mercoledì 14 settembre 2011

Due Sicilie: gli avvenimenti di agosto 1860 in una cronaca dell'epoca.



Stati Sardi (Nostra corrispondenza). 1. I misteri del viaggio di Farini a Genova: nota dell’Austria al Piemonte – 2. Risposta del Piemonte all’Austria – 3. Preparativi e timori di guerra – 4. Modificazione ministeriale, e dittatura – 5. Sciopero degli artigiani – 6. Sequestri di giornali – 7. Imprestito di 150 milioni – 8. (Giunta di compilatori) Circolare del sig. Farini – 9. Una sciocca ipocrisia – 10. Una manifesta menzogna.
1. I misteri del viaggio del ministro Farini a Genova, e del barone Ricasoli a Torino, di cui feci cenno nell’ultima mia corrispondenza, sono oggidì svelati. Si stava preparando in Genova una spedizione contro gli Stati pontificii, che dovea essere capitanata dal colonnello francese Charras, già famoso per le rivoluzioni parigine del 1848. Senza dubbio che il Ministero sapeva tutto, secondo la celebre frase del sig. Rattazzi; e non solo sapeva tutto, ma dicesi che aiutava di sottecchi i preparativi. Anzi si aggiunge che dalla Toscana le si dovea dare di spalla, perché l’irruzione negli Stati pontificii dovea farsi dalle frontiere toscane, come punti più favorevoli agli intenti della rivoluzione di correre difilato a Roma. Quand’ecco una nota dell’Austria, diretta al Governo francese, dichiara in termini assai forti che un assalto contro gli Stati pontificii per parte del Piemonte sarebbe stato il segnale della guerra: giacché l’Austria non permetterebbe che la rivoluzione andasse più oltre. La nota austriaca farebbe le stesse dichiarazioni riguardo ad uno sbarco di Garibaldi sul continente napoletano, che sarebbe un casus belli. Siccome la nota è accompagnata da poderosi preparativi di guerra che l’Austria ha fatto e sta tuttavia facendo nel Veneto, così Napoleone III credette conveniente di darle ascolto. Massime dopo il colloquio di Toeplitz e il voto della Camera dei Comuni d’Inghilterra per gli armamenti di quel paese, chi regge la Francia sembra molto impensierito dei risultati probabili di una guerra europea; e questa parrebbe inevitabile, ove l’Austria fosse nuovamente sforzata a scendere in campo. Quindi venne da Parigi a Torino l’ordine di impedire la spedizione tanto contro gli Stati pontificii, quanto contro il continente napoletano. Il sig. Farini dovette recarsi a Genova per indurre alle buone i capi ed i promotori della spedizione. Dopo molti contrasti , i rivoluzionari dovettero cedere. La spedizione fece vela per la Sardegna dove sta attendendo gli ordini del Garibaldi. Intanto il deputato Bertani che a Genova è l’alter ego del Garibaldi, e che con grande apparato di dicasteri tiene aperto l’uffizio di arruolamenti, ed ordina ogni cosa per la spedizione di uomini e d’armi, dovette partire per raggiungere Garibaldi, e significargli gli ordini venuti da Parigi. Questo spiega il perché il Garibaldi, non ostante la sua audacia e la sua fortuna, non ha ancora traversato lo stretto di Messina. Il Bertani partendo pubblicò con una lettera diretta ad Achille Mauri, che egli si allontanava per pochi giorni, e che delegava tutti i suoi poteri al sig. Antongini, il quale prosiegue con ardore l’opera della spedizione.
1 – Anche codesta precedente corrispondenza cui qui si accenna, fu trattenuta negli uffizi della Censura preventiva postale dello Stato Modello, sapendo noi con tutta certezza il giorno e l’indirizzo con cui fu messa alla Posta. Hanno tanto da fare, i poveretti, nello andar braccheggiando in cerca d’alcuna cosa che possa interessare le viste fiscali, che sono meritevoli di compassione se non si spicciano più presto.
