel 1779, i francesi riuscirono a riconquistare il Senegal, ma subirono varie sconfitte navali, in più la loro flotta e quella spagnola vennero decimate da varie malattie fra le quali la dissenteria.

Charles Gravier, conte di Vergennes.

Il sovrano decise così di puntare all'America inviando numerose truppe, composte anche da nobili di corte, in aiuto al generale Washington. Il 1781 fu un anno ricco di eventi: in America avvennero numerose vittorie fra cui l'assedio di Yorktown e in Francia, il 22 ottobre, Maria Antonietta dette alla luce il tanto desiderato erede al trono: il delfino Luigi Giuseppe. Altro fatto importante, il 21 novembre morì il conte di Maurepas. Molti cortigiani si domandarono chi gli sarebbe succeduto, ma Luigi XVI fu chiaro quando espresse queste parole:«J'entend régner».[25]
Il 2 febbraio la flotta franco-spagnola conquistò Minorca dopo aver sconfitto la flotta inglese. Nella notte fra l'8 e il 9 aprile 1782, Luigi XVI si impegnò a sedare una sollevazione borghese a Ginevra agendo sui suoi concetti di assolutismo.[26] A causa di questo avvenimento, i delegati del Congresso americano, Benjamin Franklin, John Adams e John Jay(guarda caso) ritrattavano inaspettatamente gli accordi presi con la Francia, intavolando con gli ambasciatori inglesi una pace separata. Ciò mandò su tutte le furie il re di Francia che ordinò a Vergennes di redarguire Franklin riguardo agli accordi non mantenuti.
Un accordo si trovava infine il 20 gennaio 1783, quando i delegati francesi, spagnoli, inglesi e americani si incontravano a Versailles nella Sala del Consiglio. Dalla ratifica degli accordi la Francia ottenne il Senegal, alcune isole caraibiche, scali commerciali in India e Dunkerque, ma perse 6 milioni di livres promesse inizialmente dai primi accordi con gli americani, aggravando la crisi finanziaria del regno. Il deficit ammontava ormai a 80 milioni di livres.Il piano della setta andava avanti evolvendo.


Benjamin Franklin , massone , satanista, e principale organizzatore della finta "guerra d'indipendenza Americana", in combutta con la stessa Inghilterra.

Nei primi mesi del 1778 scoppiò la guerra di successione bavarese a causa di alcuni presunti diritti dell'imperatore Giuseppe II, fratello di Maria Antonietta, di insediarsi sul trono della Bassa Baviera. Maria Antonietta, subendo numerosi ricatti psicologici da parte della madre e abilmente manipolata dall'ambasciatore Mercy,[28] perorò la causa del fratello di fronte al marito e ai suoi ministri. Ma Luigi XVI e i ministri si opposero, a nulla valsero le sfuriate della regina e neppure la sua gravidanza nella primavera dello stesso anno mutò la situazione. Luigi XVI decise però di fare da paciere fra i contendenti, chiedendo a Giuseppe II di abbandonare le sue ambizioni sulla Bassa Baviera. La pace venne firmata a Teschen, il 13 maggio 1779.
Nel 1782, Giuseppe II ordinò esplicitamente a Maria Antonietta di chiedere al marito di intervenire in appoggio all’Austria e alla Russia per un’operazione vantaggiosa per le tre nazioni. Insieme alla zarina Caterina II, Giuseppe aveva intenzione di spartire l’Impero Ottomano e a Luigi XVI, in cambio della neutralità della Francia, veniva offerto l'Egitto. Quest’offerta avrebbe potuto tentare il re, che tuttavia rifiutò, scrivendo al cognato una dura lettera in cui denunciava «il mostruoso sistema delle compensazioni» che causava perenni conflitti in Europa. Giuseppe, risentito e arrabbiato ma anche convinto che la Francia da tempo protettrice dell’Impero Ottomano sarebbe intervenuta in suo soccorso, fu costretto a rinunciare ai suoi progetti. Maria Antonietta si riavvicinò a Luigi in questo periodo rimanendo nuovamente incinta. Ebbe però un brutto aborto il 1º novembre 1783.
Nel 1784 Giuseppe II, rinunciando alla penisola balcanica, si era rivolto ai Paesi Bassi. Voleva che gli olandesi riaprissero la foce del fiume Schelda per permettere la piena espansione del porto di Anversa come sbocco per i Paesi Bassi Austriaci. Era una violazione della Pace di Vestfalia a cui il regno di Francia teneva fede. I piani dell'imperatore, oltre a violare gli interessi commerciali olandesi, disturbavano anche quelli francesi. Esasperato dal cognato austriaco che metteva sempre in crisi la pace in Europa, Luigi XVI non aveva alcuna intenzione di appoggiarlo; inoltre l'opinione pubblica francese si schierò a fianco dell'Olanda ed ebbe un'esplosione di rabbia contro Giuseppe II.
L'imperatore esercitò nuove pressioni su Maria Antonietta, ma a nulla valsero le scenate della sovrana, seppur ella fosse incinta una quarta volta.[29] Non aveva altra scelta che confessare la sua sconfitta al fratello.[30] Seppur intuisse che Luigi XVI non lo avrebbe appoggiato, Giuseppe cercò di affermarsi con la forza e mandò una nave austriaca su per il fiume Schelda. Dopo vari avvertimenti, gli olandesi fecero fuoco sulla nave. L'imperatore minacciò di dichiarare guerra. Quando le ostilità arrivarono al punto di minare la pace europea, Luigi XVI giunse da paciere. Giuseppe, per rinunciare alle sue conquiste, chiese dieci milioni di fiorini, fatti calare a otto dagli olandesi. Luigi XVI si offrì di pagare i restanti due milioni, per amor di pace.[31] Quest'azione di riconciliazione venne attribuita all’influsso della regina, la quale, il 27 marzo 1785, dette alla luce un altro maschietto: Luigi Carlo, seguito un anno dopo da Sofia Elena Beatrice che, malata di tubercolosi, morì a neppure un anno di età.

