domenica 25 dicembre 2011

MEMORIE PER LA STORIA DEL GIACOBINISMO SCRITTE DALL' ABATE BARRUEL TRADUZIONE DAL FRANCESE. TOMO I. 1802 (Parte 1).







Nota previa dei curatori.

Questo testo si basa sulla traduzione italiana delle "Memorie" effettuata nel
1802; molte espressioni, costruzioni, riferimenti o frasi desuete o poco
comprensibili sono state chiarite, per lo più con l'aiuto del testo in francese
(pubblicato ad Amburgo nel 1798). I criteri che ci hanno guidato sono la massima
fedeltà possibile unita però alla massima comprensibilità di un testo che così
com'era avrebbe potuto risultare pesante e talora oscuro a chi non possieda le
debite nozioni riguardanti la lingua, la cultura e l'ortografia dell'epoca, piuttosto
distanti dalla nostra. E’ stata aggiunta qualche breve nota, riconoscibile da quelle
originali del Barruel per la dicitura finale N.d.C. [Nota dei Curatori].
Ci auguriamo che questo lavoro, ben più impegnativo della mera
digitalizzazione del testo, possa riproporre ai cattolici l'opera principale dell'abate
Barruel in tutta la sua chiarezza e precisione.
Raimondo Gatto
Roberto Guaccione
Genova, 31 luglio 2009, nella Festa di Sant’Ignazio di Loyola
Vista l'importanza dell'opera, abbiamo ritenuto necessaria un'ulteriore revisione dei cinque volumi
delle Memorie in base all'ultima edizione francese riveduta e corretta dall'autore (Lione, 1818-1819).
I curatori Genova, luglio 2010


Introduzione
(Brano tratto da “Il problema dell'ora presente” di H. Delassus Tomo I
Cap. IX, 1907)