2. Come risposta alla nota austriaca, la Gazzetta ufficiale del regno pubblicò il 13 corrente una circolare ai Governatori ed agli Intendenti ecc. del ministro Farini relativa alle cose dell’Italia meridionale. Basta il gettare gli occhi su questo documento per vedere che il Ministero si trova tra l’incudine ed il martello. La rivoluzione lo spinge innanzi, e qualche altra Potenza gli intima di indietreggiare, od almeno di far sosta. La Gazzetta del Popolo che è tutto cosa del Ministero diceva nel N.° del 14 Agosto: «O c‘inganniamo a partito, o lo stesso incerto fraseggiare del Ministro indica l‘arrivo, e l‘influenza di note diplomatiche». Ecco in sostanza che cosa dice il Ministro. Premesso che il moto nazionale si è esteso alla Sicilia, la quale «è venuta in condizione di esprimere liberamente i proprii voti», il Ministero proclama che il Governo solo del Re vuol regolare gli affari di quell’isola, e non vuol lasciarne il governo alle Sette. Il che significa in buon volgare che è il Ministero che ha fatto la rivoluzione in Sicilia, e che esso intende di reggerla e governarla. E poi esce in queste parole: «Più volte il sottoscritto ammonì non potersi, né volersi tollerare che nel Regno si facessero preparazioni di violenza ai Governi vicini, ed ordinò che fossero impedite ad ogni costo». Ci vuole una fronte di bronzo per osar pubblicare siffatte menzogne. È proprio il fare di quella tale di cui parla la Scrittura che si asciuga la bocca, e poi dice non sum operata malum. Il resto dela circolare annunzia che il Governo reprimerà con ogni severità le diserzioni dell’esercito ed i fautori delle medesime; e che si occupa «per compiere l‘ordinamento della guardia nazionale mobile e preparare la formazione dei corpi composti de‘ volontarii». Ciò significa che il Ministero si prepara alla guerra.
3. Del resto non sono questi i soli preparativi bellicosi. È incredibile l’attività che regna in tutti gli arsenali dello Stato. Commissioni senza numero di fucili, di proiettili e d’altre munizioni da guerra sono date alle officine tutte del paese. Anzi arrivano di continuo armi e provvigioni da guerra dal di fuori, e specialmente dalla Francia. Voi potete pensare quali e quanti timori si destino per questi apparecchi che accennano ad una guerra imminente. Questi timori sono vieppiù aumentati dalle voci corse in questi giorni che il Ministero è sul punto di convocare il Parlamento per chiedergli i pieni poteri durante la guerra. So di buon luogo che tal è appunto il divisamento del Ministero. Intanto i giornali stranieri del 13 e del 14 ci recavano la notizia positiva della nota dell’Austria, di cui ho fatto cenno, e questo pose il colmo al terrore dell’universale. Invano i giornali ministeriali tentano di quetare codesti timori, dicendo che la notizia della nota austriaca non ha alcun fondamento. Queste rassicurazioni non fanno che confermare, ed accrescere il timore. Aggiungete a tutto questo la chiamata sotto le armi di due classi dei contingenti, ed avrete un’idea dello stato d’ansietà in cui si trova il nostro paese.
4. Insieme colla convocazione del Parlamento si annunzia e si dà per certa una modificazione del Ministero. Rattazzi, ed il General La Marmora entrano nel gabinetto, d’onde uscirebbero Farini e Fanti. Il Farini era destinato a riordinare la Sicilia ed anche Napoli come fece con sì felice esito nell’Emilia. Il Fanti poi ha dato tali prove di inettezza nell’amministrazione del suo dicastero, che è concordemente dichiarato autore del disordinamento dell’esercito. Io non posso entrare in questo tema troppo doloroso, perché vi sarebbe troppo da dire. Vi basti sapere che il paese non può fare nessun assegnamento sui reggimenti di nuova formazione. Quei che non possono disertare collo scopo o col pretesto di raggiungere Garibaldi, sono indisciplinati, e poco disposti alle fatiche, ed ai rigori della disciplina militare. Varii processi vennero fatti a Savona, a Genova, ad Alessandria, e di recente a Brescia, contro i disertori i quali sono tradotti innanzi al tribunale a dieci, a venti, a trenta per volta. Ciò non rallenta per nulla il furore delle diserzioni. Massimamente che talvolta i tribunali dichiarano innocenti i disertori, perché disertarono credendo che il Governo ciò permettesse! Intanto si è preso un buon provvedimento per impedire le diserzioni, ed è la formazione di Campi militari i quali hanno il doppio vantaggio, di allontanare cioè il soldato dalle città dove trova più facilmente di che corrompersi, e di tenerlo esercitato ed addestrarlo alle fatiche ed alla vita dura del militare.