La piccola Sofia Elena Beatrice, tragicamente morta di Tubercolosi.

La ratifica degli accordi di pace della guerra in America costò la perdita di oltre 6 milioni di livres che andarono ad aumentare la gravità del debito pubblico francese: a nulla valsero gli introiti guadagnati da Necker che vennero subito impiegati per pagare i debiti di guerra. Il deficit successivamente aumentò fino a 80 milioni di livres e il ministero delle Finanze venne assegnato a Charles Alexandre de Calonne.



Il nuovo ministro pensava di riorganizzare le spese del Reame e saldare i debiti di guerra coinvolgendo tutte le classi sociali. Si trovava però di fronte ad una situazione disastrosa: le entrate del 1783 erano state inferiori del previsto e in parte già spese per pagare sia i debiti di guerra, sia la macchina burocratica che i titolari degli assegni statali emessi negli anni precedenti.[32] Calonne decise così di aumentare il costo del denaro e immettere sul mercato titoli nuovi per attirare investitori (soprattutto stranieri), incentivare l'economia con il finanziamento di opere pubbliche e la creazione di porti franchi per facilitare il commercio.[33] Il "Controllore Generale" negoziò anche un accordo per il libero scambio tra Francia e Inghilterra(non a caso) affermando che spesso una politica di austerità non fosse vantaggiosa e che in realtà alcune spese potessero essere produttive.[34] Ma Calonne fece della spesa la sua dottrina: dopo aver messo in giro la falsa voce di aver saldato inesistenti  debiti del conte d'Artois, e di aver  trattato gli acquisti dei castelli di Rambouillet e Saint Cloud.  per i sovrani. Ma in realtà  attinse  al Tesoro di Stato per concedere centinaia di vitalizi ingiustificati agli amici e sostenitori.[35] Le spese continuarono a crescere come pure il debito pubblico che ormai rappresentava il 50% del bilancio: le spese di corte, sebbene fossero solo il 6% (più un 2% per i vitalizi) erano, a causa di una falsa propaganda settaria che ne ingigantiva i costi,  quelle più appariscenti e impopolari.[35]
Nel 1786, Calonne apprese con stupore di non poter più ottenere prestiti sui quali si era basata per buona parte la sua economia. Le sue scellerate azioni portarono il piano della setta a un ottimo punto, e decise che la bancarotta si sarebbe potuta evitare solo tassando in modo equo tutte le classi sociali. Presentò al re la sua idea, venendo però aspramente criticato dalla parte corrotta e in combutta di nobiltà e  clero. Luigi XVI ancora attaccato allo status quo come lo aveva sempre conosciuto esitò a varare questa e altre riforme[36] che sarebbero state discusse all'Assemblea dei Notabili. L'Assemblea si sarebbe tenuta a Versailles, ma venne rinviata a causa della morte di Vergennes. Il re, che in quei giorni avrebbe avuto bisogno di lui, lo pianse amaramente.[36] L'Assemblée des notables si oppose immediatamente alle proposte di Calonne. Formata principalmente da persone privilegiate, tra cui la Borghesia settaria, era naturale che si opponessero a riforme che avrebbero così facendo, agito per i loro interessi.[37] Il 4 aprile 1787, il presidente dell'Assemblea, l'arcivescovo Loménie de Brienne, si presentò da Maria Antonietta chiedendo la destituzione di Calonne e richiese il ministero per sé. La regina perorò la causa dell'arcivescovo ed ebbe successo: Calonne venne sostituito da Brienne.
Luigi XVI nel 1786