(...) I maneggi della framassoneria in questi ultimi tempi ci hanno fatto
aprire gli occhi. La si vede preparare nuovi sconvolgimenti e nuove rovine.
Ognuno si domanda se le sventure e i delitti che hanno segnato la fine del
XVIII secolo non siano ad essa imputabili. Maurizio Talmeyer tenne
recentemente una conferenza che poscia pubblicò in opuscoletto sotto questo
titolo: La Framassoneria e la Rivoluzione francese. Copin-Abancelli, Prache ed
altri si applicarono, in differenti pubblicazioni, a far uscire dalle tenebre
diligentemente conservate, la parte presa dalle società segrete nella
Rivoluzione. Per dimostrarlo, essi poterono attingere nell'opera pubblicata
trent'anni fa, da N. Deschamps, sotto questo titolo: Les sociétés secrètes et la
société, completata nel 1880 da Claudio Jannet. E questi avevano largamente
usufruito di un'opera anteriore, pubblicata in piena Rivoluzione, nel 1798, da
Barruel: Mémoíres pour servir à l'histoire du Jacobinisme.
Queste Memorie non offrono, come potrebbe far credere il titolo,
documenti da usare per comporre la storia dei delitti commessi dai
Giacobini; Barruel, nei suoi cinque volumi, si applicò a fornire ai futuri
storici del Terrore, le informazioni o gl'indizi che loro permettessero di
stabilire il punto di partenza, i primi agenti e le cause segrete della
Rivoluzione. "Nella Rivoluzione francese - egli dice - tutto, persino i suoi
misfatti più spaventevoli, tutto era stato preveduto, meditato, combinato,
risoluto, stabilito; tutto fu l'effetto della più profonda scelleratezza, poiché
tutto è stato condotto da uomini che soli tenevano il filo delle cospirazioni
ordite nelle società segrete, e che hanno saputo scegliere e studiare il
momento propizio alle congiure".
Il convincimento di questa premeditazione e di queste congiure risulta
dalla lettura dei cinque volumi. Sul frontespizio del quarto, nel "Discorso
preliminare", egli domanda: "In qual modo gli adepti segreti del moderno
Spartaco (Weishaupt) hanno presieduto a tutti i misfatti, a tutti i disastri di
questo flagello di brigantaggio e di ferocia chiamato la 'Rivoluzione'? Come
presiedono ancora a tutti quelli che la setta medita per compiere la
dissoluzione delle società umane? (Ciò ch'essa meditava di riprendere
all'indomani della Rivoluzione, lo eseguisce al giorno d'oggi sotto i nostri
occhi. E sono ancora i framassoni che stanno alla testa di tutto ciò che noi
vediamo). Consacrando questi ultimi volumi a rischiarare tali questioni, io
non mi lusingo di risolverle con tutta la precisione e con tutti i particolari di
uomini che avessero avuto la facoltà di seguire la setta 'Illuminata' nei suoi
sotterranei, senza perdere un istante di vista i capi o gli adepti ...
Raccogliendo i tratti che mai sono svelati, ne avrò abbastanza per segnalare
la setta dovunque i misfatti additano la sua fatale influenza".
Si comprende il grande ed urgente interesse che presenta la lettura di
quest'opera nell'ora presente.
Quello che accade, quello di cui siamo spettatori, è il secondo atto del
dramma cominciato un secolo fa; è la stessa Rivoluzione, ravvivata nel suo
focolare, coll'intenzione che Barruel aveva già potuto constatare, di
estenderne l'incendio nel mondo intero. Egli ce ne mostra il proposito, la
volontà espressa fin dal principio del XVII secolo. I congiurati potranno essi
raggiungere i loro fini di annientare la società cristiana? E' il segreto di Dio,
ma è altresì il nostro. Poiché l'esito della Rivoluzione dipende dall'uso che
noi vogliamo fare della nostra libertà, come dai decreti eterni dì Dio.
Gli è per sostenere, per incoraggiare le buone volontà, che Barruel scrisse
le sue Mémoires: "E' per trionfare finalmente della Rivoluzione e ad ogni
costo, e non per disperare che fa d'uopo studiare i fasti della setta. Siate tanto
zelanti pel bene, quanto essa lo è pel male. Abbiate la buona volontà di
salvare i popoli; i popoli stessi abbiano la volontà di salvare la loro religione,
le loro leggi, la loro fortuna, com'essa ha la volontà di distruggerle, e i mezzi
di salute non mancheranno". (...)
Prima di far qui un brevissimo compendio dell'opera del Barruel, è
opportuno che i nostri lettori facciano conoscenza coll'autore, onde sappiano
qual credito gli debbano accordare.
Agostino Barruel nacque il 2 ottobre 1741. Suo padre era luogotenente
del podestà di Vivarais. Egli fece i suoi studi ed entrò nella Compagnia di
Gesù. Quando essa fu minacciata, si recò in Austria dove pronunciò i suoi
primi voti. Soggiornò alcuni anni in Boemia, poi in Moravia e fu
professore a Vienna, nel collegio Teresiano. Più tardi fu mandato in Italia
ed a Roma. Egli ritornò in Francia dopo la soppressione del suo Ordine. Il
suo stato rendendolo indipendente, si consacrò intieramente ai lavori
filosofici e storici, e pubblicò fin d'allora delle opere le quali, sebbene di
più volumi, raggiunsero la quinta edizione.
Dal 1788 al 1792 egli diresse quasi solo il Journal ecelésiastique,
pubblicazione settimanale delle più preziose per la storia letteraria ed