5. Lo sciopero degli operai dura da tre settimane; o piuttosto durano le trattative per mettere d’accordo gli operai coi padroni di officina: giacché dopo uno sciopero di pochi giorni gli artigiani si rimisero al lavoro persuasi dalla fame a cedere per il momento; ma coll’intendimento di proseguire il loro intento per ottenere la diminuzione delle ore di lavoro. Si fecero di molti tentativi, ed ebbero luogo varie riunioni per nominare commissioni da una parte e dall’altra. Ogni giorno si annunziava imminente la conclusione del trattato di pace tra le Potenze guerreggianti; ma d’oggi in dimani si tirò innanzi fino al 15 Agosto, quando la Gazzetta del popolo indispettita annunziò che se ne lavava le mani e lasciava responsali delle conseguenze che possono succedere quelli tra i Principali che non vollero intervenire al congresso. Insomma a Torino i padroni di bottega tennero fermo e non vollero cedere agli artigiani, all’opposto di ciò che avvenne a Milano ed in altre città della Lombardia, ove gli artigiani ebbero il di sopra.
6. In questi giorni vi fu un po’ di recrudescenza del Ministro contro i giornali. L’Unità di Genova, giornale di Mazzini, fu sequestrato quattro volte in una settimana. Vennero sequestrati anche il Cattolico e l’Ichnusa di Cagliari.
7. Il Ministero divise in due parti il prestito di 150 milioni. Quattro milioni e mezzo di rendita propose alla pubblica soscrizione, ed il rimanente riserva alle private trattative. La pubblica soscrizione invece di 4 milioni e mezzo gittò lire 27,594,240 di rendita. Di questa somma la città di Torino fornì per lire 16,545,750; Milano per lire 6,367,840; Genova per lire 1,533,840; Firenze e Livorno per lire 1,165,670 ecc. Non è a dire quanto fracasso facciano i giornali libertini di questo favoloso risultato, traendone la conseguenza che il paese ha una fiducia illimitata nel Governo, e parteggia per la politica rivoluzionaria. Voi sapete che i banchieri (i quali sono i soli che soscrissero) sapendo che sul totale delle soscrizioni si fanno le riduzioni delle somme eccedenti la cifra richiesta in proporzione delle singole soscrizioni, domandano 10 per avere 5 o 4, od anche meno. Del resto basta l’osservare che anche il Ministero annunziò che la tassa del prestito era di 80.60, i banchieri annunziarono che riceverebbero le dichiarazioni a 79,95 ed anche meno. Ciò proviene dai benefizi accordati dal Governo a coloro che soscriveano per somme di 100 mila e più lire di rendita. Insomma fu un gioco di borsa, e non una dimostrazione pubblica.
8. (Giunta dei Compilatori) Il nostro Corrispondente ha dato un cenno della circolare mandata attorno dal sig. Farini sopra le spedizioni allestite, armate e mandate dagli Stati Sardi, e principalmente da Genova, per dar mano all’annessione di Stati, con cui il Governo Sardo era in relazioni ufficiali di pace, ed il cui Sovrano per istretto vincolo di parentado col Re Vittorio avea diritto ad ottenere dai Ministri suoi almeno quei riguardi che impone l’onestà. Codesta circolare è un documento di tale importanza, che noi crediamo di doverla qui riferire distesamente. Essa è del seguente tenore:
«Torino 13 Agosto 1860. Sollevati, or son tre mesi, i Siciliani allo acquisto della libertà, ed accorso in aiuto il generale Garibaldi con pochi valorosi, l‘Europa fu piena della fama di sue vittorie; tutta Italia ne fu commossa e grande fu l‘entusiasmo di questo Regno, dove gli ordini liberi ed il libero costume non pongono impedimento alla manifestazione dei sentimenti della pubblica coscienza. Indi le generose collette di danaro ed il grande numero di volontari partiti per la Sicilia. Se in tempi meno commossi andarono lodati i popoli che diedero favore e soccorso alla liberazione di nazioni straniere, e se i governi ubbidienti, diremmo, alle autorità del sentimento universale, dove non favorirono apertamente, lasciarono soccorrere le Americhe, la Grecia, il Portogallo, la Spagna, che combattevano per l‘indipendenza e per la libertà, è a credersi che l‘Europa civile porti giudizio equanime sui modi tenuti dal governo del Re in questo accidente dello irresistibile moto nazionale. Ora la Sicilia è venuta in condizione di esprimere liberamente i propri voti, ed il governo del Re, che deve custodire tutte le prerogative costituzionali della Corona e del Parlamento, e deve adempiere eziandio quell‘ufficio di suprema moderazione del moto nazionale che a lui s‘appartiene, e per le prove che ha fatte e per pubblico consentimento, ora il governo ha il debito di moderare ogni azione scomposta e di correggere gl‘ingerimenti illegittimi nelle cose di Stato di chi non ha le costituzionali e le morali responsabilità, che esso ha gravissime verso la Corona, il Parlamento e la Nazione. Altrimenti potrebbe avvenire che, per consiglio ed opera di chi non ha mandato né responsabilità pubblica, lo Stato venisse a pericolo, e la fortuna d‘Italia sinistrasse. E posciaché negli Stati liberi l‘ordine e la disciplina civile, più che nel rigore della legge, hanno presidio nella pubblica opinione, il sottoscritto la invita a dare ogni pubblicità possibile a questa lettera circolare.