In questo periodo di crisi Luigi XVI iniziò a ritirarsi da un ruolo preminente nel governo per via della comparsa di alcuni sintomi di un grave caso di depressione. I sintomi di questa malattia furono diffusi dai libellisti come risultato dell'ubriachezza, ma i cortigiani ben informati come Mercy o il conte Fersen negavano categoricamente questa falsissima ipotesi.[39] Costretta dalle circostanze, la regina Maria Antonietta abbandonò i suoi interessi  per interessarsi alla politica, seppur non lo volesse  con grande entusiasmo  data la situazione. Accettò la "sfida" d'istinto cercando di aiutare il consorte (adottando persino una politica anti-austriaca), venendo però screditata a causa delle male lingue dall'opinione pubblica.[40]
I sovrani applicarono numerosi tagli alle loro spese e alle cariche di corte, inimicandosi i nobili. Brienne alla fine dovette presentare all'Assemblea dei notabili le stesse proposte di Calonne che egli stesso aveva fatto bocciare. Pure questa volta i notabili rifiutarono la riforma. Il Parlamento venne esiliato l'11 novembre e mentre il monarca stava emanando un lit de justice per varare le riforme più impellenti si ritrovò pubblicamente contestato, e non a caso, dal cugino, duca d'Orleans(massone,Gran maestro del Grande Oriente di Francia), il quale venne subito esiliato al Palais-Royal a Parigi che divenne un covo di ribelli. Il 17 novembre 1787 il re firmò un editto di tolleranza sui protestanti permettendo loro di essere eletti alle cariche di governo. Questa azione fece schierare il clero contro la monarchia.Tattica prediletta della setta, quella di mettere l'altare contro il trono.
La politica di risparmio cominciò a dare i suoi frutti, ma non bastò: ormai la Francia era in bancarotta.[41] Brienne decise, come ultima risorsa, di ricorrere alla tassazione obbligatoria di tutti i ceti sociali. Ciò lo espose alla pubblica infamia da parte dell'aristocrazia e del clero corrotti che soffiavano sul focolare del disordine. Fu proprio quest'ultima a volere ed ottenere il ritorno di Necker che entrò nuovamente in governo, nell'agosto 1788, dopo aver ottenuto le dimissioni di Brienne.


La nomina di Necker purtroppo non risolse nulla. Il clima pessimo causò l'innalzamento del prezzo del pane. Scoppiarono varie sommosse e alcuni soldati mandati a sedarle, istigati da rissosi emissari della setta, spararono avventatamente sulla folla.[42] La Borghesia "illuminata" richiese a gran voce la convocazione degli Stati Generali.
Luigi XVI  accettò. Li considerava solamente un'assemblea di consultazione fiscale, ma le menti "illuminate" ritenevano che la sua funzione fosse quella di eleggere un'assemblea nazionale che redigesse una costituzione per la Francia. Per ingraziarsi il Terzo Stato (la borghes), il sovrano decise di raddoppiarne il numero di rappresentanti ma, con grande disappunto, non venne concesso il voto per individuo.
Il 5 maggio 1789 si riunivano gli Stati Generali a Versailles e il Terzo Stato entrava subito in contrasto con gli altri due. Gli sviluppi che si verificarono in quei giorni, non coinvolsero i sovrani, unicamente occupati a pensare al Delfino ormai morente.[45] Luigi Giuseppe morì il 4 giugno 1789 e Luigi XVI decise di far sospendere le riunioni degli Stati Generali per due mesi, in segno di lutto. Il Terzo Stato, che intanto, fomentato dalla setta si era autoproclamato Assemblea Nazionale, rifiutò la decisione del re e il 20 giugno riunitosi nella Sala della Pallacorda giurò di non separarsi fino a quando la Francia non avesse avuto una Costituzione.
Il 9 luglio al nome "Assemblea Nazionale" si aggiunse "Costituente". Nello stesso giorno alla neonata Assemblea Nazionale Costituente si aggiunsero anche  parte del clero e alcuni aristocratici. Per controllare l'Assemblea il sovrano chiamò dall'Alsazia i reggimenti del maresciallo de Broglie per presidiare Versailles e Parigi, ma la presenza dei soldati diede la possibilità alla setta di mettere in giro ulteriori false voci, facendo gridare al complotto monarchico. La furia settaria si accrebbe quando il 13 luglio il re accettò le dimissioni di Necker. Il 14 luglio un manipolo di settari e delinquenti comuni  attaccarono  la Bastiglia, che ospitava al momento dell'assalto sette detenuti, quattro fasificatori di monete, due malati mentali, e un maniaco sessuale rinchiuso per volere della famigli, ma nessun prigioniero politico come, secondo la "storiografia ufficiale" erano detenuti all'interno dell'edificio che  "simboleggiava il dispotismo regale": la Rivoluzione era iniziata, e con lei il vero dispotismo