ecclesiastica della seconda metà del XVIII secolo. Nel prenderne la
direzione, Barruel disse a' suoi lettori: "Noi sentiamo tutto il peso e tutta
l'estensione dei doveri che c'imponiamo. Noi prevediamo con spavento
tutta la assiduità che esigono e ci interdiciamo, d'ora innanzi, ogni
occupazione che potesse distrarcene. Ma consacrati per vocazione al culto
del vero Dio, alla difesa delle nostre sante verità, oh! come questi
medesimi doveri ci diventano cari! Si, questo aspetto sotto il quale ci piace
considerare le nostre funzioni di giornalista cattolico, ce le rende
preziose". Egli manifestò in tutte le sue opere questo spirito di fede.
Quanto più i giorni si facevano tristi, tanto più l'ab. Barruel
raddoppiava lo zelo e la vigilanza. Egli cangiava di frequente domicilio
per sfuggire al mandato d'arresto. Dopo il 10 d'agosto dovette sospendere
la pubblicazione del suo giornale e passare in Normandia. Di là, si rifugiò
in Inghilterra.
Pubblicò a Londra, nel 1794, una Storia del Clero di Francia durante la
Rivoluzione. Là ancora concepì il piano della sua grande opera: Mémoires
pour servir à l'histoire du jacobinisme. Lavorò quattro anni a raccogliere e
ordinare i materiali delle prime parti. I volumi I e II comparvero a Londra
nel 1796.
Nel 1798, furono ristampati ad Amburgo, accompagnati da un terzo,
intorno alla setta degli Illuminati. I due ultimi comparirono parimenti ad
Amburgo nel 1803. Barruel ne pubblicò una seconda edizione "riveduta e
corretta dall'autore", nel 1818, due anni prima della sua morte, a Lione,
presso Tèodoro Pitrat.
Bisogna leggerla tutta quanta quest'opera se si vuol conoscere a fondo
la Rivoluzione. Per scriverla, l'ab. Barruel ebbe le rivelazioni dirette di
molti dei principali personaggi dell'epoca, e trovò in Germania una serie
di documenti di prim'ordine. "E io devo rendere al pubblico - dice nelle
Observations préliminaires del terzo volume, quello che tratta degli
Illuminati - un conto speciale delle opere da cui tolgo le mie prove". Egli
presenta una lista delle principali, fino a dieci, con un cenno su ciascuna
di esse, che permette di giudicare della loro autenticità. La lista delle opere
si completa con quella di molti altri documenti meno importanti. Ed
aggiunge: "Ciò è tanto quanto basta per vedere che io non scrivo intorno
agli Illuminati senza cognizione di causa. Io vorrei in segno di
riconoscenza poter nominare coloro la cui corrispondenza mi ha fornito
nuovi aiuti, lettere, memorie che non potrò apprezzare mai troppo; ma
questa riconoscenza diverrebbe per loro fatale".
E più lungi: "Quello che io cito, l'ho davanti agli occhi e lo traduco; e
quando traduco, il che avviene spesso, cose che fanno stupire, cose che
appena si crederebbero possibili, io cito il testo medesimo, invitando
ognuno a spiegarlo, ovvero a farselo spiegare ed a verificarlo. Io raffronto
anche le diverse testimonianze, sempre col libro in mano. Io non fo menzione d'una sola legge nel codice dell'Ordine, senza le prove della
legge o della sua pratica".
Ritornato in Francia, fu consultato sull'argomento della promessa di
fedeltà alla Costituzione, sostituita, con decreto 18 dicembre 1799, a tutti i
giuramenti anteriori. Egli pubblicò il dì 8 luglio 1800, un avviso
favorevole. Le sue ragioni, assai chiare e precise, aggiunte alle spiegazioni
del Moniteur, dichiarato giornale ufficiale, decisero Emery e il consiglio
arcivescovile di Parigi a pronunciarsi in favore della legittimità della
promessa. Alcuni, in quest'occasione, accusarono Barruel di adulare il
Bonaparte per guadagnarsi i suoi favori. Ben lungi dall'adulare, l'ab.
Barruel ha dimostrato un'audacia inaudita: parlando dei primo Console, lo
chiama "il flagello di Dio". Nel 1800 egli aggiunge: "Se tutti i principi
d'Europa riconoscessero la Repubblica, io non voglio per questo che Luigi
XVIII sia meno il vero crede di Luigi XVI. Io sono francese. Il consenso
degli altri sovrani su questo oggetto è per me tanto nullo quanto quello
dei Giacobini; esso può bensì diminuire la mia speranza, togliere i mezzi,
ma non distrugge per nulla il diritto" (L'Evangile et le clergé francaise. Sur
la soumissioti des pasteurs dans les révolutions des empires, p. 75.
Londres).
Barruel non rientrò in Francia che nel 1802. Vi prese a difendere il
Concordato e pubblicò su questo argomento il suo trattato Du Pape et de
ses droits regaux à l'occasion du Concordat (Paris, 1803, 2 vol. in VIII).
Durante l'Impero, Barruel si tenne in disparte, non ricevette alcun posto
né assegno. Intraprese la confutazione della filosofia di Kant. Nell'affare
del cardinale Maury, Napoleone ebbe sospetto che egli avesse propagato il
Breve di Pio VII e lo fece mettere in prigione nell'età di settanta anni. La
polizia lo perseguitò pure nei Cento Giorni. Terminò la sua vita nella casa
dei suoi padri, a Villanova de Bery, nell'età di ottanta anni, il 5 ottobre
1820.
Era necessario entrare in questi dettagli per mostrare quanto questo
autore si meriti la nostra confidenza. (...)