Più volte il sottoscritto ammonì non potersi, né volersi tollerare che nel Regno si facessero preparazioni di violenza a governi vicini, ed ordinò che fossero impedite ad ogni costo. Esso spera che la pubblica opinione basti a frenare gl‘impeti sconsigliati; ma in ogni evento si confida nelle podestà civili e militari per la pronta esecuzione degli ordini che ha dati. Raccomanda pure nuovamente, che con ogni maggiore diligenza sieno ricercati, e con ogni legale severità puniti coloro che, cospirando e trafficando ad ingiuria dell‘onore nazionale e della disciplina militare, si fanno fautori e procuratori di diserzioni. E perché il sottoscritto deve compiere l‘ordinamento della guardia nazionale mobile e preparare la formazione dei corpi composti di volontari della guardia nazionale che la legge abilita, non vuolsi altrimenti permettere che altri faccia incetta e raccolta di soldati volontari. Conchiudendo, il sottoscritto deve dichiarare che, se il governo del Re è costante nella volontà di accettare il leale concorso di tutte le parti politiche che intendono a libertà, unione e grandezza della patria, esso è pur fermo nel proponimento di non lasciarsi soverchiare da chi non ha dal Re e dalla nazione il mandato e la responsabilità di governo. L‘Italia deve e vuole essere degli Italiani, ma non delle sette. Il Ministro Farini».
9. Il più certo risultato di questa circolare e delle pratiche del sig. Farini per impedire nuove spedizioni contro gli Stati vicini, si fu che il Bertani, come riferiscono i diarii della sua fazione, si partì con oltre a un milione di franchi per fare le spese a circa 8 mila volontarii, che si accolsero in Sardegna; d’onde il Bertani stesso dichiarò che calerebbero su qualunque lido fosse ordinato dal Garibaldi, i cui soli ordini saranno da lui fedelissimamente eseguiti. Questo stesso è promulgato in un documento curioso ma importante. Sotto data di Torino fu scritta una lettera, e stampata sul Constitutionnel con la firma solenne e riserbata alle cose grandi: pour extrait, A. Grandguillot. Il che significa essere codesta lettera scritta da un personaggio d’alto affare ad altro suo confratello in politica. In essa si fa una comica ma artificiosa sposizione dell’impiccio in cui fu posto il sig. di Cavour per la estrema pieghevolezza dei legati Napolitani in accettare eziandio le durissime condizioni loro imposte per l’alleanza, e si dice chiaro che il Cavour non potea aderire a tale alleanza, senza romperla affatto col partito unitario, che oggimai soverchia di tanto l’autorità legale negli Stati sardi da far temere grandi rovine, se non si tratta con ogni riguardo. E in prova di ciò recasi l’impotenza in cui si trova d’impedire le partenze de’ volontarii, e si dice che il Cavour è molto impicciato di codesta influenza che gli cresce d’allato e indipendente, che non accetta né direzione né ordini. Di che si ricava che il gran difetto di questo partito si è di non voler accettare la direzione che il sig. Cavour gli vorrebbe imprimere. E certo debbono essere molto indocili codesti unitari, e molto potenti, dappoiché lo scrittore della lettera al Grandguillot comincia con dire che l’Italia «impegnata nella via, in cui la precipitò la spedizione del Garibaldi, fra due mesi o sarà libera e al tutto indipendente, oppure l‘Austria tornerà a regnare, questa volta, da Messina a Torino»; e finisce con dire che tutti gli sforzi del Farini per opporsi al Bertani riuscirono appena «ad una mezza sommessione, giacché la spedizione sta sulle coste di Sardegna aspettando gli ordini del Garibaldi, perché il Bertani non cede a quelli del Governo Sardo (sul cui territorio sta allestita ed armata la spedizione), se non in quanto sono conformi agli ordini del Garibadi». Così si scrive al Grandguillot per giustificare la manifesta violazione del diritto delle genti. Ma questa lettera fu proprio scritta a Torino? Dai più si crede che no: ma che essa sia stata dettata a Parigi, e che vi si debba scorgere un avviso dato dal sig. Grandguillot al Cavour per ammonirlo 1° che non conti sopra l’aiuto di Francia; 2° che si guardi dai Mazziniani.