Il giuramento nella Sala della Pallacorda. Dipinto di Jacques-Louis David.



Nelle settimane che seguirono, molti dei maggiori conservatori monarchici, tra i quali la famiglia Artois e i Polignac, fuggirono dalla Francia per timore di essere assassinati dai settari. Il 17 luglio Luigi XVI partì per Parigi, sebbene la consorte avesse cercato in tutti i modi di farlo desistere: considerava la sua azione umiliante e pericolosa, credeva che non ci fosse alcuna speranza che potesse tornare vivo. Verso le undici di sera il re tornò a Versailles. Aveva appoggiato la rivoluzione di Parigi e portava sul cappello la coccarda tricolore simbolo molto umiliante per lui, anche se fece ciò in buona fede , certo di proteggere il popolo di Francia, e fare il bene della  monarchia e della nazione.[47] Il 29 luglio, a grande richiesta della setta, Necker tornò e venne eletto primo ministro delle finanze.[48]
Intanto in tutta la Francia, si era diffusa la "Grande Paura", ovvero rivolte, razzie e omicidi a danno di tutti i ceti, da prima della nobiltà e del Clero, poi anche dei più umili.  Il 4 agosto l'Assemblea annunciava l'abolizione dei diritti feudali, in cui si riconosceva l'"uguaglianza" di ogni cittadino di fronte alla legge. Il re montò su tutte le furie, poiché non riusciva a comprendere come secoli di tradizioni potessero essere spazzati via da pochi nobili e da qualche borghese, anche se il suo essere troppo buono aveva agevolato l'operato della setta. Il 1º ottobre, al palazzo di Versailles, fu data una cena in onore dei reggimenti di Fiandra, ma a Parigi trapelò la notizia, sempre diramata da agenti settari, che si fosse svolta un'orgia anti-rivoluzionaria.[49] Il 5 ottobre una folla armata, e fomentata da menzogne, per lo più composta di donne, marciò su Versailles per chiedere pane al re e presentargli una petizione con la speranza che la situazione si risolvesse. La mattina del 6 ottobre gli appartamenti reali furono invasi e ci furono dei morti tra la folla e le guardie. La famiglia reale, allora, fu costretta a trasferirsi a Parigi, nel palazzo delle Tuileries, sotto la vigilanza della Guardia Nazionale.
Vivendo come un prigioniero , il re cadde in una profonda apatia. Nella famiglia reale però cresceva l'agitazione per possibili attentati settari , e si cominciò a parlare di piani di fuga da Parigi, per cercare appoggi politici e militari presso le Corti europee con l'intento di riportare l'ordine perduto. L'impresa era però molto rischiosa e complicata. I sovrani così dovettero scendere a patti con le frange più moderate dell'Assemblea. Iniziò così la corrispondenza segreta tra la famiglia reale e il marchese Honoré Mirabeau. I sovrani studiavano attentamente i resoconti di Mirabeau, ma si fidavano molto più di Fersen e di Breteuil: quest'ultimo, emigrato in Svizzera, era stato nominato dal sovrano suo unico e vero rappresentante presso le corti europee.


Pastello incompiuto di Alexandre Kucharsky che mostra Maria Antonietta poco prima della fuga a Varennes. In basso a sinistra è visibile il colpo inferto al dipinto dalla baionetta di un rivoluzionario.


Nel frattempo, la presenza fissa della Guardia Nazionale faceva ricordare alla famiglia reale essere succube degli sviluppi politici e li richiamava sempre al loro stato di sottomissione; temevano sia la costituzione della quale contestavano giustamente il principio stesso, ma erano preoccupati anche dai rischi ai quali venivano esposti dai nobili emigrati all'estero che affermavano di voler far scoppiare una vera controrivoluzione. Ma alcuni di questi aristocratici  provavano diffidenza per Luigi XVI e Maria Antonietta, i quali tenevano comunque contatti con la nobiltà in esilio. Nel frattempo a Parigi  la setta mise in scena il secondo atto, e scatenò l'ira  contro i sovrani, grazie anche a Marat che denunciò violentemente Luigi XVI come capo della controrivoluzione ed esortò la popolazione a sterminare la famiglia reale. Fu così che i parigini si abituarono lentamente a vedere il sovrano comee quello che non era, e cioè,  un traditore della nazione che meritava di essere punito con la morte.[50]
A causa di ciò, la sovrana spinta dal conte Fersen iniziò ad insistere sul marito perché si decidesse a fuggire da Parigi. Anche Mirabeau consigliava alla famiglia reale di fuggire: proponeva di organizzare un esercito di truppe fedeli (secondo lui appoggiarsi a truppe straniere sarebbe stato un errore irreparabile) per sciogliere l'Assemblea e farne eleggere una nuova che avrebbe rivisto la costituzione in favore del sovrano. Luigi XVI inizialmente non era d'accordo, ma infine acconsentì, per sicurezza propria e della famiglia, a fuggire dopo essere stato costretto a firmare la Costituzione civile del clero.[51]
I problemi si moltiplicarono alla morte di Mirabeau, il 2 aprile 1791. Il re, seppur non fidandosi molto di lui, lo considerava l'unico uomo capace di perorare la causa monarchica nell'Assemblea Nazionale. Il 18 aprile, giorno di Pasqua, la famiglia reale venne fermata dalla folla e non le fu concesso di celebrare la messa a Saint-Cloud. Profondamente arrabbiato Luigi XVI esclamò: «È sorprendente che, dopo aver dato la libertà alla nazione, io stesso ne sia privato!» Scese dalla carrozza con la regina e i figli e tornò alle Tuileries tra i fischi e le risate della plebe.[52]
Il 21 giugno 1791 la famiglia reale tentò la fuga verso i Paesi Bassi Austriaci ma, a pochi chilometri dal confine, presso la cittadina di Varennes-en-Argonne, fu riconosciuta, arrestata e riportata a Parigi. Il viaggio di ritorno fu un lungo incubo per loro: a Épernay un uomo sputò in faccia al re e altri tentarono di ucciderlo.[53] La fuga, per come venne falsamente riportata, finì per demolire l'idea della sacralità della persona del re, già assai intaccata dall'opera della setta. I settari cominciarono a spargere altre calunie secondo cui , un re, che aveva tradito il proprio Paese cercando la fuga, non fosse più necessario neppure allo Stato:  il Re aveva lasciato un proclama che giustificava la sua partenza: in quel lungo atto di accusa denunciava la Rivoluzione fin dal suo principio sottolineando che i suoi gesti gli erano stati estorti con coercizione.[54] «Il re ha raggiunto il gradino più basso della viltà» scriveva all'epoca Madame Roland, la moglie di un delegato girondino che aveva aperto un salotto a Parigi frequentato dalla cerchia dei più atei sovversivi di Francia. «È stato messo a nudo da chi gli sta intorno; non ispira altro che disprezzo... La gente lo chiama Luigi il Bugiardo o il grasso maiale. È impossibile immaginare sul trono un essere tanto abominevole.» L'Ami du Peuple definì «Luigi Capeto» un essere ipocrita e, insieme, fisicamente volgare, che «si consolava con la bottiglia.»Ovviamente queste falsità venivano sparse come veleno dalle menti deviate facenti parte della setta.

I reali rimasero per un altro anno alle Tuileries vivendo praticamente reclusi. Nel frattempo, il 14 settembre 1791, il re ratificava la prima costituzione francese diventando: "Luigi XVI Re dei Francesi". Il sovrano, spinto dall'Assemblea, dichiarò guerra all'Austria, ma nel giugno 1792, oppose il suo potere di veto alla deportazione dei preti refrattari (ovvero gli ecclesiastici che giustamente non avevano giurato fedeltà alla costituzione) e alla formazione di un corpo di soldati provinciali da stanziare fuori Parigi. Il 20 giugno 1792, cominciò il terzo atto della setta,  la folla in armi attaccò per la prima volta il palazzo delle Tuileries. In quella situazione la sua impassibilità fu un pregio.[56] Non tremò neppure quando un macellaio, un certo Legendre, inveì contro di lui dicendo: «Signore, dovete starci a sentire, voi siete un farabutto. Ci avete sempre ingannati e continuerete a farlo. La nostra misura è colma. La gente è stanca delle vostre messinscene!» evidentemente egli era un povero ingenuo(come molti Parigini immischiati in quei tragici momenti)che convinto dalle falsità della setta disse tali parole. Mentre affermava tutto questo obbligò il monarca ad affacciarsi al balcone. Il sovrano accettò impassibile il berretto frigio e bevve vino alla salute del "popolo".[57]
Gli avvenimenti del 20 giugno erano solo la prova generale di quello che sarebbe accaduto il 10 agosto. Quel giorno avvenne il più cruento assalto al palazzo, che sancì la definitiva caduta della monarchia francese. Nell'assalto alle Tuileries morirono tutte le guardie svizzere del re(che per diretto ordine di Luigi XVI° non aprirono il fuoco) e molti nobili rimasti a difendere la famiglia reale, che cercò rifugio presso la corrotta Assemblea Nazionale. Alle due di notte l'Assemblea che ormai si era tramutata in Convenzione per la sicurezza nazionale, decise di rinchiudere la famiglia reale nel monastero dei Foglianti.