10. Ma l’ipocrisia ha le gambe corte, come la bugia. Appunto lo stesso dì in cui pubblicavasi dal Constitutionnel a Parigi la tiritera delle impotenze , eccoti che l’Opinione, portavoce del sig. Cavour, n.° 17 Agosto, quasi vergognandosi della impotenza umilmente confessata al sig. Grandguillot, e per cessare l’onta di scusa tanto sciocca e piena d’ipocrisia, vien fuori a dare altra ragione della manifesta complicità, con cui il Piemonte aiutò i fatti del Garibaldi. E questa si è il bisogno di accorrere pronto alla difesa contro le orde papali ! Detto che il Governo pontificio cominciò a rifornirsi d’esercito per opera del Lamoricière, e bandì un prestito di 50 milioni, aggiunge che la rivoluzione avrebbe dovuto cedere a queste forze prevalenti allestite da Roma e Napoli, «e queste rese più ardite sarebbero a tempo opportuno ripiombate più pericolose su di noi». Avete capito ? Per questo, continua l’Opinione, il Governo, benché, vincolato dalle relazioni diplomatiche, non potesse patrocinare apertamente quell’eroico tentativo del Garibaldi «che se fosse stato libero avrebbe potuto dirigere esso medesimo»; tuttavolta ci vedeva «il grande vantaggio di prevenire un attacco che indubitatamente avremmo dovuto subire successivamente in condizioni assai peggiori per noi». Questo è chiaro. Non fu impotenza di frenare il Garibaldi coi suoi, ma fu paura degli assalti meditati da Roma, quella che consigliò di valersi, solo per propria difesa, dei tentativi del Garibaldi; ed ognuno intende che quando codesti signori vedono un utile, non guardano per la sottile nella scelta dei mezzi. Che caricature ! Il vero si è che sono menzogne l’una e l’altra scusa, l’impotenza e la paura; e che il Piemonte dié di spalla al Garibaldi, perché gli tornava a conto; ed avrebbe scopertamente aiutato le masnade del Garibaldi contro lo Stato Pontificio, come fece contro la Sicilia, se non fosse stato vincolato dalle relazioni diplomatiche.
ultime notizie. Oltre lo sbarco alla Punta dell’Armi accennato più sopra in una Nota, il Giornale Costituzionale del Regno delle Due Sicilie del 21 Agosto reca che «nuovi sbarchi di gente armata proveniente dalle vicine spiagge di Sicilia hanno avuto luogo (il 20) nelle vicinanze di Bagnara. Altri erano annunziati come prossimi ad effettuarsi. Di fatti alle 6 a. m. di oggi stesso (21 Agosto) 130 barche siciliane, parecchi legni di commercio e due piroscafi con gente armata tenevansi nelle vicinanze di Scilla e Bagnara. Uno sbarco ebbe luogo poco dopo in Favazzini. Le reali truppe parte respinsero e parte dissiparono di quella gente. I Reali legni in crociera predarono 24 barche, fugando le altre 106.
L‘ordine pubblico è stato turbato in Basilicata, nel Distretto di Matera e nel Capoluogo, lamentandosi le ripartizioni delle terre per effetto delle divisioni demaniali rimaste incompiute. Simili commozioni sonosi palesate in Capitanata ed in Terra di Bari, e non è mancato di frammischiarvisi lo spirito di parziali vendette. Le Regie Truppe, la Guardia Nazionale, con l‘ammirevole condotta serbata, han dappertutto ripristinato l‘ordine e la tranquillità. Lo stesso auguriamo avvenga in Potenza, dove comunque l‘ordine sia stato turbato ed abbiasi a deplorare qualche vittima, pure non avendo le Autorità fatto parola di alcun progresso della cosa, dobbiamo ritenere che tutto vada rientrando nell‘ordine e nella calma».