Assalto alle Tuileries del 10 Agosto  1792


 Il sovrano dovette assistere con dolore alla formazione di un governo di soli rivoluzionari.[58] La sera del 13 agosto 1792, il re dei francesi, venne ufficialmente arrestato e condotto come prigioniero al Temple, una torre facente parte di un ex-complesso edilizio demaniale, eretto nella prima metà del XIII secolo dall'Ordine dei Templari, rattoppata per lui e la famiglia in una tetra prigione.[59]


« [...] Per passare dalla Monarchia assoluta all'Assemblea Nazionale erano trascorsi dei secoli; dall'Assemblea Nazionale alla Costituzione, due anni; dalla Costituzione all'assalto delle Tuileries, un paio di mesi; dall'assalto delle Tuileries alla prigione, soli tre giorni. Resta ancora un lasso di poche settimane per arrivare al patibolo, poi un sobbalzo soltanto per arrivare alla tomba.[60] »



Luigi XVI



Al carcere della Tour du Temple venne rinchiusa la famiglia reale, separata dagli accompagnatori, fra cui Madame de Lamballe; quest'ultima morirà poi durante i "massacri di settembre". Solo ad Hanet Cléry, un membro del gruppo di servitori del Delfino, fu concesso di rimanere con loro, anche quando le condizioni della detenzione peggiorarono. Nel timore che la famiglia reale potesse intrattenere una corrispondenza segreta vennero presi vari provvedimenti. Ma nonostante ciò, Clery riuscì a trasmettere con discrezione le notizie che aveva appreso all'esterno quando si occupava di acconciare i capelli al re o alle signore. Ogni sera poi alcuni fedeli realisti facevano urlare le notizie del giorno, le decisioni dell'Assemblea o le vicende della guerra, da un venditore di giornali, proprio sotto le mura del Tempio.[61]
Durante il periodo di prigionia il re, oltre a fare da maestro al figlio e a giocare con lui, passava le sue giornate a leggere svariati libri che erano situati nella biblioteca della torre: millecinquecento volumi che avevano costituito l'archivio dei cavalieri di Malta. Leggeva qualcosa come un libro al giorno, accigliandosi su Voltaire e Rousseau che affermava con piena ragione, che fossero stati «la rovina della Francia.»[62] Luigi XVI e la sua famiglia dovettero sopportare anche varie insolenze e torture da parte delle guardie che oltre ad aver iniziato a chiamare il Re «Monsieur» (o perfino «Louis») invece di «Sire» o «Majesté»,[62] imbrattavano le pareti dei muri della torre con disegni osceni o graffiti minacciosi.[63] Il 21 settembre i prigionieri sentirono improvvisamente un gran clamore provenire dalla città. Dall'esterno una voce imperiosa proclamò l'abolizione ufficiale della monarchia e la nascita della repubblica. La regina si mise a letto disperata, mentre il re soffocò il suo dolore  e non interruppe neppure le sue letture.



Luigi XVI° al carcere della Tour du Temple

Nel frattempo iniziava il dibattito sul destino dell'ex sovrano. Si riteneva che finché fosse rimasto in vita avrebbe costituito il pretesto per una controrivoluzione(dato che anche la parte del popolo che era stata manipolata dalla setta si stava rendendo conto dell'inganno). Venivano insediate così due commissioni istruttorie: una presieduta con il compito di vagliare le carte sequestrate alle Tuileries e l'altra con l'incarico di stabilire se "Luigi Capeto", dichiarato inviolabile dalla costituzione nel 1791, potesse essere processato.
Il 6 novembre l'inviolabilità del sovrano venne revocata, con ciò l'ex-sovrano poteva essere posto sotto processo dalla Convenzione. Il 19 novembre venne scoperto l'armadio di ferro, nascondiglio della corrispondenza fra Luigi XVI e i sovrani stranieri(in tale corrispondenza non vi era traccia di alcun tradimento). Dopo tale scoperta alcuni deputati come Saint-Just e Robespierre(giacobini della prima ora) dichiararono di voler punire il "cittadino Capeto" senza alcun processo, ma la maggioranza della Convenzione optò invece per un processo farsa facendolo passare per "regolare", affinché la Francia e gli Stati stranieri non potessero dubitare della legittimità del verdetto.
Dall'inizio del processo (10 dicembre 1792), in cui era accusato senza prove reali e ingiustamente di alto tradimento, Luigi Capeto venne allontanato dalla famiglia.[64] Nel frattempo l'ex-monarca cercò di riunire gli avvocati che dovevano difenderlo, ma solo in pochi avevano risposto al suo appello per via della corruzione. Infine i soli disposti a difenderlo furono Malesherbes, François Denis Tronchet (un ex-magistrato) e l'avvocato Raymond de Sèze, un girondino temuto a causa delle ottime qualità oratorie e intellettuali.[65] Luigi lavorò alacremente con i suoi avvocati, ma sapeva di avere poche speranze di salvezza: «Non spero di convincere i deputati e neppure di commuoverli. Vi prego solo di non ricorrere a perorazioni poco consone alla mia dignità. Io non voglio suscitare altro interesse che quello che deve spontaneamente nascere dall'esposizione delle mie giustificazioni» disse a de Sèze.[65] Il 25 dicembre scrisse il suo Testamento, un documento di grande valore politico.
La Convenzione interroga Luigi XVI°.

Il giorno successivo, alla Convenzione, de Sèze sviluppò la sua lunga arringa che però, come era plausibile, non cambiò la senteza già decisa: voleva dimostrare l'inviolabilità del sovrano, prevista dalla Costituzione del 1791 e chiedeva che fosse giudicato come un normale cittadino e non come un capo di Stato.[65][66] I deputati erano divisi poiché i più moderati volevano giudicare il monarca ma non ucciderlo. I dibattiti durarono giorni ma alla fine venne promulgata ufficialmente la sentenza di morte (con 361 voti favorevoli, 288 contrari e 72 astenuti) che venne letta alle due del mattino del 19 gennaio. L'esecuzione era fissata per le undici in Place de la Révolution il 21 gennaio.[67]
L'ex monarca era pronto al verdetto. Ascoltò in silenzio la sentenza con stoica rassegnazione, l'unico momento in cui mostrò emozione fu quando udì che suo cugino, l'infame traditore Filippo d'Orléans, ora noto come Philippe Egalité, aveva votato per la sua morte.[68] Venne condotto da lui il prete refrattario Edgeworth de Firmont a cui affidò una copia autografata del proprio testamento, poiché temeva che quella consegnata alla Convenzione non sarebbe mai stata resa pubblica. Alle otto di sera Luigi XVI venne condotto dalla famiglia. Madame Royale, nelle sue Memorie, racconterà che il padre parlò alla madre del processo, poi, prendendo il Delfino sulle ginocchia gli fece promettere che avrebbe perdonato i suoi nemici. Scrisse: «Mio padre piangeva per noi, non per paura della morte». Maria Antonietta avrebbe voluto passare l'ultima notte insieme al marito, ma l'ex sovrano rifiutò. Più tardi il re riferì a Edgeworth: «È terribile amare tanto sulla terra ed essere ricambiati di tanto amore. Ma ora ogni pensiero e ogni amore deve andare solo a Dio.»
La mattina del 21 gennaio, ricevuto il Sacramento della Comunione, Luigi XVI affidò a Cléry il compito di porgere l'estremo saluto ai suoi familiari e infine lasciò il Temple in carrozza. Arrivò in Place de la Révolution alle 10.15: il condannato era vestito di bianco e aveva in mano il libro dei Salmi.
Sceso dalla carrozza si tolse la giacca da solo, si aprì anche la camicia di lino e si tolse il fazzoletto dal collo. Alcuni soldati cercarono di legargli le mani, ma l'ex-sovrano si rifiutò con indignazione: «Fate quello che vi è stato ordinato di fare, ma non mi legherete mai».[70] Edgeworth aiutò poi Luigi XVI a salire i ripidi scalini del patibolo e raggiunto il palco, il boia Sanson gli tagliò il codino riuscendo anche a legargli le mani. Ma il condannato riuscì a scostarsi dal boia e, facendo tacere i tamburi, cercò di iniziare un'arringa. Venne però bloccato dai soldati che lo condussero verso la ghigliottina, ma a voce alta e chiara dichiarò: «Muoio innocente dei delitti di cui mi si accusa. Perdono coloro che mi uccidono. Che il mio sangue non ricada mai sulla Francia!»[71] I testimoni oculari riferirono in seguito che i carnefici, avendo troppa fretta, fecero cadere la mannaia della ghigliottina prima che il collo fosse nella posizione appropriata, «cosicché egli venne maciullato».[72]
Dopodiché un giovane membro della Guardia Nazionale afferrò la testa sanguinante e la mostrò al popolo aggirandosi intorno al patibolo.[73] Si udì un terrificante «Viva la Repubblica!» Si iniziò a cantare la Marsigliese e alcuni spettatori si misero a danzare in cerchio attorno al patibolo. Altri accorsero a raccogliere qualche goccia di sangue che colava dal patibolo, altri lo assaggiarono.[74] Un aiutante del boia mise all'asta le vesti e i capelli del morto.[75] I gendarmi, nel frattempo, avevano posto il cadavere e la testa in un cesto di vimini che caricarono su un carro. Il carro arrivò nel cimitero delle Madeleine che accolse i resti di Luigi XVI.[76]
Alla sua morte, il figlio di soli otto anni, Luigi Carlo di Francia, divenne automaticamente, per i monarchici e gli stati internazionali, il re de jure Luigi XVII. La regina Maria Antonietta seguì Luigi XVI sulla ghigliottina il 16 ottobre 1793, come pure Madame Elisabetta il 10 maggio 1794. Luigi XVII morì a causa dei maltrattamenti subiti , a dieci anni, l'8 giugno 1795.[77] Solo Maria Teresa sopravvisse alla Rivoluzione e dopo la morte della zia visse in completa solitudine per un anno; alla fine della guerra venne usata come ostaggio e liberata il 26 dicembre 1795. Si recò in Austria dove risiedevano i suoi parenti ed esaudendo i desideri dei suoi genitori sposò suo cugino Luigi, duca d'Angouléme.
L'esecuzione di Luigi XVI°. Si può notare il piedistallo che in precedenza sosteneva la statua di Luigi XV° demolita dai rivoluzionari.


La morte del sovrano sdegnò l'intera Europa monarchica e a Roma, Pio VI già parlava della beatificazione del sovrano nell'apologia «Quare Lacrymae».[78][79][80]
Con la Restaurazione della monarchia nel 1814, la «buona società francese» visse in un clima di lutto per espiare la colpa del doppio regicidio e le vite dei due sovrani vennero idealizzate.[81] Il 18 gennaio 1815 iniziarono a riesumare i corpi dei due sovrani. Il corpo di Maria Antonietta fu estratto per primo e il giorno dopo quello di Luigi XVI. Le ossa vennero ritrovate grazie a Pierre Louis Desclozeaux, un anziano avvocato, che dopo la chiusura del cimitero delle Madeleine (nel 1794), lo aveva trasformato in giardino e sulle tombe dei sovrani aveva piantato dei salici piangenti come ricordo. Maria Teresa, condotta da Pauline de Tourzel (ormai contessa de Béarn) alle loro tombe, cadde in ginocchio e si mise a pregare.[82]
Per ordine di Luigi XVIII furono erette due cappelle di espiazione. Una nella cella di Maria Antonietta alla Conciergerie e l'altra nel cimitero delle Madeleine. Quest'ultima, progettata come un mausoleo classico, commemorava il luogo in cui i reali vennero originariamente sepolti.[83]
Il 21 gennaio 1815 i resti dei sovrani furono portati, in pompa magna, nella Abbazia di Saint-Denis dove vennero inumati in bare di piombo. Da quel momento i poeti, scrittori, pittori, scultori non fecero altro che esaltare le virtù del Roi Martyr.

Monumento funebre di Luigi XVI e Maria Antonietta a Saint-Denis, voluto da Luigi XVIII°

Luigi XVI° di Borbone-Francia non era l'incapace oscurantista tiranno che i libri apologetici ci hanno insegnato , ma in verità egli fu solo troppo buono nel momento sbagliato, momento nel quale la setta organizzata alla sovversione  dello stato da ormai tempo immemore colpi con violenza. Questa conclusione è arrivata da più parti, e non solo da quella legittimista, e oggi , a distanza di 219 anni dalla sua tragica morte , sarebbe l'ora che questo sovrano venga,  non solo pienamente rivalutato, ma anche,  per lo meno beatificato come martire morto non solo per il trono ma anche e sopratutto per l'altare.

Fonti:

http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_XVI_di_Francia

Luigi XVI° l'ultimo sole di Versailles.

Scritto da:

Il Principe dei Reazionari